FOGLIO DI COLLEGAMENTO INTERNO
DEL COMITATO PAUL ROUGEAU
Numero 200 - Settembre 2012
Dale e Susan Recinella
SOMMARIO:
1) Di nuovo in Italia la testimonianza dei coniugi Recinella - di Grazia Guaschino
2) Partecipiamo tutti alla petizione in favore di Anthony Haynes! 3) La pena capitale, un’inutile violazione dei diritti umani di Claudio Giusti
4) Incertezza sull’esito del referendum abolizionista in California 5) Aggravanti capitali 6) La pressione internazionale ferma le esecuzioni in Gambia 7) Continuano le esecuzioni in Giappone
8) Liberato un innocente che “confessò” e fu condannato a morte 9) Definitive le condanne per la rendition di Abu Omar 10) Niente pena di morte per gli assassini di Vittorio Arrigoni 11) Corte internazionale e tortura, lentissimi passi in avanti 12) Foto piuttosto sgradevoli
13) Due lettere di Fernando
14) Notiziario: Georgia, Ohio, Regno Unito, Sri Lanka
1) DI NUOVO IN ITALIA LA TESTIMONIANZA DEI CONIUGI RECINELLA
di Grazia Guaschino
Dale e Susan Recinella, che assistono i condannati a morte della Florida e loro famiglie, tornano in Italia. Terranno conferenze per presentare l’ultimo libro scritto da Dale: “Nel braccio della morte”.
Come molti dei lettori sanno, Dale Recinella, statunitense di origini italiane, dopo un’esperienza ultraventennale di avvocato specializzato nelle grandi transazioni finanziarie, nel 1998 cominciò a dedicarsi ai detenuti in isolamento in Florida, assistendoli spiritualmente come cappellano laico.
Dale si reca quasi quotidianamente nel braccio della morte della Florida (il secondo braccio della morte degli Stati Uniti) e, passando di cella in cella, fa visita ai 400 uomini condannati alla pena capitale. Dale e sua moglie, la psicologa Susan Recinella, si attivano in sintonia durante le esecuzioni, in quanto Dale assiste spiritualmente il condannato e Susan dà assistenza psicologica e spirituale ai suoi familiari e amici. Essi prestano inoltre assistenza ai familiari e agli amici delle vittime dei crimini.
Dale S. Recinella scrive articoli per i giornali The Tallahassee Democrat e The Florida Catholic, tiene spesso conferenze in America e in Europa ed è autore dei libri: “The Biblical Truth about America's Death Penalty” (Boston - Northeastern University Press, 2004) e “Now I walk on Death Row” (tradotto in italiano con il titolo “Nel braccio della morte” per le Edizioni San Paolo nel 2012) nonché di numerosi articoli per giornali e riviste.
Dale e Susan hanno cinque figli e vivono in Florida.
Questa splendida coppia verrà di nuovo in Italia nei prossimi giorni e il Comitato Paul Rougeau ha organizzato, anche in collaborazione con Amnesty International e con la Comunità di Sant’Egidio, una serie di conferenze e di presentazioni dell’ultimo libro di Dale in varie città italiane. Alcuni incontri avvengono nelle scuole o in carcere, altri sono aperti al pubblico. Vi invitiamo pertanto a consultare il calendario degli incontri aperti al pubblico e a venire numerosi ad ascoltare questi due nostri amici. Tutti gli interventi saranno tradotti passo passo per voi in Italiano.
Dale spesso comincia le sue conferenze cercando di mettere il pubblico a suo agio, specie quando si tratta di giovanissimi: parla di Topolino (in Florida c’è il famoso parco Disney), delle belle spiagge, fa qualche battuta divertente. Questo però non deve trarre in inganno: poco dopo il discorso si fa molto serio.
Entrando in argomento, Dale di solito spiega come mai lui, di origine italiana, non parli la nostra lingua. Racconta del caso atroce degli immigrati italiani Sacco e Vanzetti ‘giustiziati’ sulla sedia elettrica alla fine degli anni Venti: “La pena di morte ha conseguenze negative remote e impensabili ed è ingiusta, irrimediabile, ricade solo sui poveri, sugli emarginati e anche sugli innocenti”.
Dale descrive la vita terribile nel braccio della morte: “Quale può essere lo standard di attenzione da parte di uno stato nei riguardi di uomini che tiene rinchiusi in gabbie in attesa di ammazzarli?”
Anche le parole di Susan, che nel giorno dell’esecuzione condivide il calvario dei familiari del condannato mentre costui viene ucciso, sono ricche di sentimento e a volte spezzate dalla commozione.
E’ bello conoscere una coppia come questa, sapere delle loro attività e ascoltare direttamente la loro esperienza. E’ per me un grande onore essergli amica, un privilegio l’opportunità di vivere in me - traducendo ogni volta dall’Inglese passo passo - la testimonianza che ci danno.
CONFERENZE DI DALE E SUSAN RECINELLA APERTE AL PUBBLICO
Giovedì 18 ottobre:
Ore 18 - Conferenza di Dale e Susan Recinella al CENTRO STUDI “SERENO REGIS” - Sala Gandhi - Via Garibaldi 13 – TORINO
Sabato 20 ottobre:
Ore 17,30 - Presentazione di Dale e Susan Recinella del libro "Nel braccio della morte" per le Edizioni S. Paolo - LIBRERIA S. PAOLO - Via della Consolata, 1/bis – TORINO
Domenica 21 ottobre:
Ore 15,30 - Conferenza di Dale e Susan Recinella per Amnesty International - CASA DEL QUARTIERE - Via Morgari, 14 - TORINO
Mercoledì 24 ottobre:
Ore 21 - Conferenza di Dale e Susan Recinella alla PARROCCHIA S. GIULIO D’ORTA - Corso Cadore, 17/3 – TORINO
Giovedì 25 ottobre:
Ore 18 - Presentazione di Dale e Susan Recinella del libro "Nel braccio della morte" per le Edizioni S. Paolo - TEATRO SAN SIRO, via alla Chiesa Plebana, 5 - GENOVA
Lunedì 29 ottobre:
Ore 18 – Presentazione di Dale Recinella del libro “Nel braccio della morte” per le Edizioni S. Paolo - CAFFE' LETTERARIO LE MURATE - Piazzale Le Murate – FIRENZE
Mercoledì 31 ottobre:
Ore 17,30 - Presentazione di Dale Recinella del libro “Nel braccio della morte” per le Edizioni S. Paolo - LIBRERIA PIAVE (MONDADORI FRANCHISING) - Via Piave 18 – ROMA
2) PARTECIPIAMO TUTTI ALLA PETIZIONE IN FAVORE DI ANTHONY HAYNES!
L’esecuzione capitale di Anthony Haynes è programmata in Texas per il 18 p. v. Partecipiamo SUBITO alla petizione in suo favore preparata da Amnesty International USA.
E’ facilissimo partecipare alla petizione a partire dal link:
occorre fornire i propri dati e cliccare su SEND NOW (dopo aver marcato la piccola casella sulla sinistra se non si vuole ricevere corrispondenza da Amnesty USA).
Per chi non ha dimestichezza con l’inglese precisiamo che: First Name = Nome, Last Name = Cognome, Address line 1 = indirizzo, City = città. Per State scegliete l’ultima alternativa ‘Not in USA’, ZIP = Codice postale, per Country scegliete ‘Italy’.
(Dopo aver partecipato all’appello NON e' necessario che mandiate soldi ad Amnesty USA, ecc., come vi verrà richiesto).
Anthony Haynes è conosciuto dal Comitato Paul Rougeau ed è stato anche seguito, per un certo periodo, da un gruppo di nostre socie. E’ particolarmente meritevole di un atto di clemenza.
Il 19-venne nero Anthony Haynes fu condannato a morte nel 1999 per l’omicidio di un poliziotto bianco fuori servizio compiuto l’anno prima ad Houston nel Texas. Ricevette un pessima difesa legale al processo. I suoi difensori omisero di far valere numerose attenuanti che avrebbero potuto evitargli la pena capitale, come i disturbi psichici di cui soffrì nell’infanzia, la mancanza di precedenti penali, la sua indole normalmente mite, la sua giovanissima età.
La giuria che condannò a morte il nero Anthony Haynes aveva un solo componente di colore dopo che l’accusa aveva fatto escludere dalla rosa dei potenziali giurati quattro afro-americani, senza fornire alcun motivo plausibile. L’avvocato dell’accusa presente durante la selezione di giurati si era mostrato intento a pulire due pistole.
Dopo il processo i legali d’ufficio omisero di includere nell’habeas corpus statale la questione della pessima difesa legale ricevuta da Haynes compromettendo la possibilità di far valere tale argomento a livello federale.
La Corte d’Appello federale del Quinto Circuito annullò il processo di Haynes nel 2009 per la questione dei giurati, anche se purtroppo, su iniziativa dell’accusa che ricorse alla Corte Suprema degli Stati Uniti, ripristinò poi la precedente condanna.
Anthony ha avuto un comportamento esemplare nel braccio della morte manifestando un profondo rincrescimento per il crimine da lui compiuto.
3) LA PENA CAPITALE, UN’INUTILE VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI di Claudio Giusti
Claudio Giusti ha fatto girare in rete la versione italiana di un prezioso condensato di argomenti chiari e ben scritti sulla pena di morte e sulla necessità di abolirla. Diamo il meritato rilievo allo scritto di Claudio che può servire per tutti come promemoria delle fondamentali idee abolizioniste.
La pena capitale è come la schiavitù: nessuno ha il diritto di imporla.
La pena di morte è una chiara violazione dei diritti umani, dei diritti all’eguaglianza, alla vita, alla libertà dalla tortura.
E’ un buco nero nella Legge, un territorio dai confini vaghi e incerti che cambiano nel tempo e nello spazio, tracciati con incoerenza e imprevedibilità, dove arbitrio e capriccio la fanno da padroni.
La pena di morte è privilegio dei poveri, perché pena capitale significa che “chi non ha il capitale si becca la pena”.
E’ una punizione irreversibile che uccide i pazzi e gli innocenti.
Non è legittima difesa ma vendetta.
Non è un deterrente più efficace della prigione e aggrava il male che pretende di curare perché brutalizza la società e ne aumenta la violenza.
La pena di morte è un sacrificio umano, un assassinio rituale attuato dallo Stato a sangue freddo.
Altro non è se non una parodia di giustizia e l’imposizione arbitraria e capricciosa di dolore e sofferenza.
Prima o poi tutti capiranno che la pena capitale è una immorale, indecente, illegale, costosa, stupida, crudele, pericolosa, razzista, classista, arbitraria, capricciosa, incoerente, inutile violazione dei diritti umani.
4) INCERTEZZA SULL’ESITO DEL REFERENDUM ABOLIZIONISTA IN CALIFORNIA
Il 6 novembre i cittadini della California, in concomitanza con le elezioni presidenziali, voteranno la Proposition 34, un referendum sull’abolizione della pena di morte. Se il referendum avrà esito positivo, per la prima volta nel mondo la pena di morte verrà abolita per iniziativa popolare.
Non si è mai visto che la pena di morte venga abolita per iniziativa popolare ma, come abbiamo detto nel n. 197, speriamo che ciò avvenga per la prima volta in California il 6 novembre. In quel giorno, in occasione delle elezioni presidenziali e statali, si sottoporranno agli elettori una decina di referendum (detti ‘proposizioni’) su questioni più o meno importanti da regolare per legge. Il referendum che riguarda l’abolizione della pena di morte (sostituita dalla pena massima dell’ergastolo senza possibilità di liberazione) è stato denominato ‘Proposition 34’.
Gli abolizionisti sono in genere favorevoli all’iniziativa referendaria e si impegnano per la sua riuscita. Per la verità non tutti: ad esempio l’avvocato texano David Dow – indomito difensore nei processi capitali – l’ha fortemente criticata ritenendo che l’ergastolo senza possibilità di liberazione sia altrettanto crudele della pena capitale (v. n. 197). Per altro anche gli oltre 700 detenuti richiusi nel braccio della morte della California sembra siano in maggioranza contrari, anche perché l’eliminazione della pena di morte comporterebbe la riduzione delle possibilità di appello contro le sentenze di condanna.
E’ difficile immaginare come il cittadino medio della California saprà destreggiarsi tra le numerose votazioni che gli verranno proposte il 6 novembre e non è possibile fare ipotesi su come tale grande complicazione influirà sull’esito della Proposizione 34…
Per ora l’attenzione è rivolta ai sondaggi a campione.
Il 21 settembre l’organizzazione SAFE, proponente del referendum, ha pubblicizzato un sondaggio condotto dal Public Policy Institute of California che dava un 50% di votanti a favore dell’ergastolo e un 42% a favore della pena di morte. Con i favorevoli all’ergastolo in forte maggioranza tra di Democratici (66%) e i favorevoli alla pena di morte in maggioranza tra i Repubblicani (58%). I quesiti proposti non menzionavano esplicitamente la Proposizione 34. Nonostante l’incertezza statistica che caratterizza simili indagini, tali risultati potevano indurre ad un certo ottimismo.
In seguito SAFE ha diffuso i risultati di un sondaggio più specifico reso noto il 25 settembre, condotto dall’agenzia Field Poll nella prima metà di settembre tra 468 votanti: la Proposizione 34 risultava approvata dal 42% dei soggetti e respinta dal 45%, con un 13% di indecisi. Il risultato, affetto da un’incertezza statistica del 4,3%, significava in sostanza una parità.
Dobbiamo infine ricordare che il 27 settembre è stato reso noto un sondaggio condotto dall’Università californiana Pepperdine e dalla California Business Roundtable (un istituto dedito a studi economici) che fornisce un quadro ancora meno ottimistico: 39,6 % di Sì alla Proposizione 34 e 43,3% NO (con un 11,1 % di indecisi). In ogni caso, l’ampio margine di errore statistico può significare una parità.
Nel periodo che ci separa dalle elezioni del 6 novembre, anche per il grande impegno degli abolizionisti californiani, ci auguriamo diminuisca progressivamente la percentuale degli indecisi favorendo il successo della Proposizione 34.
Staremo col fiato sospeso fino all’ultimo.
5) AGGRAVANTI CAPITALI
Quelle previste in Ohio – e qui sintetizzate - sono le tipiche ‘aggravanti capitali’ previste negli USA, cioè le circostanze di un omicidio che permettono all’accusa di chiedere la pena di morte.
Negli Stati Uniti la pena di morte può essere chiesta per un omicida solamente in presenza di circostanze aggravanti. Riportiamo – in estrema sintesi e approssimativamente - le aggravanti capitali previste in Ohio, simili a quelle previste in molti altri stati USA.
-
La vittima è il Presidente degli Stati Uniti, un Governatore o un successore o un candidato ad una di tali due cariche.
-
L’omicida è stato assoldato.
-
Il crimine viene commesso con lo scopo di sfuggire alla detenzione, al fermo o alla pena per un altro delitto.
-
Il delitto viene commesso in stato di detenzione o in libertà essendo sfuggito alla detenzione.
-
L’omicida è recidivo o sono state uccise o si intendeva uccidere due o più persone.
-
E’ stato ucciso un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, o si aveva la specifica intenzione di uccidere un pubblico ufficiale.
-
Il delitto è stato commesso mentre il criminale stava commettendo un rapimento, una violenza carnale, un incendio aggravato, una rapina aggravata o un furto aggravato in un’abitazione.
-
La vittima è il testimone di un delitto ed è stata uccisa per impedirle di testimoniare.
-
La vittima ha meno di 13 anni.
-
Il delitto viene commesso mentre il criminale sta commettendo o sta tentando di commettere un atto di terrorismo.
6) LA PRESSIONE INTERNAZIONALE FERMA LE ESECUZIONI IN GAMBIA
Le pressioni esercitate dalle organizzazioni per i diritti umani e delle agenzie sovranazionali ha interrotto la serie di esecuzioni capitali ordinate sul presidente del Gambia Yahya Jammeh in un paese, fino ad ora definito ‘abolizionista di fatto’, che non aveva messo a morte nessuno per 27 anni.
Interrompendo una moratoria durata 27 anni (1), il presidente del Gambia Yahya Jammeh, con un preavviso di pochi giorni, il 23 agosto aveva fatto fucilare 9 detenuti e aveva preannunciato l’esecuzione a breve dei 38 rimanenti ospiti del braccio della morte popolato da numerosi oppositori politici (v. n. 199).
Contro l’improvvisa feroce iniziativa di Jammeh si sono levate proteste delle organizzazioni per i diritti umani, delle agenzie internazionali, dei paesi abolizionisti… perfino il Dipartimento di Stato USA ha criticato il presidente del Gambia (2).
Dopo di che le rimanenti 38 esecuzioni minacciate nella prima metà di settembre non si sono verificate e, il giorno 13, Yahya Jammeh ha reso nota la sospensione della mattanza, almeno temporaneamente.
“Ciò che avverrà in futuro conseguirà dalla diminuzione del crimine violento, nel qual caso la moratoria sarà indefinita, o da un aumento della violenza criminale, nel qual caso la moratoria cesserà automaticamente”, ha dichiarato il presidente gambiano all’agenzia Reuters.
Il Benin, che ha attualmente la presidenza dell’Unione Africana, aveva appena inviato il suo Ministro degli Esteri in Gambia per ammonire Jammeh di non dar corso alle esecuzioni.
Yahya Jammeh ha evidentemente soppesato i pro e i contro della prosecuzione delle esecuzioni. Esecuzioni sicuramente suggeritegli dalla paura, conseguenti alla sua recente perdita di potere, al sorgere di opposizioni al suo regime autoritario, alla minaccia della costituzione di un governo in esilio nel vicino Senegal.
“L’annuncio del Presidente di una moratoria condizionata non è abbastanza. E’ necessario rendere la moratoria permanente, nella prospettiva dell’abolizione della pena di morte, per lenire almeno in parte l’apprensione dei condannati a morte e delle loro famiglie”, ha dichiarato Lisa Sherman-Nikolaus, ricercatrice di Amnesty International per il Gambia. La medesima ha aggiunto “sappiamo che il sistema di giustizia criminale del Gambia è gravemente difettoso. Non può garantire processi equi e la protezione dei diritti umani per tutti.”
Secondo Amnesty il sistema di giustizia criminale del Gambia, ambiguo e inaccessibile, comporta che “anche gli avvocati e le famiglie di coloro che si trovano nel braccio della morte non sappiano bene quale sia la situazione giudiziaria nei singoli casi.”
______________________
(1) Nei 27 anni è compreso un periodo di alcuni anni in cui la pena capitale fu abolita.
(2) Ringraziamo i lettori che hanno partecipato alla petizione alle autorità del Gambia redatta da Amnesty International USA, come da noi richiesto nel n. 199.
7) CONTINUANO LE ESECUZIONI IN GIAPPONE
Sono già sette le esecuzioni compite quest’anno in Giappone, un grande paese a democrazia avanzata che nel 2011 aveva dato agli abolizionisti la speranza nell’istituzione di una moratoria.
All’alba del 27 settembre sono stati impiccati all’improvviso, in due diverse prigioni del Giappone, un uomo e una donna. L’uomo, Yukinori Matsuda di 39 anni, è stato ucciso nel carcere di Fukuoka, la donna, Sachiko Eto di 65 anni, è stata uccisa nel carcere di Sendai.
Le esecuzioni in Giappone avvengono in segreto, i prigionieri ricevono un preavviso di poche ore o nessun preavviso. Le famiglie dei ‘giustiziati’ vengono informate solo a cose fatte.
Ad agosto erano stati messi a morte 2 condannati (v. n. 199), 3 nei mesi precedenti. Pertanto nel corrente anno sono stati già uccisi 7 prigionieri giapponesi. (1)
Nel 2011, anno senza alcuna esecuzione, gli abolizionisti avevano nutrito una sia pur tenue speranza che una moratoria durata 20 mesi potesse prolungarsi a tempo indeterminato (v. n. 196).
Amnesty International teme che l’attuale ministro della giustizia Makoto Taki, in carica da quattro mesi, possa autorizzare a breve l’impiccagione di molti dei 131 ospiti dei bracci della morte nipponici.
Amnesty International sottolinea il contrasto tra la forte propensione per la pena di morte del ministro Makoto Taki e l’impegno che aveva assunto in campagna elettorale il suo partito, il Partito Democratico, di indire un dibattito a livello nazionale sull’abolizione della pena di morte. “Le ultime esecuzioni rendono una beffa l’impegno del Partito Democratico […]. Il dibattito deve avvenire e il governo deve imporre una immediata moratoria delle esecuzioni,” ha affermato Roseann Rife, direttrice di Amnesty per l’Asia Orientale.
Ricordiamo che in Giappone le esecuzioni capitali possono avvenire solo per disposizione del Ministro della Giustizia il quale può anche rifiutarsi di ordinarne nel corso del proprio mandato.
In mancanza di una forte mobilitazione a livello nazionale, le crisi di governo e il cambio dei ministri che si verificano molto frequentemente in Giappone, rendono estremamente incerto il destino dei numerosi condannati a morte nell’unico grande paese a democrazia avanzata – all’infuori degli USA – che persiste nell’uso della più crudele ed inumana delle punizioni.
________________________
(1) Nell’ultimo decennio si ebbe un massimo di 15 esecuzioni in Giappone nel 2008, seguito dal dato di 9 esecuzioni nel 2007.
8) LIBERATO UN INNOCENTE CHE “CONFESSÒ” E FU CONDANNATO A MORTE
Il caso di Damon Thibodeaux, condannato a morte in Louisiana riconosciuto innocente e liberato, ripropone il tragico problema delle false confessioni rilasciate alla polizia da persone innocenti.
“Cercano punti deboli per manipolarti, e se sei deprivato del sonno e in preda al panico, diventa molto più facile per loro farti fare quello che vogliono”. Ha dichiarato alla stampa Damon Thibodeaux il 29 settembre appena uscito dal braccio della morte della Louisiana. “A quel punto, ero stanco. Ero affamato. Volevo dormire. Tutto quello che volevo era dormire, ero disposto a dire qualsiasi cosa pur di uscire dalla stanza dell’interrogatorio.”
Nel 1996, Damon Thibodeaux, dopo un durissimo interrogatorio durato 9 ore, confessò alla polizia di aver violentato ed ucciso Crystal Champagne, una sua cugina di 14 anni. Poche ore dopo, appena rifocillato e rinfrancato, ritrattò la propria confessione. Fu accusato di omicidio capitale 4 giorni dopo il suo arresto. Fu condannato a morte nel 1997.
Il 28 settembre, Damon Thibodeaux ha varcato il portone del penitenziario di Angola e si è incamminato in un meriggio piovoso, libero per la prima volta dopo 15 anni.
Ha dichiarato alla stampa di aver toccato il limite della propria resistenza nei lunghi anni di durissima segregazione ma di aver sempre mantenuto la speranza nella liberazione.
L’innocenza di Damon Thibodeaux è stata riconosciuta pienamente dopo cinque anni di investigazioni alle quali ha acconsentito di collaborare l’accusatore distrettuale Paul Connick.
Damon Thibodeaux è il 300-esimo esonerato in base alle prove del DNA, il 18-esimo ad esserlo dal braccio della morte. E’ il 141-esimo condannato a morte esonerato a partire dal 1977.
Egli era stato condannato in conseguenza ad una falsa confessione come accade nel 25% delle esonerazioni in base ai test del DNA. (1)
E’ risultato che Thibodeaux aveva ‘confessato’ una quantità di particolari erronei del crimine a lui attribuito: tra l’altro è stato anche accertato che la vittima NON fu stuprata. Infine l’esame del DNA fatto su una traccia ematica rilevata sull’arma del delitto ha implicato una persona diversa da lui.
Nel 1999 fu respinto un suo ricorso in cui sosteneva che era stato costretto a confessare, che le prove a carico erano insufficienti e che era stato sottoposto ad un processo ingiusto.
Se non fosse stato per l’impegno eccezionale di ottimi avvocati e per l’assistenza gratuita dell’Innocence Project di New York, Thibodeaux, per quanto innocente, non sarebbe sfuggito dagli artigli della pena di morte.
________________________
(1) Sulla tragedia delle false confessioni, v. nn. 184, 177
9) DEFINITIVE LE CONDANNE PER LA RENDITION DI ABU OMAR
E’ passata in giudicato in Italia l’unica sentenza al mondo di condanna della pratica intrinsecamente illegale della rendition, messa in atto dagli Stati Uniti dopo gli attentati dell’11 settembre 2001.
Il 19 settembre la Corte di Cassazione ha confermato, rendendole definitive, le condanne a 26 persone che nel 2003 parteciparono al rapimento del cittadino egiziano Usama Mostafa Hassan Nasr (l’imam meglio noto come Abu Omar), il quale, prelevato per strada a Milano il 17 febbraio, fu trasferito in segreto in Egitto per essere interrogato e, secondo quanto lui stesso asserisce, torturato.
Rimangono quindi le condanne a 6 anni di carcere per 22 tra agenti della CIA e militari statunitensi e a 9 anni di carcere per il capo della CIA a Milano di allora, Robert Seldon Lady. Nonché le condanne a 2 anni e 8 mesi di reclusione, coperte da indulto, per due Italiani, gli agenti del SISMI Pio Pompa e Luciano Seno (1).
Per di più la massima Corte ha sentenziato che i cinque alti funzionari dei servizi segreti italiani, tra cui Niccolò Polari, ex direttore del SISMI, e il suo vice Marco Mancini, in precedenza dichiarati non processabili a causa dell’apposizione del segreto di stato sulle prove, dovranno essere giudicati per il ruolo avuto durante il sequestro.
“La sentenza è importante perché conferma la ricostruzione dei fatti”, ha dichiarato il procuratore Armando Spataro, uno dei due accusatori che hanno superato grandi difficoltà e forti resistenze per portare a compimento il caso Abu Omar, “conferma che ciò che avvenne è incompatibile con la democrazia.”
In effetti si tratta di una vittoria del diritto di grande significato, della prima ed unica sentenza al mondo che sanziona la pratica intrinsecamente illegale dell’extraordinary rendition messa in atto dagli Stati Uniti il risposta gli attacchi dell’11 settembre 2001: sospetti terroristi, soprattutto militanti islamici, cominciarono ad essere rapiti dagli Americani in ogni parte del mondo e trasferiti in paesi in cui venivano detenuti, interrogati ed anche torturati (2).
Si ritiene che i responsabili della rendition di Abu Omar, sia americani che italiani, non sconteranno un solo giorno di carcere. Tale consapevolezza è assoluta per gli Americani di cui non verrà mai concessa l’estradizione: se pure il governo italiano si deciderà a chiederla (cosa che non ha fatto negli anni con 5 diversi ministri della giustizia) non la concederanno gli Stati Uniti che si sono sempre comportati come se il caso non esistesse.
Per la verità l’attuale Ministro della Giustizia Paola Severino non ha escluso a priori una richiesta di estradizione; un suo portavoce ha infatti dichiarato che deciderà ‘se e quando’ una domanda in tal senso arriverà dalla Procura di Milano. “Una volta che sarà arrivata, il Ministro prenderà una decisione, secondo il dettato della legge,” ha precisato il portavoce.
Speriamo che per la Severino la giustizia e la dignità siano più importanti della cosiddetta ragion di stato. Comunque sia, sarebbe più giusto che, oltre agli esecutori del crimine, dovessero rendere conto delle proprie azioni anche i mandanti, a cominciare dal governo statunitense, mandanti che invece, in questo caso come in tutti gli altri casi simili, la fanno franca.
________________________
(1) V. n. 186 ed anche nn. 134; 160; 163, Notiziario;166, “Diritti umani…”; 170; 174.
(2) La pratica della rendition, ideata dall’amministrazione Bush, fu confermata dall’amministrazione Obama.
10) NIENTE PENA DI MORTE PER GLI ASSASSINI DI VITTORIO ARRIGONI
Come richiesto dalla famiglia di Vittorio Arrigoni, il cooperante italiano che fu rapito e ucciso nella Striscia di Gaza nel 2011, non è stata inflitta la pena di morte a coloro che uccisero una persona inerme, un attivista nonviolento nella regione assediata, percorsa da una guerra strisciante.
Il 17 settembre quattro uomini, appartenenti alla frangia estremista palestinese denominata “Monoteismo e Guerra Santa”, sono stati condannati a pene detentive nella Striscia di Gaza per il rapimento e l’assassinio del pacifista italiano Vittorio Arrigoni compiuti nel marzo del 2011.
La pena di morte è stata esclusa per esplicita richiesta della famiglia di Arrigoni, figlio amatissimo di 36 anni che si era spostato a Gaza dandosi totalmente all’assistenza della popolazione con l’International Solidarity Movement, documentando le ingiustizie ai danni dei Palestinesi assediati e impegnandosi, a rischio della vita, in azioni di interposizione nonviolenta nella guerra strisciante tra Israele e il regime di Hamas.
I rapitori chiesero in cambio della vita di Arrigoni la liberazione di due loro capi detenuti ma si affrettarono ad uccidere l’ostaggio che fu ritrovato strangolato il giorno seguente a quello del rapimento.
Sono stati inflitti 35 anni di carcere con i lavori forzati a due uomini, Mahmoud al-Salfiti di 28 anni, e Tamer al-Hasasna, di 27. La massima pena detentiva - 25 anni - per l’omicidio, più 10 anni per il rapimento di Arrigoni. Un altro uomo, Khader Jram di 24 anni, ha ricevuto una pena di 10 anni per rapimento. Infine 1 anno di carcere è stato inflitto ad un quarto individuo che nascose gli assassini fuggitivi. Altri 2 uomini perirono nello scontro a fuoco verificatosi in occasione della cattura del gruppo dei rapitori da parte della polizia di Hamas nel luglio del 2011.
Per il regime di Hamas l’uccisione di Vittorio Arrigoni è stata particolarmente frustrante anche perché i due assassini lavoravano per il Ministero dell’Interno. Al-Salfiti era addirittura addetto ad un checkpoint vicino alla residenza di Arrigoni, da cui poteva agevolmente controllare gli spostamenti del cooperante italiano.
Per noi la missione e la tragica fine di Vittorio Arrigoni, nonostante tutto, sono motivo di speranza. Così come il comportamento di sua madre. “Vittorio non é un eroe né un martire - aveva detto Egidia Beretta, mamma di Vittorio, ai suoi funerali - ma solo un ragazzo come tanti di voi che ha voluto riaffermare con una vita speciale che i diritti umani sono universali e che come tali vanno rispettati e difesi in qualsiasi parte del mondo, che l’ingiustizia va raccontata e documentata perché nessuno di noi nella nostra comoda vita possa dire ‘io non c’ero, io non sapevo’ ” (v. n. 189, Notiziario).
11) CORTE INTERNAZIONALE E TORTURA, LENTISSIMI PASSI IN AVANTI
Anche se la legislazione italiana si sta molto lentamente adeguando agli obblighi internazionali per quanto riguarda il funzionamento della Corte Penale Internazionale e l’adesione al Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, in settembre l’introduzione del reato di tortura nel nostro codice penale ha subito, di fatto, un altro rinvio sine die.
Il 19 settembre il Senato ha approvato il disegno di legge 2769 che stabilisce le norme che permetteranno all’Italia di collaborare con la Corte Penale Internazionale permanente, istituita nel 1998 e operativa dal 2002 (1).
Ricordiamo che tale Corte, il primo organo permanente che ha il compito di perseguire i più gravi crimini di guerra e contro l’umanità in tutto il mondo, è riuscita a infliggere la sua prima condanna soltanto nel luglio scorso (v. n. 199).
“Con questo voto si e’ posta fine a una situazione imbarazzante per cui l’Italia, dopo aver ospitato nel 1998 la conferenza istitutiva della Corte e averne ratificato tempestivamente lo Statuto, non aveva poi introdotto norme che consentissero ai propri organi di polizia e giudiziari di collaborare con la Corte nell'accertamento dei più gravi crimini internazionali, dai crimini di guerra ai crimini contro l'umanità fino al genocidio” – ha dichiarato Carlotta Sami, direttrice generale di Amnesty International Italia.
La dichiarazione della Sami pecca di eccessivo ottimismo dando il risultato per scontato, infatti il disegno di legge (per peraltro in alcuni particolari non soddisfa pienamente Amnesty) per diventare legge dovrà essere approvato senza modifiche anche dalla Camera dei Deputati e poi firmato dal Presidente della Repubblica.
Il giorno precedente, 18 settembre, era stato inoltre approvato dal Senato il disegno di legge 3354 che autorizza la ratifica e l'esecuzione del Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura.
Sempre il 18 settembre è stato approvato in Senato un ordine del giorno che sollecita l’introduzione del reato di tortura in Italia, un passo in avanti sulla strada della civiltà chiesto con insistenza da molti anni da Amnesty International (2). Nonostante ciò il 26 settembre il Senato ha rinviato in Commissione per “ulteriori approfondimenti” un disegno di legge che avrebbe introdotto nel nostro Codice Penale il reato di tortura.
________________________
(1) V. ad es. nn. 96; 99, “Gli Stati Uniti…”; 100; 168, “Il presidente del Sudan…”.
(2) V. ad es. nn. 165, “Sessant’anni…Tortura impunita in Italia”; 178, Notiziario; 180, Notiziario; 199, “Scuola Diaz…”
12) FOTO PIUTTOSTO SGRADEVOLI
Nel folklore che circonda l’antichissima istituzione della pena di morte, hanno un posto di rilevo i rituali riguardanti l’ultimo pasto dei condannati. Rosanna Ceroni ci ha segnalato che il giovane fotografo Henry Hargreaves ha cucinato e fotografato gli ‘ultimi pasti’ di famosi condannati a morte statunitensi. L’idea e le foto di Hargreaves hanno avuto una notevole risonanza come i ben più impegnativi servizi fotografici realizzati negli ultimi anni all’interno dei bracci della morte.
I condannati alla pena capitale stimolano la curiosità del grande pubblico e di tanto in tanto, anche in violazione delle norme esistenti, escono sensazionali servizi fotografici dai bracci della morte, statunitensi e non solo (1). Alcuni servizi sono notevoli e, per qualche verso, interessanti.
Ricordiamo che all’inizio del 2000 l’italiano Oliviero Toscani, in collaborazione con la Benetton, fotografò 26 condannati a morte di sei stati nordamericani. Le fotografie girarono rapidamente il mondo. Dopo di che le autorità degli stati che avevano consentito le riprese si vergognarono e si infuriarono affermando di essere state ingannate.
La Benetton, nota per le sue straordinarie uscite pubblicitarie (United Colors of Benetton) affermò che le foto avevano “lo scopo di restituire un volto umano ai prigionieri del braccio della morte” e riportare il dibattito sulla pena capitale alle persone reali, piuttosto che riferirlo ad “immagini virtuali da salvare o eliminare con un semplice clic come in un video game.'' (v. n. 74)
Più recentemente, nel 2009, il fotografo texano John Holbrook ha scattato una serie di fotografie nel bracco della morte del suo stato. È possibile fruire delle copie delle foto, di cui si può avere un’idea andando nel sito dell’autore (2), solo dopo averle acquistate da Holbrook (di grande formato, sono piuttosto care).
Ora, quest’estate, hanno fatto un certo scalpore le immagini degli “ultimi pasti dei condannati a morte” dovute ad un fotografo neozelandese residente a New York, il 33-enne Henry Hargreaves. Hargreaves, non privo di talento, ama realizzare e fotografare composizioni provocatorie, a volte decisamente sgradevoli (3).
Hargreaves ha cucinato gli “special meal” concessi come ultimo pasto ad alcuni tra i più famosi condannati messi a morte negli Usa negli ultimi anni e li ha poi fotografati.
Per esempio una delle sue foto ritrae “l'ultimo pasto di Ronnie Lee Gardner, 49-enne dello Utah. [Condannato per] furto, rapimento e omicidio di due persone. Ucciso da un plotone di esecuzione il 18 giugno 2010. Il suo ultimo pasto è stato: aragosta, bistecca, torta di mele, gelato alla vaniglia. Il tutto consumato durante la proiezione della trilogia de ‘Il signore degli anelli’ ”
“Ho cercato di vedere la loro personalità attraverso il loro ultimo pasto – ha detto il fotografo che non si è espresso pro o contro la pena capitale - voglio provocare e far pensare”.
Le foto dei cibi, che non fanno venire l’acquolina in bocca ma semmai passare l’appetito, verranno esposte all’Herter Art Gallery dell’Università del Massachusetts. Il ricavato andrà in beneficenza.
La secolare tradizione dell’ultimo pasto peraltro è in crisi. Forse sparirà prima della pena capitale. In Texas è finita lo scorso anno quando Lawrence Russell Brewer, dopo aver ordinato un menu abbondantissimo e complicato, al limite delle capacità culinarie della prigione, se ne andò a morire il 21 settembre 2011 senza mangiare neanche un boccone. Si arrabbiarono tutti, dai cuochi al senatore John Whitmire, famigerato supervisore del dipartimento carcerario (v. n. 192).
________________________
(1) V. n. 194
(2) V. http://www.holbrookphoto.com/photo-texasdeathrow.html
www.cadoinpiedi.it/2012/03/08/lultimo_pasto_dei_condannati_a_morte_-_foto.html
13) DUE LETTERE DI FERNANDO
Pubblichiamo due simpatiche e interessanti lettere del nostro corrispondente privilegiato dal braccio della morte della California, Fernando Eros Caro. Entrambe le lettere ci sono giunte nel mese di settembre, la prima con grande ritardo sulla data di spedizione.
20/08/2012
Spero che stiate bene. Io sto bene.
Vi mando l’ultima edizione del San Quentin News. Vi sono alcuni articoli interessanti che forse leggerete volentieri.
I miei avvocati sono venuti a trovarmi e avevano delle notizie per me. E’ stata finalmente fissata la data del mio nuovo processo. Sarà a maggio del prossimo anno. Adesso non starò più ad attendere in questo limbo, senza novità. Ovviamente, se la California voterà per abolire la pena di morte, non ci sarà nessun processo. Aspettiamo tutti di sapere cosa accadrà a novembre.
Trascorrerò un altro Natale qui dentro. Non me ne importa. Preferisco trovarmi qui che in un carcere di contea durante le festività.
Chiudo per adesso. Salutate tutti per me, Fernando
1/9/2012
Sono felice che abbiate ricevuto il biglietto e la fotografia [v. n. 199], e che vi siano piaciuti!
Prego che tutti voi stiate bene
Sono anche felice che vi sia piaciuto l’ultimo articolo che vi ho inviato. Non ero sicuro che l’avreste inserito in un bollettino. Spero farà sorridere i vostri lettori! Ho ritenuto di far conoscere a tutti una delle mie giornate tipo. J
Per fortuna il nostro programma di hobbies è stato ripristinato. Ci sono state tali e tante proteste da parte dei detenuti, che il direttore del programma è stato rimesso al suo posto. Adesso posso continuare a dipingere! […]
Sono contento che ti sia piaciuta la mia foto, anche se mi pare di sembrare un po’ un “pupazzo”.
Se avete stampato l’articolo e le foto, potreste inviarne una copia ad alcuni miei amici? Sono certo che farebbe loro piacere leggerlo. Forse trovereste dei nuovi soci! J Sarei felice che lo faceste.
Le altre persone della foto sono [… , per rispettare la loro la loro privacy abbiamo tagliato la foto]. Mi fa piacere la loro amicizia perché sono le uniche persone che vengono a trovarmi. Le visite degli avvocati sono solo di tipo professionale.
L’autunno è arrivato, fa più fresco e c’è maggiore umidità. Sono contento di avere un piccolo ventilatore resistente, perché lo sto usando in continuazione!
Faccio anche ginnastica ogni volta che posso. L’ultima volta che mi visitò, il medico rimase stupito della mia ottima condizione fisica! Compirò 63 anni il prossimo 3 dicembre! J
Mi spiace sapere che l’economia in Italia non va bene. Qui in America c’è la stessa situazione! Ci saranno le elezioni presidenziali in novembre, e come sempre, la campagna elettorale sembra l’esibizione di un circo! Andrà peggiorando, o diventando più comica, a seconda di come vedete la cosa, con l’avvicinarsi della data. Sarò contento quando tutto sarà finito!
Grazie ancora! Continuate a sorridere! Fernando
14) NOTIZIARIO
Georgia. Un anno fa l’esecuzione di Troy Davis, probabile innocente. Il 21 settembre 2011 in Georgia fu somministrata l’iniezione letale al nero Troy Davis, accusato dell’uccisione di Mark MacPhail, un poliziotto fuori servizio intervenuto nel 1989 in una lite mentre lavorava come guardiano (v. n. 192 e nn. ivi citati). Per salvare Davis, Amnesty International USA mise in atto la più grande mobilitazione della sua storia ma riuscì soltanto a ritardare di alcuni anni e, in ultimo, di alcune ore la sua morte. Troy Davis ricevette l’iniezione letale in assenza di prove fisiche che lo legassero al delitto, nonostante il fatto che 7 su 9 testimonianze a carico si fossero dissolte nel tempo, ritrattate o modificate (non quella di un individuo che si era vantato di aver compiuto l’omicidio attribuito a Davis). Pochi giorni prima dell’esecuzione, Troy Davis aveva scritto ai soci di Amnesty International USA: “La lotta per la giustizia non finisce con me. Questa battaglia è per tutti i Troy Davis che sono venuti prima di me e per quelli che verranno dopo di me. Sono sereno, prego e sono in pace. Ma non smetterò di lottare fino all’ultimo respiro. La Georgia si prepara a spegnere la vita di un innocente.” E aveva così esortato i suoi sostenitori: “Ci sono molti Troy Davis. La lotta per por fine alla pena di morte non si vince o si perde con me ma dipende dalla nostra forza di andare avanti e salvare ogni innocente detenuto nel mondo. Dobbiamo smantellare questo ingiusto sistema città per città, stato per stato, paese per paese.”
Ohio. Condannato a morte esonerato dopo 25 anni di detenzione. Il 6 settembre Michael Keenan è stato liberato dal braccio della morte dell’Ohio dopo che un giudice lo ha esonerato dall’accusa di un omicidio avvenuto nel 1988. Si tratta della seconda esonerazione nel caso di Keenan, infatti il coimputato Joe D'Ambrosio, processato separatamente, fu liberato nel 2010 perché gli accusatori avevano nascosto delle prove in grado di scagionarlo. Il giudice John Russo ha sentenziato che le prove tenute nascoste avrebbero aiutato la difesa di Keenan e che questi doveva essere liberato non sussistendo le condizioni per istruire contro di lui un nuovo processo. Un primo processo di Keenan era stato annullato ma egli fu condannato nuovamente a morte nel 1994. Michael Keenan, che ora ha 62 anni, ha gustato la sua prima pizza in libertà ma è apparso “segnato dal tempo, invecchiato, imbiancato, bisognoso di sole,” come ha detto suo fratello Marty.
Regno Unito. Viscerali richieste di pena di morte. In Inghilterra, dopo l’uccisione di due poliziotti, Nicola Hughes e Fiona Bone, si sono levate viscerali richieste di reintrodurre la pena di morte. Un sondaggio - fatto a caldo dal quotidiano Mail Ondine intervistando 1.012 persone tra il 20 e il 21 settembre - ha dato una leggera prevalenza degli intervistati a favore dalla pena di morte: 48% di favorevoli a fronte del 44% di contrari. In grande maggioranza i favorevoli hanno dichiarato di essere disposti a somministrare personalmente l’iniezione letale ai condannati. Pur con tutte le riserve sull’attendibilità di un risultato ottenuto in un momento particolare e comunque affetto di alcuni punti di incertezza statistica, si tratta di una buona occasione per riflettere sulla necessità di mantenere alta la guardia contro la pena di morte anche in situazioni di abolizionismo consolidato. Lo stesso Ministro dell’Interno del Regno Unito, signora Theresa May, ha sentito il bisogno di fare una dichiarazione in merito. “L’assassinio di Nicola Hughes e Fiona Bone è stato un atto vile e spietato,” ha detto la May. “Ma non credo nella pena di morte, non credo che la pena di morte avrebbe funzionato da deterrente in questo caso”.
Sri Lanka. Cercasi boia di sesso maschile. A fine agosto l’agenzia Reuters ha diffuso la notizia che il governo dello Sri Lanka aveva cominciato i colloqui con i 176 candidati alla più sinistra delle professioni. Solo aspiranti di sesso maschile hanno potuto fare domanda per ricoprire le due posizioni rimaste vacanti dopo che il primo dei precedenti boia è andato in pensione e l’altro è stato promosso ad un più alto e rispettabile incarico. Il 4 settembre il Commissario generale per le prigioni P. W. Kodippili ha comunicato che i colloqui con gli aspiranti si sono conclusi e che i due boia da assumere sarebbero stati scelti in una rosa di 10 finalisti. Ci auguriamo che i nuovi boia rimangano del tutto inoperosi dato che lo Sri Lanka, paese tendenzialmente non violento a grande maggioranza buddista, è considerato abolizionista di fatto. Anche se nessuno è stato impiccato dopo il 1976, preoccupa però il numero elevato e in crescendo di ospiti del braccio della morte dello Sri Lanka: almeno 480 persone.
Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 30 settembre 2012