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FOGLIO  DI COLLEGAMENTO  INTERNO

 

DEL COMITATO PAUL ROUGEAU

 

Numero 243  -  Novembre 2017

Camera della morte nel carcere di Starke in Florida

 

SOMMARIO:

 

 

1) Cinici commenti dell’esecuzione di Patrick Hannon in Florida   

2) L'Ohio fallisce ancora... ma riproverà ad uccidere Alva Campbell!   

3) Esecuzione in Texas, ennesimo incidente diplomatico col Messico

4) Altra vita a Castillo dopo i tre mesi regalatigli dall’uragano

5) Trump vorrebbe la pena di morte per il terrorista uzbeko Saipov

6) Saranno riviste 4000 condanne a morte in Iran

7) Infine condannato all'ergastolo il genocida jugoslavo Mladic

8) Pena di morte per blasfemia commutata, ma l'accusa non ci sta

9) 30 novembre: la Comunità di Sant’Egidio contro la pena di morte 

10) Notiziario: Alabama, Corea del Nord, Ex Jugoslavia, Florida, Iraq

1) CINICI COMMENTI DELL’ESECUZIONE DI PATRICK HANNON IN FLORIDA

 

Ecco la cronaca dell’uccisione di un omicida in Florida, minuto per minuto. Viene da domandarsi se Greg Angel, il giornalista che l’ha scritta con tanta precisione e indifferenza, abbia un cuore.

 

Patrick Hannon ha ricevuto l’iniezione letale in Florida l’8 novembre scorso. Hannon è stato messo a morte per aver ucciso, nel lontano 1991, Brando Snider di 27 anni e Robert Carter di 28.

Tra i 20 testimoni dell’esecuzione vi era il reporter della CBS NEWS Greg Angel giunto alla terza esperienza del genere, che ha parlato dell’avvenimento con cinica freddezza.

“Ciò che mi ha colpito di più è la mia indifferenza,” ha raccontato Angel. “Molti definiscono l’esecuzione un atto barbarico, invece si tratta di una procedura medica che non suscita emozioni. Non ci sono reazioni fisiche violente, come in un’esecuzione con la sedia elettrica.

“È come se tu guardassi qualcuno che si addormenta. Tuttavia mentre guardi puoi vedere l’improvviso rapido cambiamento del colore della faccia del condannato.

“Prima le sue labbra appaiono più scure, poi la faccia diventa bianca. Questo è l’unica cosa che ti fa capire che stai vedendo qualcuno che viene messo a morte.”

 

Prima dell’esecuzione

 

Nel tardo pomeriggio dell’8 novembre 2017 un piccolo gruppo di giornalisti, incluso Greg Angel, viene caricato su un piccolo furgone e condotto in una zona chiusa da rete e filo spinato all’interno del carcere statale di Starke in Florida

Le uniche cose che i giornalisti sono autorizzati a portarsi appresso sono 5 biglietti da un dollaro per distributori automatici e il documento di identità. All’interno ricevono una busta con un block notes della grandezza di una mano e due matite.

“Circa tre ore e mezzo dopo il piccolo gruppo viene finalmente fatto passare da una sala d’aspetto alla camera dei testimoni dove 18 persone sono già sedute. Il loro sguardo è fisso al vetro riflettente di 1 metro e 40 per 3 e 70. Una tenda nera è calata dietro il vetro ed è facile vedere le facce riflesse nel vetro.

Ci sono i familiari di Rober Carter e Brandon Snider, le due vittime di Hannon.

La piccola stanza è in attività, ma in silenzio. Vi è solo il brusio del condizionatore.

Poi l’orologio comincia a fare tic tac.

Alle 20:36’ I testimoni vedono la tenda nera alzarsi facendo apparire una asettica stanza bianca al di là del vetro.

C’è Patrick Hannon, un uomo bianco di 1 metro e 90, con i capelli corti appena tagliati e barba.

E‘ legato con spesse cinghie di cuoio ad una barella con le ruote nel centro della stanza.

Il suo corpo è avvolto in un lenzuolo bianco da cui esce solo la testa, il collo e gli avambracci.

Hannon è già collegato ad una macchina che inietterà i farmaci letali nel suo corpo attraverso il braccio. Manca poco, secondo Angel.

La testa di Hannon si tira su, i suoi occhi vanno da destra a sinistra come cercassero di misurare la stanza.

“La sola cosa che vede dal suo posto è il riflesso nel vetro. Non ha modo di vedere chi c’è nella stanza dei testimoni.”

Hannon fa una dichiarazione finale prima che la guardia annunci: “Siamo giunti alla fine della fase preparatoria, comincia la fase della pena.”

Greg Angel ha documentato l’esecuzione di Hannon e ha passato i seguenti appunti alla testata australiana news.com.au

 

L’esecuzione

 

20:38’ - “Il cocktail letale che ucciderà Hannon comincia ad essere somministrato per via endovena nel braccio. Hannon si sporge, con lo sguardo che cerca di penetrare nel vetro. Poi riabbassa la testa ma solo per un breve momento, per ricominciare di nuovo a tirare su la testa. I suoi occhi vanno avanti e indietro scrutando la stanza in dettaglio.

 

20:39’ - “Hannon poggia la testa sulla barella per l’ultima volta. La sua bocca è leggermente aperta e le sue labbra tremano. Il volto darà le uniche spiegazioni della procedura, del viaggio dalla vita alla morte che si svolge davanti ai nostri occhi. Le mani di Hannon sono coperte con guanti bianchi di cotone.

 

20:40’ - “C’è un minimo movimento del busto, solo alcuni colpi di tosse cercando aria. Per il successivo minuto rimane tranquillo, parecchi colpi di tosse ma niente di allarmante. Ogni persona sembra avere una reazione diversa.”

 

20:42’ - “Alcuni minuti dopo che è cominciata la procedura la guardia si avvicina ad Hannon.

La guardia usa il suo dito per dare piccoli colpi su un occhio di Hannon un po’ di volte. Poi prende per le spalle Hannon  e lo scuote vigorosamente.

Questo è un modo per rassicurarsi che Hannon sia incosciente e anestetizzato perché presto riceverà le droghe letali.

N. B. In Florida le iniezioni letali sono composte da tre farmaci somministrati in vari momenti e dosi. L’ Etomidate è usato per primo per rendere il condannato incosciente. Poi viene iniettata una dose di Bromuro di Rocuronio per rilasciare i muscoli, essenzialmente per paralizzare il condannato, e per ultimo, fatale e finale, vi è l’Acetato di Potassio. Questa è la sostanza per bloccare il cuore.

 

20:44’ - Soddisfatti che Hannon sia incosciente, si procede alla somministrazione del nuovo gruppo di sostanze e la procedura continua in modo tipicamente privo di tensione. Non ci sono molti movimenti da parte di Hannon. Tuttavia c’è un mutamento di colore nel suo volto. Noto il primo manifestarsi di un colore più scuro sulle labbra di Hannon. Un segno che la morte sta sopravvenendo.

 

8:46’ - Il viso di Hannon sembra diventare più bianco-cenere, le sue labbra sono ora ancora più scure di qualche minuto fa.

 

8:48’ - Ormai sono passati 10 minuti dall’inizio della procedura. Se tutto va secondo le previsioni, noi dovremmo aver finito nel giro di pochi minuti. Mark Jame Adam fu dichiarato morto dopo 11 minuti dall’inizio della procedura. Nel caso Michael Lambrix furono necessari 15 minuti.

 

8:50’ - Un giovane alto, pelato, con un camice da medico è uno stetoscopio al collo apre una tenda da dietro alla guardia. Il dottore cammina nella stanza dell’esecuzione e fa un rapido giro a destra per avvicinarsi al corpo di Hannon. Il dottore comincia a eseguire un esame fisico, usando un flash per rilevare movimenti negli occhi di Hannon. Il dottore verifica ogni altro segno di vita, una pulsazione, un respiro, o altro. Non viene rilevato alcun segno di vita.

Il dottore pronuncia delle parole rivolto alla guardia ed esce attraverso la porta con la tenda dalla quale era entrato. La guardia raggiunge e solleva un telefono beige appeso al muro presumibilmente per comunicare all’ufficio del Governatore che l’esecuzione è terminata.

La guardia riappende la cornetta, si gira verso la finestra dall’altra parte della quale si trovano i testimoni e annuncia “La controversia tra lo Stato della Florida e Patrick Hannon  si è conclusa alle 8:50’ ”.

La tenda nera viene calata giù improvvisamente come era stata tirata su.

In 12 minuti Hannon è passato dall’essere un prigioniero detenuto nel braccio della morte in Florida a un essere che non è più sulla terra.

 

Vederli morire non mi sconvolge

 

Greg Angel ha dichiarato che assistere alle esecuzioni del braccio della morte non ha cambiato il suo modo di vedere la pena capitale.

“Credo che sia una questione su cui ci si divide, in merito alla quale devono decidere la società e il governo,” ha detto.

Ma è sicurissimo del fatto che le esecuzioni alle quali ha presenziato siano state portate a termine in modo etico ed umano. 

“Posso affermare, in base alle mie osservazioni, che sebbene vi sia una conclusione letale essa non appare agli osservatori un procedimento violento.

Non vi è risposta fisica violenta né esplosioni di grida. È silenzioso e in un certo modo pacifico. C’è una drastica differenza con i crimini violenti per cui questi uomini sono stati condannati.” (Pupa)

2) L'OHIO FALLISCE ANCORA... MA RIPROVERÀ AD UCCIDERE ALVA CAMPBELL!

 

L'apparato di morte dell'Ohio ha dovuto rinunciare ad uccidere Alva Campbell: in 25 minuti di inutili torture non è stata trovata una vena utilizzabile per praticargli l'iniezione letale. Il disastro era del tutto prevedibile dato il pietoso stato del fisico di Campbell. Il colmo è che il governatore John Kasich ha già firmato un nuovo ordine di esecuzione per Campbell, con la stessa procedura. 

 

Il 15 novembre l'apparato di morte dell'Ohio ha dovuto rinunciare ad uccidere Alva Campbell: non è stata trovata una vena utilizzabile per praticargli l'iniezione letale. 

Il disastro era del tutto prevedibile dato il pietoso stato del fisico di Campbell (1). Inutilmente la difesa del condannato a morte aveva cercato di evitare lo scempio, chiedendo addirittura di usare la fucilazione in luogo dell'iniezione letale.

La salute di Alva Campbell è a dir poco malferma: egli ha subìto l'asportazione di parti di un polmone, della tiroide, della prostata, dell'intestino e del colon, ed è costretto a defecare da un ano artificiale in un sacchetto fissato alla pancia. Il suo cuore funziona male. Ha un'infezione ai polmoni resistente agli antibiotici. Spesso gli manca il respiro. Si muove su una sedia a rotelle.

Alva Campbell, che ora ha 69 anni, fu condannato a morte per l'omicidio del 18-enne Charles Dials avvenuto nel 1997. In precedenza aveva commesso un altro omicidio.

Il 9 novembre il governatore John Kasich ha negato la grazia - una grazia dovuta che molti si attendevano - e il 15 novembre si è avviata la procedura dell'iniezione letale ai danni di Alva Campbell. Come unico gesto di pietà è stato concesso al condannato di rimanere semi-seduto durante la procedura (1) che poi è stata sospesa dopo 25 minuti di inutili torture.

Imperturbabile, il governatore Kasich il giorno dopo la tragedia ha fissato una nuova data di esecuzione per Campbell: la prima data utile nell'agenda interminabile delle esecuzioni in Ohio: il 5 giugno del 2019.

Notiamo che il caso di Alva Campbell si aggiunge a quello di Romell Broom, la cui "esecuzione fallita" del 15 settembre 2009 dovrà essere rimediata con una nuova esecuzione fissata per il 17 giugno 2020 (3).

Mai nella storia recente della pena di morte statunitense un'esecuzione fallita è stata rimediata con un’esecuzione riuscita. Ricordiamo che per trovare un simile orrore occorre risalire all'immediato dopoguerra: il 3 maggio 1946 il nero Willie Francis, minorenne all’epoca del reato, fu messo sulla sedia elettrica della Louisiana ma non morì. Allora la Corte Suprema federale - sentenziando a stretta maggioranza (5 a 4) - si rifiutò di dichiarare ‘crudele ed inusuale’ la ripetizione di un’esecuzione conseguita ad ‘un incidente imprevedibile’. Un anno dopo, il 9 maggio 1947, Willie Francis fu di nuovo messo sulla sedia elettrica e ucciso.

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(1) V. n. 242.

(2) Tutto ciò deriva almeno in parte dagli abusi, dalle violenze sessuali e dalle torture che Alva Campbell ha subìto da bambino. Un sociologo con 30 anni di esperienza in campo criminale afferma che la casa della sua

infanzia era "un luogo di caos totale, agitazione, dolore e deprivazione" ed aggiunge di non aver mai preso atto di un ambiente diseducativo peggiore di quello in cui crebbe Campbell.   

(3) V. n. 241, e anche nn. 172, 173, 174, 175, 185.

3) ESECUZIONE IN TEXAS, ENNESIMO INCIDENTE DIPLOMATICO COL MESSICO

 

Lo spasmodico impegno dello stato del Messico per salvare il concittadino Ruben Cardenas-Ramirez dall’iniezione letale non è servito a nulla: il Texas ha ucciso Cardenas nel giorno stabilito. 

 

L'inoltro di una miriade di appelli ha ritardato di 4 ore ma non evitato l'esecuzione di Ruben Cardenas-Ramirez portata a termine in Texas. 

Cardenas ha rinunciato a fare una dichiarazione finale ed è stato dichiarato morto alle 22:10' dell'8 novembre. Si è trattato della settima ed ultima esecuzione in Texas nel 2017.

Cardenas, nato in Messico, aveva la cittadinanza messicana e il Messico aveva in tutti i modi cercato di salvare la vita del condannato, sulla colpevolezza del quale rimangono dei dubbi. 

L'avvocatessa Maurie Levin, che ha difeso Ruben Cardenas-Ramirez, ha ribadito che le prove a carico del proprio assistito erano deboli e che la confessione da lui resa conseguì a 22 ore di interrogatorio da parte della polizia. Ella ha inoltre contestato alle autorità texane di non aver detto subito a Cardenas che egli aveva diritto all'assistenza legale del Consolato del Messico, in virtù del Trattato di Vienna sulla Relazioni Consolari del 1963 (1). 

La Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite aveva esplicitamente chiesto al Texas di non procedere con l’esecuzione prima di un chiarimento riguardo alla mancata applicazione del Trattato di Vienna sulle Relazioni Consolari. Inutilmente.

Subito dopo l'esecuzione il Presidente del Messico Enrique Nieto ha dichiarato: "Esprimo la mia ferma condanna dell'esecuzione del messicano Ruben Cardenas-Ramirez in Texas, che viola la decisione della Corte Internazionale di Giustizia. Porgo le mie più sentite condoglianze a coloro che lo piangono."

Carlos Gonzalez Gutierrez, Console Generale del Messico in Texas, ha dichiarato: “Per il Governo del Messico non è una questione di colpevolezza o innocenza, ma di rispetto dei diritti umani e delle regole del giusto processo”.

Ruben Cardenas-Ramirez ha rinunciato al privilegio di fare la sua ultima dichiarazione. Ma in una dichiarazione vergata a mano in precedenza Cardenas ha ringraziato la propria famiglia, i propri difensori e il Consolato del Messico per il loro impegno. "Insomma! Non voglio e non posso chiedere perdono per il crimine commesso da qualcun altro. Ma tornerò per avere giustizia. Ci potete contare", ha poi scritto.

Dopo che gli era stata negata una assistenza legale da lui richiesta, al termine del terribile interrogatorio cui fu sottoposto nel 1997, Ruben Cardenas aveva confessato di aver ucciso la cugina sedicenne Mayra Laguna con la quale aveva fatto sesso mentre era ‘pieno di cocaina’.

Ha presenziato all’esecuzione di Ruben Cardenas-Ramirez, Roxana Jones, sorella della ragazza uccisa 20 anni fa, la quale ha poi dichiarato alla stampa di provare un indescrivibile sollievo.

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(1) Tale Trattato è stato violato molte volte dal Texas: v. n. 211 e i 13 nn. ivi citati, n. 214

4) ALTRA VITA A CASTILLO DOPO I TRE MESI REGALATIGLI DALL’URAGANO

 

Eventi naturali e argomenti legali regalano vita a Juan Castillo che doveva morire in Texas il 7 settembre. Ad un rinvio di 3 mesi segue una sospensione dell’esecuzione a tempo indeterminato.

 

L’uragano Harvey, che flagellava il Texas, fece spostare di tre mesi la data di esecuzione del 36-enne Juan Castillo: dal 7 settembre scorso al 14 dicembre (v. n. 240). Ma a fine novembre l’avvocato difensore Tim Gumkowski è riuscito ad ottenere una sospensione dell’esecuzione a tempo indeterminato. Questa volta a dare altra vita a Castillo ci sono motivi di giustizia.

Juan Castillo fu condannato a morte sulla base della testimonianza di tre correi e di un ‘informatore carcerario’, il detenuto Gerardo Gutierrez. Gutierrez affermò che Castillo gli aveva confessato il crimine in dettaglio, dicendo di esser l’uccisore del rapper 19-enne Tommy Garcia Jr. il quale nel dicembre del 2003 fu attirato in una zona sperduta con la promessa di ottenere sesso e droga da parte della donna di Castillo, Debra Espinosa (1). Nel 2013 però Gutierrez ritirò la testimonianza affermando di aver mentito sperando di ottenere una riduzione della propria pena. L’accusa non è d’accordo sulla sospensione, ma intanto Castillo vive.

Se fosse stata portata a termine il 14 dicembre, l’esecuzione di Juan Castillo sarebbe stata l’ottava ed ultima esecuzione in Texas nel 2017. Pertanto in Texas le esecuzioni nell’anno che volge al termine sono state 7, come nel 2015, il minimo da molti anni a questa parte. In tutti gli USA le esecuzioni sono state 23, un numero vicino al minimo storico di 20 registratosi nel 2016.

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(1) Da notare: Debra Espinosa in precedenza era stata la donna di Tommy Garcia

 

 

5) TRUMP VORREBBE LA PENA DI MORTE PER IL TERRORISTA UZBEKO SAIPOV

 

Il sistema della pena di morte nella giurisdizione federale degli Stati Uniti è fortunatamente avaro di sentenze capitali e il terroista dell’ISIS Sayfullo Saipov dovrebbe scamparla. A meno di un intervento del Pesidente Donald Trump che lo vuole morto: lo sappiamo dei messaggi che scrive su Twitter.

 

Il 31 ottobre scorso l’immigrato uzbeko 29-enne Sayfullo Saipov compì un attentato terroristico a New York percorrendo con un camion una pista ciclabile e riuscendo ad uccidere 8 persone. Fu ferito e arresto dalla polizia subito dopo.

Sayfullo Saipov (nella foto) il 28 novembre è comparso davanti al giudice distrettuale  Vernon  Broderick a Mahnattan. Si è dichiarato ‘non colpevole’. L’avvocato d’ufficio nominato dalla Corte per difenderlo, David Patton, si è rifiutato di fare commenti dopo l’udienza.

Saipov una settimana prima era stato accusato di 8 omicidi, di 13 tentati omicidi e di appartenenza all’ISIS. 

In effetti l’ISIS, ormai definitivamente sconfitto sul territorio, che dimostra la propria esistenza compiendo attentati, ha rivendicato la responsabilità dell’attacco terroristico portato a temine da Sayfullo Saipov, che è stato il più cruento attentato a New York dopo l’11 settembre 2001.

Le accuse contro Saipov comportano la pena di morte, sebbene non sia ancora chiaro se gli accusatori la richiederanno. Infatti la pena di morte negli USA viene usata pochissimo a livello federale (1).

Dal canto suo il nuovo presidente forcaiolo, Donald Trump, non ha perso l’occasione per chiedere ripetutamente su Twitter che Saipov sia condannato a morte.

L’accusa sostiene che Saipov aveva maturato la sua inclinazione alla violenza guardando i video dello Stato Islamico e aveva cominciato a pianificare l’attacco un anno prima: sarebbe stato particolarmente motivato da un video in cui Abu Bakr al-Baghdadi – il leader supremo dello Stato

islamico – esorta i mussulmani che vivono negli Stati Uniti e altrove a perseguire la causa del gruppo terrorista.

Saipov, ha rilevato l’accusa, “era contento di ciò che aveva fatto” e aveva chiesto il permesso di dispiegare la bandiera del gruppo militante islamico nella sua stanza d’ospedale.

La sorella di Saipov, Umida Saipova ha dichiarato all’agenzia Reuter, in un’intervista telefonica all’inizio del mese, da Tashkent, in Uzbekistan, di avere la sensazione che avessero fatto il lavaggio del cervello al fratello.

Mirrakhat Muminov, una conoscenza uzbeka di Saipov che vive in Ohio, ha detto alla Reuter che Saipov era diventato religioso nel 2010 quando si era trasferito negli Stati Uniti.

La prossima udienza del processo contro Sayfullo Saipov si terrà il 23 gennaio.  (Pupa)

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(1) Ricordiamo che ci sono solo 67 ospiti nel braccio della morte federale di Terre Haute nell'Indiana e vi sono state solo 3 esecuzioni federali dopo il ripristino della pena capitale negli USA.

6) SARANNO RIVISTE 4000 CONDANNE A MORTE IN IRAN

 

Una nuova legge, approvata in Iran al termine di un lungo iter, è intesa a limitare drasticamente il numero delle condanne capitali per reati di droga nel paese in cui si registra il più alto numero di esecuzioni pro capite.

 

Il 31 ottobre il pubblico ministero iraniano Abbas Jafari Dowlatabadi ha finalmente fatto chiarezza sulla più volte annunciata clemenza nei riguardi dei condannati a morte per reati di droga.

"I giudici cui sono assegnati tali casi devono essere pronti ad applicare la Nuova Legge Contro il Traffico di Droga" ha dichiarato. "La legge diventerà vincolante dopo 15 giorni dalla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale."

"I giudici devono riconsiderare le sentenze capitali già emanate ed emanare nuove sentenze in base alla nuova legge",  ha aggiunto.

Dopo l'approvazione in Parlamento, il 14 ottobre il Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione - che verifica la coerenza delle nuove leggi con i principi islamici - ha approvato l'emendamento dando così speranza a circa 4000 condannati a morte per reati di droga di minore gravità.

In base alla nuova legge la pena di morte potrà essere inflitta soltanto in questi casi:

 - Traffico di droga compiuto da soggetti armati.

 - Ricoprire un ruolo importante nell'organizzazione e nel finanziamento nel traffico, usare bambini per il traffico.

 - Casi che riguardano rei con precedenti condanne a morte, ergastoli o pene detentive a più di 15 anni.

 - Possesso o trasporto di più di: 50 chili di oppio e altre "droghe tradizionali", 2 chili di eroina, 3 chili di metanfetamina.

(Una precedente proposta di legge prevedeva la pena di morte per il possesso o trasporto di 5 chili di oppio o di 30 grammi di eroina).

"La maggioranza di coloro che sono stati messi a morte nel paese erano in genere piccoli trafficanti, mentre i profitti andavano ai capibanda che vivevano all'estero con tutti i comfort", ha dichiarato Mohammad Kazemi, Vice presidente della Commissione Giustizia del Parlamento iraniano.

Ricordiamo che l'Iran è il paese in cui si eseguono più condanne capitali pro capite, anche se ultimamente con una forte tendenza alla diminuzione. Secondo il Center for Human Rights in Iran nel 2016 si sono avute 567 esecuzioni note, assai meno che nel 2015, anno in cui se ne ebbero 977.

7) INFINE CONDANNATO ALL'ERGASTOLO IL GENOCIDA JUGOSLAVO MLADIC

 

Ratko Mladic, tra i peggiori criminali di guerra del secolo passato, il 22 novembre è stato condannato all’ergastolo dal Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia con sede all’Aja.

 

Dopo oltre un ventennio dai fatti, il 22 novembre u. s. è stata emessa all’Aja, dal Tribunale Penale Internazionale ad hoc per la ex Jugoslavia (1), la sentenza di primo grado contro il generale serbo-bosniaco Ratko Mladic colpevole di un'atroce ed assurda 'pulizia etnica' nella ex Jugoslavia ai danni della minoranza musulmana. La condanna di Mladic segue la condanna di Radovan Karadzic pronunciata nel 2016, e il processo contro Slobodan Milosevic, interrottosi nel 2006 per la morte dell'imputato (2).

Riportiamo parte della cronaca dell'evento pubblicata lo stesso giorno 22 sul quotidiano La Stampa:

“Ratko Mladic, il “boia di Srebrenica” è stato condannato all’ergastolo per genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità. L’ex generale e comandante dell’esercito serbo-bosniaco, oggi 75enne, è colpevole per le sue azioni durante la guerra di Bosnia (1992-1995) e in particolare per il ruolo nella strage di Srebrenica (11 luglio 1995) dove persero la vita oltre 8.300 persone, quasi tutti bosniaci musulmani. 

Mladic si è presentato in aula con una giacca scura, una camicia bianca e una cravatta rossa. Al suo ingresso ha salutato i presenti con ampi gesti delle mani, sorrisi e pollici alzati. Una scena già vista in passato, il marchio di sfida di un uomo che non si è mai pentito e ha continuato a dichiararsi innocente. Mentre il giudice Orie elencava nel dettaglio le atrocità e i crimini a lui imputati (esecuzioni, torture, deportazioni e stupri), Mladic si è alzato per protestare e ha inveito contro la corte. È stato allontanato dall’Aula e l’udienza e ripresa senza di lui." […]

"La latitanza di Ratko Mladic era durata 15 anni e si era conclusa il 26 maggio del 2011. Non aveva lasciato la Serbia e non aveva cambiato look. Si faceva chiamare Milorad Komadic e viveva a Lazarevo, un villaggio nelle vicinanze della città di Zrenjanin, nella regione della Vojvodina. L’arresto ha fatto scattare l’estradizione all’Aja (1° giugno dello stesso anno) e dato avvio al processo che oggi ha portato alla sentenza di primo grado." (3)

Ci corre l'obbligo di aggiungere che la condanna di Mladic è stata contestata, oltre che dai filo-serbi in Bosnia, anche da coloro che nel mondo osteggiano il Tribunale Penale Internazionale ad hoc per la ex Jugoslavia ritenendolo un'espressione della politica internazionale degli Stati Uniti. A noi sembra che, almeno in questo caso, un antiamericanismo preconcetto impedisca una visione oggettiva dei fatti.

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(1) Per la precisione, si tratta dell’organo delle Nazioni Unite denominato: “International Tribunal for the Prosecution of Persons Responsible for Serious Violations of International Humanitarian Law Committed in the Territory of the Former Yugoslavia since 1991”

(2) V. nn.  162, 190, 198 (inizio del processo a Mladic), 223, 227.

(3) Sono sotto processo all'Aja decine di imputati minori.

8) PENA DI MORTE PER BLASFEMIA COMMUTATA, MA L'ACCUSA NON CI STA

 

La condanna a morte per blasfemia pronunciata nei confronti di un blogger della Mauritania è stata commutata in due anni di carcere già scontati. Tuttavia la commutazione ha provocato gravi disordini nel paese mussulmano e l’accusa ha presentato appello alla Corte Suprema.

 

La Mauritania è un paese musulmano molto povero dell'Africa occidentale, con 4 milioni di abitanti sparsi su un vasto territorio in gran parte desertico.

Tale Cheikh Ould Mohamed Ould Mkheitir, un cittadino mauritano sulla trentina, era stato condannato a morte per blasfemia nel 2014 dopo che aveva criticato in un blog il Profeta Maometto

e i suoi seguaci per alcune decisioni prese durante la 'guerra santa' combattuta nel settimo secolo. Mkheitir aveva inoltre contestato il trattamento inflitto alla minoranza nera, "marginalizzata e discriminata" dalla popolazione araba della Mauritania.

Il caso del blogger aveva alimentato un'aspra polemica tra gli attivisti per i diritti umani e gli islamici conservatori che reclamavano l'esecuzione della sentenza di morte. 

La pena capitale per Mkheitir era stata confermata in appello il 21 aprile 2016 ma il suo reato era stato derubricato da "blasfemia" a "miscredenza", reato quest'ultimo che permette di ridurre la pena in caso di pentimento dell'accusato.

Il 31 gennaio di quest'anno la Corte Suprema del paese aveva chiesto alla Corte d'Appello della città di Nouadhibou di "correggere l'errore commesso".

Il 9 novembre u. s. la Corte d'Appello ha commutato la sentenza capitale in 2 anni di detenzione, già scontati, più un'ammenda pari a 169 dollari: il giorno prima Mkheitir aveva pubblicamente chiesto perdono e professato la propria fede in Allah e nel suo Profeta.

La mitezza usata nei confronti di Cheikh Ould Mohamed Ould Mkheitir ha scatenato infuocate proteste e disordini e lo schieramento di forze di polizia nei punti nevralgici della capitale Nouakchott dopo la preghiera di venerdì 10.

Lo stesso giorno l'accusa si è appellata alla Corte Suprema chiedendo una "corretta e rigorosa applicazione della legge".

9) 30 NOVEMBRE: LA COMUNITÀ’  DI SANT’EGIDIO CONTRO LA PENA DI MORTE

 

Come ogni anno, la Comunità di Sant’Egidio si è mobilitata contro la pena di morte nel mondo il 30 novembre - anniversario della prima abolizione della pena capitale avvenuta nel Granducato di Toscana nel 1786 - e nei giorni adiacenti.

 

“Cities for Life – Città contro la pena di morte”

 

Il 30 novembre, anniversaro della prima abolizione della pena capitale avvenuta nel Granducato di Toscana nel 1786, e nei giorni adiacenti, la Comunità di Sant’Egidio ha organizzato, come ogni anno a partire dal 2002, “Cities for Life – Città contro la pena di morte”, una mobilitazione internazionale contro la pena di morte. 

Sant’Egidio la sera del 30 novembre ha promosso manifestazioni in piazza, come quella tradizionale di Roma davanti al Colosseo illuminato, ed ha sollecitato l’illuminazione di monumenti simbolo in centinaia di città in tutto il mondo. Vi sono poi state conferenze e prese di posizione contro la pena capitale di intellettuali e personaggi della politica. Abbiamo avuto notizie di manifestazioni e conferenze in alcuni stati USA, soprattutto in Florida. Nell’ambito di “Città contro la pena di morte” vi è stato il 28 novembre l’Incontro tra i Ministri della Giustizia di molti paesi tenutosi presso la Camera dei dei Deputati di cui diamo qui un resoconto attingendo ai documenti originali pubblicati dalla Comunità di Sant’Egidio.

Decimo Incontro dei Ministri della Giustizia Contro la Pena di Morte

 

Invitati dalla Comunità di Sant’Egidio, tanti responsabili della giustizia, provenienti da 30 paesi di tutti i continenti, si sono riuniti il 28 novembre a Roma, nella Nuova Aula dei Gruppi Parlamentari della Camera. Insieme hanno discusso su come giungere ad una progressiva liberazione del mondo dalla pena di morte, anche passando – come primo atto - attraverso una moratoria universale. 

La pena di morte “era sembrata naturale – ha ricordato il portavoce della Comunità di Sant’Egidio On. Mario Marazziti, - quasi come l’aria e l’acqua. Così è stato per la schiavitù e la tortura. Fin quando la schiavitù è stata abolita, almeno ufficialmente, e l’economia del mondo non è crollata. E la tortura è diventata fuori legge. La si pratica ancora, purtroppo, ma la si pratica di nascosto. Perché è radicalmente sbagliata”.. 

Non si può pensare che la pena capitale sia la cura per una società violenta, ha sostenuto Marco Impagliazzo Presidente della Comunità di Sant’Egidio. La pena di morte non è una medicina; è l’opposto, è un veleno. 

La pena di morte sta divenendo sempre più uno strumento del passato. Ne è convinto Marazziti: “il dubbio non è sul se, se la pena capitale scomparirà dagli ordinamenti penali. La domanda è sul quando”. 

All'incontro, pur non potendo essere presente, ha inviato un suo intervento il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Gentiloni ha confermato che l’Italia è il capofila dei Paesi impegnati per la moratoria universale, approvata nel 2007 dall'assemblea delle Nazioni Unite: «L'Italia, con l'Unione Europea, continuerà a farsi promotrice di questa campagna, per vincere insieme la sfida di un mondo finalmente libero dalla pena di morte».

Al convegno, sono intervenuti, tra gli altri, il Guardasigilli Andrea Orlando, i ministri della Giustizia di Marocco, Guatemala e Guinea Conakry, insieme a rappresentanti dei governi del Canada, di San Marino e della Svizzera, ad inviati dell’Onu e all’ex presidente di Timor Est, Xanana Gusmao, e sono state ricordate alcune importanti decisioni, come quella della Guinea Conakry che con l’adozione del nuovo codice militare è divenuta completamente abolizionista. O quella del Marocco, dove il Consiglio degli Ulema ha riscritto le norme sull’apostasia stabilendo che non rischia più la pena di morte chi abbandona l’Islam. Altra decisione altamente significativa è quella del Guatemala dove con una storica sentenza la Corte costituzionale ha dichiarato la pena di morte incostituzionale. In Vietnam all’inizio del 2018 entrerà in vigore la versione emendata del codice penale che non prevederà più la pena di morte per cinque fattispecie di reato.

L’Italia - ha ricordato Marazziti - ha fatto della diplomazia umanitaria e dell’abolizione della pena di morte un perno ufficiale della sua politica estera. Nel 2018 all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite  sarà presentata una nuova Risoluzione per una Moratoria Universale delle esecuzioni. 

Tante le questioni affrontate, tra cui la pena di morte comminata per reati di droga, i condannati a morte riconociuti innocenti, e l’aumento delle esecuzioni extragiudiziali e dei linciaggi. (Grazia)

10) NOTIZIARIO

 

Alabama. Non ricorda il suo crimine ma per la Corte Suprema USA deve morire ugualmente. Il 6 novembre scorso la Corte Suprema degli Stati Uniti ha affermato che Vernon Madison, condannato a morte in Alabama oltre 30 anni fa, potrà essere “giustiziato” anche se non ricorda più nulla del suo crimine (aveva ucciso un poliziotto). La massima corte ha così capovolto la sentenza della Corte federale d’Appello dell’Undicesimo Circuito, che aveva annullato la condanna a morte di Madison a motivo che, avendo egli avuto vari ictus durante la detenzione e avendo perso la memoria, non aveva senso punirlo per un crimine che non ricorda di aver commesso. La Corte Suprema ha scritto che c’è differenza tra i condannati a morte che non ricordano il loro crimine e quelli che non hanno la capacità di “compredere la relazione tra crimine e punizione” e che gli avvocati di non hanno dimostrato per Madison tale incapacità. La corte Suprema ha affermato che Madison può essere ucciso perché “nonostante la sua perdita di memoria, capisce che verrà messo a morte come punizione per l’omicidio di cui fu riconosciuto colpevole.” Il giudice della Corte Suprema Stephen Breyer ha rilasciato una dichiarazione scritta separata dalla sentenza, per ribadire la sua preoccupazione che la pena di morte possa essere incostituzionale. Ha scritto, tra l’altro, che l’incarcerazione di Madison per 32 anni “può rendere più atroce la crudeltà della pena di morte e nel contempo compromette la sua funzione punitiva.” 

 

Corea del Nord. Trump deve essere condannato a morte. In un editoriale apparso il 15 novembre sul Rodong Sinmun, quotidiano ufficiale della Corea del Nord, è scritto che il presidente degli USA Donald Trump “merita la pena di morte” per aver insultato il capo della nazione, Kim Jong-un. Trump aveva fatto visita la settimana precedente alla Corea del Sud e aveva denunciato la "dittatura crudele" di Kim, in un discorso tenuto ai parlamentari di Seul. La visita di Trump in cinque paesi asiatici, tra cui appunto la Corea del Sud, ha avuto lo scopo di galvanizzare l’opposizione degli stati asiatici alle ambizioni nucleari nordcoreane. L’editoriale del Rodong Sinmun afferma che “il crimine peggiore per il quale Trump non potrà mai essere perdonato è che egli abbia osato ferire malignamente la dignità del capo supremo.” E continua: “Deve sapere che egli è soltanto un criminale detestabile condannato a morte dal popolo coreano.” Per la verità Trump e Kim Jong-un  si comportano entrambi come (pericolosi) bambini. Trump ha recentemente postato un commento in cui dice: “Perché Kim Jong-un mi insulta definendomi ‘vecchio’, mentre io non mi permetterei MAI di definirlo ‘piccolo e grasso’?”, al quale il leader nordcoreano ha reagito definendo Trump “un rimbambito americano pazzoide”.

 

Ex Jugoslavia. Praljak si suicida in TV dopo la conferma della condanna per crimini di guerra. Il generale Slobodan Praljak, ex comandante delle milizie serbo bosniache, si è suicidato bevendo cianuro di potassio il 29 ottobre u. s., subito dopo la lettura della sentenza che confermava in appello la condanna a 20 anni di detenzione per i crimini da lui compiuti nel corso della guerra nella ex Jugoslavia. In particolare il Tribunale Internazionale dell’Aja per i crimini nella ex Jugoslavia aveva contestato a Praljak omicidi, deportazioni e stupri compiuti dai suoi uomini, nonché il cannoneggiamento della città di Mostar con la distruzione dello storico ponte ottomano sul fiume Narenta, avvenuta il 9 novembre 1993. Tutti i telegiornali hanno mostrato la drammatica scena del suicidio del generale Slobodan Praljak, suicidio che ha interrotto il processo in corso contro di lui e 5 coimputati. V. ad esempio: http://www.ilpost.it/2017/11/30/slobodan-praljak/

 

Florida. La 'clemenza esecutiva' esiste solo sulla carta. Non vi è stata alcuna commutazione di condanne a morte in Florida dopo il 1983, quando il Governatore di allora, Bob Graham, concesse l'ultima grazia. Dal 1979, anno in cui fu ripristinata la pena di morte nello stato, 95 condannati a morte sono stati 'giustiziati' e solo 6 hanno ricevuto la grazia, tutti e 6 da parte di Graham. L'attuale Governatore Rick Scott, firma gli ordini di esecuzione senza neanche dire che le relative domande di grazia sono state respinte.  

 

Florida. L’accusatrice Aramis Ayala fa scadere il termine per chiedere la pena di morte. Il 17 novembre Aramis Ayala, la procuratrice della Florida personalmente contraria alla pena capitale che ben conosciamo (v. ad es. nn. 237, 238, 239, 240), ha riconosciuto di aver lasciato scadere il termine di 45 giorni dalla messa sotto accusa, avvenuta il 23 agosto, per presentare la richiesta di pena di morte nei riguardi della rapinatrice omicida 33-enne Emerita Mapp: il suo staff ha presentato la richiesta solo il 31 ottobre con notevole ritardo sulla scadenza. Di conseguenza l’avvocato difensore della Mapp si è opposto all’avvio di un processo capitale contro la propria assistita.

 

Iraq. Condannato a morte il generle Al-Gharawi perché perse la battaglia di Mosul contro l'ISIS. All'inizio di novembre è stato condannato a morte da un tribunale militare il generale Mahdi Al-Gharawi che nell'estate del 2014 comandava 10 mila soldati iracheni sconfitti nella battaglia di Mosul combattuta contro l'ISIS.

 

 

Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 3 dicembre u. s.

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