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FOGLIO DI COLLEGAMENTO INTERNO
DEL COMITATO PAUL ROUGEAU
Numero 217 - Ottobre 2014
Dale Recinella a Torino
SOMMARIO:
1) Un'entusiasmante settimana con Dale Recinella! di Grazia Guaschino
2) Per esentare dalla pena di morte malati e disabili mentali
3) Uccidono Panetti: si difese da sé chiamando in aula Gesù e Kennedy
4) Nobel per Malala attivista per l'istruzione delle donne
5) Per le ragazze rapite in Nigeria mobilitazione fino ad ora inutile
6) ISIS 'puro male'? Forse questa volta siamo d'accordo con Obama
7) Grande inutile mobilitazione per salvare Reyhaneh dal capestro
8) Orgogliosa difesa della macchina della morte iraniana
9) Assiste alle partite di pallavolo per... contestare il regime
10) Rapporto per l'Assemblea Generale: pesantissime accuse all'Iran
11) Confermata in Pakistan la pena di morte per la cristiana Asia Bibi
12) Un altro condannato a morte texano la scampa, per caso
13) L'Oklahoma riprende ad uccidere... schermando le esecuzioni
14) Rapporto di Amnesty International sui fatti di Ferguson
15) Francesco dice senza mezzi termini: “Abolite la pena di morte!”
16) Notiziario: Texas, Usa
1) UN'ENTUSIASMANTE SETTIMANA CON DALE RECINELLA! di Grazia Guaschino
Nella giornata del 10 ottobre, Giornata Mondiale Contro la Pena di morte, e nei giorni adiacenti, si sono svolte come tutti gli anni manifestazioni per l'abolizione della pena capitale. Quest'anno il nostro Comitato ha organizzato un ciclo di conferenze di Dale Recinella, cappellano laico nel braccio della morte della Florida. Ecco il diario scritto da Grazia dall'11 al 18 ottobre al seguito di Dale.
Ho avuto ancora una volta il privilegio di ospitare e di accompagnare in un ciclo di conferenze il nostro straordinario amico americano Dale Recinella. Dale è arrivato in Italia l’11 ottobre, provenendo da Parigi e da Lourdes, città in cui era stato invitato dagli editori della versione francese del suo libro “Now I walk on death row”1.
Sabato 11 ottobre. Alle 16:15 il TGV arriva puntualissimo nella nuova stazione sotterranea di Porta Susa a Torino. Dale scende ed è per me e Guido una gioia immensa, come sempre, poterlo riabbracciare.
Domenica 12 ottobre. Dale tiene l'omelia nella Messa delle 10:30 nella parrocchia di San Giulio d’Orta di Torino gremita da almeno 400 persone. Ci sono anche amici di Dale venuti da molto lontano per ascoltarlo. Il Vangelo è il brano di Matteo in cui Gesù narra la parabola del re che invita alle nozze di suo figlio tanti amici: questi non si presentano e allora il re manda a raccogliere i poveri per la strada fino a riempire la sala del banchetto nuziale. Dale inizia la sua omelia dicendo “Potremmo un giorno essere stupiti da chi troveremo in Paradiso seduto accanto a noi!” Poi racconta di un condannato che negli anni trascorsi nel braccio della morte non si era mai pentito dei suoi crimini, ma che, quando gli fu fissata la data di esecuzione, chiese a Dale di andare a trovarlo nella casa della morte, in cui si sentiva molto solo. Il condannato, al termine di un intenso cammino
spirituale sotto la guida di Dale, domandò ed ottenne di essere battezzato il giorno stesso dell'esecuzione. Molti di coloro che in carcere avevano conosciuto quest’uomo erano scettici sulla sua conversione, ma un funzionario del carcere telefonò a Dale e gli disse che questo aveva
trascorso le ultime tre ore della sua vita leggendo il Vangelo e spiegando alle guardie, incaricate della sua esecuzione, quali brani lo avevano persuaso a compiere la sua scelta di fede. In chiesa tutti
ascoltano le parole di Dale, che io traduco passo passo, molti hanno gli occhi lucidi. Al termine della Messa, passiamo almeno mezz’ora a salutare i suoi vecchi e nuovi amici, che vengono a congratularsi commossi. Tra queste persone c’è una insegnante di liceo che mi chiede far parlare
Dale nella sua scuola. Dale acconsente alla richiesta determinata da tanto entusiasmo nei suoi confronti.
Lunedì 13 ottobre. Andiamo a Pinerolo, una cittadina non molto distante da Torino, dove gli amici di Amnesty hanno organizzato una conferenza nel Liceo Classico e Scientifico “G. F. Porporato”. Dal momento che la conferenza è stata fissata nel pomeriggio in orario extra didattico, si presentano pochi studenti (non sanno che cosa si perdono!), ma Dale ne approfitta per trasformare la conferenza in una “chiacchierata” amichevole: seduti in cerchio i presenti ascoltano con grande interesse (e videoregistrano l’intero intervento). Dale descrive la sua attività di volontario contrapponendo il “mito” della pena capitale, come viene spacciato dai politici, con la “realtà” della pena di morte e di tutto l’orrore che essa rappresenta.
Martedì 14 ottobre. Come richiestoci dall’insegnante alla Messa di domenica, ci rechiamo al liceo linguistico Spinelli di Torino, dove, dalle 9 alle 11, Dale tiene due conferenze consecutive in due classi.
Dal momento che i ragazzi capiscono l’inglese, le conferenze non vengono tradotte e io… mi riposo. Dale invece no, lui si spende con la consueta energia e i ragazzi sono entusiasti. Lasciamo alla loro altrettanto entusiasta insegnante fogli da far compilare con gli indirizzi email dei giovani
che vogliono rimanere in contatto con il Comitato Paul Rougeau.
Alle 21 dello stesso giorno ci rechiamo alla sede della Delegazione Piemonte e Valle d’Aosta del Sovrano Militare Ordine di Malta (SMOM), per tenere una conferenza intitolata “E’ cosi che Dio entra nel braccio della morte”. La splendida sala è piena di persone (almeno una settantina) di tutte le età: ascoltano con commossa attenzione le parole appassionate di Dale, che rivelano tutta la sua intensa fede e il suo amore per il prossimo sofferente. Al discorso segue un fiume di domande. Il Delegato dello SMOM definisce Dale “un moderno Cafasso”. Tutti applaudono, anche se Dale si
mette a ridere e rifiuta energicamente un simile paragone.
Mercoledì 15 ottobre. Il nostro appuntamento è a Novara di buon mattino. Anna Maria e Gianni hanno organizzato una conferenza all’Istituto Tecnico Industriale Fauser. Gli studenti imparano informatica e tecnologia aeronautica. In un'aula magna attrezzatissima, Dale parla a oltre trecento
studenti delle classi quarte e seconde. Quello stesso giorno la professoressa Anna Cardano, che ha presieduto alla conferenza, invia al Comitato Paul Rougeau il seguente messaggio: “La "conferenza" di questa mattina è andata benissimo. Nell'aula magna piena di studenti per due ore
non è volata una mosca. I ragazzi hanno interpellato Dale anche dopo la conclusione del suo intervento, e non lo lasciavano più andare via. Le domande che hanno posto erano profonde e sentite. Ottima anche l'idea di ricostruire con corda e cartoni lo spazio della cella del condannato.
Credo che il merito sia da attribuire all'associazione Paul Rougeau [...], e soprattutto alla capacità umana e oratoria di Dale, spesosi fino all'ultimo per comunicare la sua esperienza. [...] Ringrazio le colleghe che hanno proposto e organizzato l'iniziativa. Anna Cardano”.
Dopo la conferenza, Anna Maria e Gianni ci invitano a casa loro, dove ci hanno preparato un ottimo pranzo.
Giovedì 16 ottobre. Al mattino portiamo Dale a rivedere da vicino la basilica di Superga in cima alla collina che sovrasta Torino. Subito dopo andiamo con Dale davanti al monumento dedicato a S. Giuseppe Cafasso, realizzato dai detenuti di tutta Italia ed eretto nel piazzale dove un tempo sorgeva
la forca, il palco sul quale anche Cafasso saliva per accompagnare fino alla fine con amore e compassione infinita i condannati a morte, che lui chiamava “I miei santi impiccati”.
Nel pomeriggio ci rechiamo al Castello del Valentino, sede della facoltà di Architettura, dove, nell’ambito di un programma chiamato “Torino Film Festival Itinerante” viene proiettato il film- documentario “Milleunanotte”, che descrive le condizioni di vita in un carcere italiano. Gli amici di
Amnesty hanno organizzato un intervento di Dale al termine del film. L’intervento è breve, ma l’applauso che segue le parole di Dale è lunghissimo.
Venerdì 17 ottobre. Ci rechiamo al nuovissimo Campus Einaudi, dove il Prof. Sarzotti, docente alla facoltà di Giurisprudenza, ha accolto l’invito degli amici di Amnesty e fa tenere da Dale una conferenza ai suoi studenti del primo anno. L’orario della lezione è dalle 10:15 alle 12:45, ma la
maggioranza dei giovani lascia la grande aula, dopo moltissime domande, solo alle 13:20.
Nel pomeriggio Dale fa la valigia e noi ci prepariamo a dirgli di nuovo arrivederci. Nella notte lo accompagniamo all’aeroporto della Malpensa e alle 5 di sabato mattina lo abbracciamo commossi e lo seguiamo con lo sguardo mentre si reca ai cancelli d’imbarco.
Non ci sono parole per ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile questo straordinario ciclo di eventi: gli amici di Amnesty, che come sempre si sono attivati con entusiasmo e spirito d’iniziativa; i professori che hanno programmato e apprezzato le conferenze di Dale ai loro studenti;
il mio parroco, che, con piena fiducia, ha affidato a Dale l’omelia della messa domenicale; Anna Maria e Gianni, che a Novara hanno pianificato con cura l’organizzazione della conferenza all’Istituto Fauser e ci hanno accolti con grande amicizia; Guido, il mio infaticabile marito, che ci
ha accompagnati in auto ovunque e soprattutto ci ha sostenuti moralmente con il suo entusiasmo.
Più di tutti, però, ringrazio Dale, che si è affidato ancora una volta alla nostra ospitalità ed ha trascorso con noi giornate faticose, fitte di impegni. Ogni sua conferenza costituisce un grande sforzo psicologico per lui che rivive ogni volta le esperienze drammatiche del braccio della morte.
Complessivamente abbiamo parlato a oltre 1.500 persone, tra adulti e ragazzi. Speriamo davvero che tutti i “semi” gettati in così tanti cuori riescano a mettere radici e a portare frutti, che contribuiscano a por fine all’orrenda istituzione della pena di morte.
(1) Il libro è stato tradotto in italiano e pubblicato nel 2012 dalle Edizioni San Paolo con il titolo “Nel braccio della morte” ed è stato tradotto in francese e pubblicato nel 2013 in Francia con il titolo “Couloir de la mort, chemin de vie”.
2) PER ESENTARE DALLA PENA DI MORTE MALATI E DISABILI MENTALI
Giornata Mondiale 2014: soprattutto in difesa dei condannati malati mentali e disabili intellettivi.
Quest'anno, in occasione della XII Giornata Mondiale Contro la Pena di Morte, celebratasi il 10 ottobre e nei giorni contigui, Amnesty International e le altre 200 organizzazioni piccole e grandi facenti parte la Coalizione Mondiale Contro la Pena di Morte (tra cui il nostro Comitato) hanno
messo in particolare evidenza l'uso della pena capitale nei confronti di malati e disabili mentali.
Ancora oggi persone con disabilità intellettiva o malattia mentale continuano ad essere messe a morte. Amnesty ricorda che gli standard internazionali stabiliscono che le persone che soffrono di malattia mentale o disabilità intellettiva non devono subire la 'sanzione estrema'; tali standard non hanno lo scopo di giustificare crimini orrendi ma stabiliscono criteri in base ai quali la pena di morte può essere o meno inflitta.
Amnesty International ha documentato casi di persone con forme di disabilità e/o malattia mentale condannate e/o messe a morte in paesi quali il Giappone, il Pakistan e gli Stati Uniti (1).
Durante le conferenze tenute dal nostro ospite Dale Recinella nel nord Italia (2) sono stati ampiamente illustrati casi emblematici di malati mentali condannati e/o messi a morte negli Stati Uniti.
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(1) V. nel n. 216, "Disabili mentali innocenti..." nonché l'articolo seguente e, nel Notiziario, l'ultimo articolo.
(2) V. articolo precedente; cliccando nella mappa all'indirizzo http://www.worldcoalition.org/world-day-
against-death-penalty-2014-calendar-events.html (View Larger Map) si possono trovate gli argomenti trattati da Dale Recinella nelle conferenze di Pinerolo, Torino e Novara.
3) UCCIDONO PANETTI: SI DIFESE DA SÉ CHIAMANDO IN AULA GESÙ E
KENNEDY
Assurda insistenza del Texas per portare a termine dopo 22 anni l'esecuzione del folle Scott Panetti.
Scott Panetti uccise i suoceri in Texas nel 1992 e nel 1995 fu condannato a morte. Arrivò alle soglie dell'esecuzione nel 2004, nonostante vi fossero sovrabbondanti segnali della sua insanità mentale. A giugno del 2007, lo salvò una sentenza della Corte Suprema USA che parve importante e
innovativa: per mettere a morte un condannato non bastava che egli fosse cosciente di essere messo a morte e per quale motivo (condizione minima vigente), occorreva che questi avesse una piena consapevolezza della natura della pena ricevuta (1). Si riaprì così l'iter processuale presso le corti
inferiori, finché, 7 anni dopo, il 6 ottobre scorso, la Corte Suprema - rifiutandosi di riconsiderare il suo caso - ha permesso di fissare per lui la data di esecuzione. Il Texas si è sbrigato a fissarla quanto prima: per il 3 dicembre p. v.
Ricordiamo che Panetti soffre di schizofrenia paranoide, allucinazioni, depressione... ed è stato ricoverato 14 volte in strutture psichiatriche. Pretese, ed ottenne, di difendersi da sé durante il processo, a cui si presentò con un vestito rosso da cow boy e durante il quale chiamò al banco dei testimoni - tra gli altri - Gesù Cristo, John F. Kennedy ed Anne Bancroft. Afferma che Satana, tramite lo stato del Texas, vuole metterlo a morte per impedirgli di predicare il Vangelo.
Il definitivo rigetto degli argomenti della difesa da parte della famigerata (2) Corte d'Appello federale del Quinto Circuito, si basa soprattutto su una nuova perizia dello psichiatra floridiano Alan Waldman (ordinata dall'accusa e pagata dal Texas tra 250 e 350 dollari ad ora di lavoro). Da notare: Waldman si vanta di riuscire a capire quando un detenuto finge di essere un malato mentale (3).
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(1) V. ad es. nn. 146, 150, 159.
(2) Tale corte federale, che si occupa di stati particolarmente forcaioli (Texas, Louisiana e Mississippi), non ha mai sentenziato che un condannato non potesse essere messo a morte a causa di una malattia mentale.
(3) Il dottor Alan Waldman è stato nominato 3 volte dai governatori delle Florida per valutare lo stato mentale di condannati. In tutti e tre i casi i condannati avevano una storia di malattia mentale pregressa rispetto ai crimini loro contestati. Waldman ha sempre affermato che i condannati erano da considerare mentalmente sani agli effetti giudiziari. In 2 di tali 3 casi egli concluse che i detenuti simulavano la loro follia.
4) NOBEL PER MALALA ATTIVISTA PER L'ISTRUZIONE DELLE DONNE
Malala Yousafzai è molto più di una matura, simpatica e infaticabile ragazzina pakistana.
È stata chiamata fuori dalla classe durante un'ora di chimica il 10 ottobre ed ha saputo che le è stato conferito il Premio Nobel per la Pace - per la prima volta assegnato ad un minorenne (1). Dopo l'invito a parlare alle Nazioni Unite il 12 luglio 2013 (2), ecco un altro grande riconoscimento per
Malala Yousafzai.
Malala Yousafzai - ormai conosciuta nel mondo semplicemente come Malala - è una ragazza pakistana 17-enne che cerca di sfruttare la sua simpatia e la sua terribile esperienza passata per far avanzare i propri ideali.
Attivista per il diritto all'istruzione delle donne fin dall'età di 11 anni, ha sempre approfittato della crescente attenzione dei media per propagandare le sue idee.
Il fatto che gli integralisti del suo paese nel 2012 le abbiano sparato alla testa e al collo (3), e che sia miracolosamente sopravvissuta, le ha dato un surplus di visibilità da spendere per i propri ideali.
Impegnata con grande volontà negli studi a Birmingham in Inghilterra dove si è dovuta trasferire per aver salva la vita, non si esime dal recarsi dove pensa di poter essere utile: ha speso la sue ultime vacanza estive in Nigeria adoperandosi con gli attivisti che vogliono ottenere la liberazione delle ragazze rapite dal gruppo estremista Boko Haram (4).
Ha imparato a parlare bene e non soltanto in televisione (5). Lo ha fatto anche con il presidente Obama contestando l'azione militare degli Usa contro gli estremisti islamici: "Mandate libri invece dei soldati, mandate penne invece delle armi". A chi le chiese quale era stata la risposta del
Presidente Usa, rispose: "Lo sai, è un politico..."
Enormemente avvantaggiata - almeno da un punto di vista temporale - rispetto al medico Albert Schweitzer che ebbe il Premio Nobel per la Pace dopo un'intera esistenza di lavoro umanitario, e di Aung Sang Suu Kyi, che lo ha avuto dopo decenni di resistenza contro i militari in Myanmar, ha
davanti a sé tutta una vita da programmare coerentemente col premio ricevuto. A volte dice che vorrebbe diventare una leader politica in Pakistan, come Benazir Bhutto, la prima donna capo del governo in quel paese (peraltro assassinata nel 2007).
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(1) Insieme a lei, il premio Nobel per la Pace è stato dato anche all'attivista indiano 60-enne Kailash Satyarthi.
(2) V. n. 207
(3) È ancora in terapia per i postumi delle ferite.
(4) V. art. seguente.
(5) V. http://www.nytimes.com/video/times-talks-malala-yousafzai/
5) PER LE RAGAZZE RAPITE IN NIGERIA MOBILITAZIONE FINO AD ORA INUTILE
Human Rights Watch ha rammentato al mondo, con un impegnativo rapporto reso noto a fine ottobre, le 219 ragazze nigeriane da quasi 7 mesi in mano gruppo integralista Boko Haram.
Un rapporto reso noto da Human Rights Watch il 27 ottobre (1) ci aggiorna sulla drammatica vicenda delle ragazze rapite in Nigeria dal gruppo islamico integralista Boko Haram: negli ultimi due anni almeno 500 ragazze sono state rapite nella periferica regione settentrionale di Chibok.
Nell'intenzione degli islamisti le poverette, in prevalenza cristiane, devono convertirsi ad una versione estrema dell'Islam e sposare i rapitori, nonché svolgere lavori forzati di assistenza ai militari impegnati nel conflitto con l'autorità centrale.
Le ragazze rapite Foto diffusa da Boko Haram
Anche se alcune delle ragazze sono state liberate o sono riuscite a scappare, nelle mani di Boko Haram rimane la maggioranza delle 300 studentesse rapite a metà aprile dopo l'irruzione del gruppo armato in una scuola (2): 219 secondo HRW.
Le autorità centrali della Nigeria, un paese tormentato da insurrezioni e conflitti, dissero che, nell'interesse delle vittime, occorreva usare una tattica prudenziale di accerchiamento e di penetrazione nei luoghi di detenzione, anziché attaccare frontalmente i militanti di Boko Haram per liberare le studentesse.
Dopo di che la situazione si è cronicizzata con il governo che svolge lente trattative in Ciad con i rapitori, tentando anche uno scambio di prigionieri.
Anche se la vicenda delle ragazze rapite è emblematica - ed ha avuto una particolare risonanza nel mondo con migliaia di giovani che fanno pressioni sulla Nigeria tramite i social network e manifestano nelle piazze - la drammatica situazione nel nord del paese non riguarda solo loro. HRW
e le altre organizzazioni umanitarie parlano di oltre 7.000 civili morti ammazzati a partire da 2009 con più delle metà degli omicidi concentrati negli ultimi due anni.
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(1) V. http://multimedia.hrw.org/distribute/dyofmhisuk
(2) V. n. 214, Notiziario
6) ISIS 'PURO MALE'? FORSE QUESTA VOLTA SIAMO D'ACCORDO CON OBAMA
Il gruppo integralista ISIS (Stato Islamico dell'Iraq e della Siria), costituitosi in 'califfato islamico', sembra animato solo dalla crudeltà - accuratamente depurata da ogni senso di umanità e di razionalità - e forse dalla voglia di apparire nei media e di spaventare il più possibile il mondo intero. Eppure l'ISIS riesce ad ottenere i fondi necessari per combattere la sua guerra ed anche gli uomini, volontari che arrivano da dentro e da fuori i paesi islamici, e riesce a controllare una buona parte del destrutturato Iraq ed una vasta porzione del nord est della Siria, provocando oltre un milione di profughi (1). Le sue 'imprese', incluse le decapitazioni videoregistrate di prigionieri
occidentali, ci vengono raccontate puntualmente sul piccolo schermo, pertanto, almeno per il momento, non ce ne occupiamo a fondo qui.
Riguardo all'ISIS, siamo una volta tanto d'accordo con il Primo Ministro David Cameron e il Presidente Barack Obama che lo hanno definito 'male puro' (pure evil). Non tanto però d'accordo con l'intento di Obama di porvi rimedio con l'uso dei droni, piuttosto lo siamo con Malala Yousafzai
che propone di combattere gli integralisti con libri e penne, cioè con l'istruzione. Purtroppo la ricetta di Malala non serve nell'immediato per i poveretti che ora vengono uccisi dall'ISIS.
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(1)Vedi http://www.nytimes.com/interactive/2014/06/12/world/middleeast/the-iraq-isis-conflict-in-maps-
photos-and-video.html
7) GRANDE INUTILE MOBILITAZIONE PER SALVARE REYHANEH DAL CAPESTRO
In Iran viene messo a morte un numero enorme e crescente di prigionieri. Di quando in quando in favore di qualche condannato si verifica una mobilitazione internazionale: quest'anno particolarmente intensa ma inutile è stata la campagna per evitare l'impiccagione della giovane Reyhaneh.
Reyhaneh Jabbari al processo
Arrestata nel 2007, all'età di 19 anni, con l'accusa di aver ucciso un uomo, l'iraniana Reyhaneh Jabbari era stata condannata a morte nel 2009. Ciò anche se lei affermava di aver accoltellato l'agente dei servizi segreti Morteza Abdolali Sarbandi per legittima difesa, mentre questi tentava di
violentarla.
All'alba del 25 ottobre Reyhaneh è stata impiccata proprio quando sembrava che le forti e persistenti pressioni internazionali avessero indotto le autorità iraniane a sospendere l'esecuzione della donna, come era già avvenuto il 15 aprile e il 29 settembre. La madre aveva avuto il presentimento dell'esecuzione il giorno precedente quando la detenuta era stata trasferita dalla prigione di Evin nel carcere Rajaishahr di Karaj, sempre nei pressi di Tehran.
Dieci giorni prima si era tenuto un ultimo, confuso e drammatico, incontro tra la famiglia dell'uomo ucciso e quella di Reyhaneh Jabbari, presente la stessa Reyhaneh. Dall'incontro, presieduto dal giudice Mohammad Shahriyari, era conseguito un nulla di fatto riguardo alla concessione del perdono in cambio del 'prezzo del sangue' (qisas) (1). Il figlio dell'uomo ucciso aveva negato il perdono sostenendo che la condannata non diceva la verità.
Il 1 aprile, nell'imminenza dell'esecuzione poi sospesa, Reyhaneh Jabbari aveva registrato una cassetta audio con una drammatica affettuosa dichiarazione per sua madre, dichiarazione che è stata
resa di pubblico dominio. (2)
Negli ultimi mesi si erano intensificati gli appelli in favore di Reyhaneh Jabbari, cosa che non avviene per la grande maggioranza dei condannati a morte iraniani. Avevano chiesto per lei una sospensione dell'esecuzione e un processo equo migliaia di persone attraverso i social network, decine di gruppi e associazioni per i diritti umani, soprattutto dagli Stati Uniti e dal Regno Unito, e personalità autorevoli tra cui il Relatore Speciale della Nazioni Unite sui diritti Umani in Iran, Ahmed Shaheed.
Il 4 ottobre il portavoce dell'Unione Europea aveva dichiarato: "Siamo profondamente preoccupati dalle notizie riguardanti l'imminente esecuzione di Reyhaneh Jabbari, che fu condannata a morte per l'uccisione di un uomo. Lei afferma di aver agito per legittima difesa perché l'uomo voleva violentarla. Chiediamo urgentemente alle autorità iraniane di non mettere a morte Reyhaneh Jabbari e di concederle un nuovo processo dal momento che sono emerse questioni riguardo alla correttezza del processo da lei subito. Rimaniamo profondamente preoccupati dal gran numero di esecuzioni che hanno avuto luogo in Iran quest'anno e chiediamo alle autorità iraniane di astenersi dall'uso della pena di morte".
Non sono mancati gli interventi del Dipartimento di Stato USA, di Papa Francesco, della nostra Ministra degli Esteri Federica Mogherini...
Tutto inutile.
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(1) Riguardo al "prezzo del sangue" v. ad es. n. 214
(2) V. la traduzione in italiano ad esempio in: http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/27/iran-testamento-reyhaneh-
dona-i-miei-organi-lascia-vento-mi-porti-via/1174337/
8) ORGOGLIOSA DIFESA DELLA MACCHINA DELLA MORTE IRANIANA
Le autorità iraniane hanno reagito con stizza e violenza verbale alle pesanti critiche piovute sull'Iran da tutto il mondo dopo l'esecuzione di Reyhaneh Jabbari.
Il 29 ottobreMohammad Javad Larijani, capo del Consiglio per i Diritti umani dell'Iran, durante un incontro nell'ambito delle Nazioni Unite tenutosi a Ginevra (1), ha reagito alle critiche piovute sul suo paese per l'impiccagione della 26-enne Reyhaneh Jabbari (2). "La pena capitale, qisas, è una
peculiarità del nostro sistema. Ritengo che sarebbe veramente utile per l'Occidente esaminarla attentamente," ha detto Larijani.
Larijani ha anche insinuato che la mobilitazione internazionale abbia influito negativamente sull'atteggiamento della famiglia della vittima di Reyhaneh Jabbari, che ha finito col negare il perdono alla condannata.
Dal canto suo, lo stesso giorno, a Tehran il governo di Hassan Rouhani ha giustificato l'esecuzione di Reyhaneh e respinto le critiche straniere come un'intrusione negli affari interni del paese. "Immischiarsi in un caso giudiziario che è passato per tutti i gradi del processo e degli appelli
è inaccettabile", ha dichiarato Marzieh Afkham, portavoce del Ministro degli Esteri.
Insieme a Reyhaneh Jabbari è stato impiccato un uomo mentre nel paese leader della pena di morte continuava a ritmo serrato la serie delle esecuzioni. Secondo l'agenzia di opposizione HRANA, tra il 18 e il 29 ottobre sono state impiccate 13 persone nel solo carcere di Uromieh.
Nessuna di tali esecuzioni è stata resa nota dal governo iraniano. Negli stessi 12 giorni, il numero totale delle esecuzioni in Iran (3) ammonterebbe ad almeno 55, tra cui quella di un 14-enne al momento del crimine.
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(1) Si è trattato della Revisione periodica della situazione dei diritti umani in Iran da parte del Consiglio per i Diritti Umani dell'Onu. Tale revisione vien fatta ogni 4 anni per ognuno dei 193 paesi membri.
(2) V. articolo in merito in questo numero.
(3) Secondo il Segretariato del Consiglio Nazionale di Resistenza dell'Iran.
9) ASSISTE ALLE PARTITE DI PALLAVOLO PER... CONTESTARE IL REGIME
Una giovane iraniana, dopo aver vissuto nel Regno Unito, è tornata in patria ed ha contestato la misoginia del regime degli ayatollah fino al punto di finire in carcere. Ne è valsa la pena?
Alle donne iraniane è proibito assistere alle partite di calcio. Per un certo periodo fu permesso loro di assistere a quelle di pallavolo maschile. Poi le autorità iraniane estesero il divieto anche alle partite di pallavolo maschile, senza fornire motivazioni.
Il 20 giugno, la 25-enne anglo-iraniana Ghoncheh Ghavami protestò pacificamente, insieme ad altre donne, di fronte allo stadio Azadi (che significa “libertà”) di Teheran, chiedendo che le donne venissero ammesse sugli spalti per assistere ai Campionati mondiali di pallavolo che si svolgevano in quei giorni. Ghoncheh e molte altre manifestanti furono arrestate. Liberate dopo alcune ore, non ebbero però indietro le loro macchine fotografiche e i loro telefoni cellulari.
Ghoncheh due giorni dopo lo spiacevole episodio andò alla sede della polizia. Le dissero che avrebbe potuto recuperare il telefono cellulare ma in quell’occasione fu nuovamente arrestata e rinchiusa in isolamento per oltre 40 giorni. Secondo la sua testimonianza, in quel periodo fu interrogata con aggressività, posta sotto pressione psicologica e minacciata di essere trasferita nel carcere di Gharchak dove i criminali detenuti per gravi reati vivono in condizioni durissime.
Poi la Ghavami è stata tolta dall’isolamento, ma rimane in carcere.
L’avvocato della giovane, Mahmoud Alizadeh Tabatabaee, ha dichiarato che non gli è stato ancora permesso di parlare con la sua assistita, perché è tuttora soggetta ad interrogatorio e non è ancora stata formulata nei suoi confronti un’accusa precisa. L’avvocato spera che la ragazza, che nel frattempo ha iniziato uno sciopero della fame per contestare la sua detenzione illimitata e senza accusa, venga rilasciata su cauzione. Il problema è che nelle prigioni iraniane spesso viene violato lo stesso ordinamento giudiziario e le persone restano detenute a lungo anche senza la formulazione di un’accusa.
Bultan News, un notiziario filogovernativo, afferma nel proprio sito che Ghoncheh Ghavami è stata usata dalle “agenzie di spionaggio occidentali” per diffondere disordine nella situazione socio- politica iraniana. Non dice se questa supposizione è condivisa dal governo.
Secondo Amnesty International, Ghoncheh Ghavami è da considerarsi una prigioniera di coscienza. Le autorità iraniane tra l’altro non riconoscono la doppia nazionalità e le impediscono di ricevere la dovuta assistenza consolare. Il Foreign Office sta cercando di ottenere la libertà della
ragazza ma ha scarsissima udienza.
Si è saputo che Ghoncheh Ghavami aveva vissuto in Inghilterra per parecchi anni e, dopo la laurea in giurisprudenza, era tornata in Iran nel febbraio scorso, e aveva cominciato a frequentare un
gruppo di attivisti. Fu arrestata una prima volta per il suo abbigliamento. Appena rilasciata pubblicò una lettera di denuncia su Facebook firmandola con il suo nome. La lettera fu condivisa da oltre 1.000 persone. Sembra che cercò per due volte di assistere ad una partita di pallavolo.
Probabilmente poneva troppa fiducia nel nuovo governo del 'moderato' Hassan Rouhani, e nel giro di quattro mesi è caduta vittima del suo ottimismo (1).
Il motivo per cui le autorità iraniane stiano adottando una linea così dura con Ghoncheh Ghavami è poco chiaro. Il messaggio che stanno trasmettendo è invece chiarissimo: la popolazione, specie quella femminile, non deve illudersi su possibili cambiamenti migliorativi delle leggi liberticide vigenti. (Grazia)
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(1) Mentre concludiamo questo articolo apprendiamo che Ghoncheh Ghavami è stata condannata a un anno di detenzione e a due anni di divieto a viaggiare.
10) RAPPORTO PER L'ASSEMBLEA GENERALE: PESANTISSIME ACCUSE
ALL'IRAN
Un'agghiacciante anteprima della denuncia delle violazioni dei diritti umani in Iran.
Il 27 ottobre Ahmed Shaheed, Relatore Speciale sulla situazione dei Diritti umani in Iran, ha palesato alla stampa numerosi motivi di crescente preoccupazione riguardo ai diritti umani in Iran, a cominciare dalla violazione del diritto alla vita. Egli ha citato le pecche del sistema giudiziario, le persecuzioni religiose e la discriminazione nei riguardi delle donne. Lo ha fatto a New York prima di consegnare il suo ultimo Rapporto al Terzo Comitato dell'Assemblea Generale, quello che si occupa dei Diritti umani.
Shaheed ha denunciato l'impennata delle esecuzioni capitali verificatasi da un anno a questa parte: almeno 852 individui sono stati 'giustiziati' tra giugno 2013 e giugno 2014, con un 'allarmante' aumento rispetto al già alto numero di esecuzioni dell'anno precedente. "Il Governo inoltre continua
a mettere a morte persone minorenni all'epoca del delitto loro contestato", ha aggiunto. "Nel solo 2014, sono state uccise 8 di tali persone."
Ahmed Shaheed ha anche sottolineato l'allargarsi della gamma delle ragioni per le quali si viene messi a morte in Iran, inclusi i reati economici e le attività politiche.
Nel Rapporto preparato da Shaheed, si dice che il nuovo Codice Penale Islamico entrato in vigore nel 2013 omette riferimenti all'apostasia, alla stregoneria e all'eresia, ma continua a permettere l'esecuzione di minori di 18 anni ed elenca tra i crimini capitali l'adulterio, l'uso ripetuto di alcol, il
possesso e il traffico di droghe.
Destano preoccupazione, secondo Shaheed, anche gli scarsi diritti degli avvocati; i limiti ai diritti di espressione, associazione e riunione e le misure imposte dal Governo per restringere l'accesso all'informazione.
"Di crescente preoccupazione per me è il peggioramento delle condizione delle donne nel paese;" ha detto Shaheed che ha notato una diminuzione dal 62% al 48% delle donne immatricolate all'università nel giro di due anni. Mancano inoltre opportunità di lavoro per le donne che sono remunerate meno degli uomini.
Il Rapporto parla di almeno 48.580 ragazze tra i 10 e i 14 anni maritate nel 2011, quasi tutte diventate madri di almeno un figlio prima di raggiungere i 15 anni. Inoltre almeno 1.537 matrimoni di bambine al disotto dei 10 anni sono stati registrati nel 2012, numero significativamente aumentato rispetto ai 716 matrimoni registrati tra marzo 2010 e marzo 2011.
11) CONFERMATA IN PAKISTAN LA PENA DI MORTE PER LA CRISTIANA ASIA BIBI
Sembra impossibile, ma Asia Bibi, che doveva essere liberata alcuni anni fa, è ancora in carcere ed anzi l’Alta Corte di Lahore ha confermato la sua condanna morte per blasfemia inflittale nel 2010.
Il 16 ottobre sorso, l’Alta Corte di Lahore nella provincia del Punjab in Pakistan ha respinto l'appello per Asia (o Aasia) Bibi, il cui caso giudiziario stiamo seguendo da alcuni anni. (1)
Prima di un'impensabile esecuzione rimane ora l'auspicato e più che doveroso intervento della Corte Suprema del Pakiastan, che ha il potere di rovesciare la sentenza della Corte di Lahore. O almeno del Presidente Mamnoon Hussain che può esercitare la clemenza esecutiva.
Ricordiamo che nel 2010 Asia Bibi, di religione cristiana, fu condannata a morte per blasfemia, con l’accusa di aver offeso verbalmente il profeta Maometto durante un litigio con una donna musulmana.
David Griffiths, vicedirettore di Amnesty International per l’Asia e il Pacifico, ha dichiarato in un comunicato stampa rilasciato il giorno stesso in cui la condanna a morte è stata confermata: “Questa è una grave ingiustizia. Asia Bibi non avrebbe mai dovuto essere processata, tanto meno condannata
a morte. L'idea che potrebbe pagare con la vita un litigio è raggelante”. E ha aggiunto: “Sussistono gravi preoccupazioni sull'equità del processo di Asia Bibi e le sue condizioni fisiche e mentali si sono fortemente deteriorate negli anni che ha trascorso, in quasi totale isolamento, nel braccio della
morte. Dovrebbe essere rilasciata immediatamente e la sua condanna dovrebbe essere annullata. Le leggi sulla blasfemia violano il diritto internazionale e devono essere abrogate o modificate immediatamente perché siano conformi agli standard internazionali”.
Asia Bibi, che dall’arresto nel 2009 è stata sempre tenuta in quasi totale isolamento, anche per proteggerla dagli attacchi dei detenuti musulmani, ha 45 anni ed è madre di 5 figli. Ha sempre protestato la sua innocenza, dicendo che la prova della sua blasfemia è stata fabbricata. Ad Asia è
stata inoltre negata l’assistenza di un avvocato sia prima che durante il processo del 2010.
Le pressioni da parte dei gruppi religiosi che chiedono l’esecuzione di Asia sono sempre state molto forti e i sostenitori di Asia nel corso degli anni sono stati minacciati e alcuni assassinati.
Due importanti personalità politiche, Salmaan Taseer, Governatore del Punjab, e Shahbaz Bhatti Ministro per le minoranze, furono uccisi nel 2011 per aver chiesto la riforma della legge sulla blasfemia ed essersi schierati in favore di Asia.
Si opina che la conferma della sua condanna a morte sia stata dettata anche dalla paura, in quanto durante le udienze di appello erano presenti in aula alcuni esponenti dei gruppi religiosi che vogliono la morte di Asia.
Non ci sono parole per descrivere l’orrore che suscitano simili condanne e simili atteggiamenti fondamentalisti. Per questo occorre continuare a battersi con forza e costanza per ottenere il progredire della civiltà e del rispetto della vita umana.
Amnesty International propone un appello da inviare al Primo Ministro del Pakistan, Nawaz Sharif, per ottenere la liberazione di Asia e una riforma delle leggi sulla blasfemia. Vi invitiamo caldamente ad aderire, firmandolo e divulgandolo. É facilissimo partecipare, basta andare nel sito di Amnesty all’indirizzo: http://www.amnesty.it/condanna_a_morte_cristiana_pakistan_Aasia_Bibie
seguire le istruzioni. (Grazia)
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(1) Sul caso di Asia (Aasia) Bibi v. ad es. nn. 185, 187, 188, 208, 214.
12) UN ALTRO CONDANNATO A MORTE TEXANO LA SCAMPA, PER CASO
Quanti condannati a morte innocenti non hanno la 'fortuna' di Manuel Velez esonerato dopo 9 anni?
Nella tarda serata dell'8 ottobre Manuel Velez è uscito dal carcere texano di Huntsville, dopo essere stato carcerato per 9 anni, 4 dei quali passati nel braccio della morte.
Manuel Velez è tornato a Brownsville, dopo un viaggio di 600 chilometri si è potuto riunire ai sui due figli, che ora hanno 15 e 11 anni, e ai suoi genitori.
Velez, un latino-americano illetterato con un basso quoziente intellettuale, sarebbe stato 'giustiziato' o per lo meno sarebbe morto in prigione se non si fossero interessati a lui, a partire dal 2009, alcuni valenti avvocati e il Progetto Pena Capitale dell'ACLU (Unione Americana per le Libertà Civili).
"Manuel non avrebbe mai dovuto entrare in prigione e men che meno nel braccio della morte. É indiscutibilmente innocente," ha dichiarato l'avvocato Brian Stull dell'ACLU al momento della liberazione. "La mia felicità per lui e per la sua famiglia è temperata dal rammarico per gli anni che il nostro sistema di giustizia gli ha rubato, solo per il fatto che lui era troppo povero per permettersi una difesa migliore di quella che ebbe da un avvocato d'ufficio."
Manuel Velez fu arrestato nel 2005 e condannato a morte per l'omicidio del figlio di un anno della sua donna di allora, Acela Moreno. Ciò anche se l'accusa era in possesso di prove mediche che facevano risalire la formazione di un fatale ematoma cerebrale nel bimbo a diverse settimane prima della sua morte, in un periodo in cui Velez lavorava come muratore in Tennessee a 1500 chilometri di distanza.
Per ottenere la condanna di Manuel Velez, l'accusa si avvalse della testimonianza a carico fornita da Acela Moreno. Costei, in cambio, ricevette una pena mite per maltrattamenti e, dopo 5 anni di detenzione, se ne ritornò in Messico.
Anche se vi erano numerose testimonianze di terze persone dei maltrattamenti inflitti dalla madre alla piccola vittima, non ve ne erano a carico di Velez. Costui si dette la zappa sui piedi accettando di firmare una 'confessione' dattiloscritta dalla polizia in inglese, una lingua che lui non sapeva né comprendere né leggere.
La condanna a morte di Manuel Velez fu tramutata in ergastolo senza possibilità di liberazione nel 2012 in un nuovo processo limitato alla sola fase di imposizione della pena.
Velez ha potuto riacquistare la libertà perché i suoi nuovi legali sono riusciti infine a far annullare tutto il processo originale.
Gli stessi avvocati avrebbero preferito che egli si sottoponesse ad un nuovo processo per uscire senza ombre dalla sua terribile vicenda giudiziaria. Però il malcapitato ha scelto di patteggiare con l'accusa una condanna per maltrattamenti che gli consentisse di essere messo subito in libertà 'time
served' (cioè avendo già scontato la pena detentiva corrispondente).
Come l'avvocato Brian Stull, ci domandiamo ancora una volta quanti, tra le migliaia di condannati a morte degli Stati Uniti, possano essere innocenti... Dice Stull: "Dobbiamo vergognarci per gli errori che hanno messo Manuel a rischio di esecuzione. Non è certamente l'unico innocente che ha ricevuto una sentenza di morte. Da uno studio recente risulta che almeno 1 ogni 25 condannati a morte negli Stati Uniti deve essere ritenuto innocente. In un così disastrato sistema di giustizia, siamo folli e crudeli a insistere con la pena di morte."
Il 4% di innocenti? Almeno, anche secondo noi.
13) L'OKLAHOMA RIPRENDE AD UCCIDERE... SCHERMANDO LE ESECUZIONI
Per evitare critiche, dopo la disastrosa esecuzione di Clayton Lockett avvenuta sei mesi fa l'Oklahoma preferisce nascondere la macchina della morte anziché renderla meno crudele.
Dopo la disastrosa esecuzione di Clayton Derrell Lockett (1), che il 29 aprile impiegò 43 minuti per morire (2), soffrendo enormemente (3), lo stato dell'Oklahoma si è impegnato per rivedere e mettere a punto la procedura utilizzata per dare la morte.
Il 30 settembre il Dipartimento di Correzione dell'Oklahoma ha reso noto il nuovo protocollo di esecuzione capitale che verrà adottato da ora in poi nello stato.
Nei giorni successivi tale protocollo è stato giustamente criticato per il fatto che non fornisce il minimo indizio di una correzione dei difetti del procedimento adottato per uccidere Lockett.
Quel che è certo è invece che aumenta la segretezza delle esecuzioni: i rappresentanti dei media ammessi come testimoni passeranno infatti da 12 a 5. Lo stato inoltre si riserva la facoltà di chiudere le tende per impedire la vista del condannato da parte dei testimoni o di evacuare, all'occorrenza, gli stessi testimoni. Ciò è coerente col fatto che, in un documento inoltrato in
risposta ad un'azione legale dei condannati, lo stato aveva scritto che "l'accesso della stampa o del pubblico non gioca alcun particolare ruolo positivo".
Lo stato, inoltre, conferma, anzi aumenta, la segretezza sul reperimento dei farmaci letali.
Il nuovo protocollo prevede ancora l'uso del farmaco più controverso, il midazolam, sia pure in una dose pari al 500% della dose precedente. Conferma inoltre l'inserzione di un solo ago (nella
vena femorale). Però il paramedico incaricato dell'inserzione dell'ago dovrà essere preventivamente addestrato a compiere tale operazione.
Il protocollo ora reso noto pone un limite temporale di 1 ora per l'inserzione dell'ago, dopo di che il direttore della camera della morte dovrà contattare l'ufficio del Governatore, in modo che questi possa eventualmente ordinare una sospensione.
Dale Baich, un avvocato che rappresenta 21 condannati a morte dell'Oklahoma, ha criticato il nuovo protocollo in quanto esso permette ancora la nuova combinazione sperimentale di farmaci e riduce le possibilità di controllo di quel che succede da parte dei testimoni. "Il protocollo produce una diminuzione e non un aumento della trasparenza delle esecuzioni, dal momento che diminuisce il numero dei testimoni dei media e aumenta la segretezza sul reperimento e l'efficacia dei farmaci
letali," ha osservato Baich.
Perdurando incertezza e confusione riguardo alla ripresa delle esecuzioni, il 24 ottobre la massima corte penale dell'Oklahoma, l'Oklahoma Court of Criminal Appeals, ha accolto una richiesta dello stato di posporre tutte e tre le esecuzioni già programmate. Ciascuna delle tre date è stata posposta
di 60 giorni. Ora l'appuntamento con la morte per Charles Frederick Warner è fissato al 15 gennaio 2015, per Richard Eugene Glossip al 29 dello stesso mese, mentre John Marion Grant dovrà morire il 19 febbraio.
Ricordiamo che Charles Warner doveva morire la sera del 29 aprile, la stessa sera della disastrosa esecuzione di Clayton Lockett. (1)
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(1) V. n. 214
(2) Dopo l'esecuzione di Lockett vi fu quella, ancor più terribile, di Joseph Wood III in Arizona durata 1 ora e 57 minuti (v. n. 215)
(3) L'autopsia ordinata dallo stato rivelò oltre 15 tentativi di accesso venoso nelle braccia, gambe, piedi, collo e inguine di Clayton Lockett.
14) RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL SUI FATTI DI FERGUSON
Il Missouri reagisce ottusamente alle proteste per l'uccisione del diciottenne nero Michael Brown.
Il 24 ottobre Amnesty International ha reso noto un rapporto, intitolato “Sulle strade d’America: violazioni dei diritti umani a Ferguson” (1), in cui dà conto delle conclusioni della missione di osservatori inviata in Missouri all’indomani dell’uccisione di Michael Brown, un ragazzo nero di 18 anni disarmato - ad opera di un poliziotto bianco - avvenuta il 9 agosto.
“Ciò che Amnesty International ha verificato in Missouri evidenzia che le violazioni dei diritti umani non si verificano solo oltre confine e oltreoceano” – ha dichiarato Steven W. Hawkins, direttore generale di Amnesty International Usa.
“Mentre mi trovavo con i miei colleghi sulla West Florissant Avenue, ho visto la polizia armata fino ai denti, con dotazioni di tipo militare. Ho visto una moltitudine di persone, compresi vecchi e bambini, lottare contro gli effetti dei gas lacrimogeni. È necessario che si risponda di questo operato
e occorre introdurre cambiamenti dopo l’uso di questa forza eccessiva” – ha proseguito Hawkins.
Il rapporto di Amnesty International sollecita il Missouri a modificare una legge dello stato che autorizza l’uso della forza letale, per far sì che l’uso della forza da parte dei pubblici ufficiali sia limitato ai casi in cui essa si renda necessaria per proteggere la vita.
Il rapporto inoltre descrive l’impatto prodotto dall’azione delle forze di polizia della città, della contea e dello stato e la risposta delle autorità al diritto dei cittadini di Ferguson a partecipare a manifestazioni pacifiche.
Amnesty International ha documentato tutta una serie di limitazioni adottate nei confronti dei manifestanti, come il coprifuoco, il confinamento delle proteste ad alcune aree specifiche e l’applicazione della regola dei cinque secondi, sulla base della quale non si può rimanere fermi in
uno stesso posto oltre quel limite di tempo, pena l’arresto.
“Occorre assumersi le responsabilità di quanto accaduto. I fatti di Ferguson hanno aperto un dibattito quanto mai necessario e auspicato da lungo tempo sul rapporto tra razza e operazioni di polizia. Questo dibattito non può interrompersi. Per ripristinare la giustizia a Ferguson e in ogni
comunità colpita dalla brutalità della polizia, dobbiamo sia documentare i soprusi commessi che impegnarci per impedire che si ripetano. È un cammino che richiede azioni concrete a livello locale, statale e federale” – ha sottolineato Hawkins.
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(1) Il rapporto è online nel sito di Amnesty International. Vi si può accedere direttamente dal comunicato:
http://www.amnesty.it/Ferguson-Missouri-rapporto-sui-drammatici-fatti-di-agosto
15) FRANCESCO DICE SENZA MEZZI TERMINI: “ABOLITE LA PENA DI MORTE!”
Se dobbiamo riconosce a Giovanni Paolo II il merito di aver fatto cambiare alla Chiesa cattolica l'approccio alla pena di morte, dobbiamo lodare Francesco per aver condannato la pena capitale - nonché l'ergastolo e la tortura - entrando a fondo nei risvolti degli attuali sistemi penali.
Quando Papa Francesco ha rivelato la sua personalità forte e tenera al tempo stesso, la sua attenzione verso i sofferenti e i piccoli della terra, il suo rifiuto delle ingiustizie e delle violazioni dei diritti umani, abbiamo cominciato a sperare in una sua presa di posizione contro la pena di
morte. La nostra attesa non è stata vana. Anzi Papa Francesco ha superato le nostre aspettative: il 23 ottobre, in un importante lungo discorso all’Associazione Internazionale di Diritto Penale, egli non solo ha chiesto che la pena di morte venga abolita, ma ha anche condannato le esecuzioni
extragiudiziali, l’ergastolo (1), la tortura. E non ha mancato di osservare come la giustizia penale si limiti a colpire i “pesci piccoli” lasciandosi scappare i grandi corruttori e i responsabili di crimini atroci contro gli esseri umani.
Più di qualsiasi nostra sintesi, conviene leggere direttamente il testo dell'intervento papale, perfettamente aggiornato sui problemi attuali del sistema penale (2), di cui riportiamo qui di seguito alcuni passi salienti.
Introduzione: … “La vita in comune, strutturata intorno a comunità organizzate, ha bisogno di regole di convivenza la cui libera violazione richiede una risposta adeguata. Tuttavia, viviamo in tempi nei quali, tanto da alcuni settori della politica come da parte di alcuni mezzi di comunicazione, si incita talvolta alla violenza e alla vendetta, pubblica e privata, non solo contro quanti sono responsabili di aver commesso delitti, ma anche contro coloro sui quali ricade il sospetto, fondato o meno, di aver infranto la legge.”
Sui sistemi penali fuori controllo: … “Stando così le cose, il sistema penale va oltre la sua funzione propriamente sanzionatoria e si pone sul terreno delle libertà e dei diritti delle persone, soprattutto di quelle più vulnerabili, in nome di una finalità preventiva la cui efficacia, fino ad ora, non si è potuto verificare, neppure per le pene più gravi, come la pena di morte. C’è il rischio di non conservare neppure la proporzionalità delle pene, che storicamente riflette la scala di valori tutelati dallo Stato.”
Sulla pena di morte: “È impossibile immaginare che oggi gli Stati non possano disporre di un altro mezzo che non sia la pena capitale per difendere dall’aggressore ingiusto la vita di altre persone. San Giovanni Paolo II ha condannato la pena di morte (cfr Lett. enc. Evangelium vitae,
56), come fa anche il Catechismo della Chiesa Cattolica (N. 2267). Tuttavia, può verificarsi che gli Stati tolgano la vita non solo con la pena di morte e con le guerre, ma anche quando pubblici ufficiali si rifugiano all’ombra delle potestà statali per giustificare i loro crimini. Le cosiddette esecuzioni extragiudiziali o extralegali sono omicidi deliberati commessi da alcuni Stati e dai loro agenti, spesso fatti passare come scontri con delinquenti o presentati come conseguenze indesiderate dell’uso ragionevole, necessario e proporzionale della forza per far applicare la legge.
In questo modo... la pena di morte, illegalmente e in diversi gradi, si applica in tutto il pianeta. Le stesse esecuzioni extragiudiziali vengono perpetrate in forma sistematica non solamente dagli Stati della comunità internazionale, ma anche da entità non riconosciute come tali, e rappresentano autentici crimini. Gli argomenti contrari alla pena di morte sono molti e ben conosciuti. La Chiesa ne ha opportunamente sottolineato alcuni, come la possibilità dell’esistenza dell’errore giudiziale e l’uso che ne fanno i regimi totalitari e dittatoriali, che la utilizzano come strumento di soppressione
della dissidenza politica o di persecuzione delle minoranze religiose e culturali...Tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà sono dunque chiamati oggi o a lottare non solo per l’abolizione della pena di morte, legale o illegale che sia, e in tutte le sue forme, ma anche al fine di migliorare le condizioni carcerarie, nel rispetto della dignità umana delle persone private della libertà. E questo, io lo collego con l’ergastolo... L’ergastolo è una pena di morte nascosta.”
Sulle condizioni di detenzione: … “Le deplorevoli condizioni detentive che si verificano in diverse parti del pianeta, costituiscono spesso un autentico tratto inumano e degradante, molte volte prodotto delle deficienze del sistema penale, altre volte della carenza di infrastrutture e di pianificazione, mentre in non pochi casi non sono altro che il risultato dell’esercizio arbitrario e spietato del potere sulle persone private della libertà.”
Sulla tortura: … “Una forma di tortura è a volte quella che si applica mediante la reclusione in carceri di massima sicurezza... la completa impossibilità di comunicazione e la mancanza di contatti con altri esseri umani, provocano sofferenze psichiche e fisiche come la paranoia, l’ansietà, la depressione e la perdita di peso e incrementano sensibilmente la tendenza al suicidio. Questo fenomeno... si verifica anche in altri generi di penitenziari, insieme ad altre forme di tortura fisica e psichica la cui pratica si è diffusa. Le torture ormai non sono somministrate solamente come mezzo per ottenere un determinato fine, come la confessione o la delazione – pratiche caratteristiche della dottrina della sicurezza nazionale – ma costituiscono un autentico plus di dolore che si aggiunge ai mali propri della detenzione... Molti Stati sono anche responsabili per aver praticato o tollerato il sequestro di persona nel proprio territorio, incluso quello di cittadini dei loro rispettivi Paesi, o per aver autorizzato l’uso del loro spazio aereo per un trasporto illegale verso centri di detenzione in cui si pratica la tortura."
Su alcune forme di criminalità lesive della persona: “La schiavitù, inclusa la tratta delle persone, è riconosciuta come crimine contro l’umanità e come crimine di guerra, tanto dal diritto internazionale quanto da molte legislazioni nazionali. E’ un reato di lesa umanità. E, dal momento che non è possibile commettere un delitto tanto complesso come la tratta delle persone senza la complicità, con azione od omissione, degli Stati, è evidente che, quando gli sforzi per prevenire e combattere questo fenomeno non sono sufficienti, siamo di nuovo davanti ad un crimine contro l’umanità.”
Circa il delitto di corruzione: La scandalosa concentrazione della ricchezza globale è possibile a causa della connivenza di responsabili della cosa pubblica con i poteri forti. La corruzione è essa stessa anche un processo di morte: quando la vita muore, c’è corruzione... La corruzione è un male più grande del peccato. Più che perdonato, questo male deve essere curato... La sanzione penale è selettiva. È come una rete che cattura solo i pesci piccoli, mentre lascia i grandi liberi nel mare. Le forme di corruzione che bisogna perseguire con la maggior severità sono quelle che causano gravi danni sociali, sia in materia economica e sociale – come per esempio gravi frodi contro la pubblica amministrazione o l’esercizio sleale dell’amministrazione – come in qualsiasi sorta di ostacolo frapposto al funzionamento della giustizia con l’intenzione di procurare l’impunità per le proprie malefatte o per quelle di terzi.”
Conclusione: “La cautela nell’applicazione della pena dev’essere il principio che regge i sistemi penali, e la piena vigenza e operatività del principio pro homine deve garantire che gli Stati non vengano abilitati, giuridicamente o in via di fatto, a subordinare il rispetto della dignità della persona umana a qualsiasi altra finalità, anche quando si riesca a raggiungere una qualche sorta di utilità sociale. Il rispetto della dignità umana non solo deve operare come limite all’arbitrarietà e agli eccessi degli agenti dello Stato, ma come criterio di orientamento per il perseguimento e la repressione di quelle condotte che rappresentano i più gravi attacchi alla dignità e integrità della
persona umana. …”
Ci auguriamo che queste parole così veritiere raggiungano le orecchie e soprattutto il cuore di tante autorità che hanno il potere di esaudire l’appello ad un totale rispetto della dignità umana, con tutto quello che ne consegue.
___________________________________
(1) V. nel n. 216, Not.: " Il Papa scrive a 500 minorenni condannati all'ergastolo..."
(2) V. http://www.avvenire.it/Papa_Francesco/Discorsi/Pagine/discorso-papa-penalisti-giustizia.aspx
16) NOTIZIARIO
Texas. A rischio di esecuzione Raphael Holiday. Il 21 ottobre la (famigerata) Corte d'Appello federale del Quinto Circuito ha respinto il ricorso di Raphael Deon Holiday, uno dei condannati a morte del Texas seguiti negli anni scorsi dal gruppo delle 'siste' facente capo al Comitato Paul Rougeau (Alessia, Margherita, Stafania, Laura...); di Raphael Holiday si parla anche nell'Opuscolo del Comitato. Ora potrebbe essere fissata una data di esecuzione per lui. Ricordiamo che nel 2000 Raphael, in un impeto d'ira contro la sua ex-moglie, causò, forse accidentalmente, un incendio in cui trovarono la morte la sua figlioletta di 18 mesi e altre due bimbe, sorellastre di costei.
Usa. Nel 2103 monitorati i flussi postali di 50.000 Americani. Le Poste statunitensi (United States Postal Service) nel corso del 2013 hanno approvato quasi 50.000 richieste di sorveglianza dei flussi postali (di lettere e pacchi, tramite gli indirizzi di mittenti e destinatari ecc.) di cittadini
Americani (come è noto negli Usa vi è la più ampia libertà di spiare le comunicazioni degli stranieri) provenienti da agenzie governative o da organi interni dello stesso servizio postale. Tale tipo di spionaggio sarebbe in funzione anticrimine e antiterrorismo. Il monitoraggio della posta, in atto da un secolo, ha subito un forte incremento dopo l'11 settembre 2001. Ora la poste hanno dovuto rendere conto dell'inquietante fenomeno (definito dai commentatori assai più ampio del previsto) anche in base alla Legge sulla libertà di informazione (Freedom of Information Act) invocata dal New York Times.
Usa. In maggioranza i giustiziati sono malati mentali. Da uno studio pubblicato a giugno sull'Hastings Law Journal risulta che ultime 100 esecuzioni portate a termine negli Stati Uniti riguardano in maggioranza detenuti affetti da patologie mentali: per 18 di essi furono diagnosticati
schizofrenia, PTDS e/o una malattia bipolare, altri 36 avevano gravi problemi mentali o una dipendenza cronica dalla droga che in molti casi li rendeva psicotici.
Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 1° novembre2014
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