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FOGLIO DI COLLEGAMENTO INTERNO

DEL COMITATO PAUL ROUGEAU / ELLIS(ONE) UNIT


Numero 90 - Ottobre 2001

SOMMARIO:

 

 

1) La pena di morte e i diritti umani dopo i fatti dell’ 11 settembre

2) Scricchiola il divieto di estradizione verso gli USA

3) Cade la sedia elettrica anche in Georgia

4) Deboli proteste per l’esecuzione di Gerald Mitchell

5) Pena di morte dopo 42 anni ma il Governatore non ci crede piu’

6) Incisive conseguenze della moratoria di Ryan in Illinois

7) Le agghiaccianti oscillazioni dei presidenti delle Filippine

8) Lapidazioni in Nigeria imposte dalla Sharia

9) Domande retoriche

10) Un fax per Emerson Rudd, un ‘prigioniero contro’

11) Per favore, comprate gli “Occhi della tribolazione”!

12) Notiziario: Afghanistan, Florida, Texas

 

 

 

1) LA PENA DI MORTE E I DIRITTI UMANI DOPO I FATTI DELL’ 11 SETTEMBRE

 

 

 

L’attacco dei piloti suicidi alle città americane e la successiva furiosa reazione degli Stati Uniti stanno influendo negativamente sulla dinamica dei Diritti umani negli Stati Uniti e nel mondo. Nel numero precedente già ci siamo domandati, in particolare, se gli attentati dell’11 settembre possano bloccare il declino della pena di morte, interrompendo la discussione serrata e il ripensamento profondo sull’uso della ‘punizione estrema’ da parte delle fasce più evolute della società americana.

 

Occorrerà osservare per un certo tempo l’evolversi degli eventi per poter dare una risposta fondata alla precedente domanda. Per il momento dobbiamo con attenzione rilevare e classificare i fatti che hanno una relazione più o meno diretta con la sfera penale e con i diritti umani. Non vi è ancora motivo di affermare che il grado di maturazione raggiunto sulla questione della pena capitale sia stato sostanzialmente compromesso. Dobbiamo conservare la speranza anche se non è escluso che il progresso dei diritti umani possa essere contrastato, non solo in America ma nel mondo intero, dalle conseguenze della ‘guerra al terrorismo’ lanciata dall’Amministrazione americana, senza limiti di tempo, di spazio, di intensità e di regole, in risposta agli attacchi alle città statunitensi.

 

Nel numero precedente abbiamo già notato alcune conseguenze negative della situazione venutasi a creare dopo l’11 settembre, a cominciare dalla richiesta di un inasprimento delle pene, in particolare della pena di morte, nello stato di New York. Abbiamo notato che in Wisconsin alcuni senatori hanno addirittura chiesto il ripristino della pena di morte abolita fino dal 1853.

 

Dobbiamo ora registrare la richiesta di reintrodurre la pena di morte per atti di terrorismo e per altri crimini nello stato dell’Iowa. Nella North Carolina è stata rapidamente approvata una legge che espande a reati di terrorismo la pena capitale e punisce severamente i falsi allarmi.

 

Particolarmente importante è l’approvazione da parte del Congresso del nuovo pacchetto federale ‘antiterrorismo’ (seguito a ruota da analoghe iniziative nei Paesi alleati, tra cui il nostro) che prevede gravi restrizioni dei diritti costituzionali di cittadini americani e soprattutto di quelli stranieri. Il pacchetto approvato dal Congresso il 25 ottobre sarà molto presto firmato da Bush.

 

I nuovi poteri di sorveglianza e di intercettazione delle comunicazioni dovrebbero essere usati per formulare precise accuse contro i ‘sospetti terroristi’, fino ad ora trattenuti in modo pretestuoso o arbitrario. L’ultra conservatore Ministro della Giustizia Ashcroft ha promesso di usare le straordinarie facoltà concessegli dal Congresso per perseguire senza tregua i ‘sospetti di terrorismo’, intercettare le loro telefonate, leggere preventivamente i loro messaggi e-mail e i loro SMS e sbatterli in prigione per i più piccolo dei reati. “I terroristi che sono tra noi sono avvisati! Se il vostro visto sarà scaduto da un solo giorno sarete arrestati; se violerete una disposizione locale, e speriamo che lo facciate, sarete messi in prigione e ci resterete il più a lungo possibile.” In realtà tra le 952 persone fermate in conseguenza degli attacchi dell’11 settembre e per lo più ancora detenute – fatte oggetto di disprezzo e in vari casi di gravi maltrattamenti – sarebbero solo una decina quelle realmente sospettate.

Si capisce subito come in questo clima siano gravemente compromessi i diritti civili dei cittadini, soprattutto quelli degli immigrati appartenenti a minoranze razziali e religiose.

 

Infine gravissima è la tendenza ad avallare i peggiori aspetti della ‘guerra sporca’ a livello internazionale contro il terrorismo. Il 28 ottobre un approfondito servizio di Barton Gellman sul Washington Post parla senza mezzi termini di due direttive segrete del Presidente Bush alla CIA, riguardanti l’uccisione dei ‘terroristi’ da parte degli agenti americani o stranieri (o forse di assassini prezzolati ?). I nostalgici degli orrendi crimini compiuti in passato dai servizi segreti – crimini che pure hanno generato negli USA crisi di coscienza, inchieste, smentite e furiose polemiche soprattutto negli anni settanta – ritengono che il fine giustifichi i mezzi e si sforzano di dare una base giuridica alle direttive presidenziali.

 

Quelle che tecnicamente Amnesty International chiama ‘esecuzioni extragiudiziarie’ e condanna senza mezzi termini, si rifanno al concetto di ‘onnipotenza dello stato’ e come tali non possono trovare alcuna giustificazione etica nell’era dei diritti umani. Nella migliore delle ipotesi, costituiscono un ritorno al potere indiscutibile ‘di vita e di morte’ che aveva il sovrano nello stato assoluto. L’assenza di un processo e di qualsiasi possibilità di difesa legale di coloro che vengono condannati, non meno che la mancanza di un controllo dell’opinione pubblica sull’operato dei governi che le praticano, violano radicalmente il ‘diritto alla vita’, primo e basilare tra i diritti umani, più di quanto non faccia l’usuale pena di morte.

 

Nello specifico americano si parla della direttiva di eliminare Osama Bin Laden e i suoi collaboratori, ma gli ordini segreti potrebbero estendersi all’assassinio dei loro finanziatori e ed anche ad altre non meglio identificate categorie di ‘nemici’ nella ‘guerra al terrorismo’. Secondo fonti citate da Gellman sarebbe tuttora in discussione l’ampiezza del cerchio che include gli ‘obiettivi’ da eliminare in una quarantina di paesi in cui risiederebbero i ‘terroristi’.

 

 

 

2) SCRICCHIOLA IL DIVIETO DI ESTRADIZIONE VERSO GLI USA

 

 

 

Fortissimi vincoli derivanti dall’adesione a trattati internazionali e dalla stessa Carta dei Diritti del Cittadino approvata quest’anno, vietano agli stati dell’Unione Europea l’estradizione di detenuti verso paesi in cui costoro possono rischiare la pena di morte. In particolare un’interpretazione ormai consolidata dell’articolo 3 della Convenzione europea dei Diritti umani permette di estradare un detenuto solo quando vi siano sufficienti garanzie che al prigioniero non verrà applicata la pena di morte.

 

L’Italia è andata anche al di là di tale prescrizione - con la sentenza della Corte Costituzionale emessa nel 1996 a partire dal caso di Pietro Venezia – avendo deciso di non procedere all’estradizione in nessun caso, cioè anche quando vengano date dal paese ricevente esplicite garanzie che non verrà chiesta la pena capitale.

 

Dopo il lancio della ‘guerra al terrorismo’ da parte degli USA non potevano mancare risvolti problematici su tale questione in Inghilterra, paese che esprime riguardo alle scelte strategiche americane una tradizionale e quasi obbligatoria identità di vedute. Infatti problemi originati dalla diversa posizione sulla pena di morte degli USA e del Regno Unito si sono già presentate in varie occasioni (v. ad es. n. 83 pag. 12)

 

All’inizio di ottobre gli Stati Uniti hanno richiesto l’estradizione di tre detenuti sospettati di far parte di al-Queida, tra cui Lofti Raissi, un pilota algerino che avrebbe addestrato alcuni dei dirottatori schiantatisi contro il Pentagono l’11 settembre. Sembra che il Ministro degli Interni inglese David Blunkett abbia in prima battuta rifiutato l’estradizione in mancanza della rinuncia degli USA ad imporre nei loro confronti la pena di morte.

 

Non sono però mancate le critiche, soprattutto da parte dei conservatori. Il leader dei Tories, Duncan Smith, ha proposto di introdurre leggi di emergenza anti-terrorismo che consentano di estradare prigionieri passibili di pena capitale, definendo la legge britannica che lo vieta ‘ridicola e folle’. Smith ritiene possibile far cadere il divieto di estradizione nel caso si abbia a che fare con uno stato democratico e vorrebbe imporre un cambiamento in materia non solo all’Inghilterra ma a tutta l’Unione Europea.

 

Il Ministro Blunkett, impegnato in primo luogo ad accelerare le procedure di estradizione, il 7 ottobre ha dichiarato alla BBC: “Dobbiamo trovare il modo di risolvere il problema senza toccare l’articolo 3 della Convenzione europea perché ciò ci porterebbe ad una sconfitta dopo anni di schermaglie legali.” Ha aggiunto che non vuole tuttavia imporre agli Stati Uniti un impegno formale a non condannare a morte alcun detenuto proveniente dalla Gran Bretagna, bensì intende arrivare ad una soluzione caso per caso. Si è parlato anche di un tacito accordo tra Europa e USA basato sulla fiducia, che preveda l’esenzione dalla pena di morte dei ‘terroristi’ estradati evitando una esplicita dichiarazione in merito agli Stati Uniti. Osserviamo che tale soluzione costituirebbe un ripiego inaccettabile su posizioni assai meno avanzate di quelle acquisite in Europa sia sul piano etico, sia nella prassi e nella normativa nazionale e sovranazionale.

 

Alcuni commentatori americani paventano una ‘reazione furiosa’ dell’opinione pubblica statunitense ad una mancata condanna a morte di coloro che sono direttamente implicati nelle stragi dell’11 settembre. Osserviamo tuttavia che il 18 ottobre a New York un tribunale federale ha condannato all’ergastolo, anziché a morte, senza suscitare particolari reazioni nell’opinione pubblica, quattro responsabili degli attentati alle ambasciate americane in Kenya e in Tanzania del 1998 che causarono 224 morti.

 

In conclusione, la materia rimane piuttosto nebulosa e l’Unione Europea dovrà essere molto vigile per garantire che l’Inghilterra agisca in piena coerenza con l’opzione abolizionista del Vecchio continente.

 

 

 

3) CADE LA SEDIA ELETTRICA ANCHE IN GEORGIA

 

 

 

“La decisione di oggi è una formidabile vittoria che dimostra l’evoluzione dei costumi nella nostra società! - così si è espresso il 5 ottobre Steven W. Hawkins, direttore esecutivo della NCADP (Coalizione nazionale statunitense per l’Abolizione della pena di morte) – Abbiamo dovuto usarla per 100 anni prima di concludere che essa costituisce una punizione crudele ed inusuale. Ora la sedia elettrica viene finalmente relegata tra la spazzatura della storia. Un giorno l’intero sistema degli omicidi legalizzati la seguirà, così come è avvenuto in ogni altro paese dell’Occidente civilizzato.”

 

In uso dal 1924 la sedia elettrica della Georgia ha fatto 441 vittime, con vari casi di esecuzioni particolarmente mal riuscite. Ad esempio 1984 per uccidere Alpha Otis Stephens furono necessarie due scariche di elettricità a 2000 volt di due minuti ciascuna. Ripetute scariche furono anche somministrate per avere ragione di Larry Lonchar nel 1996.

 

Con una decisione attesa da un anno, presa a stretta maggioranza (4 contro3), la Corte Suprema della Georgia il 5 ottobre ha dichiarato incostituzionale l’uso dell’elettrocuzione in quanto essa viola il diritto a non essere sottoposti a punizioni crudeli ed inusuali. La Corte ha osservato che quel metodo “infligge intenzionalmente violenza fisica e una non necessaria distruzione che comporta imprecisabili aggiunte agli scopi della punizione.”

 

La battaglia contro l’elettrocuzione negli USA non è completamente vinta anche se rimangono solo l’Alabama e il Nebraska ad adottare la sedia elettrica.

Il giorno seguente la decisione in Georgia, il Governatore dell’Alabama Don Siegelman ha affermato che: “Ora è più che mai evidente che occorre cambiare.” Egli è intenzionato a proporre il passaggio all’iniezione letale nella prossima sessione legislativa che comincerà a gennaio o anche prima se vi saranno sessioni speciali. In passato due proposte di legge per passare all’iniezione letale erano state bocciate. Una di esse prevedeva l’uso residuo della sedia elettrica per coloro che erano stati già condannati prima dell’approvazione della legge. Il Governatore si è detto disposto a sostenere uno qualsiasi di questi due tipi di legge.

 

Il 25 ottobre è stato ucciso il primo prigioniero in Georgia per mezzo dell’iniezione letale. Si tratta di Terry Mincey. Invano i suoi avvocati avevano sostenuto che anche il nuovo mezzo di esecuzione costituisce una punizione crudele ed inusuale. Con l’esecuzione di Mincey si arriva negli USA a 56 uccisioni legali nel 2001 e a 439 in totale dal ripristino della pena di morte nel 1976. Nessuno quest’anno è stato ucciso con la sedia elettrica e l’iniezione letale potrebbe essere ormai rimasta come unico metodo effettivamente in uso negli Stati Uniti (v. ad es. n.88, pag. 7).

 

 

 

4) DEBOLI PROTESTE PER L’ESECUZIONE DI GERALD MITCHELL

 

 

 

I nostri appelli (v. n. 89) non sono serviti a scongiurare l’esecuzione di Gerald Mitchell, minorenne all’epoca del crimine, avvenuta puntualmente la sera del 22 ottobre dopo che la Commissione per le Grazie aveva respinto 18 a 0 ogni opzione di clemenza esecutiva. In tutto 25 persone protestavano fuori del tetro carcere The Walls. Ad esse si è aggiunto in un secondo tempo un gruppo di studenti universitari iscritti ad Amnesty International. Dopo l’impegno profuso in favore del più noto condannato giovanile Napoleon Beazley, che ha avuto una sospensione in agosto, le forze abolizioniste non si sono granché adoperate per salvare Mitchell.

 

In favore di Beazley era arrivato al Governatore un cospicuo numero di messaggi da tutto il mondo, per l’esattezza 332, ed erano intervenute autorità giudiziarie e parlamentari del Texas. Per Mitchell sono pervenute solo 80 lettere. Si è cercato di interpretare il mancato sostegno a Mitchell con vari fattori che vanno dallo stress prodotto dai attacchi dell’11 settembre alle differenze sociologiche tra i due condannati.

 

In effetti mentre Napoleon Beazley era uno studente modello appartenente ad una famiglia a posto e non aveva nessun precedente penale, Gerald Mitchell prima dell’omicidio a scopo di rapina compiuto nel 1985 aveva già una fedina penale macchiata per rapina, furto in appartamento e detenzione di una pistola in classe. Noi abbiamo osservato più volte che dopo la mobilitazione intensa per un condannato importante passa sotto silenzio l’esecuzione di un altro detenuto che meriterebbe lo stesso impegno. Ricordiamo che nel 1998 un mese dopo l’esecuzione altamente contestata di Joe Cannon, minorenne all’epoca del delitto, se ne andò amareggiato perché dimenticato da tutti il nero Robert Carter, anch’esso minorenne all’epoca del crimine.

 

Un lungo articolo del Dallas Morning News sostanzialmente critico nei riguardi dell’avvenuta esecuzione si conclude con una considerazione del professore di legge Robert Owen: “La sfortuna del sig. Mitchell è quella di aver avuto la data di esecuzione lunedì scorso, non sarebbe successo se fossimo nel 2004 o nel 2005”.

 

Resta in noi il dolore per un’altra esecuzione di un minorenne all’epoca del crimine. Una delle ultime e per questo una delle più tristi. Gerald aveva invano scritto alla Commissione per le Grazie: “Ho percorso una strada assai lunga dall’anno in cui ero un giovane di 17 anni mentalmente disturbato e inquieto. Sono davvero maturato.”

 

 

 

 

5) PENA DI MORTE DOPO 42 ANNI MA IL GOVERNATORE NON CI CREDE PIU’

 

 

 

Terry Clark dovrebbe ricevere l’iniezione letale il 6 novembre in New Mexico. Il Governatore Gary Johnson – per anni sostenitore delle pena di morte – ha dichiarato di non aver intenzione di interferire con questa prima esecuzione programmata nel suo stato dopo 42 anni. Tuttavia, sommerso da centinaia di messaggi provenienti da tutto il mondo che chiedono la commutazione della condanna di Clark, ha risposto con una lettera in cui ammette che eliminare la pena di morte sarebbe una corretta azione politica.

 

Pur non intendendo imporre una moratoria delle esecuzioni, Johnson si è detto disponibile ad esaminare l’opzione abolizionista ed ha affermato: “Credo che la funzione deterrente della pena risieda nella immediatezza e nella sicurezza della sua irrogazione (…) la pena di morte in New Mexico non serve come efficace misura preventiva (…) Il tempo concesso per gli appelli è troppo lungo e tuttavia ritengo che gente innocente possa essere messa a morte se tutte le garanzie difensive non vengono concesse.” Il Governatore Johnson ha reso noti gli intensi e costruttivi colloqui da lui avuti con gli oppositori della pena di morte – tra i quali Suor Helen Prejean – convenendo sul modo discriminatorio con cui la pena di morte viene inflitta ai più poveri e alle minoranze razziali.

 

Gli abolizionisti sottolineano con grande disappunto che il New Mexico ha deciso di ripristinare le esecuzioni proprio nel momento in cui gli altri stati nel mondo stavano abolendo la pena capitale. Amnesty International ha osservato che nel 1960 – anno dell’ultima esecuzione nel New Mexico – solo 10 nazioni avevano abolito la pena di morte, nel 1999 i paesi totalmente abolizionisti erano arrivati a 68, includendo la grande maggioranza degli stati dell’Europa e dell’America Centrale e Meridionale.

6) INCISIVE CONSEGUENZE DELLA MORATORIA DI RYAN IN ILLINOIS

 

 

 

La coraggiosa decisione del gennaio 2000 del Governatore dell’Illinois George Ryan di indire una moratoria delle esecuzioni nel suo stato e la forza che egli ha dimostrato nel prolungare nel tempo la sua iniziativa hanno avuto conseguenze positive non solo per il movimento abolizionista ma per lo stesso Ryan. La moratoria in linea di principio dovrebbe durare fino al momento in cui si avrà assoluta certezza di non mettere a morte degli innocenti ma potrebbe prolungarsi a tempo indeterminato fino all’auspicabile abolizione della pena capitale nell’Illinois.

 

Alle perplessità iniziali, si sono succeduti sempre più convinti ed autorevoli apprezzamenti per la decisione di bloccare le esecuzioni tanto da togliere i presupposti alle iniziative parlamentari e legali che alcuni sostenitori della pena capitale hanno minacciato di intraprendere nei confronti del Governatore Ryan. Oggi l’80% dei cittadini dell’Illinois approva la moratoria e ritiene che sia necessario riformare il sistema della pena capitale.

 

L’indizione della moratoria viene giudicata il provvedimento più brillante tra tutti quelli presi dal Governatore nell’arco del suo mandato che finirà tra un anno. Tra gli otto candidati alla sua successione, sette hanno dichiarato di approvare la moratoria e si impegnano a mantenerla una volta eletti, almeno fino a che non sarà riformato il sistema della pena capitale. Uno solo, il repubblicano Patrick O’Malley, ha scelto la rischiosa alternativa di attaccare la decisione di Ryan e di chiedere un’immediata ripresa delle esecuzioni.

 

 

 

 

7) LE AGGHIACCIANTI OSCILLAZIONI DEI PRESIDENTI DELLE FILIPPINE

 

 

 

E’ nota ed è stata ampiamente criticata l’estrema labilità della posizione in materia di pena capitale del vituperato e deposto Presidente delle Filippine Joseph Estrada. Egli, dopo aver fortemente voluto la ripresa delle esecuzioni nel suo paese, aveva avuto dei tentennamenti ed era arrivato anche a ‘sospendere’ con qualche minuto di ritardo un’esecuzione già effettuata. Alla fine, dopo aver firmato in totale solo 7 ordini di esecuzione, aveva finito col cedere alle pressioni dei cattolici decretando una moratoria. Con stupefatta ed amara ironia i commentatori attribuiscono anche alla sua fiera avversaria, l’attuale Presidente Gloria Macapagal-Arroyo, una grande volubilità a proposito della pena di morte. Costei non si è infatti vergognata di fare una improvvisa ‘inversione ad U’ rispetto alla propria conclamata posizione abolizionista.

 

La signora Arroyo, una cattolica entrata in carica come oppositrice alla pena capitale, aveva mantenuto la moratoria delle esecuzioni istituita da Estrada. Come abbiamo riferito nel numero precedente, la medesima si era anche espressa per la commutazione di un’eventuale sentenza di morte inflitta al suo predecessore accusato di corruzione. Improvvisamente il 18 ottobre, con un’uscita a sorpresa che ha provocato proteste veementi da parte della Chiesa cattolica, la Presidente delle Filippine ha annullato la moratoria dichiarando di voler ordinare l’esecuzione di 95 condannati per rapimento non appena la loro sentenza sarà stata confermata dalla Corte Suprema. Ha aggiunto di aver deciso anche di annullare la commutazione della sentenza già concessa a 6 rapitori. Descrivendosi come una buona cattolica la Arroyo ha dichiarato alla stampa: “Si può interpretare una legge della Chiesa in modo conservatore o liberale. Ho studiato religione e teologia abbastanza a fondo per sapere che vi sono margini di interpretazione e ho preso la mia decisione in base i miei doveri di presidente (…) Si prepari la stanza dell’iniezione letale per quei campioni del male nell’interesse della società.”

 

Il braccio della morte delle Filippine rigurgita di oltre 1000 prigionieri, 7 dei quali erano minorenni al momento del crimine. Molti di essi vi sono stati gettati quest’anno in risposta al dilagare dei rapimenti con richiesta di riscatto. Sembra che alcuni membri della polizia siano implicati nei sequestri.

 

Se la Conferenza episcopale cattolica ha condannato senza mezzi termini la decisione presidenziale - definendola in pratica una mossa ad effetto che dimostra la resa al clima di diffusa criminalità nel paese - il Copa, un forum di 29 organizzazioni della società civile, ha approvato con una votazione a maggioranza una sospensione temporanea della moratoria quale misura eccezionale ‘per la sopravvivenza della società’. Il Copa, comprendente anche esponenti religiosi, era stato formato nel 1999 col favore del Cardinale Jaime Sin ed aveva assunto una netta posizione abolizionista in contrasto con quella sostenuta dal presidente di allora Estrada. Il Copa aveva contribuito al rovesciamento del regime corrotto di Joseph Estrada e all’elezione della cattolica e abolizionista Gloria Macapagal-Arroyo.

 

Come hanno osservato alcuni avvocati, la revoca della commutazione di 6 sentenze capitali, che costituisce in definitiva un ordine di esecuzione di persone non più condannate a morte, viola la Costituzione ed espone in teoria la Presidente ad un procedimento di impeachment.

 

 

 

 

8) LAPIDAZIONI IN NIGERIA IMPOSTE DALLA SHARIA

 

 

 

Safiya Hussaini Tungar-Tudu, madre di un neonato che sta tuttora allattando, accusata di adulterio, è stata condannata da una corte islamica nigeriana alla lapidazione. L’esecuzione non avrà luogo subito, ma solo quando la donna avrà completato il periodo di allattamento del bambino. E’ stata lasciata a casa, con l’ordine di presentarsi al momento stabilito per l’esecuzione. Se non lo farà spontaneamente, la polizia e la popolazione locale avranno il diritto di trascinarla con la forza davanti ai suoi carnefici. Il padre del nascituro è stato assolto per insufficienza di prove.

 

In settembre, sempre in osservanza del codice religioso della Sharia, un uomo è stato condannato alla lapidazione con l’accusa di sodomia nei confronti di un bambino.

 

Il progressivo allargamento dell’influenza dei tribunali islamici negli stati del nord della federazione nigeriana preoccupa le autorità centrali che dovrebbero far rispettare il Codice penale ufficiale della Nigeria. Dallo scorso anno si moltiplicano gli episodi di fustigazione e di amputazione conseguenti all’applicazione della Sharia. Si può essere sottoposti a un cospicuo numero di invalidanti frustate anche per aver condotto una donna sul sedile posteriore di una motocicletta taxi.

 

Un anno fa la diciassettenne Bariya Ibrahim Magazu è stata condannata a ricevere 100 frustate per aver avuto relazioni prematrimoniali. La ragazza, rimasta incinta dopo aver subito violenza da parte di tre uomini, non era riuscita a provare la colpevolezza dei suoi aggressori ed è stata condannata ad un supplemento di 80 frustate per diffamazione.

 

L’inasprirsi delle violazioni dei diritti umani e l’emissione di sentenze capitali conseguenti all’applicazione della Sharia contrasta con la tendenza in atto nel paese. L’attuale presidente, Olusegun Obasanjo, nel gennaio 2000 aveva concesso l’amnistia o la commutazione della pena ai condannati a morte. Pur dovendo fronteggiare sanguinosi disordini conseguenti alla collisione tra comunità islamiche e cristiane, sembra che il Governo centrale mantenga una moratoria di fatto.

 

Safiya Tungar-Tudu ha ancora la possibilità di appellarsi alla Corte Suprema federale e di ottenere la grazia da parte del presidente della Nigeria. Alcune organizzazioni per i diritti umani stanno facendo pressioni sulle autorità centrali perché correggano l’orrenda ed ingiusta condanna inflitta alla donna dal tribunale islamico di Gwadabawa. Le autorità devono essere incoraggiate a compiere i loro doveri costituzionali nonostante la minacciosa opposizione dei tribunali islamici.

 

Proponiamo ai nostri lettori di scrivere al Presidente Olusegun Obasanjo per chiedere giustizia per Safiya. Fotocopiate, firmate e corredate col vostro indirizzo completo il seguente testo (che può essere ovviamente personalizzato) e inviatelo per Posta Prioritaria affrancando con 1500 lire.

Email:
president.obasanjo@nigeriagov.org

Il messaggio può essere inviato in copia alla:

 

National Human
Right Commission
Plot 800 Blantyre Street
Gidan Aisha - Wuse II
ABUJA (Nigeria).

 

His Excellency
Chief Olusegun Obasanjo
President of the Federal Republic Of Nigeria
Shehu Shagari Way
ABUJA (Nigeria)

 

 

 

Dear President

 

We appeal to you with deep concern and distress, begging you to intervene to avoid that Safiya Hussaini Tungar-Tudu, mother of a still suckling baby, is put to death.

 

Ms. Tungar-Tudu, convicted for adultery, has been condemned to be stoned to death by the Islamic Court of Gwadabawa, in the state of Sokoto. Your nation central authorities have the power and the duty of cancelling such a sentence. By the use of your own constitutional powers, also you could, dear President, through extreme instance, grant mercy.

 

As shown by the fast growth of the number of abolitionist countries, death penalty harshly contrasts with the ethic maturity reached by Mankind. Capital punishment bars the way to the development of Human rights, the only mean to reach peace and justice among human beings in a tormented world.

 

We oppose death penalty in all cases, but we submit to your attention Ms. Safiya Hussaini Tungar-Tudu’s case with particular concern, because the crime for which she has been condemned, the kind of trial she has undergone, and the method chosen to put her to death add terrible aggravating factors to the capital punishment itself.

 

In the confident hope of your authoritative intervention, we remain respectfully yours

 

 

 



Traduzione: Signor Presidente, ci appelliamo a lei con grande preoccupazione ed angoscia pregandola di intervenire per impedire che Safiya Hussaini Tungar-Tudu, madre di un neonato che sta tuttora allattando, sia messa a morte.

La signora Tungar-Tudu, accusata di adulterio, è stata condannata alla lapidazione dal Tribunale islamico della città di Gwadabawa nello stato del Sokoto. Le Autorità centrali del suo paese hanno il potere e il dovere di annullare una simile sentenza. Come estrema istanza, ricorrendo ai suoi poteri costituzionali, lei, Signor Presidente, potrebbe concedere la grazia.

Come dimostra la rapida crescita del numero dei paesi abolizionisti, la pena di morte risulta essere in netto contrasto con la maturità etica raggiunta dall’Umanità.

Essa impedisce inoltre lo sviluppo dei Diritti umani, che solo può portare pace e giustizia tra gli uomini in un mondo tormentato. Pur essendo in ogni caso contrari alla pena di morte, le sottoponiamo con particolare preoccupazione il caso della Signora Safiya Hussaini Tungar-Tudu in cui il delitto contestato, il tipo di processo celebrato e il metodo di esecuzione scelto aggiungono terribili fattori aggravanti alla condanna capitale. Con viva speranza nel suo autorevole intervento, la salutiamo rispettosamente.

 

 

 

 

9) DOMANDE RETORICHE

 

 

 

A quando si potrebbe pensare risalgano fatti come questo? Al Medio Evo, o al massimo all’epoca delle esplorazioni dei “nuovi” continenti! Invece l’articolo che parla della condanna alla lapidazione di un’adultera in Nigeria è di tre giorni fa.

 

Oltre a colpirci l’atroce brutalità e il freddo sadismo di simili sentenze, ci inorridisce l’abissale ingiustizia che permette di prosciogliere gli uomini complici nell’adulterio e di condannare invece con durezza estrema le donne.

 

In India, se una donna rimane vedova, è diffusa l’opinione che sia lei la responsabile, con i suoi peccati e le sue colpe, magari commessi nelle vite precedenti, della morte del marito. Sono ancora frequentissimi gli aborti volontari di femmine nelle famiglie, tanto che l’India è uno dei pochissimi stati dove la maggioranza della popolazione è costituita da maschi.

 

Per non parlare della Cina in cui la forzata limitazione del numero di figli, porta a optare per la nascita di un maschio. Fino a pochi anni fa ufficialmente, e tuttora in segreto, le bimbe cinesi vengono spesso soffocate alla nascita perché considerate un peso inutile per la famiglia.

 

Ci stupisce e ci addolora questo maschilismo? Sicuramente sì. Mentre esploriamo Marte e cerchiamo tracce di vita intelligente in altri sistemi stellari, intorno a noi sussistono condizioni esistenziali che fanno dubitare fortemente della maturità raggiunta dagli esseri umani.

 

Da un lato, creiamo robot in grado di sostituirci nei lavori più difficili e pericolosi, dall’altro coltiviamo espressioni di superstizione, di maschilismo e di incredibile ignoranza.

 

Perché questi abissi tra l’evoluzione della tecnologia, legata sicuramente all’intelligenza e alla creatività umane, e la tendenza in tutti i Paesi, anche se in modo non sempre esplicito e palese, a comportarsi come cavernicoli?

 

Ci poniamo allora altre domande. Quando riusciremo a far evolvere, oltre all’intelligenza inventiva, anche la razionalità e la saggezza del nostro io? Con che diritto possiamo considerarci superiori agli animali quando ci comportiamo in modo da violare perfino le leggi naturali più elementari?

Con che diritto coloro che hanno fede chiedono l’aiuto di Dio, ognuno nella lingua e nella forma religiosa sua propria, se poi disprezzano e distruggono spensieratamente i loro simili che sono pure sue creature? Con che diritto alcuni si considerano superiori ad altri per nazione di appartenenza, religione, per razza, o semplicemente per sesso ?

 

Mentre lanciamo messaggi nell’universo alla ricerca di altre civiltà, che tipo di messaggi trasmettendo ai nostri figli? (Grazia)

 

 

 

 

10) UN FAX PER EMERSON RUDD, UN ‘PRIGIONIERO CONTRO’

 

 

 

Il 15 novembre è la data stabilita per l’esecuzione in Texas di Emerson Rudd, un giovane cresciuto senza appoggi in un ambiente caratterizzato da violenza e depravazione, tra droga e prostituzione. Suo padre pestava e violentava la madre e rubava in casa. Emerson Rudd appena compiuti 18 anni fu coinvolto in una assalto ad un ristorante in cui fu uccisa una persona.

 

Fu condannato alla pena capitale nonostante le attenuanti costituite dalla giovane età e degli abusi che avevano costellato la sua crescita. Nel braccio della morte Emerson Rudd si è riscattato ed ha acquistato una forte coscienza socio-politica della sua situazione, ha cominciato a lottare contro la pena di morte e a criticare il sistema che la genera e la sostiene. Questa sua attività ‘politica’ è stata vista dall’Amministrazione carceraria come un atteggiamento di ribellione, in definitiva come una cronica violazione delle norme disciplinari e di ‘sicurezza’ nel braccio della morte.

 

Emerson Rudd ha stoicamente sopportato le conseguenze del suo fiero atteggiamento e si è sempre strenuamente impegnato per resistere all’ingiustizia che veniva compiuta nei suoi riguardi con l’imposizione della pena di morte. Bianca Cerri, una nostra affezionata ed appassionata lettrice che conosce molto bene il condannato, ha scritto la seguente testimonianza che volentieri pubblichiamo.

 

Il caso di Emerson Rudd, condannato a morte in Texas a 18 anni, è uno dei tanti casi simili. In Texas, l'età di un condannato a morte non influisce MAI nella valutazione della giuria come non influisce il background sociale e culturale dell'imputato che, nel caso di Rudd, è fatto di violenza familiare, povertà, degrado. Nonostante ciò, Emerson Rudd ha fatto della conoscenza, della cultura, la sua identità e le ha usate per la propria riabilitazione personale. Questa crescita morale è divenuta per i suoi carcerieri un'imperdonabile seccatura.

 

Emerson Rudd diventa un prigioniero 'storico' per il numero di provvedimenti disciplinari che gli vengono inflitti.

Nel 1999, è tra i primi 55 prigionieri trasferiti nella nuova unità di Livingston, un carcere di massima sicurezza, quale "agitatore" e "attivista politico."

L’accusa di fare "attivismo politico" nei due metri e mezzo di spazio concessi ad ogni detenuto è sorprendente visto che il nuovo braccio della morte è stato istituito proprio per evitare che i detenuti si aggreghino tra loro. I prigionieri vivono in regime di totale isolamento in celle singole per 23 ore al giorno, senza potersi incontrare neanche durante le ore d'aria.

La solitudine serve a Emerson per scrivere su vari temi: il razzismo e, sorprendentemente, il femminismo ma certo non risparmia le critiche al sistema. "Sono le mie cellule che vogliono dare battaglia", scrive, "hanno attaccato ogni fibra in me e le mie cellule vogliono combattere". Ciascuna pagina da lui scritta lo rende più inviso al sistema e le punizioni continuano. Non sono le azioni di Rudd che portano le guardie a punirlo, ma la sua volontà di non lasciarsi derubare dell'ultima ricchezza che gli rimane: la conoscenza dei meccanismi sociali che portano un uomo ad essere represso da altri uomini, quei meccanismi che portano la società americana a non sborsare denaro e tempo per educare ma a spenderlo volentieri per uccidere ed opprimere. Di questa società, Emerson Rudd non accetta di essere amico e da essa non vuole essere schiacciato.

 

Scrive in una lettera a sua madre: "Non rispetto una società che ha voluto derubarmi di ogni possibilità, che mi ha costretto ad imparare la lingua della sopravvivenza da quando avevo sei anni.

Lo stato del Texas, che si vanta di essere il più grande, riesce ad esserlo solo nella discriminazione razziale, nell'oppressione, nella pena di morte. Trentasette uomini sono stati uccisi quest'anno dallo stato del Texas. E' appena finito un anno che continuerà ad aleggiare dentro la mia anima, dentro al mio cuore perché è reso pesante da queste trentasette morti. Vi sono, tra di noi, spiriti che non si rassegnano all'oppressione, alla brutalità, ed io sono tra questi. La mia comprensione della loro logica è zero come io, per loro, sono zero."

 

 

Invitiamo i lettori ad inviare un appello in extremis alle autorità del Texas chiedendo che Emerson venga risparmiato. Si può fotocopiare, compilare ed inviare il seguente testo via fax ai due destinatari. Scrivete l’indirizzo esatto del mittente. E’ anche possibile usare la posta elettronica tramite il sito del Governatore (per mandare il messaggio almeno a Rick Perry).

 

In tal caso ricordate di inserire il Texas quale stato di provenienza e poi il vostro indirizzo completato con “Italy”:

 

 

 

www.governor.state.tx.us/contact%20%20information/email/email_the_governor.htm

 

 


 

Traduzione del nostro testo: Caro Governatore, Cari Membri della Commissione per le grazie, vi scriviamo per pregarvi caldamente di fermare l’esecuzione del sig. Emerson Rudd prevista in Texas per il prossimo 15 novembre e di concedere a questo vostro disgraziato concittadino la clemenza esecutiva.

 

Come sapete Emerson Rudd è accusato di un omicidio che fu commesso quando egli aveva appena compiuto i 18 anni. Egli dall’età di sei anni ha conosciuto la dura ‘legge della strada’ al posto dell’affetto e delle cure di cui ogni bambino ha diritto.

 

In famiglia ha assistito ad ogni forma di violenza e di abuso, in un ambiente degradato dall’uso di droghe e dalla prostituzione. La giovane età del condannato al momento del crimine non meno che la storia di violenze e di abusi che ha costellato la sua crescita sono attenuanti più che sufficienti a motivare un gesto di pietà: una giustizia senza pietà non è giustizia!

Facendo affidamento sul vostro cuore e sulla vostra coscienza vi preghiamo ancora una volta di concedere la clemenza esecutiva ad Emerson Rudd!

 

Sinceramente

 



Governor Rick Perry
Office of the Governor
P. O. Box 12428
Austin, TX 78711-2418
Fax: 001 512 463 1849

 

 

 

Texas Board of Pardons and Paroles
Attn: Gerald Garrett
Executive Clemency Section
P. O. Box 13401, Capitol Station
Austin, TX 78711
Fax: 001 512 467 0945

 

 

 



Dear Governor Rick Perry,
Dear Members of the Board of Pardons and Paroles,

 

We heartily beg you to stop Mr. Emerson Rudd’s execution, scheduled in Texas next November 15, and to grant executive clemency to this unfortunate and miserable fellow citizen of yours.

 

As you know, Emerson Rudd has been convicted for a crime he committed shortly after his eighteenth birthday. Since he was a six years old little boy, he had to deal with the harsh “street law” instead than receiving the love and the cares which are the right of any child. He witnessed, inside his family, any kind of violence and abuses, in an environment full of drugs and prostitution.

 

Both Rudd’s extremely young age at the time of the crime and the history of abuses and violence which surrounded his growth, are mitigating factors more than sufficient to justify an act of mercy: justice carried out without mercy cannot be justice!

 

Trusting your heart and your conscience, we once again beg you to grant Emerson Rudd executive clemency!

 

Sincerely

 

 

 

 

11) PER FAVORE, COMPRATE GLI “OCCHI DELLA TRIBOLAZIONE”!

 

 

 

Il socio Paolo Scanabucci ci ha spedito un depliant che illustra il volumetto di poesie intitolato “Tribulation’s Eyes” scritto da Kenneth Foster Jr., un condannato a morte del Texas di cui abbiamo parlato altre volte in questo Foglio di Collegamento. Quest’opera viene ceduta in cambio di un modesto contributo economico per le necessità del condannato e per la sua difesa legale che sta entrando in una fase cruciale. Vi preghiamo caldamente di acquistarla e nel contempo vi inoltriamo un grazie e una benedizione da Kenneth!

 

Ricordiamo che Kenneth Foster è un giovane nero che è stato arrestato e condannato a morte quattro anni fa proprio nel momento in cui stava tentando di riscattarsi con una attività di produzione musicale dalla infelice situazione dei giovani afro americani (il 10% di loro vive in carcere, una percentuale superiore a quella dei giovani neri che riescono ad iscriversi al ‘college’). Kenneth Foster fu accusato di complicità oggettiva con un suo amico col quale era uscito. Costui uccise il figlio di un noto avvocato sparandogli mentre questi era a bordo della sua auto, forse per una tentata rapina.

 

Le poesie di Kenneth esprimono la forza di un linguaggio poetico teso a resistere e a vincere l’ingiustizia. Impegnato in una grande battaglia per la vita, Kenneth usa le parole con passione e immaginazione. Egli trasforma le parole quotidiane in fiabe che descrivono la sua crescita spirituale. Ponendosi al disopra degli stereotipi del braccio della morte, spera che le sue espressioni di dolore, di lotta, di spiritualità possano toccare il cuore di molti lettori.

 

Per avere l’opera di Kenneth si può scrivere, inviando un vaglia internazionale di 7 sterline per ogni copia (comprensive di spese di spedizione), a

 

“Tribulation’s Eyes”
P.O. Box 6833
Carlton – Nottingham
NG43GH (Inghilterra)

o, via e-mail, a:

mailto:christine.short1@ntlworld.com

 

 

Ai medesimi indirizzi – o a Paolo Scanabucci

Via Esino, 145/C – 60020
Torrette Di Ancona
tel. 071 883465

 

può rivolgersi chi intende occuparsi della traduzione italiana dell’Opera o aiutare in qualsiasi modo l’Autore.

 

 

 

 

12) NOTIZIARIO

 

 

 

Afghanistan

 

Pena di morte per chi collabora con gli Americani. Un decreto del Mullah Omar prevede l’esecuzione della pena di morte dopo un processo sommario per tutti coloro che si rendono colpevoli di lavorare in favore del nemico. Il 24 ottobre pattuglie di soldati Talebani armati di lanciarazzi e Kalashnikov percorrevano a bordo di camionette le vie deserte e distrutte di Kandahar fermando i rari veicoli e interrogando i passeggeri. Secondo i Talebani sono trattenuti in custodia a Kandahar un centinaio di sospetti di collaborazionismo col nemico di cui devono essere meglio accertate le responsabilità.

 

 

 

Florida

 

Grandi difficoltà all’avvio del processo contro le guardie del braccio della morte. La scarsa simpatia che ispira la figura di Frank Valdes, vittima del pestaggio letale che avvenne nel braccio della morte della Florida il 17 luglio 1999, e la difficoltà di gestire una parte dei testimoni, anch’essi condannati a morte, sembrerebbero all’origine della decisione dell’accusa di ridimensionare i capi di imputazione nel processo che si celebrerà presso la Contea di Bladford contro 5 delle 7 guardie rinviate a giudizio per il pestaggio e per falsa relazione sull’accaduto.

 

Durante le fasi preliminari del processo, mentre prosegue con difficoltà l’escussione dei possibili giurati, la pubblica accusa, d’accordo con il giudice presidente Larry Gibbs Turner, intende riformulare le imputazioni in modo da consentire alla giuria l’opzione di condannare gli imputati per omicidio preterintenzionale seguito da colpevole negligenza invece che per omicidio volontario.

 

Una opzione ancora più mite da lasciare alla giuria sarebbe la sola condanna per omissione di soccorso. Il Giudice Turner concordando con l’accusa ha dichiarato: “Un agente ha il dovere di prestare cura a un detenuto. Tale dovere si estende alla prevenzione di aggressioni da parte di altri e al prestare aiuto quando un’aggressione viene a conoscenza dell’agente”.

 

Le guardie dissero che Valdes si era procurato la morte gettandosi ripetutamente dalla branda sul pavimento. L’autopsia sul suo cadavere riscontrò la rottura di 22 costole, dello sterno, delle vertebre cervicali, di una spalla, della mandibola, della spina dorsale, lo spappolamento dei testicoli e l’impronta di uno scarpone sulla schiena. Il processo comincerà probabilmente all’inizio di novembre e si concluderà nel giro di due o tre settimane.

 

 

 

Texas

 

Verranno confiscati i proventi della pubblicazione delle memorie dei detenuti. La legge del Texas prevedeva già la confisca di quella parte dei proventi di un’attività lucrativa di un soggetto, che conseguisse dalla notorietà del medesimo acquisita per un crimine commesso. Ora una nuova legge firmata a fine settembre dal Governatore considera anche i proventi delle memorie di un criminale, diffuse per iscritto o su supporti audiovisivi, illegittimi e quindi sottoposti a confisca a vantaggio delle vittime della criminalità.

 

 

 

 

VIENI A LAVORARE CON NOI

 

 

 

A.A. Abbiamo bisogno di te! Cerchiamo amici con cui lavorare per il nostro sito Web, per le traduzioni. Occorre qualcuno che si incarichi di tenere i rapporti con i soci, di mandare avanti i libri in corso di pubblicazione, di produrre magliette e materiale promozionale, di organizzare campagne e azioni urgenti, di occuparsi della raccolta fondi ecc. ecc.

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ADERITE E FATE ADERIRE AL COMITATO !!!

 

 

Il Comitato Paul Rougeau riesce ad organizzare iniziative e a raccogliere fondi solo grazie all'azione dei suoi aderenti. Le spese del comitato vengono pagate con le adesioni di ciascuno di noi. Per continuare a lavorare servono quindi NUOVI ADERENTI.

 

Le quote annuali sono le seguenti:

Socio Ordinario Lit. 40.000

Socio Sostenitore Lit. 80.000

Socio Giovanile (fino a 18 anni o a 26

anni se studente) Lit. 25.000

Abbonamento al solo bollettino (non soci) Lit. 24.000

 

 

N. B. I soci in regola con la quota annuale hanno diritto alla ricezione gratuita del Foglio di collegamento. L'edizione email del bollettino e' gratuita per tutti, richiedetela a: mailto:bolcpr@libero.it/

 

Le quote associative devono essere versate sul c.c.p. n. 45648003, intestato a: Comitato Paul Rougeau, Viale Pubblico Passeggio 46, 29100 Piacenza, specificando la causale e comunicando il proprio numero di telefono, e, se posseduti, il numero di fax e l'indirizzo email. Responsabile dei contatti con i soci e' Loredana Giannini (Tel. 055 474825).

 

Per contattarci potete scrivere a: Comitato Paul Rougeau C.P. 11035, 00141 Roma Montesacro.

 

Dalla redazione: il Foglio di collegamento di norma viene spedito il 20 di ogni mese e viene compilato nei giorni fra il 10 e il 19. Pertanto chi vuole far pubblicare appelli, notizie, comu-nicati, iniziative, lettere o riflessioni personali deve far pervenire i testi in tempo utile a un membro del Consiglio Direttivo o, preferibilmente, inviare un mail a prougeau@tin.it

 

Questo numero è stato chiuso il 31 ottobre 2001

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