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FOGLIO  DI COLLEGAMENTO  INTERNO

 

DEL COMITATO PAUL ROUGEAU

 

Numero 278  -  Dicembre 2020 (*)

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Lisa Montgomery sarà viva il 20 gennaio?

SOMMARIO:

 

1) Esecuzioni federali a raffica anche nel periodo dell’Anatra zoppa

2) USA 2020: pochissime esecuzioni statali, moltissime a livello federale

3) Morto di COVID il condannato che l’Ohio non riuscì ad uccidere

4) Nel mondo l’opposizione alla pena di morte continua ad aumentare

5) Il dissidente Ruhollah Zam rapito in Iraq e messo a morte in Iran

6) Messo a morte in Iran Mohammad Hassan Ezaiee arrestato a 16 anni

7) «Giulio Regeni torturato e ucciso dal maggiore Sharif»

8) Notiziario: Giappone

1) ESECUZIONI FEDERALI A RAFFICA ANCHE NEL PERIODO DELL’ ANATRA ZOPPA

 

Il presidente degli Stati Uniti uscente Donald Trump che nella seconda metà del 2020 ha fatto portare a termine 10 esecuzioni nella giurisdizione federale, 3 delle quali dopo l’elezione del suo successore Joe Biden, intende far uccidere altri 3 condannati prima di lasciare il potere il 20 gennaio.

 

Gli Americani chiamano “Anatra zoppa” (lame-duck) il Presidente uscente degli Stati Uniti nel periodo che intercorre tra l’elezione di un nuovo presidente e il momento in cui il nuovo presidente entra in carica insediandosi alla Casa Bianca (1). L’anatra zoppa questa volta è Donald Trump, il quale non solo non si è rassegnato ad accettare l’evidente sconfitta elettorale, ma intensifica ogni sorta di iniziativa per lasciare dietro a sé una scia sanguinaria di odio e prepotenza.

Tra queste iniziative spiccano le esecuzioni federali. Da quando ha perso le elezioni, Donald Trump ha continuato a far ammazzare condannati a morte, accelerando anzi le procedure per non dover risparmiare nessuno. Trump ha portato a termine 3 esecuzioni anche dopo essere diventato un’anatra zoppa, cosa che non accadeva da oltre 90 anni.

La politica dell'amministrazione Trump in merito alla pena di morte è storicamente aberrante”, ha dichiarato Robert Dunham, direttore esecutivo del Death Penalty Information Center. “Il fatto che si verifichi un numero record di esecuzioni federali, mentre siamo vicini al minimo record di esecuzioni statali, nel mezzo di una pandemia, mostra quanto l'amministrazione Trump sia anacronistica e non possa resistere dal compiere atti gratuiti di crudeltà”, ha detto Dunham, precisando che quest'anno si sono verificate solo 7 esecuzioni statali. “Nessuno ha l’obbligo di compiere un'esecuzione durante una pandemia.”

Esaminiamo questa assurda situazione in dettaglio.

Il 19 novembre scorso è stato messo a morte Orlando Hall. Mentre Hall è stato il secondo uomo di colore ad essere giustiziato tra gli otto messi a morte a partire da luglio, i restanti condannati con esecuzione fissata sono tutti neri. "Nell’evidente tentativo di prevenire le critiche sul razzismo delle esecuzioni federali, l'amministrazione ha selezionato per primi i prigionieri bianchi", ha osservato Robert Dunham; le esecuzioni sono state ripristinate quando le proteste per la giustizia razziale sono scoppiate in tutto il Paese quest'estate. "Ciò che colpisce di questo, però, e che ci dice molto su quali vite contano, è il fatto che solo una delle persone giustiziate finora è stata condannata per aver ucciso un Afroamericano". 2 dei 3 detenuti ancora destinati a morire prima dell'insediamento di Biden il 20 gennaio sono uomini di colore. La terza è una donna bianca, Lisa Montgomery, che sarebbe la prima donna giustiziata dal governo federale in quasi 6 decenni.

Il 10 dicembre il governo federale ha messo a morte il 40-enne Brandon Bernard, nonostante una campagna per la clemenza di alto profilo, cui hanno partecipato Kim Kardashian West e due avvocati che hanno aiutato a difendere il presidente Trump durante il suo impeachment.

Brandon Bernard, anche lui Afroamericano, aveva solo 18 anni quando commise i crimini che causarono la morte di una giovane coppia di sposi bianchi nel 1999. Ma 5 dei 9 giurati sopravvissuti, che all’epoca votarono per sua condanna a morte, ora ritengono che sia stata inappropriata. Persino Angela Moore, l’accusatrice federale che aveva contribuito a mettere Bernard nel braccio della morte, ha scritto un editoriale sull'Indianapolis Star spiegando perché il governo federale avrebbe dovuto lasciarlo vivere.

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Brandon Bernard

Durante la detenzione, Bernard è stato un prigioniero modello, facendo da mentore ai giovani a rischio. “Avendo imparato così tanto dal 2000 [anno della condanna] sulla maturazione del cervello umano e avendo visto Brandon crescere fino a diventare un adulto umile e pieno di rimorsi, pienamente capace di vivere pacificamente in prigione, come possiamo dire che fa parte di quel piccolo gruppo di delinquenti che devono essere messi a morte?”, ha scritto Angela Moore.

Bernard era 1 dei 5 membri di una banda condannata per l'omicidio dei coniugi Stacie e Todd Bagley in Texas nel 1999. Il co-imputato di Bernard, Christopher Vialva, messo a morte a settembre, sparò ad entrambi, uccidendo Todd Bagley e ferendo Stacie. Dopo alcune ore Bernard dette poi fuoco alla macchina degli sventurati coniugi, e Stacie morì soffocata dal fumo. (2)

Gli avvocati di Bernard hanno fatto presente nella loro mozione che partecipanti al delitto "ugualmente colpevoli" ricevettero condanne più lievi e ora sono già usciti di prigione. Infatti i suoi complici minorenni, di età compresa tra i 15 ei 17 anni, non potevano essere condannati a morte e furono condannati alla reclusione.

Brandon Bernard è stato dichiarato morto alle 21:27’ del 10 dicembre nel carcere federale di Terre Haute. Il condannato ha rivolto le sue ultime parole ai familiari della coppia che aveva ucciso, parlando con calma sorprendente pur sapendo che stava per morire. "Mi dispiace," ha detto, alzando la testa e guardando verso la stanza dei testimoni. "Queste sono le uniche parole che posso dire che rendono completamente l’idea di come mi sento ora e come mi sono sentito quel giorno.”

Parlando per più di tre minuti, Bernard ha poi detto di aver aspettato questa possibilità per dire che era dispiaciuto - non solo per il dolore arrecato alla famiglia delle vittime, ma anche per il dolore arrecato alla sua stessa famiglia. In precedenza aveva detto del suo ruolo negli omicidi: "Vorrei poter tornare indietro e annullare tutto, ma non posso".

"Prego che Brandon abbia accettato Cristo come suo Salvatore, perché se lo ha fatto, Todd e Stacie lo accoglieranno in paradiso con amore e perdono", ha scritto Charles Woodard a nome della famiglia Bagley.

"È stato molto difficile aspettare 21 anni prima che la pena che è stata inflitta dal giudice e dalla giuria a coloro che hanno crudelmente partecipato alla distruzione dei nostri figli, sia finalmente completata", ha scritto Georgia A. Bagley, la madre di Todd

L’11 dicembre, è stato messo a morte il 56-enne Alfred Bourgeois, anch’egli Afroamericano, condannato per aver ucciso sua figlia di 2 anni nel 2002 presso la Naval Air Station di Corpus Christi.

La sua esecuzione è stata la decima eseguita dall'amministrazione Trump. Bourgeois è stato dichiarato morto alle 20:21’ nel carcere federale di Terre Haute.

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Alfred Bourgeois

Il condannato, che faceva il camionista in Louisiana, fu accusato di aver ucciso la sua figlioletta di due anni. Dopo un test di paternità in cui era stato accertato che Bourgeois era il padre della bimba, egli aveva temporaneamente assunto la custodia della figlia. Quando la bambina ribaltò il suo vasino nel furgone di Alfred Bourgeois, questi la aggredì con estrema violenza e la bimba morì in ospedale il giorno successivo.

Nelle sue ultime parole, Bourgeois ha affermato di non aver ucciso la figlia. "Chiedo a Dio di perdonare tutti coloro che hanno complottato e tramato contro di me, e piantato prove false", ha detto, aggiungendo: "Non ho commesso quel crimine".

La famiglia della vittima ha dichiarato che ora può cominciare il processo di guarigione, ma che la giustizia non avrebbe dovuto tardare 18 anni.

L’esecuzione di Bourgeois era stata programmata per il mese di gennaio 2020, ma la Corte Suprema aveva accolto un ordine di una corte inferiore che la bloccava. Anche un giudice federale dell'Indiana aveva emesso una sospensione del suo caso a marzo, dopo che la sua difesa argomentò che Bourgeois era un disabile mentale e, in quanto tale, non poteva essere condannato a morte. L’esecuzione del condannato fu poi definitivamente fissata nello scorso ottobre.

Il Federal Death Penalty Act vieta al governo di giustiziare un detenuto mentalmente disabile e la Corte Suprema ha stabilito nel 2002 che i criminali mentalmente disabili non possono essere messi a morte. Gli avvocati difensori hanno affermato che Bourgeois ha ricevuto punteggi di QI abbastanza bassi da costituire una prova del deficit mentale e ha subìto altre valutazioni che hanno contribuito a dimostrare che doveva essere esente dalla pena capitale.

Victor J. Abreu, un avvocato di Alfred Bourgeois, ha sostenuto che il governo ha ucciso il suo cliente senza giusta considerazione e "nonostante le chiare direttive della Corte Suprema degli Stati Uniti e le leggi federali che ne proibivano l'esecuzione".

Anche un altro tentativo di salvare il condannato negli ultimi giorni non ha avuto successo. Con una maggioranza di 5 contro 4 la Corte d'Appello del Distretto di Columbia ha rifiutato di sospendere l’esecuzione.

Il Federal Death Penalty Act richiede che le esecuzioni siano eseguite "nel modo prescritto dalla legge dello Stato in cui è stata inflitta la pena".

Sia Bernard che Bourgeois sono stati condannati in Texas. La legge statale richiede un periodo di almeno 90 giorni tra l'annuncio e l'esecuzione, ma a Bernard sono stati concessi solo 55 giorni e a Bourgeois solo 21 - una violazione della legge federale - , hanno sostenuto i loro difensori. Ovviamente, tutto inutile.

Pochi giorni prima dell’insediamento di Biden alla Casa Bianca, potrebbero ancora esserci 3 esecuzioni. La prima persona destinata a morire è Lisa M. Montgomery, l'unica donna nel braccio della morte federale. La sua esecuzione è prevista per il 12 gennaio. Anche la Montgomery è affetta da grave disabilità intellettiva, ma questo non costituisce un impedimento per l’esecuzione, secondo Trump. Ricordiamo che nel 2004 la Montgomery uccise una donna incinta, estrasse il bimbo dall’utero di costei e tentò di far passare il bambino per suo (3). La donna, che ha una grave malattia mentale a causa di un passato violento, avrebbe già dovuto essere messa a morte l'8 dicembre, ma l’esecuzione è stata rinviata perché i suoi avvocati hanno contratto il Covid-19. A nostro avviso, tra tutti i condannati in ambito federale di cui è stata fissata l’esecuzione, la Montgomery ha le maggiori possibilità di ricevere la grazia in extremis.

Cory Johnson, condannato a morte per aver ucciso 7 persone durante un'operazione di traffico di droga a Richmond in Virginia, dovrebbe subire l'iniezione letale il 14 gennaio. Come per Bourgeois, gli avvocati di Johnson sostengono che ci sono prove schiaccianti che Johnson abbia disabilità intellettive.

Il 15 gennaio, Dustin Higgs dovrebbe essere messo a morte per un crimine commesso nel 1996. Il Dipartimento di Giustizia sostiene che Higgs abbia rapito e ucciso tre donne, invece alcuni testimoni hanno dichiarato che, pur essendo presente sulla scena del crimine, Higgs non ha ucciso nessuno. Il co-imputato Willis Haynes ha sparato i colpi, ma il Dipartimento di Giustizia sostiene che Higgs ha costretto il suo amico Haynes a commettere il crimine. Haynes, che è stato condannato all'ergastolo, ha invece confermato attraverso un affidavit firmato che Higgs non lo ha costretto, dicendo: "La teoria dell'accusa sul nostro caso era una cazzata. Dustin non mi ha minacciato. Non avevo paura di lui. Dustin non mi ha fatto fare niente né quella notte né mai."

È da sottolineare ancora che l’amministrazione Trump ha programmato tutte queste esecuzioni federali in pieno periodo di pandemia, mettendo a repentaglio la salute di molte persone.

Il direttore esecutivo del Centro informazioni sulla pena di morte, Robert Dunham, ha dichiarato alla CNN, in una precedente intervista, che durante le esecuzioni sono possibili eventi di grande diffusione del contagio a causa della quantità di persone coinvolte. "La decisione di andare avanti con tutti questi eventi di super diffusione nel bel mezzo di una pandemia che ha già ucciso un quarto di milione di Americani è storicamente senza precedenti", ha detto Dunham.

Da quando Orlando Hall è stato messo a morte il 19 novembre, sei membri della squadra di esecuzione e più di una dozzina di altri membri dello staff della prigione di Terre Haute hanno contratto il virus.

A quanto pare l’amministrazione Trump non si limita ad uccidere quanti più condannati è possibile, ma vuole rendere difficile per il successore Biden di limitare la pena di morte nel Paese.

Infatti il Dipartimento di Giustizia ha pubblicato una norma che consentirebbe di usare altri metodi di esecuzione della pena di morte oltre all’iniezione letale, come la fucilazione, l’uso di gas letali e la sedia elettrica.

È interessante notare che la rabbia di Trump per aver perso le elezioni sta ora colpendo anche i suoi alleati più fidati, e tra questi il procuratore generale William Barr, che si è dimesso prima della fine

del suo mandato dopo essere entrato in conflitto con Trump. Dopo le elezioni, i legali di Trump hanno intentato dozzine di cause civili nei tribunali federali e statali in tutto il Paese nel tentativo di dimostrare che Biden ha vinto le elezioni con la frode. Barr ha detto all'Associated Press in un'intervista il 1° dicembre che il Dipartimento di Giustizia non aveva trovato alcuna prova del genere. "Fino ad oggi, non abbiamo visto frodi su una scala che avrebbe potuto produrre un risultato diverso nelle elezioni", ha detto. Trump non l’ha gradito.

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William Pelham Barr e il suo successore Jeffrey Adam Rosen

Procuratore generale ad interim è Jeffrey Rosen. A lui il gruppo Death Penalty Action ha inviato una petizione con più di 20.000 firme, chiedendogli di ritardare o annullare le tre esecuzioni previste per il nuovo anno. "Sappiamo che queste esecuzioni sono eventi di grande diffusione del contagio", ha affermato Abraham Bonowitz, direttore del Death Penalty Action.

Due dei condannati, Higgs e Johnson, sono risultati positivi al Coronavirus all'inizio di dicembre. I loro avvocati hanno chiesto al Dipartimento di giustizia di ritardare le esecuzioni dei loro clienti.

Bonowitz ha detto di sperare che Rosen consideri la sicurezza del personale che viaggia da e verso il complesso carcerario. "Come valuta i dipendenti del servizio del Bureau of Prisons dello US Marshal, di qualunque altro dipartimento, i suoi avvocati, chiunque debba andare a Terre Haute".

"Il procuratore generale ad interim Rosen è una delle due persone nel Paese con il potere unilaterale di fermare le esecuzioni federali in sospeso", ha aggiunto Abraham Bonowitz. "Lo esortiamo a guardare a queste esecuzioni con occhi nuovi, alla luce delle prove che le esecuzioni federali sono eventi super diffusori del COVID-19". Ma è difficile, se non impossibile, che Jeffrey Rosen vada contro colui che lo ha appena nominato. (Grazia)

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(1) Si tratta del periodo durante il quale il Presidente uscente e il Presidente eletto di solito avviano il passaggio di consegne.

(2) Sul terribile delitto compiuto da Christopher Vialva e Brandon Bernard, vedi nel numero 274 l’articolo “La Macchina Della Morte Federale Appare Inarrestabile”.

(3) Sul caso di Lisa Montgomery v. nn. 276, 277.

2) USA 2020: POCHISSIME ESECUZIONI STATALI, MOLTISSIME A LIVELLO FEDERALE

 

La diminuzione delle condanne capitali e delle esecuzioni negli stati USA è stata negativamente compensata dalla forte ripresa delle esecuzioni nella giurisdizione federale dopo 17 anni di moratoria. Per la prima volta nella storia degli Stati Uniti d’America, il governo federale ha compiuto più esecuzioni di tutti gli Stati dell'Unione messi assieme.

 

In un anno, diverso da qualsiasi altro, in cui si sono verificati, in contemporanea, un arresto dei lavori delle corti di giustizia causato dalla peggiore pandemia in più di un secolo, un risveglio nazionale sulle questioni di giustizia razziale e un comportamento storicamente aberrante da parte del governo federale, le esecuzioni e le condanne a morte sono scese ai minimi storici negli Stati Uniti. Il forte declino delle condanne a morte e delle esecuzioni è stato senza dubbio un effetto collaterale della pandemia, ma già prima della sua comparsa si era verificato per il sesto anno consecutivo un calo, quasi da primato, delle condanne e delle esecuzioni.

Il Colorado è divenuto il 22° stato abolizionista e 2 stati - Louisiana e Utah - hanno raggiunto i 10 anni senza esecuzioni. La ripresa delle esecuzioni federali dopo 17 anni, con una frenesia di uccisioni senza precedenti nell’arco di 6 mesi, è stato l’evento anomalo del 2020. Per la prima volta nella storia della nazione, il governo federale ha compiuto più esecuzioni di tutti gli Stati dell'Unione messi assieme.

Decine di accusatori riformisti, che si sono impegnati a non chiedere la pena di morte o a chiederla con parsimonia, sono stati eletti in luoghi quali la Contea di Travis in Texas, le Contee di Los Angeles e di Orlando in Florida, la contea di Pima in Arizona (contee che comprendono oltre il 12% dei bracci delle morte degli Stati Uniti), presentando programmi che rilevano la necessità di fermare la criminalizzazione dell’uso di droghe, di investire in alternative alla carcerazione, di correggere la discriminazione razziale nel sistema giudiziario, di aumentare la responsabilità attribuita alla polizia e di perseguire una larga trasparenza nelle decisioni degli accusatori.

Molti stati e contee si sono mossi per abolire o ridurre l'uso della pena di morte. Sono state inflitte meno condanne a morte che in qualsiasi anno precedente, da quando la pena capitale è stata reintrodotta negli Stati Uniti negli anni '70. Gli stati hanno portato a termine meno esecuzioni rispetto a qualsiasi altro periodo negli ultimi 37 anni”, ha dichiarato Robert Dunham, direttore esecutivo del Death Penalty Information Center (DPIC) e principale autore del The Death Penalty in 2020: Year End Report." (La Pena di Morte nel 2020: Rapporto di Fine Anno).

17 persone sono state messe a morte nel 2020, meno rispetto alle 22 del 2019. Solo cinque stati - Alabama, Georgia, Missouri, Tennessee e Texas - hanno portato a termine esecuzioni quest'anno e solo uno stato, il Texas, più di una. Il numero totale di esecuzioni è stato il più basso dal 1991, e il più basso nelle giurisdizioni statali dal 1983.

A luglio le esecuzioni si sono fermate completamente a livello statale per ragioni di salute pubblica derivanti dal COVID-19. Tuttavia, nel bel mezzo della pandemia dilagante, il governo federale è andato avanti con le esecuzioni che hanno contribuito alla diffusione del virus. Nel carcere federale di Terre Haute sono stati contagiati almeno nove membri delle squadre di esecuzione e parecchi avvocati, e almeno un consigliere religioso.

Il governo federale ha portato a termine in cinque mesi più esecuzioni di qualsiasi altra presidenza nel XX o XXI secolo, ha portato a termine le prime esecuzioni con un presidente “anatra zoppa” (*) dopo più di un secolo, ed ha programmato più esecuzioni di quante non ne siano mai state programmate in un periodo di transizione presidenziale nella storia degli Stati Uniti.

Nel 2020 vi è stato un minimo record di 18 nuove condanne a morte, un calo del 45% rispetto al precedente minimo di 31 nel 2016. A causa della pandemia, questi numeri non consentono una valutazione delle tendenze a lungo termine. Tuttavia, la maggior parte delle condanne sono state inflitte nei primi 3 mesi del 2020, prima che i tribunali di tutto il paese ritardassero i processi a causa della pandemia, ed era già evidente allora che il 2020 era a un passo dall’essere il sesto anno consecutivo con meno di 50 nuove condanne a morte.

Solo 7 stati - Arizona, California, Florida, Mississippi, Ohio, Oklahoma e Texas - hanno inflitto condanne a morte quest'anno e solo tre - California, Florida e Texas - ne hanno inflitte più di una. Solo 2 contee - Riverside County, California (3) e Lafayette, Florida (2) - hanno inflitto più di 1 condanna a morte, e le condanne a morte a Lafayette sono state inflitte ai coimputati in un unico processo. Le 15 contee che hanno inflitto condanne a morte rappresentano meno dello 0,5% di tutte le contee degli Stati Uniti.

Le disparità razziali nelle esecuzioni di quest'anno rimangono in linea con le tendenze decennali, con quasi la metà degli imputati giustiziati costituita da persone di colore, e il 76% delle esecuzioni effettuate per punire l’omicidio di bianchi.

Nel 2020 vi sono stati importanti sviluppi nella legislazione sulla giustizia razziale. La Corte Suprema della Carolina del Nord ha ripristinato le condanne all'ergastolo concesse a 4 condannati a morte che avevano avanzato ricorsi basati sulle ingiustizie razziali subite durante i processi e ha autorizzato oltre 140 altri condannati a intentare ricorsi in base al Racial Justice Act. In California è stata approvata una legge sulla giustizia razziale e una legge che rafforza il divieto della selezione discriminatoria della giuria.

 

Altri dati citati nel "The Death Penalty in 2020: Year End Report":

 

* Ogni detenuto giustiziato quest’anno aveva 21 anni o meno al momento del reato o aveva almeno una delle seguenti menomazioni: prove significative di malattia mentale (8); evidenza di lesioni cerebrali, danni cerebrali nello sviluppo o un quoziente di disabilità intellettiva (6); trauma infantile grave cronico, abbandono e/o abuso (14).

 

* 5 persone sono state liberate dal Braccio della Morte nel 2020, portando a 172 il numero delle liberazioni a partire dal 1973. In ciascuno dei cinque casi, la cattiva condotta dell’accusa contribuì alla condanna ingiusta.

 

* Con il Colorado che ha abolito la pena capitale quest'anno, più di 2/3 degli stati (34) o hanno abrogato la pena di morte o non hanno eseguito condanne in 10 anni. Da un sondaggio Gallup è emerso che il 43% degli intervistati si oppone alla pena di morte nel 2020. Il 43% rappresenta la più alta percentuale di oppositori dal 1966.

 

* I candidati che promettevano riforme del sistema, incluso l’'uso ridotto o l’abbandono della pena di morte, hanno vinto concorsi per Pubblico Ministero in diverse giurisdizioni che storicamente hanno prodotto un gran numero di condanne a morte: la contea di Los Angeles, la contea di Travis in Texas, le contee di Orange-Osceola in Florida e la contea di Franklin in Ohio.

 

* Tra le esecuzioni federali particolarmente scabrose vi sono: quella (per la prima volta a livello federale) di un Nativo Americano, per un crimine commesso nella terra tribale, in violazione della legge sulla sovranità dei Nativi; le prime esecuzioni federali in 78 anni di delinquenti adolescenti al momento del reato; le esecuzioni di individui con disabilità intellettiva o grave malattia mentale; la prima esecuzione federale in 57 anni per un crimine commesso in Colorado, uno stato che ha abolito la pena capitale. (Anna Maria)

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(*) Vedi nota nell’articolo precedente

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Romell Broom

3) MORTO DI COVID IL CONDANNATO CHE L’OHIO NON RIUSCÌ AD UCCIDERE

 

Lo stato dell’Ohio il 15 settembre del 2009 non riuscì ad uccidere con un’iniezione letale il condannato a morte Romell Broom. Quel che non riuscì a fare lo stato allora lo ha fatto adesso il coronavirus.

 

Martedì 29 dicembre Sara French, portavoce del Dipartimento di Riabilitazione e Correzione dell’Ohio, ha reso noto il decesso del detenuto Romell Broom, di 64 anni, avvenuto il giorno precedente, a causa del COVID-19

Ci siamo già occupati dello sfortunato Romell Broom che il 15 settembre del 2009 sopravvisse ai sadici tentativi di ucciderlo con un’iniezione letale (1). Allora la squadra di esecuzione si impegnò per oltre due ore inserendo aghi per trovare nel suo corpo una vena utilizzabile per l’introduzione dei farmaci letali. Broom piangeva per il dolore arrecato dai 18 inutili tentativi di trovare la vena.

Broom ha persino assistito i suoi carnefici cercando di aiutarli a trovare la vena. Quando il suo aiuto non ha fatto alcuna differenza, si è girato sulla schiena e si è coperto il viso con le mani. Il suo busto si è sollevato e i suoi piedi hanno tremato.

Poi, quando i tecnici cercarono di trafiggere una vena nella gamba, egli fece una smorfia di dolore e un membro della squadra di esecuzione gli dette una pacca sulla spalla.

Dopo la fallita esecuzione Broom fu riportato nel braccio della morte. In seguito i suoi legali tentarono senza successo di far commutare la sua condanna capitale. L’ultima data di esecuzione per Broom è stata fissata per il giugno scorso. L’attuale governatore dell’Ohio Mike DeWine (che secondo noi è contrario alla pena di morte) ha poi sospeso l’esecuzione e fissato una nuova data di esecuzione nel marzo del 2022 (2).

In Ohio vige ora una moratoria della pena di morte de facto, imposta da DeWine.

Broom fu condannato a morte per aver stuprato e ucciso la quattordicenne Tryna Middleton dopo averla rapita a Cleveland nel 1984 mentre tornava a casa a piedi da una partita di calcio con due amici. Egli si è sempre dichiarato innocente ed ha anche scritto un libro sulla propria vicenda.

Negli Stati Uniti oltre a Romell Broom altri tre condannati a morte sono sopravvissuti ai tentativi di ucciderli:

* 3 maggio 1946: L'esecuzione di Willie Francis, che aveva 17 anni, fu sospesa in Louisiana dopo che una sedia elettrica preparata male non funzionò. Francis fu condannato a morte per l'omicidio a St. Martinville in Louisiana, del farmacista Andrew Thomas, che in passato aveva assunto Francis. La Corte Suprema degli Stati Uniti emise una sentenza a stretta maggioranza (5 voti a favore, 4 contro) per consentire una seconda esecuzione. La Louisiana uccise con successo il 18-enne Francis sulla sedia elettrica il 9 maggio 1947.

* 15 novembre 2017: L'esecuzione di Alva Campbell, di 69 anni, per iniezione letale, fu sospesa dopo che i membri del team di esecuzione dell'Ohio dissero al direttore delle prigioni che non riuscivano a trovare una vena. Campbell era stato condannato a morte per l’uccisione del 18-enne Charles Dials nel corso di un furto d'auto del 1997. Alva Campbell morì di morte naturale dopo 3 mesi.

* 22 febbraio 2018: L'esecuzione in Alabama di Doyle Lee Hamm, di 61 anni, che aveva combattuto contro un linfoma, è stata annullata 2 ore e mezza dopo che la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva autorizzato l'esecuzione in quanto i funzionari della prigione avevano annunciato che avrebbero interrotto la procedura perché il personale medico non pensava di poter ottenere "l'accesso venoso appropriato" prima della scadenza di mezzanotte. (Pupa)

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(1) Vedi il lungo articolo nel n. 172, ed anche gli articoli nei nn.: 174, 175, 177, 185, 201, 215, 227, 233, 268 (Notiziario), 271 (Notiziario), 272.

(2) Vedi n. 275 (Notiziario).

4) NEL MONDO L’OPPOSIZIONE ALLA PENA DI MORTE CONTINUA AD AUMENTARE

 

Il numero di Stati che votano a favore delle risoluzioni dell'ONU per la moratoria delle esecuzioni aumenta di volta in volta, dimostrando la crescita del consenso per porre fine alla pena di morte.

 

Il 16 dicembre la Sessione plenaria dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione per una moratoria delle esecuzioni in attesa di abolire completamente la pena di morte, con 123 Stati che hanno votato a favore. Nel 2007, quando per la prima volta l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò una risoluzione sulla moratoria delle esecuzioni capitali, solo 104 Stati votarono a favore.

I Paesi che praticano ancora la pena di morte devono considerare ciò un campanello d'allarme. Le esecuzioni sponsorizzate dallo Stato non hanno posto nel mondo moderno o in qualsiasi società impegnata a difendere i diritti umani”, ha dichiarato Rajat Khosla, Direttore del Settore della Ricerca, Politica e Difesa legale di Amnesty International. “Questa risoluzione ci avvicina di un passo alla consegna ai libri di storia della punizione estrema, crudele, disumana e degradante: la Pena di Morte. Esortiamo gli Stati che detengono la pena di morte, a stabilire immediatamente una moratoria sulle esecuzioni capitali, come primo passo verso l’abolizione totale del suo utilizzo”.

È l’ottava volta, dal 2007, che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adotta una risoluzione che chiede una moratoria sulle esecuzioni al fine di abolire la pena di morte. Il numero di Stati che hanno votato a favore di queste risoluzioni è passato da 104 nel 2007 a 121 nel 2018 e a 123 nel 2020.

Le risoluzioni dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite hanno un notevole peso morale e politico. Il reiterato esame delle risoluzioni su questa materia ha fatto sì che l’abolizione della pena di morte rimanga una priorità in materia di diritti umani per la comunità internazionale.

L'attuale risoluzione è stata proposta dal Messico e dalla Svizzera e sponsorizzata da 77 Stati.

Hanno votato a favore della risoluzione 123 Stati membri dell’ONU, tra i quali Gibuti, Giordania, Libano e Corea del Sud, che hanno appoggiato la risoluzione per la prima volta. Anche la Repubblica del Congo, Guinea, Nauru e Filippine, che si astennero o votarono contro la risoluzione del 2018, hanno votato a favore, mentre Yemen e Zimbabwe sono passati dall'opposizione all'astensione.

Una minoranza di paesi (38) ha votato contro la proposta e 24 si sono astenuti dal voto. Alcuni Stati, che votarono a favore o si astennero dal voto nel 2018, oggi hanno votato contro la risoluzione, tra questi Antigua e Barbuda, Dominica, Libia, Pakistan, Tonga e Uganda. Il Niger è passato dal voto a favore nel 2018 all'astensione nel 2020.

Il ricorso alla pena di morte è in calo in tutto il mondo. Nel 2019 il numero di esecuzioni di cui si è venuti a conoscenza è stato il più basso registrato in 10 anni, e solo una minoranza di paesi – 20 – ha portato a termine esecuzioni. Nel 2019 le esecuzioni si sono ridotte del 5% rispetto al 2018, si tratta della quarta riduzione consecutiva di anno in anno.

Alcuni paesi stanno contrastando la tendenza abolizionista. L'Iraq, l'Arabia Saudita, il Sud Sudan e lo Yemen hanno aumentato significativamente le esecuzioni nel 2019 rispetto al 2018; Bahrein e Bangladesh hanno ripreso le esecuzioni dopo una pausa di un anno; nelle Filippine sono stati presentati progetti di legge per reintrodurre la pena di morte. Il governo federale degli Stati Uniti ha ripreso le esecuzioni dopo 17 anni, mettendo a morte 10 uomini nel 2020.

Gli Stati che continuano a condannare a morte le persone stanno contrastando le tendenze internazionali, e il voto di oggi dimostra che i giorni della pena di morte sono contati”, ha detto Rajat Khosla. “Oggi siamo arrivati a un passo dall'abolizione globale. È ora che tutti gli Stati mettano fine per sempre a questa pratica orribile.” (Anna Maria)

5) IL DISSIDERTE RUHOLLAH ZAM RAPITO IN IRAQ E MESSO A MORTE IN IRAN

 

Il dissidente iraniano Ruhollah Zam, che viveva in Francia godendo dello status di rifugiato, si è imprudentemente recato in Iraq nell’ottobre del 2019. In Iraq è stato rapito da agenti segreti iraniani e portato in Iran. Costretto a ‘confessare’ sotto tortura, il 12 dicembre Ruhollah Zam è stato impiccato.

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Ruhollah Zam durante il processo

Si sono riversate sul governo iraniano le critiche dei governi occidentali per il rapimento del dissidente Ruhollah Zam e per l’esecuzione di costui avvenuta il 12 dicembre u. s.

Zam era stato condannato a morte per il suo ruolo nelle proteste antigovernative scoppiate nell’inverno 2017-18. Allora gestiva un popolare canale mediatico che dava voce agli oppositori del regime.

Aveva poi vissuto in Francia, dove gli era stato concesso lo status di rifugiato. Nell’ottobre del 2019 si era imprudentemente recato in Iraq.

Non è chiaro il motivo del suo viaggio ma gli attivisti dicono che è stato attirato in Iraq, che in Iraq è stato catturato dalle forze di sicurezza iraniane e trasferito in Iran per essere processato.

Amnesty International ha scritto che Zam è stato “rapito durante una visita in Iraq nell'ottobre 2019 dalle Guardie rivoluzionarie iraniane, plausibilmente con l'aiuto dei servizi segreti iracheni, e portato in Iran con la forza”.

Il segretario di stato USA Mike Pompeo ha dichiarato: “Gli Stati Uniti condannano fermamente l'ingiusta e barbarica esecuzione di Ruhollah Zam, un giornalista iraniano rapito all'estero dal regime”.

Il Ministro degli Esteri tedesco ha dichiarato di essere rimasto scioccato dalla vicenda di Zam “in particolare dal suo rapimento all'estero”.

L’Alto Commissario per i diritti umani dell'ONU, Michelle Bachelet, si è detta “sconvolta” dal rapimento all’estero di Zam e dall'esecuzione di costui.

Dopo un’intervista a Zam nel mese di luglio durante la detenzione, trasmessa dalla televisione di stato iraniana, la Bachelet ha affermato che la sua sentenza è “emblematica di una procedura di confessioni forzate estorte sotto tortura e trasmesse dai media statali, usate poi per condannare le persone”.

La collera internazionale per l’esecuzione di Zam arriva in un momento estremamente delicato, con le potenze europee pronte a rilanciare l'accordo internazionale sul programma nucleare iraniano quando a gennaio entrerà in carica negli Stati Uniti il presidente eletto Joe Biden.

Dal canto suo il Ministro degli Esteri iraniano ha convocato gli inviati di Germania e Francia per protestare contro la condanna dell’esecuzione di Zam da parte dell'UE.

Assestando un duro colpo contro i sostenitori del dialogo e del commercio con l'Iran, gli organizzatori di un importante forum sugli affari tra Iran ed Europa ne hanno rinviato l'inizio, previsto per il 14 dicembre. La tre giorni del Forum degli affari Europa-Iran doveva iniziare con le dichiarazioni del ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif e del capo della politica estera dell'UE Josep Borrell, seguite da un panel con gli ambasciatori dell'UE. “Il comitato organizzatore del Forum degli

affari Europa-Iran ha deciso di compiere il passo eccezionale di rimandare la conferenza”, hanno dichiarato gli organizzatori.

Il Ministro degli Esteri francese ha scritto sul suo account Twitter che in seguito alla “barbarica e inaccettabile esecuzione” di Zam il suo ambasciatore a Teheran, così come quelli di Germania, Austria e Italia, stavano cancellando la loro partecipazione al forum.

Ma parlando a Teheran, il Presidente dell’Iran Hassan Rouhani ha previsto che le relazioni tra Iran ed Europa non soffriranno a causa dell'esecuzione.

Non credo che questo problema danneggerà le relazioni tra l'Iran e l'Europa”, ha detto Rouhani ai giornalisti, osservando che la pena capitale fa parte della legge iraniana.

A tre mesi dall'esecuzione del lottatore Navid Afkari (1) gli attivisti contro la pena capitale hanno ribadito che l'attenzione globale si dovrebbe concentrare sull'uso della pena di morte in Iran.

L'Iran infatti, dopo la Cina, è il paese che porta a termine il maggior numero di esecuzioni.

La ricercatrice di Human Rights Watch Tara Sepehri Far ha dichiarato che l'esecuzione “dimostra fino a che punto l'Iran abbia strumentalizzato l'uso crudele e disumano della pena di morte come strumento di repressione”. (Pupa)

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(1) Vedi n. 275

6) MESSO A MORTE IN IRAN MOHAMMAD HASSAN REZAIEE ARRESTATO A 16 ANNI

 

Il 31 dicembre è stato messo a morte in Iran Mohammad Hassan Rezaiee, arrestato a 16 anni e condannato a morte per omicidio più di 12 anni fa in un processo gravemente ingiusto dopo esser stato indotto a ‘confessare’ con la tortura.

 

Il 18 dicembre, nell’imminenza dell’esecuzione del trentenne Mohammad Hassan Rezaiee, condannato a morte in Iran per un omicidio avvenuto quando lui aveva 16 anni in base a “confessioni” estorte con la tortura, Diana Eltahawy, vice direttrice per il Medio Oriente e l’Africa del Nord di Amnesty International, ha dichiarato:

Dopo più di 12 anni nel braccio della morte, Mohammad Hassan Rezaiee è stato trasferito giovedì 17 dicembre nella prigione di Lakan a Rasht e alla sua famiglia è stato detto che l’esecuzione sarebbe stata eseguita “tra una settimana”. Le autorità iraniane stanno ancora una volta perpetrando un abominevole attacco ai diritti dei fanciulli e si fanno beffe della giustizia minorile. 

“Nel 2007, quando Mohammad Hassan Rezaiee aveva 16 anni, è stato arrestato in seguito all'accoltellamento mortale di un uomo in una rissa di gruppo. Il suo processo è stato gravemente ingiusto. Nonostante la sua giovane età, le autorità lo hanno tenuto in isolamento prolungato, senza che potesse contattare la sua famiglia e il suo avvocato. Lo hanno più volte torturato per farlo “confessare”, anche picchiandolo con bastoni, prendendolo a calci e a pugni, e frustandolo con tubi flessibili. Nel 2008, la corte processuale si è basata sulle sue “confessioni” forzate per condannarlo a morte - anche se al processo ha ritrattato le sue “confessioni”, dicendo che erano state rese sotto tortura.

“Imporre la pena di morte a qualcuno che era un bambino al momento del crimine è una grave violazione delle leggi internazionali riguardanti i diritti umani, che vietano assolutamente l’inflizione della pena di morte per i crimini commessi dai fanciulli. L’ingiustizia è ulteriormente aggravata dalla determinazione delle autorità iraniane nel procedere con l’esecuzione nonostante il processo sia stato gravemente ingiusto e non si sia fatta alcuna indagine sulle accuse di tortura e altri maltrattamenti inflitti a Mohammad Hassan Rezaiee.”

Mohammad Hassan Rezaiee fu condannato a morte nella provincia di Gilan il 21 ottobre 2008. La sua condanna, come lui e il suo avvocato d'ufficio hanno dichiarato in tribunale, si basava su “confessioni” ottenute con la tortura mentre era detenuto dall'Unità investigativa della polizia iraniana a Bandar-e Anzali, nella provincia di Gilan. La Corte Suprema dell’Iran ha successivamente confermato la condanna e la pena di morte. Da allora, Mohammad Hassan Rezaiee e la sua famiglia non hanno avuto i mezzi finanziari per assumere un avvocato che presentasse formalmente richiesta di nuovo processo.

Le autorità iraniane avevano preannunciato l’esecuzione il 17 dicembre quando il condannato è stato trasferito in una cella singola.

L’Iran ha ratificato la Convenzione ONU sui Diritti dell'infanzia e la Convenzione Internazionale per i Diritti Civili e Politici che proibiscono l’inflizione della pena di morte per reati commessi da minori di 18 anni. L’articolo 91 del nuovo codice penale iraniano andato in vigore nel 2013 si limita a lasciare ai giudici la possibilità di non chiedere la pena di morte per i minorenni che non comprendono la natura del crimine. Con tutto ciò l’Iran è il paese che mette a morte più minorenni all’epoca del reato. Nel 2020 solo l’Iran ha messo a morte minorenni all’epoca del reato. Dal 2010 ad oggi sono stati giustiziati in Iran almeno 63 minorenni all’epoca del reato. Oltre il 70% delle esecuzioni di minorenni portate a termine nel mondo negli ultimi 30 anni si sono verificate in Iran.

Mahmood Amiry-Moghaddam, Direttore dell’associazione per i diritti umani Iran Human Rights, ha dichiarato: “La comunità internazionale e gli stati europei in particolare devono rispondere in modo appropriato a questa esecuzione. Decine di altri condannati minorenni sono attualmente nei bracci della morte delle prigioni iraniane, l’unico modo di salvarli è di ottenere un cambiamento della legge con la pressione internazionale. Che i criminali minorenni vengano ancora messi a morte nel 2020 è vergognoso non solo per la Repubblica Islamica dell’Iran ma per tutta la comunità internazionale.”

N. B.: Mahmood Amiry-Moghaddam è un medico iraniano rifugiato in Norvegia. (Pupa e Grazia)

7) «GIULIO REGENI TORTURATO E UCCISO DAL MAGGIORE SHARIF» (1)

Da un’indagine conclusa ora dagli inquirenti italiani è risultato che Giulio Regeni, ucciso in Egitto nel 2016, fu rapito da 4 appartenenti ai servizi segreti egiziani e poi fu torturato ed ucciso da uno di loro.

La morte di Giulio Regeni (nella foto) non fu conseguenza delle torture ma di un atto volontario e autonomo. Ne sono convinti gli inquirenti italiani che il 10 dicembre hanno chiuso l'inchiesta sulla morte del giovane ricercatore, accusando quattro 007 egiziani del sequestro e uno di loro delle torture e dell'omicidio. Il tutto in concorso con altre persone rimaste ignote.

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Nell'atto di chiusura dell'indagine si legge che il maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, "al fine di occultare la commissione dei delitti suindicati, abusando dei suoi poteri di pubblico ufficiale egiziano, con sevizie e crudeltà, mediante una violenta azione contusiva, esercitata sui vari distretti corporei cranico-cervico-dorsali, cagionava imponenti lesioni di natura traumatica a Giulio Regeni da cui conseguiva una insufficienza respiratoria acuta di tipo centrale che lo portava a morte".

Giulio Regeni venne rapito la sera del 25 gennaio 2016: il suo corpo martoriato fu trovato nove giorni dopo, lungo la strada che collega Alessandria al Cairo. Nelle prime settimane dopo il ritrovamento del corpo, tante false piste si susseguirono e chi indaga in Italia è convinto che il giovane sia stato torturato e ucciso dopo esser stato segnalato come spia alla National Security, dal sindacalista degli ambulanti, Mohammed Abdallah, con il quale era entrato in contatto per i suoi studi.

Abdallah chiedeva a Giulio di poter usare a fini personali, in modo illegale, una borsa di studio che il giovane, grazie a una fondazione britannica, voleva far arrivare al sindacato. La richiesta di Abdallah e la risposta di Giulio vennero immortalate in un video, girato dal sindacalista nel dicembre del 2015 con una telecamera nascosta, probabilmente su richiesta della polizia.

Secondo chi indaga, sarebbe stato proprio il rifiuto di dare illegalmente quei soldi a segnare il destino di Giulio: forse, quando Abdallah capì che non avrebbe ricevuto per sé almeno una parte delle diecimila sterline in ballo, decise di denunciarlo per accreditarsi con la National Security come un informatore adeguato, e segnò la tragica fine del ragazzo.

Ai quattro 007 egiziani coinvolti nel sequestro e nell'omicidio di Regeni viene contestato il sequestro di persona in concorso tra loro e con altri soggetti non identificati. Scrivono i magistrati nell'atto di chiusura dell'indagine che "a seguito della denuncia presentata, negli uffici della National security, da Mohamed Abdallah, rappresentante del sindacato indipendente dei venditori ambulanti del Cairo, gli indagati dopo aver osservato e controllato direttamente ed indirettamente, dall'autunno 2015 alla sera del 25 gennaio 2016, Giulio Regeni abusando delle loro qualità di pubblici ufficiali egiziani, lo bloccavano all'interno della metropolitana del Cairo e, dopo averlo condotto contro la sua volontà e al di fuori di ogni attività istituzionale, prima presso il commissariato di Dokki e successivamente presso un edificio a Lazougly, lo privavano della libertà personale per nove giorni".

L'indagine è stata chiusa dal procuratore di Roma Michele Prestipino e dal pm Sergio Colaiocco. Anche il reato di lesioni gravissime e omicidio è stato compiuto, secondo chi indaga, da diverse persone, ma l'unico accusato è Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, che risponde delle accuse in concorso con ignoti. (2)

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(1) Articolo pubblicato nel sito del giornale cattolico Avvenire e qui riportato con qualche nostro aggiornamento.

(2) Sulla tragica vicenda di Giulio Regeni abbiamo già scritto nei nn. 226, 227, 234, 252 (Notiziario), 266

8) Notiziario

 

Giappone. Nessuna esecuzione portata a termine nel 2020. Il Giappone mantiene la pena di morte ma compie un numero limitato di esecuzioni. La pena capitale è stata ripristinata in Giappone nel 1993. Da allora, ad esclusione del 2011, è stata portata a termine qualche esecuzione ogni anno. Nel 2018 si registrò il massimo di 15 esecuzioni, 13 delle quali riguardanti membri del culto Aum Shinrikyō a cominciare dal fondatore del culto Shoko Asahara. (Tale culto, caratterizzato da una sorta di sincretismo tra elementi di buddhismo, induismo, tradizione religiosa popolare giapponese ed esoterismo cristiano è tristemente noto per le stragi compiute dai suoi membri). Alla fine del 2020 rispetto ad un anno prima il numero di ospiti del braccio della morte giapponese è diminuito di 2: mentre sono state inflitte 2 nuove condanne a morte, sono deceduti per cause naturali 4 condannati. Ora in Giappone ci sono 110 condannati alla pena capitale.

 

 

Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 31 dicembre 2020

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