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FOGLIO  DI COLLEGAMENTO  INTERNO

 

DEL COMITATO PAUL ROUGEAU

 

Numero 315  -  Febbraio 2024

Robert Badinter

SOMMARIO:

1) Muore Robert Badinter che fece abolire la pena di morte in Francia

2) Ivan Cantu è stato condannato a morte e ‘giustiziato’ in Texas

nonostante la sua pressoché certa innocenza

3) L’Idaho non riesce ad uccidere Thomas Creech

4) Il Parlamento europeo condanna l'aumento delle esecuzioni in Iran

1) MUORE ROBERT BADINTER CHE FECE ABOLIRE LA PENA DI MORTE IN FRANCIA

 

Mentre nei paesi liberi l’abolizione della pena di morte è quasi ovunque la regola - osservava Robert Badinter - nei paesi dittatoriali la pena capitale è sempre praticata: “Non si tratta di una semplice coincidenza, bensì di una correlazione.”

 

Robert Badinter, avvocato francese ed ex ministro della Giustizia, che guidò la lotta per l'abolizione della pena di morte in Francia e divenne una delle figure intellettuali più rispettate del Paese, è morto il 9 febbraio scorso. Aveva 95 anni.

“Robert Badinter non ha mai smesso di sostenere l'Illuminismo”, ha scritto il presidente francese Emmanuel Macron sui social media, acclamandolo come una “figura del secolo” che incarna lo “spirito francese”.

Badinter fu per decenni uno stimato avvocato difensore, ma è noto soprattutto per aver promulgato la legge del 1981 che ha abolito la pena capitale in Francia, uno dei suoi primissimi atti come Ministro della Giustizia nel governo socialista del presidente François Mitterrand.

“Domani, grazie a voi, la giustizia francese non sarà più una giustizia che uccide”, disse Badinter ai legislatori nel 1981, in un lungo infuocato discorso in difesa della legge.

Ci riuscì nonostante l’ampio sostegno del pubblico dell’epoca alla pena di morte. La lotta contro la pena capitale è stata al centro della sua difesa permanente dei diritti umani contro l’oppressione e la crudeltà.

Nato a Parigi, figlio di immigrati ebrei provenienti dalla Bessarabia, una regione dell'Europa orientale che ora si trova a cavallo tra Moldavia e Ucraina, Badinter crebbe nel rispetto dei valori liberali e della tolleranza della repubblica francese.

Ma nel 1943, quando aveva 15 anni, suo padre, Simon, fu arrestato dalla Gestapo a Lione, deportato in Germania, e non tornò mai più dai campi di sterminio nazisti. Anche molti altri membri della sua famiglia, inclusa una delle sue nonne, furono uccisi dai nazisti.

Durante l'ultima parte della guerra, Robert Badinter, sua madre e suo fratello cercarono rifugio nella regione francese della Savoia sotto false identità per motivi di sicurezza.

Robert comprese da questi tragici eventi che non erano i principi della repubblica francese ad essere falsi, ma che era necessaria una vigilanza costante per onorarli e difenderli. Il governo francese di Vichy in tempo di guerra, che collaborò con i nazisti nella deportazione degli Ebrei, costituì il tradimento gravissimo della repubblica.

Definendosi "repubblicano, laico ed ebreo", Badinter portò con sé per il resto della sua lunga vita il segno della perdita della sua famiglia in un momento di tradimento francese.

"Sono francese, ebreo francese: le due cose non possono essere dissociate", disse nel 2018. "Queste non sono solo parole, questa è la realtà vissuta".

Dopo la guerra egli proseguì gli studi in giurisprudenza, completandoli infine negli Stati Uniti.

Dal 1950 al 1980 lavorò come avvocato penalista, occupandosi di numerosi casi di alto profilo che lo portarono spesso in conflitto con la pena di morte.

Badinter insisteva sul fatto che la Francia non è la "patria dei diritti dell'uomo”, ma è invece "la patria della Dichiarazione dei diritti dell'uomo". Questa parola in più è fondamentale: non è mai sufficiente dichiarare questi diritti universali, insomma, ma è invece sempre necessario anche difendere ed estendere tali diritti.

Questo è stato l’imperativo etico e storico che portò Badinter, dopo essere entrato in carica come ‘guardasigilli’ o ministro della Giustizia sotto il presidente François Mitterrand, a lottare per l’abolizione della pena di morte in Francia. Quando era ancora un avvocato praticante, aveva preso in carico il caso di Patrick Henry, colpevole di aver ucciso un bambino che aveva rapito. Badinter lo difese per la ragione più ovvia e difficile: il comandamento “non uccidere” deve valere per tutti, qualunque cosa abbiano fatto e quali che siano le giustificazioni dello Stato. “Non credete di difendere la società con questi mezzi sanguinosi”, disse ai giurati riferendosi alla ghigliottina. “Se tagliate quell'uomo in due, non dissuadete nessuno.”

Un altro suo cliente fu Roger Bontems, un detenuto che aveva aiutato un compagno di cella a prendere in ostaggio una guardia e un'infermiera e a tagliare loro la gola nell'infermeria della prigione. Bontems non aveva brandito il coltello, ma finì comunque alla ghigliottina, i suoi appelli alla clemenza furono respinti dai tribunali e dal presidente Georges Pompidou di fronte alla furia pubblica.

Badinter fu testimone, all'alba, della decapitazione di Bontems, uno spettacolo morboso che lo trasformò da avvocato a crociato. “Una cosa è avere una convinzione intellettuale e un'altra cosa è l'ingiustizia”, disse a un intervistatore nel 2005, aggiungendo in seguito: “Ho visto un uomo, in nome della giustizia, fatto a pezzi. Non potevo accettare questa idea di giustizia. È il contrario della giustizia. E da allora sono diventato un militante.”

Qualche anno dopo, quando Badinter presentò la sua causa davanti all'Assemblea Nazionale per l'abolizione della pena di morte, parlò per quasi 2 ore. Sapeva che una larga maggioranza dei Francesi era ancora favorevole alla pena capitale, così come sapeva che ci sarebbero stati attacchi e insulti da parte dei partiti dell'opposizione. Eppure, nei video dell’evento, appare meno un ministro del governo e più un profeta biblico. In un momento chiave, Badinter alzò lo sguardo dal leggio e guardò direttamente i rappresentanti della nazione riuniti: “La questione che dobbiamo affrontare, come tutti sappiamo, è politica e soprattutto morale”. A queste sue parole nella camera calò il silenzio.

Mentre nei Paesi liberi l’abolizione è la regola quasi ovunque, osservava Badinter, nei Paesi dittatoriali la pena di morte è praticata ovunque. “Non si tratta di una semplice coincidenza, bensì di una correlazione. Il vero significato della pena di morte deriva dall'idea che lo Stato ha il diritto di disporre di un cittadino, fino al punto di togliergli la vita. Ecco perché questa pena fa parte dei sistemi totalitari.” Badinter concluse il suo discorso dichiarando: “Domani, grazie a ciascuno di voi, non condivideremo più la vergogna delle esecuzioni furtive all'alba nelle carceri francesi. Domani volteremo pagina, lasciando indietro le pagine sanguinose della nostra storia.”

Decenni dopo, in un'intervista del 2010 con il New York Times, si riferiva ancora alla ghigliottina come al “mio vecchio nemico”. Badinter fu ministro della Giustizia dal 1981 al 1986, per poi diventare presidente del Consiglio costituzionale francese, carica che ricoprì per nove anni. Servì anche al Senato come deputato socialista dal 1995 al 2011, e progressivamente divenne sempre più un fervente difensore dello stato di diritto.

Badinter era particolarmente vicino a Mitterrand e lavorò con lui alla trasformazione del Partito Socialista in un movimento di centrosinistra che abbandonasse la nazionalizzazione su larga scala delle industrie.

Ma non limitò la sua battaglia abolizionista alla Francia.

Nel 2022, ormai molto fragile e anziano, lanciò un guanto di sfida allo stato del Texas. In un video prodotto da Ensemble contre la Peine de Mort, un'organizzazione francese contraria alla pena capitale, chiese alle autorità del Texas di salvare la vita di Melissa Lucio, che nonostante diverse evidenti irregolarità nel suo processo, era stata condannata alla pena capitale nel 2008 per la morte della sua bambina di 2 anni. “Non fatelo”, dichiarò Badinter, “sarebbe un sacrilegio e, devo dire alla fine della mia vita, un'ingiustizia rivoltante che disonorerebbe lo stato del Texas”.

Melissa Lucio aspetta ancora nel braccio della morte che i tribunali del Texas decidano del suo destino.

Anche tante altre pagine della storia francese ed europea, dall'abolizione del reato di omosessualità alla fondazione della Corte penale internazionale, sono state scritte in gran parte da Badinter.

"Profondamente impegnato per la giustizia, sostenitore dell'abolizione, uomo di diritto e passione, lascia un vuoto che corrisponde alla sua eredità: incommensurabile", ha detto sui social media Éric Dupond-Moretti, attuale Ministro della Giustizia francese e lui stesso avvocato difensore di lunga data.

Purtroppo, però, la vera giustizia per la quale Badinter si è tanto battuto non è ancora stata ottenuta, neppure in Francia, dove il Paese si è rivelato ancora spaccato in due proprio in occasione dei funerali di questo grande uomo. Il 14 febbraio, infatti, la Francia ha reso omaggio con una cerimonia solenne a Robert Badinter, che così mirabilmente aveva rappresentato la coscienza della nazione, ma aspri conflitti politici hanno infranto ogni dimostrazione di unità.

La famiglia di Badinter aveva chiesto che né il partito di estrema destra Raggruppamento Nazionale di Marine Le Pen, né il partito di estrema sinistra France Unbowed, fondato da Jean-Luc Mélenchon, assistessero alla cerimonia.

Il Raggruppamento Nazionale della Le Pen, ex Fronte Nazionale, ha sposato molte delle opinioni più detestate da Badinter - antisemitismo, xenofobia, rifiuto dell'unità europea - quindi la richiesta della vedova di Badinter, Élisabeth Badinter, era forse prevedibile. Il partito ha rispettato la sua volontà.

Ma il duro rimprovero rivolto a Mélenchon, che, come collega socialista, è stato per molti anni al Senato con Badinter, è stato un chiaro indicatore della frammentazione della sinistra in Francia e dell’eclissi delle visioni socialdemocratiche moderate abbracciate dall’ex Ministro della Giustizia.

La bara di Badinter, avvolta nella bandiera francese, è stata portata in Place Vendôme, nel centro di Parigi, da 6 membri in uniforme della Guardia repubblicana, mentre il presidente Macron osservava.

“Era un'anima che gridava, una forza che vive e salva la vita dalle mani della morte”, ha detto Macron, che ha definito Badinter “un uomo che ha cercato di rendere la giustizia più umana e l’umanità più giusta”.

Tuttavia, il dibattito sulla pena capitale paradossalmente anche in Francia rimane irrisolto: la leader di destra Marine Le Pen, in testa ai sondaggi in vista delle elezioni presidenziali francesi del 2027, è favorevole a un referendum nazionale sul ripristino della pena di morte. Se ciò accadesse, sarebbe una prova per verificare se, nella visione di Badinter, prevarrà la giustizia o la vendetta. (Grazia)

2) IVAN CANTU È STATO CONDANNATO A MORTE E ‘GIUSTIZIATO’ IN TEXAS

NONOSTANTE LA SUA PRESSOCHÉ CERTA INNOCENZA

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Ivan Cantu

La pena di morte è orrenda, sempre. Ma che dire se viene ucciso un innocente? Riflettiamo sul caso di Ivan Cantu che ha ricevuto l’iniezione letale in Texas il 28 febbraio u. s.

 

Il 28 febbraio il Texas ha messo a morte il cinquantenne Ivan Cantu, dopo 23 anni di detenzione, nonostante la sua pressoché certa innocenza, dimostrata da svariati fattori. Questo perché i blocchi procedurali non hanno permesso di ricorrere alla Corte federale degli Stati Uniti e la clemenza da parte del Governatore e della Commissione per le Grazie (chissà poi perché la chiamano così…) è stata negata.

Ivan Cantu era stato riconosciuto colpevole e condannato a morte nel 2001 per l'omicidio di suo cugino e della sua fidanzata nel 2000.

Le discrepanze in una testimonianza chiave, la ritrattazione di un altro testimone e il rimorso di due giurati hanno messo in forte dubbio la giustizia della sua condanna.

“Fin dal primo giorno c’era tutto per indagare sul caso e dimostrare la mia innocenza. Ma quando gliel’ho spiegato, non mi hanno creduto”, aveva detto Cantu in un’intervista a Noticias Telemundo, secondo NBC News all’inizio di febbraio.

Dopo essere stata programmata nell'aprile 2023, l’esecuzione di Cantu era stata sospesa da un giudice, che aveva concesso a Ivan e al suo team legale il tempo di dimostrare che le testimonianze e le prove su cui si basava la sua condanna erano inaffidabili. Si trattava di una seconda sospensione, in quanto già nel 2012 era stata fissata per Ivan una data di esecuzione.

Cantu ha sempre sostenuto che suo cugino, il ventisettenne James Mosqueda, era uno spacciatore in debito con uno spacciatore rivale, e che fu costui a uccidere Mosqueda e la sua fidanzata, Amy Kitchen.

L'ex fidanzata di Cantu, Amy Boettcher, e suo fratello, Jeff Boettcher, avevano però entrambi testimoniato contro Ivan al processo.

Secondo una petizione presentata dall'avvocato di Cantu l'anno scorso, Amy Boettcher, morta nel 2021, aveva testimoniato che Cantu aveva ucciso Mosqueda e Kitchen, l’aveva portata sulla scena del crimine, poi era andato in Arkansas con lei. La donna aveva anche detto di aver gettato i jeans insanguinati di Cantu in un bidone della spazzatura prima che lasciassero la città. I jeans insanguinati furono una prova chiave nel processo di Cantu, ma egli sosteneva che qualcuno aveva messo apposta lì i jeans, che non erano della sua taglia corretta, mentre lui e la ragazza erano fuori città.

Anche l’orologio Rolex di Mosqueda fu una prova chiave nel caso. Mentre Amy Boettcher disse che Cantu aveva lanciato l'orologio di Mosqueda da una finestra, le autorità trovarono l'orologio a casa di Mosqueda dopo la sua morte e lo diedero alla sua famiglia, secondo il team legale di Cantu. Questo dettaglio illustrava almeno una discrepanza nella testimonianza di Amy.

In un'altra discrepanza, Amy Boettcher aveva anche detto che Cantu le aveva chiesto di sposarlo il giorno degli omicidi, offrendole un anello preso dalla mano della Kitchen, mentre diversi testimoni avevano invece detto che i due si erano fidanzati prima di allora e che già la ragazza indossava quell’anello.

Il fratello della ragazza, Jeff Boettcher, era fuori città durante gli omicidi, ma al processo dichiarò che Cantu gli aveva anticipato la notizia che li avrebbe commessi. In un video registrato nel 2022 Jeff Boettcher disse invece all’avvocato di Cantu e a un investigatore di aver "mentito" durante la sua testimonianza, aggiungendo che provava rimorso e che all’epoca era dipendente dalla droga e temeva di compromettere la testimonianza della sorella, per cui si era deciso a ritrattare le sue dichiarazioni solo dopo che questa era morta.

Inoltre, lo scorso anno almeno due giurati scrissero dichiarazioni in cui dettagliavano le loro preoccupazioni sull’equità del processo di Cantu. “Credo che come giurati, abbiamo deciso collettivamente in modo equo, sulla base delle prove portate dai pubblici ministeri", scrisse Jeff Calhoun, il caposquadra della giuria, nella sua dichiarazione, secondo il Texas Tribune. “L’esito sfortunato, però, è che il processo in sé non è stato giusto, in quanto è stata commessa falsa testimonianza. Non so se ci siano state presentate altre distorsioni della realtà, ma già questo da solo mi lascia preoccupato che ci abbiano tenuta nascosta la verità nel suo complesso.”

"Non voglio che l'esecuzione del signor Cantu venga portata avanti senza un attento e approfondito riesame delle prove", ha detto Maurice Jacob, un altro dei giurati, secondo l'Associated Press.

Nell'agosto 2023, mesi dopo che Cantu era scampato alla data dell'esecuzione di aprile, la Corte d'appello penale del Texas respinse il suo appello, affermando che le sue ragioni non soddisfacevano i criteri per poterlo rivedere. Questa mossa ha fatto sì che Cantu non abbia potuto portare il suo caso all'esame a livello federale.

Una petizione con più di 80.000 firme è stata inviata prima del 28 febbraio al Procuratore distrettuale della contea, Greg Willis, chiedendogli di sospendere l'esecuzione di Cantu, ma questi non l’ha presa minimamente in considerazione, anzi il giorno dell’esecuzione Willis ha rilasciato una dichiarazione su X, ex Twitter, affermando che “la colpevolezza di Cantu è stata confermata con prove chiare e potenti”. “Dopo oltre vent’anni in cui numerosi tribunali statali e federali hanno rivisto in modo esaustivo la sua condanna, stasera Ivan Cantu ha finalmente incontrato la giustizia. La mia preghiera fiduciosa è che le famiglie, gli amici e i cari delle vittime trovino un senso di pace tanto atteso.”

Cantu aveva ricevuto anche il sostegno del personaggio televisivo Kim Kardashian, del deputato Joaquin Castro e di suo fratello, l'avvocato Julián Castro, che era stato il segretario per l'edilizia abitativa e lo sviluppo urbano nell'amministrazione Obama.

La Kardashian, una convinta sostenitrice della riforma carceraria, ha pubblicato numerosi post su Cantu su X, invitando i suoi follower a spingere Abbott a concedere almeno una sospensione di 30 giorni per Cantu.

“Che tu sia favorevole o meno alla pena capitale, il diritto a un processo giusto e equo sono principi in cui tutti dovremmo credere. Ma un sistema giudiziario che toglie la vita a qualcuno, senza considerare nuove prove o testimonianze false che hanno portato alla sua condanna, non è per niente giusto”, hanno detto i fratelli Castro in una dichiarazione congiunta. “Sappiamo che un sistema costruito e mantenuto dagli esseri umani è soggetto ai limiti delle nostre imperfezioni. Per questo motivo dobbiamo esaminare ogni caso con la gravità richiesta dai casi capitali”.

Cantu ha parlato con The Texas Tribune in un'intervista pubblicata all'inizio di febbraio. “Non è pazzesco? Sono nel braccio della morte, ho un avvocato, un avvocato meraviglioso, che sa cosa bisogna fare per risolvere questi problemi con il tribunale, e le regole e le leggi dicono che fondamentalmente ha le mani legate dietro la schiena”, ha dichiarato Cantu al Tribune. “Ci penso spesso perché non voglio morire”, ha aggiunto, “mancano solo pochi giorni prima che mi mettano su una barella per un crimine che non ho commesso – stiamo facendo del nostro meglio per presentare le informazioni ai tribunali, ma è come se a loro non importasse”.

Nella sua ultima lunga dichiarazione, prima di essere ucciso, Cantu si è rivolto ai parenti di Mosqueda e Kitchen e ha ripetutamente affermato di essere innocente. “Voglio che sappiate che non ho ucciso James e Amy”, ha detto Cantu, secondo una trascrizione fornita al Newsweek dal Dipartimento di giustizia penale del Texas. “E se l'avessi fatto, se avessi saputo chi l'ha fatto, sareste stati i primi a ricevere qualsiasi informazione.” Ha aggiunto che voleva che sapessero che non pensava che la sua morte avrebbe portato una chiusura al loro dolore, ma ha detto: “Se è così, se questo è ciò che serve o se avete qualche riserva in mente, allora così sia”. Ha continuato: “Questo non vi aiuterà, ragazzi, e voglio che sappiate da me che non è mai successo. No. Voglio che tutti voi sappiate che non ho ucciso James e Amy.” Cantu ha poi ringraziato il suo avvocato, la madre, gli amici e i sostenitori e ha esortato a continuare le indagini sul suo caso per dimostrare la sua innocenza.

“Vorrei rivolgermi e ringraziare il mio avvocato Gene Bund, vorrei ringraziare mia madre, Sylvia Cantu, Matt Duff, Michael Frazier e, naturalmente, suor Helen Prejean”, ha detto. “Tutti quelli che sono venuti in mio soccorso per aiutarmi, inclusa la mia famiglia, i miei amici e i miei sostenitori. Tutti quelli che mi hanno benedetto nella mia situazione, ed è stato un onore lavorare con tutti loro, ma vorrei soprattutto ringraziare Matt Duff per aver creduto in me e per aver scavato in profondità e svelato il caso, per dimostrare al mondo che non è giusto io sia su questa barella, per continuare a combattere e continuare a cercare e fare ciò che è necessario per trovare tutte le risposte e portare la verità alla famiglia Kitchen e Mosqueda."

Ha poi recitato un versetto della Bibbia, Matteo 6:21, e infine ha detto: “Direttore, sono pronto”.

I pubblici ministeri hanno detto che Cantu aveva ucciso Mosqueda, che spacciava droghe illegali, e Kitchen, mentre cercava di rubare cocaina, marijuana e contanti dalla loro casa nel nord di Dallas.

Prima che Cantu pronunciasse le sue ultime parole, la sua assistente spirituale, suor Helen Prejean, ha tenuto tra le sue la mano destra di Ivan, che era legata alla barella della camera della morte e ha pregato per lui.

Nelle settimane precedenti l’esecuzione, suor Prejean aveva dichiarato: “Anche se sei a favore della pena di morte, devi perseguire l’equità. Non c'è stata equità in questo processo. Tutto quello che chiediamo è di ritardare l'esecuzione di Ivan Cantu abbastanza a lungo da poter avere un'udienza e un'inchiesta sulle nuove prove che sono state presentate." E aveva aggiunto: "Ivan mi ha chiesto di stare con lui se lo giustizieranno e di pregare con lui, ma non c'è modo che io stia con quest'uomo, preghi con lui e lo accompagni nell'eternità, senza fare prima tutto quello che posso per resistere a questa morte. Perché sono stati commessi così tanti torti."

Cantu ha iniziato a russare mentre la dose letale del sedativo pentobarbital cominciava a fluire. Dopo l'ottavo respiro profondo, accompagnato da un sussulto, ha smesso di muoversi. È stato dichiarato morto alle 18,47 ora locale, 21 minuti dopo la somministrazione dei farmaci.

Quella di Cantu è stata la prima esecuzione portata a termine in Texas quest'anno.

Il Texas è il leader nelle esecuzioni negli Stati Uniti, con ben 586 omicidi sanzionati dallo stato dal 1977 al 2023, secondo U.S. News & World Report. Questo stato, che attualmente detiene quasi 200 persone nel braccio della morte, ha giudicato colpevoli, condannato e successivamente rilasciato almeno 16 ex detenuti innocenti conosciuti dal 1976, secondo il Death Penalty Information Center.

Molti altri sono stati giustiziati nonostante prove evidenti contrarie alle loro condanne.

Una volta che un individuo si trova nel braccio della morte del Texas, è difficile cambiare il suo destino. Dal 2018 al 2022, il Texas Board of Pardons and Paroles ha considerato 38 richieste di clemenza in casi di pena capitale, ma ha raccomandato la grazia solo in due di esse. (Grazia)

3) L’IDAHO NON RIESCE AD UCCIDERE THOMAS CREECH

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Thomas Creech

In Idaho è stata interrotta l'esecuzione del condannato a morte Thomas Creech perché i funzionari del carcere non sono stati in grado di entrare in una sua vena per effettuare l'iniezione letale.

Il 28 febbraio u. s. in Idaho è stata interrotta l'esecuzione del condannato a morte Thomas Creech perché i funzionari del carcere non sono stati in grado di trovare una via endovenosa per effettuare l'iniezione letale.

L'esecuzione interrotta - che doveva essere la prima in Idaho dopo 12 anni - è l'ultimo caso in uno stato che ha grossi problemi a praticare l'iniezione letale per la difficoltà di accedere alle vene del condannato al fine di eseguire la flebo. Già nel 2022 per la stessa ragione l'Alabama ha dovuto annullare due esecuzioni .

L'esecuzione di Creech, che ha 73 anni, è stata ritenuta “impossibile” dal direttore del Dipartimento Carcerario dell'Idaho, Josh Tewalt, intorno alle 11 del mattino. Tewalt si è consultato con il capo dell'équipe medica e ha dichiarato che l'équipe medica non era in grado stabilire una linea endovenosa.

In base a quanto riportato nel comunicato, “Il signor Creech” è stato “riportato in cella e i testimoni sono stati scortati fuori dalla struttura”. Di conseguenza, il mandato di morte è scaduto e lo Stato dovrà valutare i prossimi passi da compiere.

L'esecuzione di Creech è stata interrotta poche ore prima che il Texas procedesse all’esecuzione del condannato a morte Ivan Cantu per due omicidi che sosteneva di non aver commesso (1). A partire da mercoledì, secondo il Death Penalty Information Center, almeno altre sei esecuzioni sono previste per quest'anno in tre dei 27 Stati che, insieme al governo federale, hanno in vigore la pena di morte,

Creech, il detenuto più longevo nel braccio della morte dell'Idaho, è stato condannato a morte dopo essersi dichiarato colpevole dell'omicidio di un altro detenuto, David Dale Jensen, nel 1981, mentre già stava scontando quattro ergastoli. In effetti, a gennaio, il dipartimento dello sceriffo di San Bernardino, in California, ha annunciato di aver risolto un caso irrisolto di 50 anni fa, in cui gli investigatori avevano stabilito che Creech aveva ucciso un giovane di nome Daniel Walker.

Benché le esecuzioni in Idaho siano rare (dal 1976 lo Stato ne ha portate a termine solo tre) la decisione di effettuare l'esecuzione di Creech è stata presa, dopo che la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva respinto una serie di appelli dell'ultimo minuto del detenuto.

L'équipe ha tentato 8 volte di accedere alle vene di Creech nonostante avesse espresso mercoledì mattina, prima dell’esecuzione programmata, la fiducia di poter stabilire un accesso adeguato alle vene del condannato. Pertanto, è stato deciso di interrompere l’esecuzione.

Nelle dichiarazioni ufficiali è stata ribadita la competenza tecnica dell’equipe medica sottolineando come abbia agito in modo professionale e nel rispetto della procedura. Secondo il direttore Tewalt quando i componenti dell’equipe medica hanno constatato nonostante tutti gli sforzi che l’esecuzione non sarebbe stata portata a termine con successo hanno fatto la cosa giusta decidendo di interrompere l’esecuzione in modo da poter valutare i passi successivi.

I testimoni dell'esecuzione hanno anche riferito di aver visto l'équipe medica tentare di stabilire un accesso per via endovenosa per otto volte. Durante tutto il processo, Creech guardava i testimoni invitati per suo conto e a volte agitava le dita o pronunciava parole, ha detto Rebecca Boone, giornalista dell'Associated Press.

A un certo punto, Creech ha detto che gli facevano male le gambe e l'équipe medica ha cercato di alleviare il disagio, come hanno riferito i testimoni dei media. Tewalt ha detto che Creech aveva un crampo.

Per quanto riguarda i prossimi passi il direttore Tewalt ha ammesso che il dipartimento non ha attualmente un piano per procedere nel caso Creech e si deve ancora discutere se e quando chiedere un altro mandato di morte.

Tewalt ha anche confermato che un altro tentativo di iniezione letale richiederebbe la ricerca di nuove sostanze chimiche, ma si è detto fiducioso che lo Stato possa farlo.

Negli ultimi anni diversi Stati hanno avuto difficoltà a reperire i farmaci necessari per effettuare le iniezioni letali, contribuendo al calo del numero di esecuzioni effettuate negli Stati Uniti. Alla luce di queste difficoltà, l'anno scorso l'Idaho ha approvato una legge che consente il plotone d'esecuzione come mezzo di esecuzione nel caso in cui i farmaci non siano disponibili o l'iniezione letale sia ritenuta incostituzionale.

Tuttavia, Tewalt ha dichiarato mercoledì che lo Stato non dispone delle strutture necessarie per procedere con il plotone d'esecuzione. Alla domanda se il dipartimento prenderà in considerazione l'utilizzo di gas azoto per un'esecuzione, Tewalt ha risposto che ciò richiederebbe una modifica della legge statale. Il mese scorso l'Alabama ha effettuato la prima esecuzione con gas azoto del Paese, mettendo a morte Kenneth Smith, uno dei due detenuti che - come Creech - sono sopravvissuti a un tentativo di iniezione letale (2). (Pupa)

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(1) Vedi articolo precedente

(2) Vedi nr. 314

4) IL PARLAMENTO EUROPEO CONDANNA L'AUMENTO DELLE ESECUZIONI IN IRAN

Ahmadreza Djalali con la sua famiglia

Non c’è paese peggiore dell’Iran per quanto riguarda la massiccia e crescente violazione dei diritti umani e in particolare del diritto alla vita. Il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione congiunta che condanna l’Iran e chiede il rilascio immediato dei detenuti nel braccio della morte a cominciare da due cittadini europei: Ahmadreza Djalali e Johan Floderus.

Il Parlamento europeo si è riunito a Strasburgo il 7 e l'8 febbraio, approvando una risoluzione congiunta che condanna l'escalation delle esecuzioni in Iran, in particolare l'esecuzione del prigioniero politico Mohammad Ghobadlou portata a termine il 23 gennaio.

La risoluzione, sostenuta da vari gruppi all'interno del Parlamento europeo, chiede indagini internazionali sulle gravi violazioni dei diritti umani commesse dalle autorità iraniane e la designazione del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (IRGC) come organizzazione terroristica.

Evidenziando l'allarmante aumento delle esecuzioni, con almeno 800 portate a termine nel 2023 e 54 nel gennaio 2024, la risoluzione ha fortemente criticato i processi iniqui iraniani.

Inoltre, il Parlamento europeo ha chiesto il rilascio immediato e incondizionato di tutti i detenuti nel braccio della morte e dei prigionieri di coscienza, in particolare dei cittadini europei Ahmadreza Djalali e Johan Floderus.

La risoluzione ha esortato il Consiglio europeo a designare l'IRGC come entità terroristica e a imporre ulteriori sanzioni contro individui ed entità coinvolti in gravi violazioni dei diritti umani, tra cui la Guida suprema, il presidente e il procuratore generale del regime. Gli Stati membri sono stati esortati a monitorare i processi secondo gli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani e ad organizzare visite alle carceri che detengono prigionieri politici, compresi i cittadini dell'UE.

Inoltre, gli Stati membri sono stati invitati ad avviare indagini penali nei confronti dei responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, compresi quelli coperti dalla giurisdizione internazionale. La risoluzione ha inoltre sostenuto il rinnovo del mandato del relatore speciale delle Nazioni Unite sull'Iran e l'istituzione di una missione internazionale indipendente di accertamento dei fatti in occasione della prossima sessione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite.

Riportiamo qui gli interventi di alcuni eurodeputati.

 

L'eurodeputato Guy Verhofstadt (ex primo ministro belga):

 

Oggi, credo, in tutti i dibattiti che ho seguito, è l'unico punto su cui c'è consenso in tutti i gruppi del Parlamento. Cioè, la nostra politica nei confronti dell'Iran è un completo fallimento. Un completo fallimento. Lo vedi tutti i giorni. Esecuzioni. L'Iran è dietro Hamas, gli Houthi, Hezbollah e gli attacchi contro le strutture militari degli Stati Uniti. La consegna di armi continua, e oggi sono pronti a fabbricare bombe, bombe atomiche. Quindi, abbiamo assolutamente bisogno di una nuova strategia, che sia basata su tre cose. In primo luogo, sanzioni più massicce fino a quando tutti gli ostaggi non saranno rilasciati. Sarebbe un approccio. In secondo luogo, il riconoscimento della Guardia rivoluzionaria islamica come organizzazione terroristica. Domani, se possibile. E infine, riconoscere l'opposizione e la Resistenza come i veri rappresentanti del popolo iraniano e non più i mullah.

 

L'eurodeputato Stanislav Polcák:

 

Almeno 360 prigionieri sono stati giustiziati dal 7 ottobre 2023, l'inizio della guerra, che è chiaramente sponsorizzata dal regime iraniano. La testa del serpente, che si trova a Teheran, ha bisogno di creare una crisi esterna perché non può affrontare la rivolta del popolo iraniano contro il regime. Le esecuzioni sono la loro tattica per metterla a tacere.

Maryam Rajavi, leader dell'opposizione iraniana, è venuta più volte qui al Parlamento europeo e ha detto che dobbiamo condizionare qualsiasi relazione con il regime iraniano. Dopo tutte queste esecuzioni, non è forse giunto il momento? Ogni giorno sentiamo i nomi di molte persone che sono state giustiziate dal regime. Mentre il regime continua a uccidere, l'UE deciderà di intraprendere un'azione forte? Quando designerà l'IRGC come entità terroristica?

 

L'eurodeputato Antonio López-Istúriz White, a nome del gruppo PPE:

 

Prima di tutto, grazie agli autori per questa risoluzione molto opportuna. Oggi parliamo ancora della morte di un altro, dell'assassinio di un altro giovane, un iraniano morto per mano della tirannia del regime degli ayatollah. Sono 3 ogni giorno che muoiono in Iran, donne e bambini. E' anche importante sapere che questo non sta accadendo solo in Iran, ma anche nelle strade d'Europa per le persone, contro le persone che lottano per la democrazia in Iran. Un ex deputato del Parlamento europeo e vicepresidente di questo Parlamento, Alejo Vidal Quadras, è stato colpito al volto il 9 novembre a Madrid, in Spagna, in Europa. Questo sta accadendo qui. Il regime sta cercando di mettere a tacere tutti coloro che dicono la verità, coloro che denunciano le atrocità e lottano per un futuro democratico in Iran. Signor Borrell, i governi europei non hanno più accordi stabili con il regime.

 

L'eurodeputata Dorien Rookmaker, a nome del gruppo ECR:

 

I prigionieri politici nel carcere di Evin, in Iran, sono in sciopero della fame contro la pena di morte ogni martedì. Ascoltano il nostro messaggio dal Parlamento europeo. E qual è questo messaggio? Il regime iraniano viola costantemente i diritti umani e la democrazia. E il popolo iraniano ha il diritto di cercare il cambiamento attraverso qualsiasi forma legittima di resistenza. L'UE deve sostenere la sua resistenza. Come? Inserendo nella lista nera l'IRGC, lo strumento di oppressione del regime. Il regime ha recentemente giustiziato Mohammad Ghobadlou, un coraggioso giovane iraniano. E non dimentichiamo Mariam Akbari Monfared, madre di 3 figli, che sta scontando 15 anni di carcere e di recente è stata condannata ad altri tre anni. Devo fermarmi qui perché l'elenco è troppo lungo. Sappiamo tutti che il regime iraniano è il peggiore del mondo. Nel 2023 sono state effettuate oltre 870 esecuzioni per mettere a tacere l'opposizione. Quand'è che l'UE fa sentire la sua voce?

 

L'eurodeputato Francisco Guerreiro, a nome del gruppo Verts/ALE (1):

 

Mohammad Gobadloo, 23 anni, è stato il nono manifestante giustiziato dal regime iraniano. In nessun momento degli ultimi tre decenni la situazione dei diritti umani è stata così grave come lo è oggi sotto la presidenza di Ebrahim Raisi, notoriamente conosciuto per il suo ruolo di membro della Commissione della morte di Teheran, che ha mandato al patibolo migliaia di prigionieri di coscienza per il loro sostegno all'opposizione democratica. L'attuale situazione in Iran sottolinea l'imperativo morale per la comunità internazionale di sostenere il popolo iraniano nella sua lotta contro la tirannia. È fondamentale riconoscere e sostenere il loro diritto di cercare la libertà, la giustizia e un governo democratico, come sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Pertanto, la diplomazia dell'UE non deve promuovere una cultura dell'impunità. E' necessaria una politica ferma, che si concentri sull'accertamento delle responsabilità attraverso i tribunali internazionali e la giurisdizione universale prima di assistere a un altro massacro nelle carceri iraniane. Per concludere, possa il futuro portare un Iran libero, democratico e laico.

 

MEP Susanna Ceccardi:

 

L'impiccagione di Mohammad, un oppositore del regime mentalmente disabile, è un altro passo verso l'infamia dell'Ayatollah. Ma, con grande onestà e profondo dolore, dobbiamo riconoscere che le continue condanne a morte emesse dal regime iraniano contro giovani donne e uomini, colpevoli solo di chiedere democrazia, non fanno più notizia in Europa. Allo stesso modo, lo sterminio di minoranze, come i beluci e i curdi, che sta avvenendo in questi giorni, passa inosservato. I media europei seppelliscono sistematicamente queste notizie, coprendole con pagine e pagine di presunte violazioni dei diritti umani in Ungheria, Slovacchia e così via, perché sono scomode per lo stato profondo globalista.

D'altro canto, nonostante i nostri ripetuti appelli a un'azione seria, l'Unione europea ha scelto di fingere di sanzionare l'Iran, ma non l'ha fatto. Sappiamo che il Corpo delle guardie rivoluzionarie, attorno al quale ruotano tutte le attività illegali del regime e che è molto attivo in Europa, conta quasi 200.000 membri attivi, eppure l'Unione europea ne ha sanzionati solo 216. Non è oltraggioso per le vittime di quegli assassini e per la nostra intelligenza?

L'unico lato positivo in questa triste situazione è che dobbiamo elogiare tutti quegli uomini coraggiosi come Mohammad, che protestano per i diritti delle donne: sono la prima linea dei nostri valori e stanno ancora rischiando la vita.

 

La commissaria europea per l'Uguaglianza Helena Dalli ha denunciato la recente esecuzione di Mohammad Goubadlou. Ha sottolineato che questa esecuzione fa parte di uno schema inquietante in Iran, che segnala un forte aumento rispetto agli anni precedenti e prende di mira individui appartenenti a specifiche minoranze etniche.

Dalli ha sottolineato che l'uso della pena di morte come mezzo per reprimere il dissenso evidenzia lo stato allarmante dei diritti umani in Iran. Ha ribadito che i diritti fondamentali, come la libertà di credo e di espressione, devono essere salvaguardati in ogni momento, sia nella sfera privata che in quella pubblica. Dalli ha ribadito l'invito dell'Unione europea all'Iran a rispettare i suoi impegni internazionali ai sensi del diritto internazionale stabilito, compreso il Patto internazionale sui diritti civili e politici. Il commissario europeo per l'Uguaglianza ha sottolineato l'imperativo per il regime iraniano di garantire l'intero spettro dei diritti umani a tutti i suoi cittadini.

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(1) Si tratta di un gruppo politico del Parlamento europeo costituitosi nel 1999, che aggrega formazioni di orientamento ambientalista, regionalista e progressista.

 

 

Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 29 febbraio 2024

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