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FOGLIO  DI COLLEGAMENTO  INTERNO

DEL COMITATO PAUL ROUGEAU

Numero 223  -  Luglio / Agosto 2015

 

 

 

RITORNA DALE RECINELLA A TORINO!

Cari amici, con grande piacere vi informiamo che il nostro amico Dale Recinella, coraggioso cappellano laico cattolico nei bracci della morte della Florida, tornerà a Torino in ottobre e terrà una serie di conferenze, alcune riservate ad un uditorio privato (per esempio in carcere o in alcune scuole) ma altre aperte al pubblico, ed è a queste che vi invitiamo caldamente di partecipare e a portare amici e conoscenti.

Chi ha già ascoltato Dale sa che la sua testimonianza è forte e coinvolgente.

Qui di seguito trovate luoghi e date delle conferenze di Dale aperte al pubblico:

- domenica 18 ottobre 2015, ore 10,30: omelia alla S. Messa nella chiesa di S. Giulio d’Orta, Corso Cadore 17, Torino

- lunedì 19 ottobre ore 21: conferenza all’UCID (presso la sede del Collegio degli Artigianelli), Corso Palestro 14, Torino

- giovedì 22 ottobre ore 18: conferenza al Sermig nel Salone della Pace, Piazza Borgo Dora 61, Torino

- venerdì 23 ottobre ore 10-13: conferenza alla Facoltà di Giurisprudenza, Campus Einaudi, Lungo Dora Siena 100, Torino

- sabato 24 ottobre ore 18: omelia alla S. Messa nella chiesa di S. Giulio d’Orta, Corso Cadore 17, Torino

- giovedì 29 ottobre ore 21: conferenza nella parrocchia dei Santi Apostoli, Via Pinerolo 161, Piossasco

- venerdì 30 ottobre ore 16-18: conferenza alla Facoltà di Giurisprudenza, Campus Einaudi, Lungo Dora Siena 100, Torino

Vi sarà probabilmente un’altra conferenza, ma al momento non siamo in grado di dire dove e quando. Sicuramente, entro breve, invieremo a tutta la nostra mailing list una mail definitiva con tutte le date.

Per eventuali ulteriori informazioni contattare Maria Grazia Guaschino al cell. 3394679670 dalle ore 18 in poi.

Venite numerosi, sarà davvero un’esperienza unica!

James Egan Holmes in aula

 

SOMMARIO:

 

1) Sorpresa negli USA: James Holmes non è stato condannato a morte

2) La polizia statunitense spara, spara, spara e uccide                     

3) Le armi puntate: sparano                                     

4) Dopo un arresto violento muore in cella: che cosa sarà successo?

5) Giustizia indulgente con  le guardie della Florida             

6) Incredibile: alla fine il Pakistan ha impiccato Shafqat Hussein

7) Continua l'aumento esponenziale delle esecuzioni in Iran 

8) Si riesamina il caso di Asia Bibi, ma lei sta male  

9) California: verrà messo in mora il sistema della pena di morte? 

10) Completata l'abolizione della pena di morte in Connecticut        

11) Nel 2016 un referendum sulla legge abolizionista del Nebraska   

12) La ministra della giustizia contro la moratoria in Pennsylvania  

13) Nessuna nuova condanna a morte in Texas Nel 2015                   

14) Obama parla di criteri validi per ridurre la criminalità: era Ora

15) Condannato un ex soldato nazista che lavorò ad Auschwitz          

16) Amnesty 20 anni dopo Srebrenica                 

17) La Tortura c’è. La legge in Italia ancora no di Roberto Fantini    

18) Fernando Eros Caro ci scrive dal braccio della morte

19) Visita al museo di San Quentin                                                   

20) "La pena di morte nel mondo", rapporto di Nessuno tocchi Caino

21) Notiziario: Louisiana, Missouri, Pakistan

22) !!!!!!  Pronto e in vendita il libro di Fernando !!!!!!                     

 

 

1) SORPRESA NEGLI USA: JAMES HOLMES NON È STATO CONDANNATO A MORTE

 

Ad Aurora, vicino a Denver in Colorado, il 20 gennaio 2012 il 24-enne James Holmes aprì il fuoco in un multisala contro grandi e piccini che assistevano alla prima di un film su Batman. Dopo aver gettato una bomba lacrimogena fece fuoco con diverse armi. Uccise 12 persone e ne ferì 70. Fu subito arrestato.

A gennaio di quest'anno sono cominciate le attività preliminari del processo contro Holmes con la selezione della giuria. Il processo vero e proprio è iniziato il 20  aprile. Il pubblico ha seguito passo passo il dibattimento, i media gli hanno dato grande rilievo.

La difesa ha tentato invano di far valere l'indubbia infermità mentale di James Holmes. Due psichiatri hanno testimoniato in tal senso, ma altri due psichiatri hanno testimoniato per l'accusa affermando che egli, comunque, quando sparava si rendeva conto di quel che faceva.

La giuria lo ha ritenuto all'unanimità colpevole di reato capitale. Nella successiva fase del processo capitale, quella in cui doveva scegliere tra pena di morte ed ergastolo senza possibilità di liberazione,la stessa giuria - non avendo raggiunto l'unanimità su una sentenza di morte - gli ha inflitto una condanna all'ergastolo.

Molti negli USA si aspettavano una condanna a morte e tale sentenza ha suscitato scalpore (1).

E' indubbio che James Holmes, che era seguito da una psichiatra, fosse schizofrenico. "James Holmes ha commesso questo crimine perché era psicotico e soffriva di allucinazioni," ha affermato la sua avvocatessa Tamara Brady al termine della seconda fase del processo". Aggiungendo: "Alle morti di tutta questa gente non si può rispondere con un'altra morte. Per favore, basta morti!"

Da parte sua l'accusatore George Brauchler ha definito la morte "unica sentenza appropriata in questo caso". "Voi potete fare giustizia per quell'atto e per costui" ha detto indicando Holmes. "E per James Egan Holmes, giustizia è morte."

Il padre dell'imputato, Robert Holmes, aveva scongiurato la giuria di scegliere l'ergastolo in luogo della pena di morte, dicendo di amare James perché "è mio figlio". Aggiungendo: "è stato sempre un ottimo ragazzo." In una lettera pubblicata dal Denver Post, i genitori Robert e Arlene Holmes avevano scritto: "non sappiamo quante vittime della sparatoria vorrebbero vedere nostro figlio morto [...] ma non è un mostro. È un essere umano ghermito da una grave malattia mentale."

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(1) Secondo un sondaggio condotto dall'Università Quinnipiac, il 63% degli abitanti del Colorado erano favorevoli ad una condanna a morte e il 32% ad una condanna all'ergastolo. Ciò anche se in Colorado la pena di morte è poco attiva e vi sono state solo 22 condanne capitali e una sola esecuzione a partire dal 1976, anno in cui fu ripristinata la pena di morte negli USA. Nel suo tetro braccio della morte vi sono attualmente solo 3 detenuti.

 

 

2) LA POLIZIA STATUNITENSE SPARA, SPARA, SPARA E UCCIDE

 

Un impegnativo reportage del Guardian è intitolato: "In base ai numeri: la polizia USA uccide di più nel giro di giorni che altri paesi nel giro di anni" (1). In esso, dopo aver computato meticolosamente il numero di persone uccise negli USA dalla polizia nei primi cinque mesi del 2015, il quotidiano inglese è in grado di fare le seguenti affermazioni.

* Nei primi 24 giorni del 2015 la polizia americana ha colpito a morte tante persone quanto la polizia di Inghilterra e Galles negli ultimi 24 anni.

Negli Usa vi sono state infatti 59 sparatorie fatali tra il 1° e il 24 gennaio scorsi a fronte di 55 sparatorie fatali in Inghilterra e Galles tra il 1990 e il 2014. La differenza è abissale anche tenendo conto che gli USA hanno una popolazione all'incirca  sestupla  di quella inglese.

*  C'è stata 1 sola sparatoria mortale da parte della polizia dell'Islanda nei 71 anni di storia del paese. Nella città di Stockton in California - con 298.000 abitanti, meno della popolazione dell'Islanda (324.000) - si sono avuti 3 eventi fatali di tal genere nei primi 5 mesi del 2015.

*  La polizia USA - in ciascuna settimana di quest'anno (2) - ha sparato uccidendo più persone di quelle uccise dalla polizia della Germania in un anno. Nella prima settimana del 2015 - in cui ha fatto meno morti ammazzati che in qualunque altra settimana dell'anno - ne ha uccise 13.

Nel 2011 la polizia tedesca ha sparato, uccidendo, a 6 persone, nel 2012 a 7 persone. Sono stati uccisi dalla polizia USA più Neri disarmati (19) nel 2015 che cittadini di ogni razza, armati o disarmati, dalla polizia tedesca in tutto il 2011 e il 2012 (15). Tutto ciò anche se la popolazione statunitense è solo 4 volte quella tedesca.

*  La polizia USA quest'anno ha sparato uccidendo più persone in un mese  di quelle uccise dalla polizia in Australia nell'arco di 19 anni.

La polizia USA ha sparato uccidendo a 97 persone nel marzo 2015. In Australia ci sono stati 94 morti ammazzati da parte della polizia australiana negli anni tra il 1992 e il 2011. Una sproporzione pazzesca anche tenendo conto che la popolazione USA è 14 volte quella australiana. 

* La polizia dal Canada è responsabile di 25 sparatorie mortali all'anno.  La polizia della California - che ha una popolazione all'incirca uguale a quella del Canada - ha ammazzato il triplo di individui in appena 5 mesi.

In California fino a maggio sono state uccise 72 persone, dato da confrontare con i 25 uccisi in un anno dalla polizia  Canadese.

* Nello stato di Washington il 10 febbraio la polizia ha sparto 17 proiettili contro Antonio Zambrano-Montes 'armato' di un sasso. All'incirca il triplo dei proiettili che la polizia finlandese esplode in un anno. "Cinque o sei" colpi hanno raggiunto il 35-enne Zambrano-Montes, uccidendolo.  (3)

Il Guardian nota prudentemente che "è abbastanza difficile confrontare dati presi in epoche diverse, con differenti metodologie, in diverse parti del mondo." E avverte che "è innegabile che la polizia negli USA debba fronteggiare più situazioni di violenza di quante ve ne siano in molti altri paesi del mondo, e che debba confrontarsi con individui assai più armati rispetto a quelli che devono affrontare le polizie degli altri paesi democratici avanzati. " Ma conclude che "tuttavia, i nostri dati [...] tracciano un drammatico ritratto [...]: gli USA risultano del tutto  anomali in termini di violenza della polizia, se confrontati con paesi di analoghe condizioni politiche ed economiche." (4)

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(1) L'articolo, del 9 giugno, si può leggere qui:  http://www.theguardian.com/us-news/2015/jun/09/the-counted-police-killings-us-vs-other-countries  Gli aggiornamenti sul fenomeno compaiono in un impressio­nante database: http:www.theguardian.com/us-news/ng-interactive/2015/jun/01/the-counted-police-killings-us-database#

(2) Ricordiamo che questa statistica riguarda i mesi da gennaio a maggio.

(3) http://www.theguardian.com/us-news/video/2015/feb/12/pasco-washington-fatal-police-shooting-antonio-zambrano-montes-video

(4) Sulla polizia USA che spara vedi anche n. 221.

 

 

3) LE ARMI PUNTATE: SPARANO

 

Due brevi filmati, presi di notte da angolazioni poco differenti tra loro, mostrano tre uomini con le mani alzate e la schiena di due poliziotti con le armi a puntatore laser spianate. Uno dei tre uomini ogni tanto abbassa le mani, poi le rialza, fa qualche passo avanti e indietro, si toglie il berretto e lo lascia cadere... il circolino di luce è sempre sulla sua maglietta all'altezza del cuore. Si ode una sca­rica di colpi. Due dei tre uomini crollano a terra. Sembra uno spezzone di un telefilm poliziesco americano. Invece purtroppo è tutto vero. 

L'amministrazione della città di Gardena in California era riuscita a chiudere il caso apertosi il 2 giugno 2013 offrendo un indennizzo ai familiari di Ricardo Diaz Zeferino, il 35-enne rimasto ucciso sul colpo ed a Eutiquio Mendez, l'uomo rimasto ferito. La transazione era costata ai contribuenti di Gardena 4,7 milioni di dollari. Senonché il giudice federale Stephen V. Wilson - su richiesta di alcuni media tra cui il Los Angeles Times - ha ordinato di rendere pubblico il filmato della sparatoria. L'avvocato dell'amministrazione cittadina ha obiettato che la segretezza del video era ovviemente compresa nella transazione costata 4,7 milioni di dollari. Inutilmente: il video è stato pubblicato il 14 luglio u. s. (1)

Il giorno successivo alla pubblicazione del video Mendez e un fratello di Zeferino hanno tenuto una conferenza stampa davanti all’Edward R. Roybal Federal Building di Los Angeles, chiedendo che venga svolta un’indagine federale sul comportamento del Dipartimento della Polizia di Gar­dena.

Da notare: il dramma era conseguito all'arrivo di due volanti della polizia sul luogo in cui era stato denunciato il furto di una bicicletta. Le volanti erano munite di telecamere, i loro fari illuminavano la scena. (Grazia)

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(1)  V. http://www.latimes.com/local/lanow/la-me-ln-federal-judge-orders-release-of-videos-20150714-story.html

 

 

4) DOPO UN ARRESTO VIOLENTO MUORE IN CELLA: CHE COSA SARÀ SUCCESSO?

 

Un video ripreso il 10 luglio in Texas dalla telecamera piazzata su un’auto della polizia riporta frasario sconcio e una scena di lotta fisica tra l’afroamericana Sandra Bland e il poliziotto che la arresta. Il video, che dura 7 interminabili minuti, è stato reso pubblico dalle autorità texane il 21 luglio (1).

Tre giorni dopo l’arresto, la Bland fu trovata morta nella sua cella.

Il tutto perché la nera 28-enne, svoltando, non aveva messo la freccia.

In una sorta di “diario” di quanto è accaduto, cerchiamo di ripercorrere, e di capire per quanto possibile, i tragici eventi culminati con la morte di Sandra Bland. Alcune valutazioni sul comportamento del poliziotto, riportate in sintesi in corsivo, sono prese da commenti di Robert Weisberg, esperto di procedure criminali, docente di legge alla Stanford University.

FASE 1 – Il 10 luglio scorso, l'auto della signora Blend viene fermata dalla polizia stradale della contea di Waller in Texas. Alla Blend viene contestato di non aver segnalato l’intenzione di svoltare con la sua auto. Il poliziotto Brian T. Encinia si avvicina alla macchina, chiede alla donna i documenti e poi si allontana per scrivere la multa. Quando torna dalla Bland le chiede se va tutto bene e afferma che lei sembra irritata.

FASE 2 – Il poliziotto chiede alla Bland di spegnere la sigaretta che sta fumando. Al suo rifiuto, le intima di scendere dalla macchina. Da questo momento l'atmosfera si fa concitata. Quando la donna si rifiuta di scendere, Encinia minaccia di estrarla dall’auto con la forza, dicendole: “Sto dandoti un ordine legale”. La Bland aveva tutto il diritto di fumare in auto, anche se questo avrebbe potuto interferire con la consegna del rapporto del poliziotto, tuttavia bastava che lui a quel punto le porgesse la multa e la lasciasse andar via. La richiesta di scendere dall’auto avrebbe potuto essere motivata dal sospetto che la donna fosse pericolosa. Ma se davvero Encinia l'avesse giudicata tale, non si spiega come mai in un primo tempo si fosse allontanato da lei lasciandola da sola in auto per almeno cinque minuti.

FASE 3 – Encinia apre lo sportello dell’auto. La Bland si rifiuta di collaborare. Il poliziotto le ri­pete: “Sei in arresto”. Dopo una breve lotta, Encinia estrae una pistola taser e urla “Ti darò fuoco”. La signora Bland esce dall’auto. Il diritto di arrestare la Bland deriva solo dal suo rifiuto di scendere dalla macchina, ma il comportamento del poliziotto presenta un’escalation immotivata di aggressività e violenza, perché, dando per valida la necessità di far scendere la Bland, avrebbe dovuto mettere in atto un comportamento educato, come previsto dalla normativa in casi del genere.

FASE 4 – L’azione prosegue al di fuori del campo ripreso dalla telecamera. Si sente la signora Bland che urla “Mi stai rompendo il polso!” Si sente che un altro poliziotto sta aiutando il suo compagno a bloccarla. La Bland dice che non riesce a udire e che le hanno sbattuto la testa per terra. Encinia ha scritto nel verbale di arresto che la Bland era “combattiva e non collaborativa” e che cercava di colpirlo con i gomiti dopo che era stata estratta dall’auto e amma­nettata.

In un video registrato da un passante da un’altra angolazione, si vede la Bland per terra con il poliziotto in piedi che la sovrasta.

FASE 5 – Il 13 luglio, alle 6:30 del mattino, la Bland, in carcere, rifiuta il vassoio della colazione, poi verso le 7 dice che sta bene a una guardia che sta facendo la ronda davanti alle celle, e più tardi chiede di poter fare una telefonata. Poco dopo le 9 un secondino la trova impiccata nella cella. Un video rilasciato dall’ufficio dello sceriffo mostra che non ci fu nessun movimento di persone nel corridoio davanti alla cella per circa 90 minuti prima che una guardia si avvicinasse, constatasse il dramma che aveva avuto luogo nella cella e chiamasse aiuto. Il personale sanitario tenta inutilmente una rianimazione e la Bland è dichiarata morta alle 9:16.

L’autopsia ufficiale classifica la sua morte come suicidio per impiccagione. Le guardie dicono che la Bland fu trovata semi-sdraiata, appesa con il cordone di plastica di un sacco della spazzatura ad un gancio a U situato su un lato della sua cella.

Gli amici e i familiari della donna morta sono molto scettici riguardo alle dichiarazioni della polizia, e hanno richiesto un’autopsia indipendente. Ad una conferenza stampa tenuta a Chicago, una sorella della Bland ha dichiarato: “Per la Sandy che io conoscevo, questo fatto è per me incomprensibile.”

E’ difficile immaginare se si scoprirà la verità su questa morte, ma di certo i brutali autori dell’arresto sono da giudicare e condannare come meritano.

Mentre scriviamo queste note sulla violenza ingiustificata della polizia texana, altre notizie di uccisioni violente emergono nei media: si tratta di filmati che mostrano persone con le mani alzate a cui la polizia spara, uccidendole. Sono per lo più scene catturate da un passante con il telefonino, in modo quindi casuale: ci si può pertanto chiedere quante altre volte episodi del genere si siano veri­ficati e si verifichino nel silenzio più totale. (Grazia)

Sandra Bland

Matthew Walker

 

 

5) GIUSTIZIA INDULGENTE CON  LE GUARDIE DELLA FLORIDA

 

Inizialmente il Dipartimento carcerario della Florida non volle neanche commentare la notizia della morte improvvisa di Matthew Walker, un nero detenuto nel carcere "Charlotte" di Punta Gorda, deceduto l'11 aprile 2014. Uno dei 1.300 'ospiti' del penitenziario.

Oggi (1) il Miami Herald scrive: "Matthew Walker era incosciente, ammanettato, con la faccia schiacciata contro il pavimento, davanti alle celle del carcere di Charlotte. Il detenuto era stato malmenato e la sua laringe era stata schiacciata così malamente che la sua gola si era gonfiata fino a chiudersi.

"Il tenente delle guardie Tyler Triplett, con la maglia bianca macchiata di sangue, stava in piedi vicino a lui.

"Sai chi sono io? Vado ad ammazzare quella ... di tua madre!" urlava, ed era tanto fuori di sé che il capitano, suo superiore, dovette bloccarlo."

"Gli altri agenti erano intenti a considerare le piccole ferite di due di loro che si erano azzuffati con Walker.

"Qualsiasi recita tu stia facendo, devi alzarti e camminare, il mio staff è troppo stanco per tirarti su", ordinò a Walker il capitano David Thomas."

Ma Walker era già morto. Secondo un rapporto del Gran jury (2) rilasciato il 7 luglio u. s., lo staff della prigione rimosse, contaminò o pulì la maggior parte delle prove rimaste sulla scena del crimine. Poi si riunì in una stanza per concordare un rapporto da presentare alle autorità superiori. In seguito si riunì ancora per assicurarsi che tutti dessero un'identica versione dell'accaduto.

Da notare che il Gran jury ha accertato che la zuffa con Walker conseguì alla pratica di svegliare i prigionieri per controlli nel mezzo della notte (senza motivo e solo per crudeltà, affermano i detenuti). Coloro che diventavano agitati in conseguenza di detta pratica venivano trasferiti in isolamento (con l'uso di gas e mezzi di contenzione contro chi resisteva).

Fu durante uno di questi controlli notturni che l'11 aprile 2014 una guardia di sesso femminile ammonì e colpì Walker che protestava per la sveglia. Poi la lotta per ammanettare e portare il detenuto nero in isolamento... anzi per massacrarlo.

Ora, dopo un anno e mezzo dal fatto, nessun agente risulta sanzionato. Tom Reid rimane a dirigere la prigione di Punta Gorda, due vice direttori sono stati promossi al rango di direttori in altre istituzioni (3).

Il Gran jury ha archiviato il caso. Ha affermato che l'uccisione di Walker - definita 'omicidio' dal medico che effettuò l'autopsia - fu "tragica, insensata ed evitabile" e conseguenza di una gran quantità di errori dello staff dello prigione. Tuttavia lo stesso organo ha decretato che non ci sono elementi per formulare precise accuse nei confronti di cinque agenti sospettati di aver ammazzato di botte il detenuto.

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(1) V.: http://www.miamiherald.com/news/special-reports/florida-prisons/article26705665.html

(2) Si tratta di un organo che svolge indagini preliminari su un caso per determinare se vi siano elementi per un successivo procedimento di giustizia criminale.

(3) Il Miami Herald ci tiene a precisare che gli agenti coinvolti nel pestaggio di Walker sono oggi tutti in ser­vizio, salvo uno:

Il Capitano David Thomas è Capitano nel carcere di Okeechobee

Il sergente Daniel Lynch è ancora sergente nel carcere di Charlotte, senza contatti con i detenuti

Il facente funzioni di sergente Mestely Saintervil si è dimesso il 30 giugno scorso.

Il facente funzioni di sergente Edward Sinor rimane in servizio nel carcere di  Charlotte, senza contatti con i detenuti.

Il tenente Tyler Triplett rimane in servizio nel carcere di  Charlotte, senza contatti con i detenuti.

l'agente Thomas Weidner rimane in servizio nel carcere di  Charlotte, senza contatti con i detenuti.

Il direttore Tom Reid è ancora direttore del carcere di Charlotte.

Il vice direttore Lars Severson è ora direttore nel carcere di Okeechobee.

Il vice direttore Richard Johnson è ora direttore nel carcere di Liberty.

 

 

6) INCREDIBILE: ALLA FINE IL PAKISTAN HA IMPICCATO SHAFQAT HUSSEIN

 

Il 4 agosto, proprio nel  momento in cui sembrava che la grande mobilitazione internazionale avesse salvato Shafqat Hussain dal capestro, è arrivata la notizia che costui era stato impiccato nella prigione centrale di Karachi in Pakistan.

Shafqat Hussain fu accusato di aver rapito un bambino nel 2004 e di averne causato involontariamente la morte. Amnesty sostiene che egli aveva allora 14 anni.

La serie infinita di rinvii in extremis dell'esecuzione del condannato (1) è servita solo ad infliggergli una crudele tortura.

Amnesty International per bocca di David Griffits, ricercatore per l'Asia del sud, ha dichiarato "questo è un giorno oltremodo triste", "il governo ha mostrato una indifferenza non solo riguardo al valore della vita umana ma anche alla legislazione e agli standard internazionali" che proibiscono l'esecuzione di minorenni.

I legali del giovane pakistano hanno affermato che la "confessione" di Hussain conseguì a 9 giorni di torture con applicazioni dell'elettricità ai genitali, bruciature di sigarette e pestaggi. Essi hanno inoltre rilevato che lo stesso fu processato da una corte "antiterrorismo" anche se le accuse mossegli non avevano niente a che fare col terrorismo.

Il Comitato Onu per i Diritti del Fanciullo, per bocca del Presidente  Benyam Dawit Mezmur,  e Marta Santos Pais, Rappresentante Speciale del Segretario Generale ONU, hanno condannato recisamente l'esecuzione di Shafqat Hussein.

"La Convenzione sui Diritti dei Bambini e il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, entrambi ratificati dal Pakistan, sono chiari, come è chiara la legislazione del Pakistan: la pena di morte non  può essere comminata a chi aveva meno di 18 anni al momento del crimine", ha dichiarato Mezmur.

La Santos ha aggiunto: "La proibizione è vincolante [..] se non ci sono prove dell'età il giovane ha diritto ad un'investigazione medica e sociale che possa stabilire la sua età, in caso di conclusioni incerte di detta indagine andrà a favore del giovane il beneficio del dubbio."

"È deplorevole che Shafqat Hussein sia stato messo a morte dopo un processo che, come è stato riportato, non aveva i requisiti minimi del giusto processo e che non vi sia stata una appropriata investigazione riguardo alle accuse che egli confessò sotto tortura. Rincresce inoltre che sia stata ignorata le raccomandazione fatta a luglio 2015 dalla Commissione Diritti Umani della provincia di Sindh in Pakistan: tale Commissione ha chiesto che il caso fosse riaperto e che tutte le prove rilevanti venissero appropriatamente considerate," hanno dichiarato il Comitato e la Rappresentante speciale.

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(1) V. n. 222

 

 

7) CONTINUA L'AUMENTO ESPONENZIALE DELLE ESECUZIONI IN IRAN

 

Nel biennio trascorso dopo l'avvento del presidente Hassan Rouhani - in cui vi è stato un netto mi­glioramento delle relazioni con l'Occidente - in Iran il ritmo delle esecuzioni capitali è aumentato anziché diminuire (1). Sotto la presidenza Rouhani vi sono state ben 1.900 esecuzioni!

Pubblicando l'agghiacciante bilancio delle esecuzioni compiute in Iran nella prima metà di quest'anno, Iran Human Rights fa un'amara osservazione per bocca del suo leader Mahmood Amiry-Moghaddam: "Sembra che il dialogo tra l'Occidente e l'Iran abbia fallito nel migliorare la situazione dei diritti umani in Iran. Se c'è stata qualche conseguenza del dialogo, tale conseguenza è stata negativa per quanto riguarda la pena di morte."

Questi i dati forniti da IHW per il periodo che va dal 1° gennaio  al 30 giugno 2015: impiccate 570 persone, con una media di tre esecuzioni al giorno. Almeno 394 persone, il 69% del totale, sono state messe a morte per reati di droga, il 19% delle esecuzioni conseguivano ad omicidio. Di tali esecuzioni 223 sono state pubblicizzate dai media iraniani, 34 sono avvenute in pubblico. Sono state messe a morte 10 donne e un minorenne all'epoca del reato. Almeno 7 esecuzioni conseguivano da accuse politiche o ideologiche.

Tenuto conto delle rispettive popolazioni, è come se gli Stati Uniti "giustiziassero"  7.000 persone l'anno invece di qualche decina!

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(1) Come abbiamo sottolineato più volte, l'Iran detiene ormai stabilmente il lugubre record di esecuzioni pro capite, avendo superato nettamente la Cina. V. nn. 221, 220 Notiziario, 219,  219 N., 218 N., 217, 215,213, 213 N., 212 N., 211 N., 206, 206 N., 203 N.,  201, 195, 192 N., 189 N., 188, 188 N.

 

 

8) SI RIESAMINA IL CASO DI ASIA BIBI, MA LEI STA MALE

 

La massima corte nello stato pakistano del Punjab, nel quale è detenuta la cristiana Asia Bibi, con­dannata  morte per blasfemia, nell'ottobre scorso aveva respinto l'ultimo appello degli avvocati della donna (1). Dopo di ciò i legali hanno tentato di far intervenire la Corte Suprema del Pakistan. A fine luglio si è saputo che la Corte Suprema ha ordinato una sospensione dell'esecuzione di Asia e il 5 agosto che la stessa Corte ha deciso di entrare nel merito del suo caso.

Nel frattempo le condizioni di salute di Asia si sono deteriorate al punto di far temere alla sua famiglia che ella possa morire in carcere prima che si concluda il suo caso giudiziario. Sembra che la 44-enne detenuta soffra di emorragie gastriche e si sia tanto indebolita da reggersi in piedi a malapena.

"Perciò è necessario che Asia Bibi sia subito sottoposta ad un completo controllo medico, compresi gli esami del sangue", ha dichiarato Humphrey Sarfaraz Peter vescovo nella diocesi di Peshawar della "Chiesa Cristiana del Pakistan."

Il marito di Asia, Ashiq Masih, è convinto che i religiosi musulmani vogliano Asia morta. "Hanno promesso ricompense da 10.000 a 500.000 rupie per chiunque uccida Asia. Hanno dichiarato che se fosse prosciolta faranno in modo che la sua condanna a morte rimanga in essere.

"Sto pensando al modo di proteggerci. Se lei viene liberata, confido che si venga trasferiti in qualche altro paese, perché il Pakistan non è in grado di proteggerla (2).”

Ricordiamo che Asia Bibi fu arrestata il 19 giugno 2009. Alcune donne che lavoravano con lei affermarono che Asia aveva offeso il Profeta Maometto nel corso di un diverbio. Il litigio scoppiò nel momento in cui le donne si rifiutarono di bere da un bicchiere in cui aveva bevuto Asia Bibi. Asia fu condannata a morte per blasfemia nel novembre 2010. Due importanti autorità pakistane, Salmaan Taseer, Governatore del Punjab, e Shahbaz Bhatti Ministro per le minoranze, furono uccisi nel 2011 per aver chiesto la riforma della legge sulla blasfemia ed essersi schierati in favore di Asia.

Asia Bibi sarebbe la prima persona ad essere messa a morte in Pakistan in osservanza alla legge sulla blasfemia, anche se si è calcolato che dal 1990 almeno 52 persone accusate di blasfemia sono state linciate a furor di popolo.

Purtroppo la ripresa frenetica delle esecuzioni in Pakistan nel dicembre 2014 dopo un moratoria di 6 anni (3) non è una condizione a favore della sopravvivenza di Asia Bibi.

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(1)  V. n. 217

(2)  Vi sono analogie tra il caso di Asia e il caso di Malala (v. art. nel Notiziario e articoli in esso citati)

(3)  V. n. 221

 

 

9) CALIFORNIA: VERRÀ MESSO IN MORA IL SISTEMA DELLA PENA DI MORTE ?

 

Un anno fa il giudice federale Cormac Carney ha innescato una procedura che potrebbe anche portare alla messa in mora della pena di morte in California.

 

Il 31 agosto la Corte federale d'Appello del Nono Circuito ha tenuto un'udienza a Pasadena per esaminare - su ricorso dell'accusatore generale Kamala D. Harris - la regolarità di una sentenza del giudice federale distrettuale Cormac Carney's che il 16 luglio 2014 dichiarò il sistema della pena di morte vigente nello stato incostituzionale (1) . Il motivo di tale decisione fu la lungaggine dell'iter giudiziario che toglie alla pena capitale ogni capacità di deterrenza del crimine (2). Tale decisione fu presa su ricorso del condannato Ernest Dewayne Jones che ebbe commutata la sua sentenza capitale. Se, come si augurano gli abolizionisti, la Corte d'Appello non rovescerà la decisione del giudice Carney, che per ora riguarda solo il caso singolo di Jones, la sentenza del giudice avrà valore universale e la pena di morte in California verrà messa in mora, forse definitivamente.

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(1) V. n. 215

(2) la California ha un enorme numero di condannati a morte, oltre 740, ma non fa più esecuzioni dal 2006 e ha 'giustiziato' solo 13 uomini dal 1976 in poi.

 

 

10) COMPLETATA L'ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE IN CONNECTICUT

 

La pena di morte non potrà essere eseguita neanche per coloro che erano stati condannati alla pena capitale prima dell'abolizione della pena di morte nello stato del Connecticut.

 

La Corte Suprema del Connecticut ha reso retroattivo il divieto di eseguire condanne a morte estendendolo ai detenuti nel braccio della morte. La Corte ha sentenziato che una diversità di pena per gli stessi crimini è incostituzionale. I detenuti che si sono salvati dovranno scontare il carcere a vita senza possibilità di liberazione. La decisione è stata presa con un'esigua maggioranza: quattro giudici su sette.

Nel 2012 era stata abolita la pena di morte (1), ma solo per i futuri crimini ed erano rimaste nel braccio della morte 11 persone.

La decisione sulla retroattività potrebbe influenzare il New Mexico e il Maryland, stati che non hanno applicato retroattivamente le rispettive leggi abolizioniste.

Ciò che è accaduto in Connecticut potrebbe inoltre avere conseguenze in altri stati (Delaware, Colorado, Kansas, New Hampshire e Washington) che stanno considerando la possibilità di abolire la pena capitale ma senza retroattività.

Quanto è avvenuto in Connecticut conferma che le condanne a morte negli Usa sono in costante declino. La riduzione è dovuta soprattutto agli alti costi dei processi capitali e alla durata degli appelli, ai numerosi errori giudiziari e alla difficoltà di reperire le sostanze letali anche per effetto del boicottaggio internazionale.

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(1) V. nn. 197

 

 

11) NEL 2016 UN REFERENDUM SULLA LEGGE ABOLIZIONISTA DEL NEBRASKA

 

A fine agosto i timori degli abolizionisti si sono consolidati quando è apparso praticamente certo che il governatore Pete Ricketts, suo padre, il magnate Joe Ricketts, e molti politici ed opinionisti erano riusciti a porre le basi per un referendum da tenersi nel 2016 teso a cancellare la legge abolizionista approvata il  27 maggio che sarebbe andata in vigore il 27 agosto.

Le firme raccolte da Nebraskans for the Death Penalty entro la scadenza del  26 agosto sono 166.692, per l'indizione del referendum bastano circa 57.000 firme valide. Ora è in corso la verifica delle firme raccolte ma non è pensabile che quelle valide risultino essere meno di 57,000.

Per di più se le firme valide risulteranno più di 114.000 (cosa quasi certa) la legge abolizionista sarà subito sospesa e resterà sospesa fino al referendum. Ciò vuol dire che, teoricamente, delle esecuzioni potrebbero avvenire in Nebraska fino all'effettuazione del referendum fra un anno. In pratica ciò è escluso ma, ad ogni buon conto, lo stato del Nebraska è intento a procurarsi i farmaci letali per le esecuzioni.

Con i soldi si ottiene tutto? Non sappiamo, ma sappiamo che l'operazione pro referendum è stata finanziata con almeno 800.000 dollari raccolti dai promotori della campagna, quasi la metà dei quali devoluta dal Governatore e da suo padre.

 

 

12) LA MINISTRA DELLA GIUSTIZIA CONTRO LA MORATORIA IN PENNSYLVANIA

 

Il 6 luglio scorso Kathleen Kane, Attorney General (Ministra della Giustizia) della Pennsylvania, ha presentato alla Corte Suprema dello stato la richiesta di annullare la moratoria sulle esecuzioni imposta il 13 febbraio dal neo Governatore Tom Wolf. La Kane ha definito la moratoria palesemente incostituzionale e una minaccia per il sistema giudiziario.  

La richiesta della signora Kane è basata sul caso di Hubert Lester Michael Jr., condannato a morte per aver ucciso la sedicenne Trista Eng circa 22 anni fa. Il portavoce di Kathleen Kane ha dichiarato: “Mai prima d’ora un membro dell'esecutivo ha negato esplicitamente una punizione che riguarda un’intera categoria di casi giudiziari." Ed ha aggiunto: "Mai prima d’ora un membro dell'esecutivo ha apertamente interferito con la giusta amministrazione della legge per il fatto che il potere giudiziario non ha funzionato in modo per lui soddisfacente"

Ha anche dichiarato che la situazione attuale mette a rischio l’integrità della Costituzione e che la massima Corte dello stato dovrebbe agire per salvaguardarla.

In giugno la Camera dei Rappresentanti, presieduta da un Repubblicano, aveva votato per appro­vare una risoluzione che invitasse il Governatore a rinunciare alla moratoria, affermando che “essa dimostra uno sbalorditivo disprezzo dell’ulteriore ingiustificato dolore” che provoca ai familiari delle vittime dei condannati a morte.

Wolf aveva stabilito la moratoria agli inizi di quest’anno, poco dopo aver assunto l’incarico di governatore, motivando la sua decisione con l’affermazione che il sistema della pena capitale nello stato è “soggetto a commettere errori, costoso ed è tutto fuorché infallibile”. Aveva affermato che gli imputati hanno molta più probabilità di essere accusati di reato capitale e condannati a morte se sono poveri o appartenenti a una minoranza razziale e se la vittima è un bianco. Wolf ha imposto questa moratoria almeno fino a quando non  si conosceranno i risultati di uno studio sulla pena di morte affidato ad un Commissione senatoriale bipartisan istituita nel 2011 (1).

Wolf ha risposto alle affermazioni della Kane dicendo che ritiene la moratoria sulle esecuzioni fondata su solide basi, nonostante le sfide dei pubblici accusatori, inclusa quella della Ministra della Giustizia, e ha esortato a non dare “giudizi precipitosi” su un problema scottante prima che un or­gano parlamentare approvato anche dai suoi oppositori, pubblichi i risultati della sua indagine.

In un’intervista a Newsradio il governatore ha dichiarato: “Voglio fare ciò che è giusto, penso che sia una cosa dovuta a noi, alle future generazioni e alla vera giustizia, verificare ciò che la commissione dirà e soppesare le prove.” E ha aggiunto: “La Costituzione dice molto chiaramente che ho il diritto di imporre il blocco di esecuzioni. È ciò che ho fatto, perciò stiamo a vedere come andranno le cose.”

Il fermo atteggiamento di Tom Wolf  potrebbe anche portare alla fine all'abolizione della pena di morte in Pennsylvania, uno stato che ha ‘giustiziato’ solo 3 condannati che avevano rinunciato agli appelli da quando la pena capitale fu reintrodotta negli anni ’70, l’ultimo dei quali nel 1999. (Grazia)

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(1) v. n. 220

 

 

13) NESSUNA NUOVA CONDANNA A MORTE IN TEXAS NEL 2015

 

Il Texas continua a essere lo stato USA con il più alto numero di esecuzioni. Ma tale numero è in decrescita come è in netta decrescita il numero delle nuove condanne a morte.

A questo proposito, ci accorgiamo con piacere che fino al momento in cui scriviamo (1° settembre) quest'anno non è stata pronunziata nessuna condanna capitale nelle 254 contee del Texas. È la prima volta in 20 anni che passa un periodo così lungo senza nuove condanne a morte.

Si tratta di un fatto strabiliante considerando la storia della pena di morte del Texas. Di sentenze capitali se ne avevano decine ogni anno.

Nel 1999 le condanne a morte furono 48. In quell'anno furono 'giustiziate' 98 persone e nel braccio della morte c'erano circa 460 condannati (oggi ce ne sono 260).

Secondo gli esperti, fra i principali motivi della diminuzione delle condanne capitali vi è il fatto che il pubblico, e quindi i giurati, ormai sanno bene che il sistema giudiziario commette terribili errori. Quindi gli accusatori tengono conto di ciò ed evitano di chiedere la pena di morte in casi che possono far sorgere nei giurati qualche dubbio sulla colpevolezza dell'accusato.

Per di più vi è la comune consapevolezza che è molto lungo, complesso e costoso l'iter giudiziario nei casi capitali.

Inoltre potrebbe avere un certo peso il fatto che due pubblici accusatori sono stati recentemente radiati dall'Albo degli Avvocati per aver ottenuto condanne a morte con false prove e procedure scorrette (1).

La condotta scorretta degli accusatori è una vecchia piaga, ma ultimamente costoro stanno cominciando a pagare uno scotto per la loro scorrettezza. Questo li farebbe riflettere due volte prima di passar sopra a questioni morali e legali per ottenere facilmente una condanna capitale.

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(1) V. n. 222, Notiziario

 

 

14) OBAMA PARLA DI CRITERI VALIDI PER RIDURRE LA CRIMINALITÀ: ERA ORA

 

Il 16 luglio scorso, per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, un presidente ha visitato una prigione federale. Barack Obama si è infatti recato a El Reno, un carcere di media sicurezza in Oklahoma, dopo una settimana in cui aveva parlato con veemenza del fallimento del sistema penale che ha danneggiato un’intera generazione di Americani, rinchiudendone mi­lioni, con una grande sproporzione di persone di colore, a costi spaventosi per loro, per le loro famiglie, per i contribuenti e per l'intera società.

In un’intervista resa dopo essere entrato nelle celle, Obama ha detto, parlando dei detenuti che ha incontrato: “Questi giovani hanno commesso degli errori che non sono dissimili dagli errori che commisi io, e dagli errori che commettono molti di voi. La differenza sta nel fatto che loro non hanno avuto le strutture di sostegno giuste, una seconda possibilità e le risorse che avrebbero loro permesso di superare quegli errori”.

Il lunedì precedente alla visita al carcere, Obama ha commutato le condanne di 46 persone, la maggior parte delle quali stanno scontando 20 anni o più di detenzione, per crimini nonviolenti legati alla droga. Si è trattato di un piccolo gesto, perché sono oltre 30.000 i detenuti che chiedono clemenza, ma è stata un’implicita ammissione dell’ingiustizia rappresentata dal durissimo sistema penale americano.

Barack Obama ha dichiarato: “Se sei un piccolo spacciatore, o se non rispetti gli arresti con la condizionale, hai un debito verso la società. Devi essere ritenuto responsabile e fare ammenda. Ma non meriti di scontare 20 anni di carcere. Non meriti un ergastolo”. Ha aggiunto che l’obbligo di comminare pesantissime condanne dovrebbe essere ridotto o eliminato totalmente, che i giudici dovrebbero avere più possibilità discrezionale nello stabilire le pene e usare alternative al carcere, come programmi di riabilitazione comunitaria, che costano meno e possono essere più utili a impedire che le persone tornino a delinquere.

Il presidente ha anche citato le condizioni di detenzione intollerabili, come l’abuso dell’isolamento (oltre 80.000 detenuti in America sono in questa situazione). Ha detto: “Pensiamo davvero che abbia senso rinchiudere così tante persone in isolamento per 23 ore al giorno, a volte per mesi o persino per anni consecutivamente?” Ha aggiunto di aver chiesto al Dipartimento di Giustizia di esaminare questo problema.

Obama ha poi parlato di investimenti nel sociale, in particolare per l’educazione fin dalla prima infanzia e per aiuti alle minoranze con i più bassi redditi, dicendo che questo dovrebbe rappresentare il modo migliore di evitare la criminalità prima che inizi. Ha anche detto che si dovrebbero rimuovere gli ostacoli che gli ex-detenuti incontrano per trovare lavoro, o una casa, o per votare. Ha dichiarato: “La giustizia origina non solo dall’assenza dell’oppressione, ma anche dalla presenza di opportunità.”

Obama ha ricordato che, purtroppo, i suoi poteri personali riguardo alle carceri sono assai limitati, dal momento che spetta al Congresso e ai parlamenti dei singoli stati di fare le leggi riguardanti il sistema carcerario.

Qualche speranza suscita il fatto che è stata preparata per il Congresso una proposta di legge, il SAFE Justice Act, che dovrebbe, tra altre cose, eliminare il limite minimo di condanna per piccoli reati di droga, e creare quei programmi di rieducazione all’interno del carcere che hanno dimostrato la loro efficacia nel ridurre la recidività. Leggi migliorative recentemente hanno fallito: speriamo che questa passi.

L’ex presidente Bill Clinton nel 1994 aveva promosso la legge che giocò un ruolo determinante per l’immenso incremento della detenzione di giovani Americani. Quale segno di un probabile cambiamento di tendenza, vi è la dichiarazione del medesimo Clinton del 15 luglio: “Firmai una legge che ha peggiorato il problema. E desidero ammetterlo.”

È davvero tempo che gli Americani si attivino per riorganizzare il sistema penale del loro Paese, iniziando con il ridimensionamento delle pene,la cui entità dovrebbe corrispondere all'entità dei rati.Aggiungiamo l'auspicio che, dopo aver capito quanti errori in passato sono stati commessi relativamente alle condanne per modeste infrazioni, il loro punto di vista si allarghi a prendere in considerazione anche l’abolizione della pena di morte, che costituisce il limite estremo dell’ingiustizia.  (Grazia)

 

15) CONDANNATO UN EX SOLDATO NAZISTA CHE LAVORÒ AD AUSCHWITZ

 

Il giudice tedesco Franz Kompisch il 15 luglio ha parlato per un'ora e un quarto pronunciando la sentenza a carico di Oskar Gröning, un membro delle SS che lavorò dal 1942 al 1944 nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau.

Il giorno precedente l'accusato, molto fragile fisicamente ma mentalmente presente, aveva fatto la sua apologia: si era detto "veramente addolorato". All'inizio del processo aveva ammesso la complicità morale nell'Olocausto, ma non aveva chiesto perdono. Il 1° luglio si era rivolto ancora alla Corte dicendo che il male dell'Olocausto fu troppo grande per renderlo degno di un perdono da parte di qualsiasi persona ma solo di Dio.

Il processo a carico del 94-enne Gröning si è svolto nelle cittadina di Lüneburg ed è durato 12 settimane.

Nessuno dei 67 anziani tedeschi che costituivano le parti lese era presente al momento della sentenza.

La condanna inflitta dal giudice Kompisch supera la richiesta dell'accusa (tre anni e mezzo di reclusione) ed è stata inflitta per 'complicità nell'uccisione di 300.000 ebrei ungheresi' che furono portati nel campo nell'estate del 1944.  L'avvocato difensore di Oskar Gröning aveva chiesto il proscioglimento del proprio cliente.

"C'è un punto che dobbiamo tenere ben chiaro:" ha detto il giudice a Gröning, "aderire alle SS e dedicarsi ad un "sicuro lavoro d'ufficio" ad Auschwitz "fu una sua decisione". Aggiungendo: "Una decisione probabilmente suggerita dalle circostanze, ma lei era libero di scegliere altrimenti."

Il compito del giovanissimo Oskar Gröning, impiegato di banca nella vita civile, fu quello di ritirare il denaro e i preziosi dai prigionieri in arrivo al campo. Ha raccontato particolari raccapriccianti di quello che avveniva ad Auschwitz-Birkenau ai danni degli ebrei destinati allo sterminio.

Anche se non è stato accusato di aver gassato i prigionieri, dal processo è venuto fuori che Gröning aveva conosciuto abbastanza violenza e crudeltà da avere una chiara comprensione degli omicidi di massa compiuti nel campo situato nella Polonia occupata. (1).

Cornelius Nestler, avvocato delle parti lese, ha affermato che il caso ha stabilito che tutti coloro che cooperarono nel portare avanti le attività del campo avevano la loro parte di responsabilità.

Secondo gli esperti, su 6.500 SS che lavorarono ad Auschwitz ne sono state condannate solo 49.

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(1) Vedi: http://www.nytimes.com/2015/04/22/world/europe/oskar-groning-auschwitz-birkenau-guard-trial.html?_r=0

 

 

16) AMNESTY 20 ANNI DOPO SREBRENICA

 

L'11 luglio, ventesimo anniversario della strage diSrebrenica nella ex Jugoslavia (*), avvenuta tra il 10 e l'11 luglio 1995, con un bilancio ufficiale di 8.372 vittime, Amnesty International ha emesso un duro comunicato di cui riportiamo qui un estratto. Tre giorni prima la Russia aveva posto il veto su una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che avrebbe attribuito ufficialmente all'orribile evento la qualifica di 'genocidio'.

 

Né giustizia né verità per le vittime del genocidio e le loro famiglie

Mentre il mondo ricorda oggi il 20esimo anniversario del genocidio di Srebrenica, in cui furono uccise oltre 8.000 persone, Amnesty International ha sottolineato che migliaia di famiglie delle vittime continuano a essere private della giustizia, della verità e della riparazione.

"Due decenni dopo che il mondo girò lo sguardo di fronte al peggiore crimine commesso sul suolo europeo dal 1945, le famiglie delle vittime del genocidio di Srebrenica attendono ancora giustizia" ha dichiarato John Dalhuisen, direttore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International.

"Anziché sbiadire col tempo, la necessità che tutte le autorità della Bosnia ed Erzegovina riconoscano questi crimini e chiedano scusa è più urgente che mai. Più i colpevoli godranno dell'impunità e i morti resteranno nelle fosse comuni, più questa dolorosa ferita continuerà ad alimentare perico­lose e profonde divisioni nazionali" ha aggiunto Dalhuisen. Sono trascorsi 20 anni da quando le forze serbo-bosniache entrarono nell'enclave di Srebrenica, designata "zona protetta" dalle Nazioni Unite, e passarono sommariamente per le armi migliaia di uomini e ragazzi musulmano-bosniaci. La sorte di oltre 1.000 di essi rimane ancora sconosciuta.

Quasi 7.000 corpi sono stati riesumati, identificati e sepolti: tra questi, 421 bambini, un neonato e una donna di 94 anni. [...]

Le politiche ufficiali e le leggi non riconoscono il genocidio di Srebrenica, al quale non vi è alcun riferimento persino nei programmi scolastici. Il processo di riconciliazione non ha fatto passi avanti e le divisioni tra i gruppi nazionali all'interno della Bosnia ed Erzegovina proseguono.

Nonostante i procedimenti avviati dal Tribunale penale per l'ex Jugoslavia nei confronti dei prin­cipali ideatori del genocidio di Srebrenica Radovan Karadzic, Ratko Mladic e Slobodan Milosevic e la condanna di altri 74 imputati, il numero dei casi giudiziari irrisolti è estremamente lungo. I procedimenti per crimini di diritto internazionale nei tribunali della Bosnia ed Erzegovina sono molto lenti. In assenza della necessaria volontà politica, la stragrande maggioranza delle persone sospettate di crimini di guerra e crimini contro l'umanità non verrà mai chiamata a rispondere del suo operato.

[...] "Srebrenica non è solo un cupo ricordo della depravazione degli esseri umani ma è anche la testimonianza del fallimento della comunità internazionale, che non seppe impedire un genocidio che avveniva sotto i suoi occhi" ha sottolineato Dalhuisen. [...]   Roma, 11 luglio 2015

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(*) Per avere ulteriori informazioni in merito, v. n. 131

 

 

17) LA TORTURA C’E’. LA LEGGE IN ITALIA ANCORA NO di Roberto Fantini (*)

 

Il 7 luglio si è appreso di nuove modifiche del disegno di legge sul reato di tortura: la maggiore preoccupazione è di non indisporre le forze dell'ordine. Ma le modifiche rimandano sine die l'approvazione della legge da parte dei due rami del Parlamento. Il fatto che il Parlamento italiano meni il can per l'aia da quasi 30 anni evitando di approvare una legge che punisca la tortura in quanto tale ci sbalordisce e ci indigna (**). Pubblichiamo qui un ottimo articolo di Roberto Fantini del giugno scorso che ci sembra illustrare bene la questione. L'inammissibile esplicita presa di posizione di un sindacato di polizia ci aiuta a capire una ragione dello scandaloso ritardo (***).

 

L’Italia ha aderito a numerosi strumenti internazionali in cui il divieto di tortura risulta perentoriamente espresso: la Dichiarazione universale dei diritti umani, il Patto sui diritti civili e politici, la Convenzione dell'Onu contro la tortura, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti fondamentali e la Convenzione europea per la prevenzione della tortura.

Fra tutti questi documenti, la condanna nei confronti della tortura è argomentata con particolare cura e categoricità dalla Convenzione dell'Onu contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti (1), che l'Italia ha ratificato nell’oramai lontanissimo novembre del 1988 e che non si limita a mere enunciazioni di principio o a ottimistiche esortazioni, ma impone agli stati l'obbligo di considerare la tortura in quanto reato.

In palese contraddizione con le direttive discendenti dal diritto internazionale, però, il no­stro ordinamento continua a non possedere una norma che recepisca tale disposizione.

Dal primo disegno di legge, infatti, presentato dal senatore Nereo Battello il 4 aprile del 1989 (su­bito dopo la ratifica della Convenzione) e da quello immediatamente successivo, presentato il 19 febbraio 1991 da Franco Corleone, numerosi sono stati i tentativi di introdurre il reato di tor­tura attraverso proposte di legge che purtroppo, per diversi motivi, non sono mai giunte all'ap­provazione definitiva.

Nella XVI legislatura ci sono state addirittura ben 12 proposte di legge, senza che nessuna di esse riuscisse ad approdare neppure al dibattito in uno dei due rami del Parlamento.

L'attuale legislatura, la XVII, ha visto sin da subito interessanti proposte di legge in tema di reato di tortura. La discussione dei diversi testi è iniziata al Senato il 22 luglio 2013, per poi dar vita a un testo unificato presentato il 17 settembre alla relativa commissione Giustizia e approvato definitivamente in assemblea il 5 marzo 2014 con voto quasi unanime. (2)

Ma problemi su problemi sono continuati a sorgere e, ancora una volta, dopo alterne vicende e dopo tante speranze, tutto sembra destinato ad impantanarsi.

In merito alla situazione venutasi a delineare, ci siamo rivolti nuovamente a Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, associazione sempre in prima linea in questa civilissima battaglia (3).

 

Patrizio, benché sia le Nazioni Unite che il Consiglio d’Europa abbiano definito la tortura “crimine contro l’umanità” e benché, solo in quest’ultimo anno, sia le Nazioni Unite, durante la Revisione Periodica Universale, sia la Corte europea dei diritti umani per il caso Diaz (4) ci abbiano chiesto di colmare tale mancanza, questa legge, tanto attesa, e che, fino a poco fa, sembrava in "dirittura d’arrivo", appare ancora sospesa nella più grande incertezza. Come ci dobbiamo spiegare questa nuova battuta d’arresto?

Oramai siamo abituati a un pericoloso ping pong parlamentare. Aspettiamo questa legge dal 1988. Siamo nel 2015. La melina è prodotta da un senso di paura da parte delle forze politiche di inimicarsi il “partito” della Polizia. Purtroppo vi è ancora un forte condizionamento o meglio un auto-condizionamento. Il Prefetto Pansa, capo della Polizia, non si è infatti opposto alla codificazione del reato. Esiste però chi vuole scavalcarlo nell'interpretare i desiderata dei poliziotti. Il reato di tortura consentirebbe di distinguere chi si muove nel solco della legalità da chi, invece, commette un crimine sanzionato dalla comunità internazionale.

E come giudicare le recenti affermazioni di Salvini (subito supportate da altri esponenti della destra nostrana), secondo cui le forze d polizia dovrebbero sempre godere di "libertà assoluta"?

Si tratta di dichiarazioni espressione di un populismo penale ben noto. La teoria delle mani libere è quella che ha prodotto Abu Ghraib o Guantanamo. Non è deterrente rispetto alla commissione dei reati. La sperimentò Rudolph Giuliani. Divenuto nel 1993 sindaco di New York, Rudolph Giuliani, un passato da procuratore e poliziotto, è stata la nuova icona della amministrazione della sicurezza pubblica nelle città. Sindaci e ministri, di destra e di sinistra, americani ed europei si sono ispirati alla sua dottrina delle mani sporche, non diversa da quella anti-terroristica, post attentato alle Torri Gemelle. Rudolph Giuliani è il politico che ha fatto della “tolleranza zero” una filosofia di comportamento pubblico. […] I poliziotti erano addestrati a un corpo a corpo violento. La polizia si metteva al servizio della politica che in questo modo cercava facile consenso. […] Non è un caso che, quando Rudolph Giuliani si candidò alle presidenziali nel 2008 contro John McCain, in riferimento alla legittimità della pratica del waterboarding, durante i lavori di un forum che si teneva nella città di Davenport, disse che lui, tutto sommato, apprezzava e condivideva la tecnica degli interrogatori aggressivi nei confronti delle persone sospette di terrorismo. La teoria delle mani libere, dunque, non previene i reati e tracima verso la tortura.

E cosa occorrerebbe rispondere alla tesi sostenuta dal SAP (Sindacato Autonomo di Polizia) (5), secondo cui il fatto che la legge possa contemplare anche "sofferenze di natura psicologica", rappresenterebbe un colossale regalo ai delinquenti e a coloro che desiderano "dare una lezione" alla polizia?!

Ma, allora, che dire di quelle sofisticate forme di tortura quali la deprivazione del sonno, la minaccia di morte ai familiari, l'isolamento sensoriale?

Distinguere la sofferenza fisica da quella psichica è anti-moderno, a-scientifico, scorretto.

 

RIFERIMENTI

(1)

http://www.flipnews.org/flipnews/index.php?option=com_k2&view=item&id=6878:universalmente-bandita-universalmente-praticata-si-chiama-tortura-diamole-uno-%E2%80%9Cstop%E2%80%9D&Itemid=76

(2)

http://www.flipnews.org/flipnews/index.php?option=com_k2&view=item&id=6620:legge-contro-la-tortura?-forse-ci-siamo&Itemid=76

(3)

http://www.flipnews.org/flipnews/index.php?option=com_k2&view=item&id=5949:tre-leggi-per-la-giustizia-e-i-diritti-tortura-carceri-droghe&Itemid=76

(4)

http://www.flipnews.org/flipnews/index.php?option=com_k2&view=item&id=7357:strasburgo-condanna-l%E2%80%99italia-torture-alla-diaz&Itemid=70

http://www.flipnews.org/flipnews/index.php?option=com_k2&view=item&id=5418:sentenza-diaz-l%E2%80%99analisi-disincantata-di-un-testimone-vittima&Itemid=76

http://www.flipnews.org/flipnews/index.php?option=com_k2&view=item&id=5411:sentenza-diaz-lacune-da-colmare&Itemid=76

http://www.flipnews.org/flipnews/index.php?option=com_k2&view=item&id=5403:sentenza-diaz-il-caso-e%E2%80%99-chius&Itemid=76

http://www.flipnews.org/flipnews/index.php?option=com_k2&view=item&id=6050:inferno-bolzaneto-confermate-dalla-cassazione-le-gravi-responsabilita%E2%80%99-per-le-violazioni-dei-diritti-umani&Itemid=76

(5) http://www.sap-nazionale.org/flash_speciale.php

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(*) L’articolo originale di Roberto Fantini, di cui qui riportiamo un’ampia sintesi, è pubblicato nel sito della FLIP - Free Lance International Press

(**) V. nn. 219, 221 e nn. ivi citati.

(***) V. in particolare l'articolo cui si accede dall'ultimo link, il (5)

 

 

18) FERNANDO EROS CARO CI SCRIVE DAL BRACCIO DELLA MORTE

 

                                                                                                                                  San Quentin, 21 agosto 2015

Carissima Grazia, 

ho ricevuto due lettere da te, del 5 e dell’11 agosto. Concordo: la consegna della posta funziona peggio in agosto. Sto cominciando a ricevere adesso risposte a lettere che scrissi agli inizi di luglio.

Ho anche ricevuto moltissime cartoline da persone in Italia che non mi avevano mai scritto prima. Con parole di amicizia e auguri. Non so chi ci sia dietro a tutto questo, se tu o Marco. J Fa piacere ricevere cartoline da persone che sanno che esisto!

Mi sono reso conto che indirettamente ho toccato il cuore di tante persone pur non avendole mai incontrate, e che mi hanno accettato, nonostante la mia situazione. Non dobbiamo mai smettere di manifestare ciò che abbiamo nel cuore! C’è un detto, “Sii come il sole e la tua luce scalderà la terra”. Quando sento il battito del cuore degli altri, so di non essere solo!

Si può trovare conforto se si guarda il mondo col cuore, oltrepassando il velo dei nostri muri immaginari!

Il caldo si è un po’ placato nella zona in cui mi trovo, ma l’umidità è ancora elevata. L’altro giorno ho fatto i miei soliti esercizi durante l’ora d’aria nel cortile e ho sudato un sacco! Ho bevuto più acqua del solito. Per fortuna se non altro la prigione non ha posto un limite sulla quantità di acqua che possiamo bere! Ci sono ancora molti incendi qui, e il governatore dice che ce ne saranno altri. La California avrebbe proprio bisogno di impregnarsi di acqua, ma non ci sono previsioni di piogge nel breve termine.

Sono felice di sapere che il libro è stato pubblicato e che potete iniziare a venderlo! Non vedo l’ora di vederlo. Non l’ho ancora ricevuto, ma sono sicuro che sia per strada e che mi arriverà presto!      

Con affetto Nendy

 

 

19) VISITA AL MUSEO DI SAN QUENTIN

 

Il giornalista californiano Chris Hambrick di Radio KALW, recandosi in visita al museo del carcere di San Quentin, nota che l'esterno del museo, un grande edificio in stile Tudor circondato da un bel giardino, non dà l'impressione di essere in un penitenziario.

La guardia all'ingresso scherza e sorride. Lì attendono due guide: Jeff Craemer, curatore del museo e Sam Robinson un ufficiale addetto all'informazione.

Come prima cosa le guide mostrano le foto di tutti gli ex direttori del carcere ritratti alla loro scrivania. E pretendono che si indovini chi sia, tra tutti costoro, il direttore fotografato al suo posto di lavoro dopo essere stato ucciso e prima di essere portato via!

Si passa al cappio che impiccò James, detto 'Serpenteasonagli' perché uccise le sue sei mogli con serpenti. Dopo la descrizione dell'impiccato, un commento sull'esecuzione: "molto ben riuscita". Lo spirito macabro non manca mai!

La camera a gas ha sostituito il 'cappio'. Ci si sposta per osservare gli oggetti esposti: per primo un modellino in metallo di un verde brillante a forma ottagonale con porta, finestre e un tetto a punta con all'interno due "sedie" per esecuzioni singole, o multiple come avvenne 22 volte.

Oltre agli oggetti proibiti, 'contrabbandati' in carcere, si possono vedere un gran numero di armi bianche autocostruite con gli oggetti più incredibili (shivs): cacciaviti, limette per unghie...: alcuni carcerati accantonano qualsiasi cosa si possa  utilizzare come arma.

Robinson è in  grado di raccontare una storia a proposito di ciascun oggetto esposto. Anche per la riproduzione dell'arma costruita con carta bagnata e poi essiccata che fu usata per uccidere l'ultimo dipendente del carcere in ordine di tempo. La parte cartacea finiva con una punta metallica. Un detenuto stava dentro alla sua cella e attraverso le sbarre pugnalò al cuore il malcapitato che gli passava davanti.

Vi è poi una sezione dedicata alla vita in carcere.

Per dare un' idea di come si passa la maggior parte del tempo lì, c'è la riproduzione esatta di una cella: stretta e lunga. Basta allargare le braccia per toccare le due pareti!

È facile immaginare come l'essere confinati in un buco simile vi facca sognare un'evasione.

Le guide amano raccontare fatti e avventure legate al carcere: è la loro vita. Ma mentre si è lì è bello sapere che si tratta solo di una visita e che dopo si può andar via!

 

 

20) "LA PENA DI MORTE NEL MONDO", RAPPORTO DI NESSUNO TOCCHI CAINO

 

L'associazione radicale Nessuno tocchi Caino ha pubblicato il Rapporto 2015 sulla pena di morte nel mondo. Riportiamo la presentazione del rapporto, datata 31 luglio 2015, così come appare nel sito dell'associazione.

 

L’evoluzione positiva verso l’abolizione della pena di morte in atto nel mondo da oltre quindici anni, si è confermata nel 2014 e nei primi sei mesi del 2015.

I Paesi o i territori che hanno deciso di abolirla per legge o in pratica sono oggi 161. Di questi, i Paesi totalmente abolizionisti sono 103; gli abolizionisti per crimini ordinari sono 6; quelli che attuano una moratoria delle esecuzioni sono 6; i Paesi abolizionisti di fatto, che non eseguono sentenze capitali da oltre dieci anni o che si sono impegnati internazionalmente ad abolire la pena di morte, sono 46.

I Paesi mantenitori della pena di morte sono scesi a 37 (al 30 giugno 2015) rispetto ai 39 del 2013. Nel 2014, i Paesi che hanno fatto ricorso alle esecuzioni capitali sono stati 22, come nel 2013 e 2012, mentre erano stati 20 nel 2011, 22 nel 2010, 19 nel 2009 e 26 nel 2008.

Nel 2014, le esecuzioni sono state almeno 3.576, a fronte delle almeno 3.511 del 2013, delle almeno 3.967 del 2012, delle almeno 5.004 del 2011, delle almeno 5.946 del 2010, delle almeno 5.741 del 2009 e delle almeno 5.735 del 2008. Il lieve aumento delle esecuzioni nel 2014 rispetto al 2013 si giustifica con l’incremento registrato in Iran e in Arabia Saudita.

Nei primi sei mesi del 2015, almeno 2.229 esecuzioni sono state effettuate in 17 Paesi e territori.

Nel 2014 e nei primi sei mesi del 2015, non si sono registrate esecuzioni in 5 Paesi – Botswana, India, Kuwait, Nigeria e Sudan del Sud – che le avevano effettuate nel 2013.

Viceversa, 7 Paesi, che non avevano effettuato esecuzioni nel 2013, le hanno riprese nel 2014: Bielorussia (almeno 3), Egitto (almeno 15), Emirati Arabi Uniti (1), Giordania (11), Guinea Equato­riale (9), Pakistan (7) e Singapore (2). Altri 2 Paesi, che non avevano effettuato esecuzioni nel 2014, le hanno riprese nei primi sei mesi del 2015: Bangladesh (2) e Indonesia (14).

Nel 2014 e nei primi sei mesi del 2015, è probabile che esecuzioni “legali” siano avvenute in Siria e Sudan del Sud, e in Vietnam e Yemen nei primi sei mesi del 2015, anche se non è possibile con­fermarlo.

Nel 2014 e nei primi sei mesi del 2015, altri 9 Paesi hanno rafforzato ulteriormente il fronte a va0rio titolo abolizionista: Costa d’Avorio, Figi, Madagascar e Suriname hanno abolito totalmente la pena di morte; Gabon ed El Salvador hanno aderito al Secondo Protocollo Opzionale al Patto Inter0nazionale sui Diritti Civili e Politici per l’abolizione della pena di morte; il Libano ha superato i dieci anni senza effettuare esecuzioni e quindi può essere considerato un abolizionista di fatto; la Guinea Equatoriale ha stabilito una moratoria legale della pena di morte.

Negli Stati Uniti, nel maggio 2015 il Nebraska è diventato il diciannovesimo Stato della federa­zione ad abolire la pena di morte e il settimo a farlo negli ultimi otto anni. In altri quattro Stati – Washington, Colorado, Pennsylvania e Oregon – i Governatori hanno sospeso le esecuzioni a causa degli evidenti difetti che connotano il sistema capitale.

Inoltre, nel 2014 e nei primi sei mesi del 2015, ulteriori passi politici o legislativi verso l’abolizione o la moratoria di fatto della pena capitale si sono verificati in 41 Paesi.

Sul fronte opposto, come abbiamo visto, 7 Paesi, che non avevano effettuato esecuzioni nel 2013, le hanno riprese nel 2014, in alcuni casi dopo molti anni di sospensione. Altri 2 Paesi, che non ave0vano effettuato esecuzioni nel 2014, le hanno riprese nei primi sei mesi del 2015. Inoltre, nel 2014 e nei primi sei mesi del 2015, alcuni passi indietro politici o legislativi verso il ripristino della pena di morte e la ripresa delle esecuzioni sono stati fatti nei seguenti Paesi: Maldive, Papua Nuova Guinea e Kiribati.

 

 

21) NOTIZIARIO

 

Louisiana. Morto Glen Ford innocente liberato dal braccio della morte dopo 30 anni. Glen Ford, un nero che ha passato quasi 30 anni nel braccio della morte della  Louisiana, fu rilasciato l'anno scorso dopo che l'accusa  giudicò credibili le nuove prove di innocenza, scoperte dopo de0cenni di inutili appelli (v. n. 213). Marty Stroud III che condusse sbrigativamente  l'accusa nel pro­cesso contro Glen Ford ha affermato in un articolo per il The Shreveport Time cheGlen Ford era un uomo innocente, assumendosi tutta la responsabilità per averlo fatto condannare a suo tempo e chiedendo perdono. Ed ha anche definito la pena di morte un abominio. Ora William Most, avvo0cato di Ford, ha fatto sapere che Glen Ford è morto il 30 giugno per un  cancro ai polmoni scoperto subito dopo il suo rilasciò a marzo dell'anno scorso. Aveva 65 anni. Era alloggiato presso un'asso0ciazione caritativa chiamata "Resurrezione dopo l'esonerazione" che assiste i prigionieri liberati. Ford passò  esattamente 29 anni, 3 mesi e 5 giorni dietro le sbarre del terribile penitenziario di Angola, per la maggior parte del tempo in isolamento per 23 ore al giorno.

 

Missouri. Enormi disparità razziali nelle esecuzioni capitali. Da uno studio condotto sul Missouri presso l'Università della Carolina del Nord a Chapel Hill, apprendiamo che in quello stato un criminale che uccide una vittima bianca ha una probabilità  di essere messo a morte pari a 7 volte quella che ha chi uccide una vittima nera. Gli assassini di una donna bianca hanno una probabilità di essere messi a morte pari a 14 volte quella di chi uccide un nero. Lo studio ha inoltre mostrato che le vittime bianche sono meno del 40%, ma che l'81% di coloro che vengono messi di morte hanno ucciso una persona bianca (v. http://www.unc.edu/~fbaum/articles/MissouriExecutions-2015.pdf ) Analoghe disparità riguardo alla razza di chi riceve condanne capitali si verificano negli altri stati USA che hanno la pena di morte.

 

Pakistan. Per impiccare una persona guadagna 4 euro, e di impiccagioni campa. Sappiamo che dopo la fine della moratoria  sulla pena di morte (v. nn. 220, 221), dal dicembre scorso il Pakistan impicca in media più di una persona al giorno. Molte di queste esecuzioni avvengono nella grande regione del Punjab per mano di un  boia di professione di nome Sabir Masih. A tutt'oggi sono state eseguite oltre 300 impiccagioni dopo la fine della moratoria e il Punjab può vantare il più alto numero di esecuzioni del paese. Sabir Masih, uno dei soli due boia in servizio in Punjab, viaggia da nord a sud ovunque il governo lo invii,  sostenendo persino le spese di viaggio se il penitenziario non le paga. Se deve eseguire più di un'impiccagione si mette d'accordo col carcere per un forfait. Il suo è un mestiere di famiglia, anche il padre faceva il boia e il nonno impiccava per il governo coloniale in­glese per 20 rupie pakistane a prestazione. Sabir ha impiccato personaggi famosi e anche se non è stato ancora minacciato, ha paura di ritorsioni. Tutto questo per 500 rupie (pari a poco più di 4 euro) ad impiccagione che fanno circa 15.000 rupie al mese.  

 

Pakistan. Malala maturata a pieni voti. Malala Yousafzai, l'attivista per l'istruzione delle donne vincitrice del premio Nobel per la pace nel 2014, che i Talebani tentarono di uccidere nel 2012 all'uscita di scuola nel Nord Waziristan in Pakistan (v. nn. 207, 217), ha ormai 18 anni ed ha conseguito nel mese di agosto il diploma di maturità a pieni voti alla Edgbaston High School di Birmin­gham. I suoi genitori sono ovviamente felici e orgogliosi della loro simpatica e coraggiosissima figlia, la cui popolarità è ulteriormente aumentata. Nel contempo, però, è aumentato anche il pericolo per la sua vita. Secondo il quotidiano inglese Sun l’incolumità di Malala "è a rischio sin dal momento in cui è fallito il tentativo di ucciderla, ma le minacce sono cresciute in modo significativo parallelamente all’importanza del suo profilo". Secondo il Daily Mail, un’altra importante testata britannica, Malala è stata posta sotto scorta armata 24 ore su 24, "al livello di quella solitamente destinata a ministri e politici in visita ufficiale, dopo che vertici dello spionaggio hanno messo in guardia su un aumentato pericolo per la sua vita". Per una diciottenne dev'essere un gran sacrificio dover rinunciare a una vita normale per la sua età, ma Malala ha fatto scelte da adulta da quando si è votata alla sua giustissima e importantissima causa: l'istruzione per le donne.

 

22) !!!!!! PRONTO E IN VENDITA IL LIBRO DI FERNANDO !!!!!!

 

È appena stato stampato il libro di Fernando Eros Caro “Non smettete mai di sognare”, la cui redazione è stata curata dal nostro Comitato: si tratta dello scambio epistolare tra il nostro amico Fernando e la nostra socia Grazia Guaschino in un  periodo di sette anni, a partire dal 2008. Vi si trovano molti scritti che sono comparsi nel Foglio di Collegamento del Comitato, ma anche tanti scritti inediti.

Come molti di voi sanno, Fernando, nativo americano di origine Yaqui, si trova nel braccio della morte della California dal 1982. Nel 2000 ha ottenuto un nuovo processo per l'inflizione della pena: una giuria dovrà scegliere tra una nuova condanna a morte e l'ergastolo.

Nel corso dei decenni Fernando ha maturato ed affinato la sua personalità. È saggio e buono, rivela una notevole forza psicologica e morale. I suoi scritti sono lo specchio della sua luce interiore e tutti possono trarre, dalla lettura delle sue parole, spunti di meditazione e di miglioramento.

Fernando inoltre dipinge benissimo e, tra le pagine del libro, troverete anche la riproduzione in bianco e nero di sette suoi bellissimi quadri, che potrete presto anche ammirare a colori nel sito del Comitato.

Fernando ha voluto generosamente donare al Comitato i proventi della vendita del libro, pertanto tutto il guadagno che ne ricaveremo sarà devoluto all’aiuto dei condannati a morte e per la causa abolizionista.

I quadri di Fernando riprodotti nel libro sono in vendita e il ricavato andrà a lui, come meritato ri­conoscimento per la sua collaborazione e per la sua grande e sincera amicizia.

Vi invitiamo a comprare almeno due copie del libro (ogni copia costa solo 10 Euro!): una per voi e una da regalare ai vostri amici o conoscenti. Non prestate il vostro libro, troppo spesso succede che i libri prestati non vengano restituiti!

Per ordinare le copie del libro potete inviate una mail di richiesta a prougeau@tiscali.it

 

Il libro vi verrà spedito subito e voi potrete pagare il dovuto con bonifico sul c. c. postale 45648003 intestato al Comitato Paul Rougeau, eventualmente facendo un bonifico con l' IBAN IT31Q0760112600000045648003 , specificando la causale.

La pagine sono ancora fresche di stampa, non aspettate! Magari pensate già anche ad un ori­ginale regalo di Natale per i vostri amici e parenti.

 

Fernando Eros Caro,“Non smettete mai di sognare - Lettere dal braccio della morte della California”, a cura del Comitato Paul Rougeau, Edizioni Pellicano, sett. 2015, pagg. 147, 10 €

 

Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 1° settembre 2015

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