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FOGLIO  DI COLLEGAMENTO  INTERNO

 

DEL COMITATO PAUL ROUGEAU

 

Numero 301  -  Dicembre 2022

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La guida suprema dell’Iran Ali Khamenei

SOMMARIO:
 

1) Esecuzioni, torture e ingiustizie in Iran

2) Messi a morte 4 uomini accusati di collaborazione con Israele

3) Manifestante iraniano sottoposto a finte esecuzioni in carcere

4) Le autorità iraniane pubblicano le foto di un manifestante messo a morte

5) In Iran uccisa Aida Rostami che curava i manifestanti feriti durante le proteste

6) In Iran una 14-enne senza velo muore in ospedale dopo l'arresto

7) “La pena di morte è immorale” la governatrice dell'Oregon commuta tutte le condanne a morte

8) Uccise una ragazza nel 2000, giustiziato in Mississippi il 14 dicembre

9) Anton Dostler, accusato di crimini di guerra, fu fucilato in Italia

1) ESECUZIONI, TORTURE E INGIUSTIZIE IN IRAN

 

Ogni mese ci arrivano decine di pagine sugli orrori commessi in Iran ed è per noi impossibile rendere conto di tutto ciò che accade.

Vengono messi a morte minorenni, donne, persone che hanno solo protestato. Oltre alle esecuzioni ci sono le torture e le percosse inflitte dalla polizia che portano anche alla morte delle persone arrestate.

Il numero di giustiziati in Iran nel 2022 è di oltre 500, il più alto degli ultimi 5 anni.

Riportiamo qui di seguito alcuni tra i casi più eclatanti.

2) MESSI A MORTE 4 UOMINI ACCUSATI DI COLLABORAZIONE CON ISRAELE

 

Quattro uomini sono stati messi a morte nella prigione di Rajai Shahr il 4 dicembre. Si tratta di Hossein Ordukhanzadeh, Shahin Imani Mahmoudabad, Milad Ashrafi Atbatan e Manouchehr Bejandi. Erano stati condannati a morte per collaborazione con i servizi segreti israeliani.

Il direttore di Iran Human Rights, Mahmood Amiry-Moghaddam, ha dichiarato: "Questi individui sono stati condannati a morte in un processo iniquo tenuto a porte chiuse del Tribunale rivoluzionario, le loro sentenze mancavano di ogni validità legale. Le esecuzioni hanno lo scopo di intimidire e distogliere l'attenzione dai fallimenti dell'intelligence della Repubblica islamica".

Iran Human Rights ha appreso che altri 2 prigionieri sono stati messi a morte lo stesso giorno ma non ha potuto sapere di chi si trattava e di che cosa erano stati accusati.

3) MANIFESTANTE IRANIANO SOTTOPOSTO A FINTE ESECUZIONI IN CARCERE

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Sahand Noormohammadzadeh

Uno dei 6 condannati a morte per le proteste antigovernative in Iran è stato sottoposto tre volte ad una finta esecuzione.

Un tribunale rivoluzionario di Teheran nel mese di novembre ha giudicato il 26-enne Sahand Noormohammadzadeh colpevole di “inimicizia nei riguardi di Dio”. Lo aveva accusato di aver dato fuoco ad un bidone per bloccare il traffico, cosa che lui ha negato.

Prima del processo a Noormohammadzadeh è stato “chiesto di salire su una sedia bendato per essere impiccato”.

Il trattamento crudele o degradante delle persone detenute è vietato dal diritto internazionale.

La magistratura iraniana ha annunciato che 6 imputati sono stati finora condannati a morte per "inimicizia contro Dio" o "corruzione sulla terra" in seguito alle proteste. Non ha rivelato le loro identità, ma l'avvocato di Sahand Noormohammadzadeh ha confermato che lui era uno tra questi.

L'agenzia di stampa giudiziaria Mizan ha riferito il mese scorso che Noormohammadzadeh era sotto processo davanti a un tribunale rivoluzionario per “atti di vandalismo e incendio doloso di proprietà pubbliche con l'obiettivo di causare interruzioni alla pace e all'ordine del paese e attaccare il governo islamico”.

I pubblici ministeri lo hanno accusato di aver partecipato a rivolte a Teheran il 23 settembre e di aver bloccato un'autostrada "abbattendo le ringhiere dell'autostrada e dando fuoco a bidoni della spazzatura e pneumatici", ha riferito Mizan.

I pubblici ministeri hanno fatto vedere alla corte un video che mostrava un uomo mascherato, dicendo che si trattava di Noormohammadzadeh, che metteva una ringhiera tra due corsie. Il video mostrava anche che l’uomo spingeva un bidone della spazzatura in fiamme sulla strada.

Noormohammadzadeh ha sostenuto la sua innocenza in tribunale, mentre il suo avvocato ha detto che non c'erano prove che il suo cliente fosse l'uomo mascherato.

L’agenzia BBC Persian ha riferito che è stato detto all’accusato che sua madre aveva avuto un attacco di cuore e gli è stato chiesto di firmare una lettera in cui ammetteva la sua colpevolezza se voleva parlare con lei prima che morisse. Un avvocato di Teheran ha detto che tale lettera è stata considerata una prova di colpevolezza.

Dopo la condanna di Noormohammadzadeh, Amnesty International ha espresso grave preoccupazione per il fatto che lui e gli altri imputati condannati a morte siano stati sottoposti a “processi farsa".

Le autorità iraniane hanno represso violentemente le proteste scoppiate dopo la morte di Mahsa Amini, la donna di 22 anni arrestata dalla polizia morale a metà settembre per aver indossato il suo hijab, o velo, "impropriamente".

Più di 470 manifestanti, tra cui 64 bambini, sono stati uccisi, mentre altri 18.200 sono stati arrestati, secondo l'agenzia di stampa degli attivisti per i diritti umani (HRANA). Ha anche riferito della morte di 61 membri del personale di sicurezza.

Molti degli arrestati sarebbero stati sottoposti a torture e altri maltrattamenti durante la detenzione.

Arshia Emamgholizadeh, un ragazzo di 16 anni, si è tolto la vita sei giorni dopo essere stato rilasciato dalla prigione. Era stato arrestato nella città nord-occidentale di Tabriz e accusato di "lancio di turbanti" - una nuova tendenza tra i giovani manifestanti che prevede di intrufolarsi dietro un religioso musulmano sciita in una strada e di togliergli il turbante dalla testa prima di scappare.

"Arshia Emamgholizadeh ha detto che gli sono state date delle pillole in prigione ed è stato picchiato", ha detto una fonte alla BBC Persian. Non si sa quali fossero le pillole.

Un video ha mostrato la madre di Arshia piangere sulla sua tomba e dire: "Non eri suicida, cosa ti hanno fatto in prigione?"

4) LE AUTORITÀ IRANIANE PUBBLICANO LE FOTO DI UN MANIFESTANTE MESSO A MORTE

 

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L'agenzia Mizan, collegata alla magistratura iraniana, ha pubblicato sul suo sito le foto dell'impiccagione pubblica del 23-enne Majidreza Rahnavard, il secondo manifestante giustiziato dalla Repubblica islamica. Nelle immagini riprese il 12 dicembre si vede il corpo del giovane penzolare dalla gru installata sulla strada di Mashhad, dove il ragazzo avrebbe compito il crimine per cui è stato condannato a morte: l'uccisione, con arma da taglio, di due membri della milizia Basiji, nel corso delle proteste che il regime sta reprimendo con violenza. Rahnavard è stato giustiziato per un crimine di «guerra contro Dio». Nelle immagini molto crude si può vedere che l'esecuzione si è svolta alla presenza di molti agenti con il volto coperto; l'area era stata transennata con blocchi di cemento, dietro ai quali si intravede un pubblico. Secondo alcuni attivisti, si è trattato di una «messa in scena» con cui il regime vuole dimostrare il sostegno della popolazione alle esecuzioni capitali di quelli che ritiene «terroristi fomentati dai nemici dell'Iran». In realtà non è chiaro chi abbia precisamente assistito al macabro evento visto che fino a poche ore fa non si sapeva neppure che Rahnavard fosse stato portato nel braccio della morte. Gli stessi famigliari non sono stati avvertiti. «Li hanno chiamati alle 7 di questa mattina (le 4:30 in Italia) e hanno detto loro di andare al cimitero Beheste Reza: abbiamo giustiziato vostro figlio e lo abbiamo sepolto», è stato il messaggio delle autorità ai parenti secondo quanto riporta l'agenzia Reuters.

5) IN IRAN UCCISA AIDA ROSTAMI CHE CURAVA I MANIFESTANTI FERITI DURANTE LE PROTESTE

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Aida Rostami

Nessuno aveva più notizie della dottoressa 36-enne Aida Rostami dal 12 dicembre. Poi il suo cadavere è stato consegnato alla famiglia dalla Polizia, che ha detto ai parenti che la donna era morta in un incidente stradale. Versione, questa, smentita dagli anatomopatologhi, che hanno detto ai familiari che il corpo della 36-enne appariva dilaniato, con i segni tipici delle torture.

A far propendere per l’ipotesi di omicidio è il fatto che Aida Rostami si occupasse di soccorrere e curare segretamente a Teheran i feriti nelle manifestazioni contro il regime, che si rivolgevano a lei e non al sistema sanitario ufficiale per paura di ritorsioni o di essere scoperti e imprigionati. Dunque, la donna si era fatta carico del pericoloso ma onorevole compito di essere la dottoressa dei “ribelli”. Una scelta coraggiosa, certo. Ma che probabilmente la giovane Aida ha pagato con la vita.

Il Governo iraniano ha chiesto minacciosamente alla famiglia di Aida di confermare la versione ufficiale data dalle autorità, ovvero che si è trattato di un incidente stradale. Ma i parenti della donna si sono coraggiosamente rifiutati di essere complici del regime.

6) IN IRAN UNA 14-ENNE SENZA VELO MUORE IN OSPEDALE DOPO L'ARRESTO

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I genitori di Mehdi Mohammad Karami, condannato a morte per le proteste, invocano clemenza

Uno stillicidio di orrori quotidiani arriva dall'Iran, dove i giovani stanno pagando anche a prezzo della vita le manifestazioni di protesta nei confronti del regime degli ayatollah. Secondo quanto denuncia la ong Center for Human Rights in Iran, che ha sede a New York, una ragazzina di 14 anni sarebbe morta in ospedale a Teheran dopo essere stata arrestata perché si era tolta il velo in classe in segno di protesta. Una vicenda che ricalca da vicino quella di Mahsa Amini, la ventiduenne curda la cui morte pochi giorni dopo l'arresto da parte della polizia morale scatenò, a metà settembre, l'ondata di proteste che oggi scuote l'intero Paese e la cui repressione ha fatto almeno 469 vittime.

Masooumeh, questo il nome dell'adolescente, era stata identificata tramite l'esame delle registrazioni di telecamere di sorveglianza a scuola. Dopo essere stata messa in custodia per il suo gesto di ribellione, era stata trasferita in ospedale, proprio com'era accaduto a Mahsa Amini. Lì i medici hanno rilevato gravi lacerazioni che farebbero supporre uno stupro. Poco dopo è morta. Risulta irrintracciabile la madre della ragazza, che aveva dichiarato di voler rendere pubblica la drammatica sorte della figlia.

Non sono solo le ragazze a pagare il dissenso con la vita. I condannati a morte per le proteste sono maschi. È il caso di Mehdi Mohammad Karami, i cui genitori hanno rilasciato un video in cui implorano le autorità di risparmiargli la vita. Un gruppo per i diritti umani ritiene che il giovane sia a rischio imminente di esecuzione per il suo coinvolgimento nel movimento di protesta.

"Sono Mashallah Karami, padre di Mohammad Mehdi Karami", dice il padre nel video diffuso sui social, seduto a gambe incrociate su un tappeto e affiancato dalla moglie. L'uomo descrive suo figlio come un "campione di karate" che ha vinto competizioni nazionali e che è stato membro della squadra nazionale. "Chiedo rispettosamente alla magistratura, vi prego per favore, vi chiedo... di rimuovere la pena di morte dal caso di mio figlio".

Sua moglie, con le braccia conserte come se stesse cullando un bambino, parla poi per chiedere a sua volta la revoca della pena di morte.

Secondo Amnesty International, Karami è una delle cinque persone condannate a morte per l'aggressione mortale a un membro della milizia Basij durante una cerimonia funebre per un manifestante nella città di Karaj vicino a Teheran. La condanna sarebbe stata emessa in meno di una settimana “dopo l'inizio di un processo di gruppo iniquo e accelerato, che non aveva alcuna somiglianza con un procedimento giudiziario significativo”.

L'età del ragazzo non è stata riferita, ma i rapporti sui canali dei social media pro-protesta suggeriscono che abbia poco più di 20 anni, come i due uomini già giustiziati nelle scorse settimane.

Sulla violentissima repressione delle proteste in Iran, è intervenuto il nostro presidente della Repubblica Sergio Mattarella: "Quanto sta avvenendo in queste settimane in Iran supera ogni limite e non può, in alcun modo, essere accantonato".

7) "LA PENA DI MORTE È IMMORALE" 

LA GOVERNATRICE DELL'OREGON COMMUTA TUTTE LE CONDANNE A MORTE

 

La governatrice Kate Brown, che ha commutato in ergastolo le condanne capitali di tutti i 17 condannati a morte dell’Oregon, ha dichiarato in un’intervista: “Sono stata molto chiara con i cittadini dell'Oregon: sono contraria alla pena di morte perché non serve ed è immorale”.

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Kate Brown

Il 13 dicembre la governatrice dell'Oregon, Kate Brown, in procinto di lasciare il suo incarico, ha annunciato la commutazione in ergastolo delle condanne a morte di 17 persone ritenendo la pena capitale una pratica immorale.

Tra le persone che erano in attesa di esecuzione vi erano Christian Longo, condannato a morte nel 2003 dopo aver ucciso la moglie Mary Jane e i loro tre figli; Bruce Turnidge e suo figlio Joshua Turnidge, responsabili degli attentati di Woodburn del 2008 in cui furono uccisi il capitano di polizia Tom Tennant e l'agente William Hakim; e Jesse Compton, che nel 1997 uccise Tessylnn O'Cull, una bambina di 3 anni.

Kate Brown ha dichiarato in un’intervista alla rete televisiva Oregon Public Broadcasting: “Sono stata molto chiara con i cittadini dell'Oregon: sono contraria alla pena di morte perché non serve ed è immorale”. “La pena di morte non è mai stata amministrata in modo giusto o equo in Oregon”

La Brown ha detto che per le altre commutazioni vi sono state ragioni di crescita personale del condannato tra i motivi per ridurre la pena. Questa volta, ha detto la Brown, la decisione si basa esclusivamente sulla convinzione che la pena di morte sia immorale e rappresenti uno spreco di denaro dei contribuenti in quanto non contribuisce a rendere le comunità più sicure.

La governatrice ha detto che il team di avvocati del Dipartimento di Giustizia dell'Oregon ha contattato le famiglie delle vittime per informarle della sua decisione e che tali famiglie saranno anche informate su come contattare direttamente il suo ufficio.

“Non ho modo di sapere come si viva nei panni delle vittime e delle loro famiglie”, ha detto la Brown. “Quello che è successo a loro e alle loro famiglie è stato brutale, orribile e spaventoso. Il mio cuore soffre per loro. Allo stesso tempo, è immorale che lo Stato metta a morte le persone”.

“Da tempo ritengo che la giustizia non avanzi togliendo una vita e che lo Stato non debba occuparsi di giustiziare le persone, anche se sono state incarcerate per un crimine terribile", ha dichiarato la Brown.

Kate Brown ha usato i suoi poteri di clemenza per graziare o commutare le sentenze più di qualsiasi altro governatore nella storia dell’Oregon.

Durante l'apice della pandemia di COVID-19, la governatrice ha commutato le sentenze di 963 adulti incarcerati per prevenire la diffusione del virus. Le persone di cui ha commutato la pena sono state ritenute vulnerabili dal punto di vista medico o non sembravano creare un rischio inaccettabile per la sicurezza pubblica secondo la governatrice. Due procuratori distrettuali, insieme a familiari di vittime di reati, hanno fatto causa alla governatrice e ad altri funzionari statali per fermare le azioni di clemenza. Ma la Corte d'Appello dell'Oregon ha stabilito in agosto che la governatrice ha agito nell'ambito della sua autorità.

La Brown ha commutato anche la pena di 43 carcerati che hanno aiutato a combattere gli incendi selvaggi durante il periodo in cui lo Stato è stato devastato dai roghi. Ha inoltre commutato le sentenze di 73 delinquenti minorenni. A novembre, la Brown ha concesso più di 47.000 condoni a persone che avevano condanne per il possesso di un grammo o meno di marijuana.

Le decisioni della governatrice Brown hanno contribuito alla linea portata avanti da anni dai Democratici per porre fine alla pena di morte in Oregon. L’Oregon, infatti, è uno dei 27 Stati degli USA dove vige ancora la pena di morte, anche se l'ultima esecuzione risale al 1997.

Come l'Oregon, altri Stati si stanno allontanando dalla pena di morte. In California, il governatore democratico Gavin Newsom ha imposto una moratoria sulle esecuzioni nel 2019 e ha chiuso la camera di esecuzione di San Quentin. Un anno fa ha deciso di smantellare il più grande braccio della morte d'America trasferendo tutti i condannati in altre carceri entro due anni.

La pena di morte è stata quasi abolita nello Stato dell'Oregon, sia per legge che per prassi. Nel 2011 l'allora governatore John Kitzhaber scelse di non applicare più la pena di morte e la governatrice Brown ha continuato la moratoria.

Nel 2019, i parlamentari hanno ridefinito il reato di omicidio aggravato, l'unico reato punibile con la morte in Oregon. I parlamentari hanno ristretto l'ambito di ciò che costituisce un reato capitale, applicandolo agli omicidi di bambini di età inferiore ai 14 anni, agli omicidi di agenti delle forze dell'ordine, agli attacchi terroristici che uccidono almeno due persone e agli omicidi in carcere compiuti da qualcuno che era stato precedentemente condannato per omicidio.

In seguito, nel 2020, il Dipartimento Penitenziario dell'Oregon ha chiuso il braccio della morte, spostando i detenuti nelle 6 prigioni di massima sicurezza dello Stato.

La governatrice dell'Oregon Kate Brown ha deciso lo smantellamento della camera di esecuzione. Ha detto di non sapere come verrà utilizzata la stanza delle esecuzioni capitali nel penitenziario statale dell'Oregon.

Apprendendo che la governatrice Brown intendeva commutare tutte le rimanenti condanne a morte in Oregon e smantellare la camera di esecuzione, Frank Thompson, sovrintendente delle carceri dell'Oregon dal 1994 al 1998 (e attualmente membro del consiglio di amministrazione di Oregonians for Alternatives to the Death Penalty e di Death Penalty Action) ha dichiarato quanto segue:

“Questo è un momento straordinario per me, perché quando ero sovrintendente delle carceri dello Stato dell'Oregon negli anni '90, ho supervisionato la costruzione della camera della morte e ho assistito alle due esecuzioni che hanno avuto luogo nell'attuale era della pena di morte.

“La pena di morte è semplicemente una politica pubblica sbagliata a molti livelli. Fa un cattivo servizio a tutti quelli che tocca, compresi i lavoratori statali del nostro dipartimento penitenziario che hanno il compito di effettuare le esecuzioni. Nessun dipendente dello Stato dovrebbe assumersi l'onere di uccidere un essere umano indifeso.

“Sono oneri che io e altri come me in questo Paese conosciamo troppo bene, ed è per questo che alcuni ex boia hanno lavorato per abolire la pena di morte in Oregon e in tutti gli Stati Uniti. Questo annuncio mi ha colto di sorpresa e sono contento di aver vissuto fino a questo momento. Se avessi un desiderio, sarebbe quello di essere presente allo smantellamento ufficiale e definitivo della camera di esecuzione di cui ho curato la costruzione".

La pena capitale, tuttavia, rimane nella Costituzione dello Stato e non può essere rimossa senza un voto pubblico. Secondo il Death Penalty Information Center, l'Oregon ha giustiziato 2 persone da quando la Corte Suprema degli Stati Uniti ha ripristinato la pena di morte nel 1976 e lo Stato ha ripristinato tale pena nel 1984. L'ultima esecuzione è stata portata a termine nel maggio 1997, quando il duplice omicida Harry Moore è stato ucciso con un'iniezione letale.

La nova governatrice Tina Kotek ha dichiarato durante le elezioni di essere contraria alla pena di morte a causa delle sue convinzioni religiose. Kate Brown ha detto di sentirsi sicura che la Kotek, anch'essa democratica, sia allineata con le sue idee sulla pena di morte.

Aliza Kaplan, direttrice dell’istituto di riforma della giustizia penale presso la Lewis & Clark Law School di Portland, ha applaudito la decisione del governatore.

“Se il nostro sistema penale è incentrato sulla sicurezza pubblica, non c'è assolutamente alcun rischio per la sicurezza pubblica in questa decisione", ha detto la Kaplan. "Quindi, anche se la gente potrebbe non essere d'accordo, come per ogni decisione presa da una figura pubblica, non c'è assolutamente alcun rischio per la sicurezza pubblica”. Ma non tutti sono d’accordo.

Il leader repubblicano del Senato Tim Knopp, ha detto che dovrebbe spettare agli elettori decidere se abrogare la pena di morte: “Il popolo dell'Oregon ha votato per porre fine alla pena di morte? Non mi risulta”, ha detto Knopp. “Questo è un altro esempio del fatto che il governatore e i democratici non rispettano la volontà dei cittadini dell'Oregon”.

Il procuratore distrettuale della contea di Clackamas, John Wentworth, ha detto che la Brown continua a “calpestare” i diritti delle vittime di reati: “Gli assassini festeggeranno il Natale con la certezza della vita, mentre le famiglie delle loro vittime trascorreranno il giorno di Natale senza i loro cari e senza la giustizia che meritano”, ha dichiarato Wentworth.

Dal canto suo Vikki Breese-Iverson, leader della minoranza repubblicana alla Camera dei Rappresentanti dell'Oregon, ha accusato la Brown di “mancanza di giudizio responsabile”.

“La governatrice Brown ha ancora una volta intrapreso un'azione esecutiva senza alcun input da parte dei cittadini e del parlamento”, ha dichiarato Breese-Iverson in un comunicato. “Le sue decisioni non tengono conto dell'impatto che le vittime e le famiglie subiranno nei mesi e negli anni a venire. I democratici hanno sempre preferito i criminali alle vittime”. (Pupa)

 

Storia della pena di morte nello stato dell’Oregon:

 

1864: la pena di morte è adottata per la prima volta.

1914: la pena di morte è bocciata

Per oltre due decenni è riammessa e poi abrogata:

1981: la Corte Suprema boccia la pena di morte

1984: gli elettori ripristinano la pena di morte

1997: la più recente esecuzione effettuata in Oregon.

Ci sono state solo tre esecuzioni dal 1984 al 1997

2022: La governatrice Kate Brown commuta la pena capitale per i 17 condannati a morte.

8) UCCISE UNA RAGAZZA NEL 2000, GIUSTIZIATO IN MISSISSIPPI IL 14 DICEMBRE

 

Ventidue anni dopo aver commesso un crimine di cui si è profondamente pentito, Thomas Edwin Loden è stato messo a morte. Le sue ultime coraggiose parole sono state: “Negli ultimi 20 anni, ho cercato di fare una buona azione ogni singolo giorno per compensare la vita che ho tolto da questo mondo. So che queste sono solo parole e non possono cancellare il danno che ho fatto.”

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Thomas Edwin Loden da giovane

Il 14 dicembre il Mississippi ha messo a morte il 58-enne Thomas Edwin Loden Jr. accusato di aver violentato e ucciso un’adolescente. Si è trattato della seconda esecuzione compiuta in questo stato in 10 anni.

Loden è stato dichiarato morto alle 18:12’. Era nel braccio della morte dal 2001, quando ammise di essere colpevole di omicidio e violenza sessuale commessi ai danni della sedicenne Leesa Marie Gray.

All'inizio di dicembre un giudice federale ha rifiutato di bloccare l'esecuzione di Loden. La richiesta di sospensione era motivata da una causa in corso intentata dal condannato e altri 4 detenuti nel braccio della morte del Mississippi riguardo all'uso da parte dello stato di 3 farmaci per l’iniezione letale, un protocollo che essi ritengono disumano.

Prima che iniziasse l’esecuzione, Loden ha detto di essere “profondamente pentito”. “Negli ultimi 20 anni, ho cercato di fare una buona azione ogni singolo giorno per compensare la vita che ho tolto da questo mondo”, ha detto Loden. “So che queste sono solo parole e non possono cancellare il danno che ho fatto. Se oggi non ti porta nient'altro, spero che tu ottenga pace e chiusura." Ha concluso le sue ultime parole dicendo “ti amo”.

La Gray lavorava come cameriera al ristorante di suo zio nel nord-est del Mississippi durante l'estate prima del suo ultimo anno di liceo. Il 22 giugno 2000 aveva lasciato il lavoro dopo il tramonto e si trovò bloccata per strada con una gomma a terra.

Loden, un reclutatore del Corpo dei Marines con parenti nella zona, si fermò intorno alle 22:45’ e cominciò a parlare con lei. “Non preoccuparti. Sono un marine. Facciamo questo genere di lavori”, le disse.

Loden disse agli investigatori di essersi arrabbiato dopo che la Gray aveva detto che non avrebbe mai voluto essere un marine, e le ordinò di salire sul suo furgone. Trascorse quattro ore ad aggredirla sessualmente prima di strangolarla e soffocarla, confessò agli investigatori.

I documenti del tribunale dicono che, il pomeriggio seguente, “Loden fu trovato sdraiato sul ciglio di una strada con le parole 'mi dispiace' incise sul petto e apparenti lacerazioni autoinflitte sui polsi”.

La madre della Gray, Wanda Farris, ha assistito all'esecuzione presso il penitenziario statale del Mississippi. Wanda Farris ha descritto sua figlia come un'adolescente “spensierata, sempre sorridente” che aspirava a diventare un'insegnante di scuola elementare. “Non era perfetta ma si sforzava di fare la cosa giusta.” La Farris ha rifiutato di parlare con i giornalisti dopo l'esecuzione, ma aveva precedentemente dichiarato all'Associated Press di aver perdonato Loden anni fa, pur non avendo creduto alle sue scuse. “Non mi piace particolarmente vedere qualcuno morire”, ha detto la Farris. “Ma io credo nella pena di morte... credo nella giustizia.”

Il Death Penalty Action, un’associazione contraria alla pena capitale, aveva convocato una conferenza stampa davanti al Campidoglio, il giorno prima dell’esecuzione. “Chiaramente, qualcosa in lui è scattato per averlo indotto a commettere un crimine così orribile”, disse Mitzi Magleby, portavoce della sezione del Mississippi di Ignite Justice, un'organizzazione che sostiene la riforma della giustizia penale. “Loden si è subito pentito. Non dovrebbe esserci spazio per la grazia e la misericordia in una situazione del genere?”

Loden sperava che la sua esecuzione sarebbe stata l'ultima del paese, ha detto il suo avvocato Mark McDonald in una dichiarazione dopo l'esecuzione.

In una conferenza stampa il giorno dell’esecuzione, Burl Cain, commissario del Dipartimento penitenziario del Mississippi, ha affermato che Loden ha collaborato pienamente con le guardie.

“Ha dichiarato il suo pentimento. Era piuttosto ottimista e ha mangiato molto”, ha detto Cain.

Ricordiamo che a novembre, la governatrice dell'Alabama Kay Ivey aveva chiesto una sospensione delle esecuzioni e ordinato una revisione del sistema della pena capitale dello stato dopo una serie di iniezioni letali fallite (1).

Negli Stati Uniti d’America ancora 27 stati hanno la pena di morte. Attualmente ci sono 36 detenuti nel braccio della morte in Mississippi.                                                                                                                                (Grazia)

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(1) Vedi n. 298

9) ANTON DOSTLER, ACCUSATO DI CRIMINI DI GUERRA, FU FUCILATO IN ITALIA

 

Il generale tedesco Anton Dostler ordinò la fucilazione di 15 prigionieri americani che furono uccisi a La Spezia il 26 marzo 1944. Fu condannato a morte e fucilato il 1° dicembre 1945 ad Aversa.

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L’esecuzione del generale Anton Dostler

Il caso di Anton Dostler è unico nella storia americana. È l'unico in cui un generale tedesco fu processato e giustiziato per crimini di guerra per decisione univoca degli Stati Uniti.

La sera del 22 marzo 1944, quindici militari americani (1 ufficiale e 14 soldati), appartenenti a un gruppo che effettuava operazioni segrete sotto la guida dell’Office of Strategic Service (OSS), sbarcarono in Italia, circa 400 km dietro le linee tedesche.

La missione dell'operazione Ginny II era quella di distruggere un tunnel sulla linea ferroviaria tra La Spezia e Genova, linea che i Tedeschi stavano usando per rifornire i militari che combattevano sui fronti delle teste di ponte di Cassino e Anzio. I militari americani intrapresero questa pericolosa missione di terra perché i bombardieri alleati avevano già tentato senza riuscirci di distruggere la linea ferroviaria.

Ciascuno degli Americani era di origini italiane e fu scelto per la missione perché la maggior parte di loro parlava italiano. Tutti indossavano uniformi da campo regolamentari dell'esercito americano (comprese le insegne) e non tentarono di nascondere la propria identità. Questo è un punto importante da notare.

Gli uomini della compagnia D erano in missione da un giorno e mezzo quando una pattuglia di miliziani italiani e soldati tedeschi li scoprì. Ne seguì un breve scontro a fuoco e gli Americani in inferiorità numerica furono costretti ad arrendersi.

I prigionieri furono portati a La Spezia e confinati nei pressi del quartier generale della 135a Brigata Fortezza della Wehrmacht. Quell'unità, comandata dal colonnello Kurt Almers, era subordinata al 75° corpo d'armata del generale Anton Dostler.

I prigionieri americani furono brutalmente interrogati dall'intelligence militare tedesca. Il primo tenente Vincent Russo fu indotto con l’inganno a rivelare i dettagli dell'operazione dopo che i suoi interrogatori mentirono dicendogli che uno dei suoi uomini aveva già rivelato tutto.

Non appena la Wermacht ottenne le informazioni che desiderava, Almers riferì con orgoglio la cattura dell'Americano al quartier generale superiore. Il giorno seguente, 25 marzo 1944, la brigata ricevette un telegramma, firmato dal generale Dostler con una riga di testo: "Gli Americani catturati vengano fucilati immediatamente".

Il colonnello Almers tentò di opporsi all'ordine di uccidere i prigionieri di guerra e chiese a Dostler di riconsiderare il suo ordine o almeno di sospendere l'esecuzione. La sua richiesta non ebbe successo e ad Almers fu ordinato che gli Americani venissero fucilati prima delle 07:00 del giorno successivo.

Come ordinato, un plotone di esecuzione della Wehrmacht eseguì l'ordine, uccidendo tutti i 15 membri del servizio americano. I loro corpi furono gettati senza tante cerimonie in una fossa comune.

Il generale Dostler sopravvisse alla guerra ma fu successivamente catturato dalle forze americane e detenuto a Roma nel 1945. L'ufficiale nazista dovette affrontare un processo presso una commissione militare nominata dal generale statunitense Joseph T. McNarney, comandante generale dell'esercito nel teatro mediterraneo.

L'accusa considerò il caso come chiaro: gli uomini indossavano uniformi militari statunitensi ed erano impegnati in una missione militare legittima quando furono catturati. Avevano il diritto di essere trattati come prigionieri di guerra. La loro esecuzione senza processo violò una norma di diritto internazionale emanata durante le Convenzioni di Ginevra del 1929.

La difesa sostenne che per la natura furtiva della missione, i membri dell'OSS erano spie piuttosto che legittimi combattenti. Inoltre, affermò che gli Americani non indossavano insegne militari distintive che potessero essere identificate a distanza e quindi erano in uniforme in modo improprio e non avevano diritto allo status di prigioniero di guerra. Quella linea di difesa si rivelò debole e fu di scarso aiuto per Dostler, a cui i pubblici ministeri americani ricordarono che anche le spie avevano diritto a un processo per determinare il loro destino.

La difesa aveva un altro asso nella manica; sosteneva che il giuramento di obbedienza di Dostler ad Adolf Hitler gli richiedeva di obbedire al Führerbefehl (ordine del leader) dell'ottobre 1942, che proclamava che le unità di commando alleate violavano la Convenzione di Ginevra e ordinava alle unità tedesche che incontravano tali gruppi di “sterminarli senza pietà ovunque li trovassero.”

L'ordine di Hitler diceva che anche se i commando “sembrano soldati in uniforme”, dovevano essere uccisi.

Dopo aver preso la parola, Dostler testimoniò che non aveva altra scelta che ordinare l'esecuzione degli Americani perché erano stati catturati durante un'incursione di un commando, e il suo giuramento a Hitler gli richiedeva di obbedire al Führerbefehl, anche se quell'ordine violava il diritto internazionale.

Queste argomentazioni non servirono e il 12 ottobre 1945, dopo un processo di quattro giorni, la commissione militare dichiarò Anton Dostler colpevole. Nella terminologia arcaica delle corti marziali dell'esercito, la condanna fu che doveva “essere ucciso a colpi di moschetto”.

Al generale fu concesso di vivere altri 50 giorni. La sua condanna fu eseguita nella città italiana di Aversa. Quando arrivò il momento, Dostler fu consegnato al plotone di esecuzione di 12 uomini. Erano da poco passate le 08:00 del 1° dicembre 1945. Come da tradizione, l'ufficiale incaricato lesse ad alta voce la condanna, poi concesse a Dostler un momento con un cappellano cattolico. Subito dopo tre soldati lo legarono ad un palo con le braccia dietro la schiena, un ufficiale medico gli mise un cappuccio nero sopra la testa e attaccò un bersaglio bianco di circa dieci centimetri all’altezza del cuore.

Il plotone si posizionò a una distanza di 15 metri dal prigioniero. L'ufficiale in carica diede l'ordine di aprire il fuoco. Gli spari risuonarono all'unisono. Il corpo di Dostler si accasciò in avanti.

Il plotone di esecuzione voltò le spalle al suo corpo mentre un ufficiale medico si fece avanti e lo dichiarò ufficialmente morto. Di tutti i criminali di guerra nazisti che furono messi a morte, solo Dostler e un altro furono fucilati; tutti gli altri furono impiccati.

Morti, guerre, altre morti, una spirale infinita di odio che allarga le sue spire ancora oggi, e potrà solo essere interrotta se impareremo a rispondere alla violenza con la nonviolenza disarmata e alla vendetta con la riconciliazione.                                                                                            (Grazia)

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Qui si trova il filmato dell’esecuzione del generale Anton Dostler: https://www.gettyimages.it/detail/video/dawn-in-aversa-italy-nazi-officer-anton-dostler-filmati-di-cronaca/504862563

 

 

 

 

Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 31 Dicembre 2022

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