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FOGLIO  DI COLLEGAMENTO  INTERNO

 

DEL COMITATO PAUL ROUGEAU

 

Numero 274  -  Agosto 2020 

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Stati Uniti: la camera della morte federale nel carcere di Terre Haute

SOMMARIO:

 

1) USA: portate a termine le due esecuzioni federali fissate per agosto

2) La macchina della morte federale appare inarrestabile

3) Le esecuzioni in California sono sospese ma il coronavirus uccide

4) La legge sulla trasparenza delle esecuzioni bloccata in Nebraska

5) al-Qaeda mette a morte un dentista nello Yemen

6) Condannato a morte in Nigeria per blasfemia

7) Human Rights Watch denuncia l’uso della pena di morte in Iran

8) Scrivete a Guy Allen condannato a morte in Texas!

9) Notiziario: Iran, USA

1) USA: PORTATE A TERMINE LE DUE ESECUZIONI FEDERALI FISSATE PER        AGOSTO

 

Gli avvocati difensori non sono riusciti in alcun modo a fermare le esecuzioni di Lezmond Mitchell e di Keith Dwayne Nelson programmate per il 26 e il 28 agosto.

 

Il 38-enne nativo americano Lezmond Mitchell, appartenente alla tribù Navajo, è stato messo a morte il 26 agosto nel carcere di Terre Haute dell’Indiana. A nulla sono valse le petizioni dei suoi avvocati e le richieste di commutazione della sentenza da parte della Nazione Navajo (1).

Mitchell fu condannato a morte nel 2001 per due terribili omicidi commessi insieme a un complice, all’epoca minorenne (che adesso sta scontando una condanna all’ergastolo): i due giovani chiesero un passaggio a Alyce Slim, una donna 63-enne che viaggiava in auto con la nipotina Tiffany Lee, di 9 anni, anch’esse Navajo, all’interno di una riserva indiana. I due complici pugnalarono la nonna 33 volte. In seguito tagliarono la gola della nipotina e, visto che la bimba non moriva, le schiacciarono la testa con un masso. Lo scopo dei criminali era di rubare l’auto ed usarla per una rapina.

Gli avvocati di Mitchell avevano cercato di ottenere un rinvio dell’esecuzione, affermando che questa avrebbe dovuto essere eseguita secondo le leggi dell’Arizona. Il giudice David Campbell aveva però respinto il 13 agosto la richiesta, affermando di non aver trovato, nello statuto dell’Arizona o nelle sue leggi sulla giustizia criminale, alcun conflitto con il protocollo federale riguardo ai metodi di esecuzione.

Un ben più importante tentativo di salvare la vita di Mitchell è stato la richiesta dei suoi avvocati di ottenere un intervento della Nazione Navajo. Secondo la legge americana, le tribù indiane hanno la possibilità di decidere riguardo alla pena capitale per i reati più gravi commessi da Nativi Americani nelle loro terre. Anche Mitchell avrebbe dovuto essere giudicato in questo modo e la Nazione Navajo a suo tempo si oppose al processo capitale, ma il governo federale utilizzò un’astuzia e ottenne che il giovane fosse processato a livello federale con l’accusa di furto d’auto mentre il proprietario è a bordo, con conseguenze mortali per il medesimo. Questa accusa permise di ottenere una condanna a morte senza tener conto del luogo in cui il reato fu commesso.

I Nativi Americani - dimostrando in questo campo, come in molti altri, di essere più civili dei “civilissimi” uomini bianchi - da sempre si oppongono alla pena di morte, in quanto considerano, giustamente, che la vita è sacra. Il presidente della Nazione Navajo, Jonathan Nez, e il vicepresidente, Myron Lizer, hanno chiesto a Trump di commutare la sentenza di Mitchell in ergastolo, dichiarando che “sin dal 2002 la tribù ha ripetutamente informato il governo USA dell’opposizione da parte della Nazione Navajo alla condanna a morte di Mitchell, citando l’insegnamento della loro cultura che enfatizza la sacralità della vita e istruisce contro l’uccisione di un essere umano per vendetta”.

Nez e Lizier hanno dichiarato che il perseguimento della condanna a morte di Mitchell ha dimostrato di voler accantonare la sovranità della Nazione Navajo.

Nessuna delle richieste è stata però presa in considerazione e il 26 agosto Mitchell è stato messo a morte.

Quando una guardia gli ha chiesto se avesse un’ultima dichiarazione, Lezmond Mitchell ha risposto: “No, va bene così”. Sdraiato sul lettino, con gli occhiali addosso e una mascherina sanitaria sulla faccia, mentre le sostanze letali gli venivano iniettate, Mitchell ha sollevato il torace e tamburellato con il pollice sul letto, mentre il respiro si faceva più faticoso e la zona dello stomaco iniziava a pulsare. Dopo circa 10 minuti non si è più mosso e le mani sono divenute pallide. Una guardia munita di stetoscopio ha verificato il polso, e il condannato è stato dichiarato morto alle 18:29’.

Gli avvocati di Mitchell hanno detto che l’esecuzione “ha aggiunto un altro capitolo alla lunga storia di ingiustizie [da parte del governo Trump] nei confronti del popolo nativo americano”.

Il fratello e il padre delle vittime di Mitchell hanno invece dichiarato la loro soddisfazione per la morte di Mitchell, affermando di credere nel principio dell’ “occhio per occhio”.

 

Il 28 agosto, due giorni dopo l’esecuzione di Mitchell, è stato messo a morte il 45enne Keith Dwayne Nelson (1), nonostante il giorno precedente la giudice Tanya Chutkan della Corte Distrettuale USA avesse ordinato di sospendere l’esecuzione, affermando che il protocollo dell’iniezione letale viola una legge federale che regola i farmaci da prescrivere. La giudice aveva sostenuto che il governo doveva ottenere una prescrizione per il pentobarbitale, cosa che avrebbe certo bloccato l’esecuzione perché difficilmente un medico sarebbe stato disposto a scrivere una tale ricetta. Il governo però è subito ricorso in appello e la Corte d’Appello del Circuito di Washington DC ha annullato la decisione della giudice Tanya Chutkan.

All’inizio di agosto gli avvocati di Nelson avevano anche presentato l’esito di un’autopsia non ufficiale effettuata sul corpo di William Purkey, uno dei tre condannati messi a morte dal governo federale in luglio, in cui si riscontrava la formazione di un edema polmonare, indice che i polmoni si erano riempiti di liquido durante l’esecuzione, determinando pertanto una sensazione dolorosissima di affogamento. Il governo federale aveva difeso l’uso del pentobarbitale, contestando il fatto che l’autopsia di Purkey avesse dimostrato che l’uomo aveva sofferto. Hanno anche citato un precedente della Corte Suprema in cui era stato sentenziato che un metodo di esecuzione non è necessariamente crudele e inusuale perché provoca un po’ di sofferenza. No comment!

Nelson era stato condannato a morte per aver stuprato e assassinato una bambina di dieci anni, che egli rapì mentre la ragazzina stava andando sui pattini a rotelle davanti alla sua casa in Kansas. L’uomo ammise di essere l’autore del terribile crimine.

Durante l’esecuzione, quando una guardia gli ha chiesto se voleva rilasciare un’ultima dichiarazione, Nelson non ha aperto bocca e non ha fatto alcun altro cenno di voler parlare. Dopo alcuni secondi di attesa, la guardia ha fatto segno di avviare la procedura. Nelson è stato dichiarato morto alle 16:32, a circa nove minuti dall’inizio dell’iniezione letale.

Nella stanza dell’esecuzione c’erano, oltre al condannato, altre persone, tra le quali la sua assistente spirituale, Sorella Barbara Battista, dell’ordine delle Suore della Provvidenza. Sorella Barbara ha dichiarato che, prima che le tende si aprissero, Nelson le aveva detto di riferire ai suoi avvocati di essere contento perché non lo avevano costretto ad indossare un pannolone per adulti, che lo avrebbe fatto sentire umiliato. La suora, da molti anni un’attivista contro la pena di morte, ha anche detto di ritenere che l’uomo non aveva voluto rilasciare alcuna dichiarazione per timore di dire qualcosa di inappropriato e che gli aveva fatto piacere averla vicino, perché aveva potuto sentirsi chiamare almeno una volta “Keith”, ossia con il suo nome, prima di morire, e non, come sempre fatto in carcere, “Detenuto Nelson”. I suoi avvocati hanno dichiarato dopo l’esecuzione che l’uomo era molto cambiato durante gli anni di detenzione, dimostrava profonda umanità, compassione e senso dell’umorismo, e che il mondo non sarà un posto più sicuro grazie alla sua morte.

E così, a oggi, sono 5 in condannati uccisi in due mesi a livello federale. E il boia non ha ancora intenzione di fermarsi! (Grazia)

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(1) Sui casi di Lezmond Mitchell e di Keith Dwayne Nelson vedi anche il precedente n. 273

2) LA MACCHINA DELLA MORTE FEDERALE APPARE INARRESTABILE

 

Entro settembre, con tutta probabilità, il numero dei condannati messi a morte quest’anno nella giurisdizione federale degli Stati Uniti d’America salirà da 5 a 7.

 

Dopo le esecuzioni in ambito federale di cui abbiamo riferito in questo Foglio di Collegamento e nel precedente, il Procuratore Generale degli Stati Uniti, William P. Barr, il 1° settembre ha chiesto al Dipartimento delle Carceri Federali di fissare la data di esecuzione per William Emmett LeCroy, che fu condannato a morte in Georgia per l’omicidio di un’infermiera trentenne, Joann Lee Tiesler. Il Dipartimento ha fissato pertanto la data di esecuzione di LeCroy per il 22 settembre.

William LeCroy fu rilasciato in libertà vigilata dopo aver scontato 10 anni di detenzione per vari reati, tra i quali aggressione aggravata, rapina, molestie e stupro di minorenni. Quando fu rilasciato decise di fuggire dal paese. Per fare ciò irruppe nell’abitazione di Joann Lee Tiesler, attese che la donna rientrasse, poi la aggredì, la legò, la stuprò e la strangolò con un cavo elettrico. Infine si impossessò della sua auto e fuggì verso il confine canadese, dove fu arrestato. La giuria lo condannò a morte all’unanimità nel marzo del 2004. Tutti i suoi appelli sono stati respinti e la condanna a morte è stata sempre riconfermata. Ovviamente si tratta di un individuo che ha commesso un crimine orrendo, ma, come ogni altro criminale, non era necessario ucciderlo per renderlo inoffensivo.

Le autorità federali hanno inoltre fissato per il 24 settembre la data di esecuzione di Christopher Andre Vialva, ora quarantenne, ex membro di una gang, che nel 2000 fu condannato a morte per aver assassinato i coniugi Todd e Stacey Bagley, che provenivano dall’Iowa ed erano in visita nella cittadina di Killeen in Texas. Stavano usando un telefono a gettoni in un grande magazzino, quando Vialva con cinque altri ragazzi li avvicinò e chiese loro un passaggio.

Dopo la partenza Vialva estrasse una pistola e costrinse i coniugi ad entrare nel baule della loro auto. I giovani delinquenti andarono in giro per ore con l’auto cercando di utilizzare le carte di credito della coppia e di impegnare la fede nuziale di Stacey Bagley.

In questo tempo, secondo la testimonianza dei complici di Vialva, Stacey citò brani della Bibbia ai giovani, supplicandoli di risparmiare lei e il marito. Vialva portò l’auto in un luogo isolato, sparò ai coniugi e diede fuoco alla macchina.

Brandon Bernard, uno degli altri coimputati in questo crimine assurdo, nonché l’unico altro maggiorenne all’epoca del delitto, fu pure condannato a morte. La data della sua esecuzione non è ancora stata fissata.

Gli altri quattro ragazzi coinvolti, che all’epoca avevano da quindici a diciassette anni e che non commisero materialmente il duplice omicidio, ricevettero condanne minori, dai 5 ai 20 anni. Se si pensa che anche Vialva e Bernard avevano comunque rispettivamente 20 e 19 anni, si può ben immaginare che anch’essi non fossero del tutto maturi e consapevoli della gravità del loro operato. Come già detto in altri casi, il cervello umano continua a svilupparsi fin verso i 21 anni di età. Ma naturalmente la furia vendicativa dell’amministrazione Trump non prende in considerazione alcuna attenuante, pur di portare a termine il maggior numero possibile di uccisioni federali.

LeCroy e Vialva riceveranno l’iniezione letale nel carcere federale di Terre Haute nell’Indiana. Attualmente in tale carcere sono detenuti 58 uomini e una donna condannati a morte. (Grazia)

3) LE ESECUZIONI IN CALIFORNIA SONO SOSPESE MA IL CORONAVIRUS            UCCIDE

 

In California il coronavirus ha preso il posto del boia uccidendo 12 ospiti del braccio della morte.

 

A giugno, nel braccio della morte della prigione di Stato di San Quentin, al detenuto 58-enne Jarvis Masters è giunta voce che il coronavirus si stava diffondendo attraverso la vecchia struttura carceraria californiana. I prigionieri condannati sono confinati nelle loro celle per 23 ore al giorno ma Masters ha monitorato l'epidemia guardando i notiziari sulla sua piccola TV personale. Ha osservato come 100 casi aumentassero a 300 in 2 giorni, poi a 1.000. Poi ha iniziato a tossire. Presto Masters si è sentito come se non potesse respirare.

Nelle successive 2 settimane, mentre l’allarme "Uomo a terra!" risuonava ogni poche ore, molti dei suoi vicini sparivano e non tornavano. Il personale li tirava fuori dalle celle, lasciando i loro televisori accesi.

"È come una scena del crimine", ha detto Masters, che è nel braccio della morte dal 1990.

Meno di 2 anni fa, il governatore Gavin Newsom ha imposto una moratoria delle esecuzioni, dicendo che il sistema della pena di morte è soggetto a errori ed è un "fallimento". La California ha dovuto affrontare sfide al suo protocollo di iniezione letale e non ha più giustiziato nessuno dopo il 2006.

Ora il virus è ripartito da dove lo Stato si è fermato, attraversando il braccio della morte e uccidendo più condannati di quanti ne abbia giustiziati la California in un quarto di secolo.

Una colossale epidemia a San Quentin ha infettato più di 2.000 carcerati e più di 260 dipendenti, uccidendo 25 prigionieri e un sergente di polizia penitenziaria. Ha colpito duramente il braccio della morte, causando il decesso di 12 condannati con un'età media di 62 anni. (Anna Maria)

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Pete Ricketts

4) LA LEGGE SULLA TRASPARENZA DELLE ESECUZIONI BLOCCATA IN                NEBRASKA

 

Il pessimo governatore del Nebraska, Pete Ricketts, vuole continuare ad impedire ai testimoni di vedere la parte finale, probabilmente tragica, del procedimento di esecuzione mediante iniezione letale.

 

Il 17 agosto u. s. il Governatore del Nebraska, Pete Ricketts, con il suo veto ha bloccato l’andata in vigore della legge che avrebbe proibito alle autorità del carcere di nascondere ai testimoni ciò che accade nelle ultime fasi di un’esecuzione.

La legge era stata approvata il 13 agosto dal Parlamento, con 27 voti a favore, 10 voti contrari e 12 astensioni. Dal momento che i lavori parlamentari sono terminati per quest’anno, non si potrà riaffrontare la questione prima del 2021.

La proposta di legge sulla trasparenza era stata elaborata dopo che, nell’agosto 2018, le guardie del carcere avevano chiuso le tende impedendo ai testimoni, inclusi i rappresentanti dei media, di vedere per 14 minuti cosa stava accadendo durante l’esecuzione di Carey Dean Moore (1).

Il direttore del carcere aveva allora dichiarato che le guardie si erano comportate così “per rispetto” del condannato ormai svenuto e per proteggere l’identità dei membri della squadra di esecuzione, affinché non subissero vendette o rappresaglie. L’esecuzione di Moore era stata la prima effettuata dal Nebraska con l’uso di un cocktail di 4 sostanze letali mai utilizzato in nessun altro stato.

Durante l’esecuzione, che durò complessivamente 23 minuti, i testimoni dichiararono che le guardie calarono una tenda davanti al condannato tre volte. La terza volta subito dopo che il quarto veleno fu iniettato. Ciò impedì ai testimoni di vedere quello che accadde nei 14 minuti successivi, prima che Moore fosse dichiarato morto.

Un giornalista riportò che prima che la tenda venisse abbassata “Moore tossì, il suo diaframma e l’addome si sollevarono, si immobilizzò, poi il viso e le dita divennero gradualmente rossi e poi violacei, e gli occhi si aprirono leggermente. […] il respiro si fece dapprima superficiale, poi più profondo e poi faticoso”.

I sostenitori della proposta di legge sulla trasparenza sostengono che la procedura in vigore impedisce di sapere se qualcosa va storto durante l’esecuzione, e obiettano che i membri della squadra possono indossare delle maschere per non essere riconosciuti. Il governatore ha risposto che indossare delle maschere avrebbe impedito loro di vedere bene e che comunque i membri avrebbero potuto essere identificati lo stesso. Ricketts ha dichiarato: “L’esecuzione della pena di morte in Nebraska è una seria responsabilità che grava sul personale dello stato. Indossare una maschera da parte dei membri della squadra di un’esecuzione trasformerebbe l’esecuzione stessa in una parodia e dimostrerebbe totale mancanza di rispetto nei confronti del condannato, dei suoi familiari e dei familiari delle vittime”.

Danielle Conrad, direttrice esecutiva dell’Unione Americana per le Libertà Civili, ha invece detto che il veto posto dal governatore “permetterà alle guardie di agire nell’ombra, eseguendo le condanne senza la garanzia che i testimoni possano osservare questo atto così grave e irrevocabile”. Altro che rispetto nei confronti del condannato!

La senatrice Patty Pansing Brooks, sostenitrice della proposta di legge sulla trasparenza, ha dichiarato che la legge è necessaria, perché, se la tenda viene abbassata, “non abbiamo alcun modo di sapere se l’esecuzione sta fallendo. Durante l’atto più potente e grave del governo, l’uccisione di un essere umano, abbiamo l’obbligo di garantire che esso sia eseguito secondo il massimo degli standard. Quindi il veto di oggi può essere considerato come l’intenzione di continuare ad eseguire questo atto così grave senza supervisione, trasparenza e obbligo di risponderne. Uccidere un essere umano non può essere un piccolo segreto elusivo del governo per proteggersi e continuare a nascondersi dal pubblico.”

Attualmente in Nebraska vi sono 12 condannati a morte, ma non ci sono esecuzioni programmate. (Grazia)

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(1) Vedi numero 251 e nn. ivi citati.

5) AL-QAEDA METTE A MORTE UN DENTISTA NELLO YEMEN

 

Nello Yemen, un paese in gran parte destrutturato e fuori controllo, hanno largo spazio gli estremisti di al-Qaeda, il gruppo di fanatici musulmani fondato da Osama Bin Laden una ventina di anni fa.

 

Il 15 agosto milizie di al-Qaeda (1) nella provincia di Bayda nello Yemen hanno ‘giustiziato’ il dentista 40-enne Madhar al-Yousifi e hanno legato il suo corpo ad una croce rudimentale. I militanti di al-Qaeda sostengono che il dentista li stava spiando per consentire ai droni degli Stati Uniti di prenderli di mira.

Madhar al-Yousifi aveva trascorso oltre 10 anni lavorando nel suo studio dentistico di Bayda. Due mesi fa litigò con sua moglie e chiese il divorzio. Il fratello del dentista afferma che la disputa tra i due coniugi è stata portata a conoscenza di al-Qaeda dalla famiglia della moglie.

Al-Qaeda ha incarcerato il dentista per due mesi e ha costruito delle accuse contro di lui per giustificare la sua uccisione e la confisca delle sue proprietà. Anche se il fratello del dentista ha ottenuto un documento scritto dalla ex moglie in cui ella dichiarava di aver chiuso il caso, al-Qaeda ha rifiutato di metterlo in libertà.

Prima dell’esecuzione al-Qaeda ha registrato un video in cui il dentista ammette di aver cospirato contro gli agenti dell’organizzazione e di aver piazzato alcune microspie. Tuttavia gli attivisti per i diritti umani hanno dichiarato che i membri di al-Qaeda hanno costretto Yousifi a confessare dei crimini che non aveva commesso e nemmeno immaginato.

In un paese come lo Yemen, in cui lo stato è assente, un civile non può far nulla contro un gruppo come al-Qaeda. Quando dominano i militanti l’assenza della legge prevale e i militanti si arrogano il diritto di decidere chi è un bravo cittadino e chi no.

Ghamadan al-Yousifi, uno scrittore yemenita amico del dentista fin dai tempi della scuola, ha detto che ciò che è accaduto è sbalorditivo. Egli ha scritto: “In primo luogo è sbalorditivo che ciò sia accaduto in Yemen, e in secondo luogo ad un uomo del mio villaggio, il dentista Madhar Mohammad Yousifi."

Molti governi, organizzazioni per i diritti umani e singoli individui hanno deplorato l’esecuzione sommaria di Madhar al-Yousifi. Il governo dello Yemen ha dichiarato che l’esecuzione è un crimine vergognoso. Il ministro dell’informazione Muammar al-Eryani ha detto che il governo è deciso a combattere i gruppi terroristici comunque si chiamino e dovunque stiano.

L’ambasciatore inglese in Yemen Michael Aron ha definito spaventoso quello che ha fatto al-Qaeda: “La brutale uccisione del dottor Madhar al-Yousifi da parte di al-Qaeda a Bayda ... è un atto disgustoso. Lo Yemen necessita di pace e sicurezza per liberarsi completamente dal terrorismo.”

L’organizzazione non governativa SAM for Rights and Liberties con sede a Ginevra ha dichiarato: “I perpetratori lo hanno costretto a rilasciare confessioni sotto tortura e si sono arrogati il diritto di detenere, investigare, accusare e mettere a morte colui sul quale non avevano nessuna autorità legale”.

Bayda è una delle tane dei militanti di al-Qaeda nello Yemen. Nel gennaio del 2017 per ordine del presidente Donald Trump gli Stati Uniti lanciarono un’operazione di terra nel distretto di Yakala della provincia di Bayda. Il raid lasciò morti almeno 16 civili (tra cui una ragazza americana), un marittimo americano e 14 sospetti militanti di al-Qaeda. Oggi al-Qaeda è fortemente radicata in alcune aree di Bayda e gli attacchi dei droni non sono un mezzo efficace per fermare la crescita del gruppo estremista nello Yemen.

Il giornalista di Taiz Mohammed Samei ha dichiarato che il dentista è stato vittima dell’assenza della legge in una parte della provincia di Bayda: “Gente come Yousifi si può trovare in ogni provincia dello Yemen lavorando o facendo affari. Invece di ringraziarlo per un decennio di servizio a favore della salute svolto a Bayda, al-Qaeda lo ha ringraziato ammazzandolo. È veramente spaventoso vedere questo caos e questa assenza di leggi”.

Samei ha aggiunto: “È difficilissimo negoziare con i gruppi intrisi di ideologie. Essi ritengono di seguire i comandi di Dio e non si sentono colpevoli quando fanno male alla gente. Il modo migliore di relazionarsi con loro è di affrontarli e di fermare il loro estremismo. Per far ciò abbiamo bisogno di un governo forte".

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(1) Ricordiamo che al-Qaeda è stata creata dal miliardario saudita Osama bin Laden, l’organizzatore dell’attentato catastrofico alle Torri Gemelle di New York dell’11 settembre 2001. Osama bin Laden è stato ucciso ad Abbottabad, vicino ad Islamabad, capitale del Pakistan, da agenti USA il 2 maggio 2011. Vedi. n. 190.

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Yahaya Sharif-Aminu

6) CONDANNATO A MORTE IN NIGERIA PER BLASFEMIA

 

In Nigeria Sharif-Aminu, un giovane autore di canzoni, accusato di aver scritto e cantato una canzone blasfema, rischia di essere messo a morte a furor di popolo.

 

Le condanne a morte sono rare negli stati del nord della Nigeria, dove la legge islamica della Sharia viene applicata insieme alla legge laica.

La recente condanna a morte per impiccagione di un cantante di 22 anni ha acceso un dibattito emotivo nella nazione dell'Africa occidentale. Il 10 agosto un tribunale della Sharia nella zona di Hausawa Filin Hockey dello stato di Kano ha sentenziato che il 22-enne Yahaya Sharif-Aminu deve morire impiccato perché reo di blasfemia avendo fatto circolare a marzo, tramite WhatsApp, una canzone che elogiava un imam al punto di elevarlo al disopra del profeta Maometto.

La canzone era stata considerata del tutto accettabile da alcuni compagni di Yahaya Sharif-Aminu, seguaci come lui della confraternita musulmana Tijaniya.

Manifestanti sono scesi in piazza e hanno bruciato la casa della famiglia del cantante. Poi marciando verso il quartier generale della polizia islamica, noto come Hisbah, hanno chiesto un'azione contro di lui.

Persino il padre del cantante, Aminu Sharif, lo ha rinnegato. "La blasfemia non è la mia ideologia – aveva dichiarato - e prometto di arrestare mio figlio e di consegnarlo agli agenti della sicurezza quando verrà trovato".

Non tutti i nigeriani - musulmani o no - sono tuttavia d'accordo con la dura sentenza e hanno riempito le pagine online del Premium Times, un notiziario nigeriano, facendo appello alla compassione e allo stato di diritto.

E al recente sesto Seminario Legale Annuale organizzato dalla Associazione Nigeriana degli studenti di legge musulmani presso l’università di Lagos, il relatore ospite Akin Ibidapo-Obe, ha chiesto l'abolizione della pena di morte in Nigeria, dicendo che è stata abusata dai potenti "per estendere la loro egemonia sui loro nemici".

Secondo Amnesty International, più di 2.000 persone giacciono nel braccio della morte in Nigeria. I metodi di esecuzione includono la lapidazione, la fucilazione e l’iniezione letale.

I governatori devono firmare le esecuzioni, che avvengono a porte chiuse. Alcuni governatori sono silenziosamente in disaccordo con le punizioni o temono il contraccolpo dell'opinione pubblica, quindi evitano di firmare, lasciando che gli accusati esauriscano le loro possibilità di appello e languiscano in prigione per anni. (Anna Maria)

7) HUMAN RIGHTS WATCH DENUNCIA L’USO DELLA PENA DI MORTE IN IRAN

 

L’uso spropositato, crudele e ingiusto, e in parte segreto, della pena di morte da parte del potere iraniano è stato dettagliatamente denunciato dall’associazione umanitaria Human Rights Watch.

 

L’11 agosto Human Rights Watch ha reso noto che le autorità iraniane hanno giustiziato un uomo condannato a morte per l'omicidio di un poliziotto durante le proteste avvenute nei mesi di dicembre 2017 e gennaio 2018 a Isfahan. Almeno altre 5 persone sono state arrestate per presunti atti di danneggiamento di proprietà pubblica nella provincia di Isfahan nello stesso periodo e si trovano nel braccio della morte nonostante gravi irregolarità nei loro procedimenti giudiziari.

Il 5 agosto 2020, Mizannews, l'agenzia di stampa della magistratura iraniana, ha annunciato l'esecuzione di Mostafa Salehi, condannato a morte per aver sparato, il 1° gennaio 2018, a Sajjad Shahsanaei, membro del Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche iraniane (IRGC), durante le proteste a Kahrizsang, una piccola città della provincia di Isfahan. L'agenzia di radiodiffusione della Repubblica islamica dell'Iran (IRIB) ha affermato che i testimoni avevano ricostruito la scena della sparatoria in presenza dell'accusato, ma non si sa se Salehi abbia avuto assistenza legale e sia stato processato secondo giusti standard legali.

"Le autorità iraniane giustiziano le persone senza un corretto processo e non indagano sulle gravi accuse di uso eccessivo della forza da parte delle autorità contro i manifestanti", ha dichiarato Tara Sepehri Far, ricercatrice iraniana di Human Rights Watch. "L'Iran dovrebbe interrompere immediatamente tutte le esecuzioni, garantire agli accusati un iter giudiziario equo e trasparente e dare priorità a un'indagine completa sulle uccisioni di centinaia di manifestanti negli ultimi 2 anni”.

Oltre ai processi conseguenti alle proteste del dicembre 2017 e del gennaio 2018 nella provincia di Isfahan, sono state processate 13 persone per il loro presunto ruolo nelle proteste nella città di Khomeini Shahr, e 5 di esse sono state condannate a morte. La Corte suprema iraniana ha confermato queste sentenze il 13 maggio 2020, in un verdetto esaminato da Human Rights Watch. Il tribunale rivoluzionario aveva presentato 14 accuse contro gli imputati, inclusi 8 capi d’imputazione per accuse vagamente formulate contro la sicurezza nazionale, quali "corruzione sulla terra", moharebeh (inimicizia contro Dio) e baghi (ribellione armata con l'uso di armi da fuoco).

Sono stati condannati a morte Mehdi Salehi, Mohammad Bastami, Majid Nazari, Hadi Kiani e Abbas Mohammadi con l'accusa di ribellione armata e inimicizia contro Dio attraverso l'uso di armi da fuoco, e a 5 anni di carcere con l'accusa di corruzione sulla terra per turbativa della sicurezza pubblica e privata. La corte ha condannato gli altri 8 alla detenzione e alla fustigazione.

Il verdetto, che include diverse dichiarazioni di imputati che si accusano a vicenda, non riesce ad attribuire in definitiva la responsabilità di uno specifico crimine a ciascun imputato.

Le forze di sicurezza hanno risposto alle diffuse proteste degli ultimi 3 anni con un uso eccessivo della forza e arresti di massa dei manifestanti, e non sono riuscite a condurre indagini trasparenti sulle morti dei manifestanti. Un ex portavoce della magistratura ha affermato che 25 persone sono state uccise durante le proteste di dicembre 2017 e gennaio 2018.

Più recentemente, le autorità hanno utilizzato una forza eccessiva e illegale per affrontare le manifestazioni di protesta su larga scala iniziate il 15 novembre 2019. Secondo Amnesty International, almeno 304 persone sono state uccise durante le manifestazioni. Il 1° giugno, Mojtaba Zonoor, capo del Comitato parlamentare per la sicurezza nazionale iraniana, ha comunicato che 230 persone sono state uccise durante le proteste. Le autorità non hanno pubblicato alcuna indagine dettagliata o ritenuto nessuno responsabile di presunti abusi.

Nel febbraio 2020, il Tribunale rivoluzionario di Teheran ha condannato a morte Amirhossein Moradi, Saeed Tamjidi e Mohammad Rajabi, tre giovani arrestati dopo aver partecipato alle proteste del novembre 2019, con l'accusa di "aver preso parte a distruzioni e incendi, nel contrastare la Repubblica islamica dell'Iran ". A luglio, la Corte Suprema ha confermato le loro sentenze, mentre gli avvocati hanno avuto difficoltà ad accedere ai documenti del tribunale e ai loro assistiti (1). Il 10 luglio u. s. gli avvocati che rappresentano i tre hanno reso noto che la magistratura ha sospeso le esecuzioni ed ha accettato la richiesta di un nuovo processo.

Human Rights Watch si oppone alla pena di morte in tutte le circostanze perché è intrinsecamente crudele e irreversibile

"Gli attori internazionali, inclusa l'Unione europea, dovrebbero fare pressioni sull'Iran per fermare immediatamente queste esecuzioni e aprire un'inchiesta completa sull'uccisione di centinaia di persone durante le proteste", ha dichiarato Sepehri Far di Human Rights Watch. (Pupa)

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(1) Vedi: n. 268, Notiziario; n. 272, Notiziario

8) SCRIVETE A GUY ALLEN CONDANNATO A MORTE IN TEXAS!

 

Cari amici,

chiedo il vostro aiuto per un condannato a morte in Texas che vorrebbe trovare un amico di penna per alleviare la solitudine. In questi ultimi mesi il lockdown dovuto al Covid ha reso le condizioni di vita per i condannati a morte ancora più disumane. Vivono veramente sepolti vivi in piccole celle, senza alcun contatto umano. Mi ha scritto che ha avuto l'ora d'aria solo due volte negli ultimi tre mesi. Corrispondo con lui da più di dieci anni, è una persona perbene, dignitosa e corretta.

Qui sotto la sua richiesta di corrispondenza e la sua foto.

Grazie infinite per l'aiuto!

Daniela Fontana

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September 4, 2020

My name is Guy and I need your help. I'm trying to reduce as much as possible the effects of solitary confinement, which amounts to nothing more than systematic torture. I'm afforded little to no sunlight. I'm not allowed to have contact with any other human beings. And I'm only allowed out of my cell for two hours a day (5 days a week) for recreation, which is in another caged in area. I'm not even allowed a TV! I'm seeking friendships, which would go a long way in helping me to cope with a stressful and anxiety filled life. Although you can’t give me the human contact that I so desperately crave, your friendship can be that smile and ray of sunlight that brightens my days and nights. Would it be too much to ask of you to share a little of your time and life with an oppressed human being? The experience can be fulfilling and life changing for both of us. Why not give me and friendship a chance at happiness? I ask your friendship with honest and sincere intentions. You’ll certainly be making me very happy!

Sincerely,

Guy Allen

 

Ecco una nostra traduzione della lettera di Guy Allen:

 

4 settembre 2020

 

Mi chiamo Guy e ho bisogno del tuo aiuto. Sto cercando di ridurre il più possibile gli effetti dell'isolamento, che non è altro che una sistematica tortura. Mi è concesso poco o niente alla luce del sole. Non mi è permesso avere contatti con altri esseri umani. E mi è permesso di uscire dalla mia cella solo per due ore al giorno (5 giorni alla settimana) per la ricreazione in una gabbia. Non mi è nemmeno permesso avere un televisore! Sono in cerca di amicizie, che mi aiuterebbero molto ad affrontare una vita stressante e piena di ansia. Anche se non puoi darmi il contatto umano che desidero così disperatamente, la tua amicizia può essere quel sorriso e quel raggio di sole che illumina i miei giorni e le mie notti. Sarebbe troppo chiederti di condividere un po' del tuo tempo e della tua vita con un essere umano oppresso? L'esperienza può essere appagante e la vita può cambiare per entrambi. Perché non dare a me e all'amicizia una possibilità di felicità? Ti chiedo l'amicizia con intenzioni oneste e sincere. Mi renderai certamente molto felice!

Sinceramente,

Guy Allen

 

Se decidete di accogliere la richiesta di Guy, scrivetegli al seguente indirizzo:

 

GUY ALLEN # 999473

POLUNSKY UNIT

3872 S.FM. 350

LIVINGSTON, TX 77351 USA

9) Notiziario

 

Iran. Pesante multa imposta alla vedova di un uomo messo a morte. In Iran, il tribunale dei mullah ha imposto alla vedova in lutto di Mostafa Salehi, messo a morte agli inizi di agosto, di pagare una multa di 425 milioni di rial iraniani (pari a circa 8.500 Euro), come “prezzo di sangue” per l’uccisione da parte di Mostafa Salehi di un membro delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC).

In conseguenza di tale sentenza, se la vedova, che adesso non ha quasi i mezzi per sostentare se stessa e i suoi due bambini di 4 e 6 anni, non sarà in grado di pagare, la sua casa verrà confiscata e così pure il giardino che appartiene alla famiglia del marito.

Il 33-enne Mostafa Salehi faceva il muratore e guidava saltuariamente un taxi per arrotondare un po’ le misere entrate. Lui e sua moglie presero parte alle proteste contro l’alto costo della vita e la corruzione del governo che infiammarono tutto l’Iran tra il dicembre del 2017 e il gennaio 2018.

Mostafa fu arrestato e detenuto con l’accusa di aver ucciso un membro delle IRGC. Egli negò sempre di aver commesso l’omicidio, nonostante, nei due anni e mezzo di detenzione, avesse subito ogni sorta di tortura: dall’arresto fu tenuto in isolamento per otto mesi, ammanettato e con le gambe incatenate, senza un materasso e una coperta, e nutrito solo con un po’ di pane. Dopo questo periodo ci fu il suo primo processo, durante il quale egli continuò a proclamare la sua innocenza. Dopo, per altri 14 mesi, continuò a essere tenuto in isolamento, e non poté ricevere alcuna visita. Durante ogni interrogatorio fu torturato: gli ruppero i denti e gli arti, gli provocarono danni al collo e alla colonna vertebrale. Nonostante queste torture, egli continuò a sostenere la sua innocenza. Dopo questo atroce calvario, Mostafa è stato impiccato la mattina del 5 agosto e la pesante multa è stata richiesta alla sua vedova dal tribunale dei mullah.

Riferendosi a questo verdetto spietato, la signora Maryam Rajavi, presidente-eletta del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran (CNRI), ha condannato fermamente l’impiccagione barbarica di Salehi e ha dichiarato: “L’efferatezza e la disumanità dei mullah non ha limiti… chiedere un pagamento alla vedova in lutto di Salehi e ai suoi figli resi orfani dall’impiccagione… i mullah devono essere espulsi dalla comunità mondiale”. (Grazia)

 

Usa. Suor Helen Prejean scandalizzata dalla concessione di un’onorificenza cattolica a Barr. Helen Prejean, la suora della Louisiana famosa per la sua attiva opposizione alla pena di morte, scandalizzata per la concessione di un’onorificenza cattolica al Procuratore Generale degli Stati Uniti, il cattolico William Barr, ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Elevo la mia voce in forte opposizione alla scandalosa decisione del National Catholic Prayer Breakfast di concedere un’onorificenza al Procuratore Generale Barr ‘per il suo esemplare comportamento cristiano’. Che cosa c’è di cristiano in un cattolico che usa il suo potere per fissare una rapida serie di esecuzioni federali? Ciò mentre coloro che hanno occupato il suo posto per 17 anni hanno optato per non chiedere la morte. È soltanto in conseguenza degli ordini diretti di Barr che 5 vite umane sono state già spente e due altre persone - William LeCroy e Christopher Vialva – aspettano una morte pressoché certa nel giro di due settimane. Ciò che rende scandaloso concedere un’onorificenza cattolica a quest’uomo, così fiero di uccidere criminali sotto la sua giurisdizione, è che il suo atteggiamento e il suo comportamento costituiscono una fragrante contraddizione dell’insegnamento della Chiesa cattolica. La Chiesa si oppone vigorosamente alla pena di morte senza eccezioni. Papa Francesco ha recentemente aggiornato l’insegnamento cattolico sulla pena di morte affermando che, alla luce dell’insegnamento di Cristo, tale deliberato furto della vita costituisce “un attacco all’inviolabilità e alla dignità della persona umana”. Sono profondamente convinta che Gesù stesso, il “Cristo” nel cui nome questa onorificenza viene concessa, che ci ha detto che dobbiamo andare oltre all’ “occhio per occhio” e dobbiamo amare e perdonare i nostri nemici anziché ucciderli, sta dalla mia parte. Esorto tutti quelli che mi leggono, cattolici o non cattolici, ecclesiastici o no, a opporsi a questo uso del simbolismo religioso – un riconoscimento di essere come Cristo – che serve solo a legittimare la crudeltà del governo".

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William Barr

USA. L’accusa si impegna a non chiedere la pena di morte per due membri dell’ISIS. Il Procuratore Generale degli Stati Uniti William Barr si è impegnato a non chiedere la pena di morte per due membri dell’ISIS, Shafee El Sheikh e Alexanda Koteybe, se costoro verranno estradati negli Stati Uniti e saranno fornite dalle autorità inglesi le informazioni necessarie per processarli. I due sono ritenuti corresponsabili dell’uccisione di 4 americani, di 2 inglesi e di almeno altre 20 persone. In precedenza, il 25 marzo u. s., la Corte Suprema della Gran Bretagna aveva preso all’unanimità la decisione di imporre alle autorità inglesi di non fornire agli Stati Uniti alcuna prova utile per processare i terroristi in quanto le autorità americane si erano rifiutate di fornire l’assicurazione che non sarebbero stati condannati a morte. Ora sta alle autorità inglesi decidere se fornire le informazioni richieste.

 

 

Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 31 Agosto 2020

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