top of page

FOGLIO  DI COLLEGAMENTO  INTERNO

 

DEL COMITATO PAUL ROUGEAU

 

Numero 280  -  Febbraio 2021

02211.JPG

Foto artistica di Christopher Williams

in prigione con un nipotino e il figlio più giovane

SOMMARIO:

 

1) Riuscirà Raymond Riles a uscire dal braccio della morte del Texas?

2) Sospesa un’esecuzione in Alabama per motivi religiosi

3) Accusato erroneamente di 6 omicidi liberato dopo 30 anni

4) Ormai certa l’abolizione della pena di morte in Virginia

5) In Iran impiccato il cadavere di una donna innocente

6) Almeno 27 esecuzioni in Iran a gennaio

7) In Pakistan non verranno più messi a morte i malati mentali gravi

8) Nel 1859 l’ultima esecuzione pubblica in Canada

9) Notiziario: Iraq, Italia, Texas

02212.JPG

Raymond Riles

1) RIUSCIRÀ RAYMOND RILES A USCIRE DAL BRACCIO DELLA MORTE DEL TEXAS?

 

Raymond Riles, condannato alla pena capitale in Texas, probabilmente otterrà un nuovo processo e non sarà messo a morte dopo 45 anni di detenzione. Ciò perché Riles è gravemente malato di mente.

 

Raymond Riles è nel braccio della morte del Texas dal 1976, ossia da 45 anni. È il condannato statunitense che ha trascorso più tempo in questa condizione. La ragione di tale permanenza pressoché infinita è che Riles è gravemente malato di mente. Nel corso degli anni gli sono state fissate tre date di esecuzione mai portate a termine. Riles vive in isolamento quasi permanente e soffre di gravi allucinazioni. A volte afferma di essere Dio, altre volte teme che verrà sacrificato a Satana dai suoi carcerieri demoniaci. Una volta tentò di uccidersi dandosi fuoco.

Nel 1986 la Corte Suprema degli Stati Uniti decretò che gli stati non possono mettere a morte le persone che non capiscono perché vengono giustiziate. Tali persone sono definite incompetents (incapaci). La sentenza lasciò però alle corti dei singoli stati la facoltà di decidere quali condannati siano da considerare incapaci. Gli avvocati difensori fanno notare che molte persone sono state messe a morte da allora, nonostante prove lampanti della loro grave malattia mentale, inclusa Lisa Montgomery, la donna fatta ammazzare in gennaio dall’amministrazione Trump. (v. n.279)

Anche quando lo stato ammette che un condannato è incompetent per essere giustiziato, non è previsto che questi venga automaticamente tolto dal braccio della morte. E così molti stati hanno almeno un condannato nella situazione di Raymond Riles. Le battaglie legali in questi casi possono durare così a lungo che il condannato finisce per morire per cause naturali nel braccio della morte.

Riles e il coimputato Herbert Washington furono condannati alla pena capitale per aver assassinato un venditore di auto usate che aveva rifiutato la restituzione di un’auto acquistata dai due qualche giorno prima. Nel 1977 una corte annullò le loro condanne a morte. Washington patteggiò, fu condannato ad alcuni anni di reclusione e fu scarcerato nel 1983.

Riles non patteggiò, fu riprocessato e nuovamente condannato a morte, nonostante i suoi gravi problemi psichiatrici. I suoi familiari testimoniarono che Riles era da sempre “assai strano” e durante il processo l’imputato ebbe varie esplosioni di follia (scardinò un battente della porta dell’aula, balzò in piedi sul banco degli imputati e cercò di aggredire il giudice). Tutto ciò non impedì la nuova condanna. Quando però arrivò nel braccio della morte, gli esperti dichiararono ripetutamente che era incompetent per l’esecuzione, anche quando veniva sottoposto a cure antipsicotiche.

In casi come questo al condannato non viene automaticamente commutata la sentenza: viene semplicemente tenuto in una sorta di limbo nel braccio della morte, in attesa che possa un giorno rinsavire ed essere giustiziato. Di solito invece per queste persone, tenute in costante semi-isolamento, la condizione psicotica non fa che peggiorare. “Il braccio della morte è un luogo orrendo per gli esseri umani”, ha dichiarato il famoso avvocato Richard Burr, in merito a un caso analogo a quello di Riles. “Ti rendi conto di quanto sia crudele tenere il tuo cliente lì dentro senza cure, ma capisci che è anche altrettanto crudele ottenere che venga curato affinché la sua situazione psichica migliori e possa essere messo a morte”.

Nei casi come quello di Riles, anche l’accusa è poco incline ad impegnarsi per ottenere una data di esecuzione, visto che ciò significa attivare una lunghissima battaglia legale.

È per questo che per Riles si intravede un filo di speranza. Il 1° febbraio scorso la procuratrice distrettuale della Contea di Harris, Kim Ogg, ha annunciato di essersi schierata con la difesa di Riles nel chiedere per lui un nuovo processo, in cui si rimetta in discussione la pena, dandogli in tal modo la possibilità di ottenere una condanna all’ergastolo che determinerebbe il suo trasferimento in un carcere meno disumano. “Questi casi sono strazianti, perché la procedura impiega tanto tempo”, ha dichiarato la Ogg in una conferenza stampa. “Prolunga solo il compimento della giustizia e il raggiungimento della pace per i familiari delle vittime”. Ha aggiunto: “La legge sulla pena di morte si è evoluta e adesso richiede che i giurati possano considerare e ponderare in modo significativo le attenuanti, come gli abusi e i traumi subiti nell’infanzia dagli imputati. Nel 1976 alla giuria del processo capitale di Riles questa opportunità fu negata.”

Ovviamente vera giustizia sarebbe garantire a Riles cure psichiatriche appropriate e un ambiente ospedaliero e non carcerario in cui vivere il resto dei suoi anni, ma in uno stato forcaiolo come il Texas, sarà già un successo se Raymond Riles otterrà una condanna all’ergastolo. (Grazia)

2) SOSPESA UN’ESECUZIONE IN ALABAMA PER MOTIVI RELIGIOSI

 

Le regole carcerarie dell’Alabama vietavano la presenza nella camera della morte di individui non appartenenti al personale carcerario “per motivi di sicurezza”. La richiesta di un assistente spirituale cristiano da parte del condannato Willie Smith III, che doveva essere messo a morte l’11 febbraio, accolta dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, ha determinato la sospensione dell’esecuzione di Smith.

02213.JPG

Willie B. Smith III

Un detenuto dell'Alabama l’11 febbraio ha ottenuto la sospensione dell’esecuzione programmata per quel giorno dopo che la Corte Suprema degli Stati Uniti ha sentenziato che doveva essere consentita la presenza del suo assistente spirituale nella camera della morte.

L’esecuzione di Willie B. Smith III è stata annullata perché i giudici della massima corte hanno confermato l’ordine dell’Undicesima Corte d’Appello degli Stati Uniti secondo il quale lui non poteva essere giustiziato senza la presenza del suo assistente spirituale nella camera della morte.

Samantha Rose, portavoce del Dipartimento di Correzione dell’Alabama ha reso noto che, data l’ordinanza, non si sarebbe proceduto con l'esecuzione.

L’Alabama aveva impedito la presenza dell’assistente spirituale sostenendo che le persone non facenti parte del personale carcerario non potevano essere ammesse nella camera di esecuzione per motivi di sicurezza.

“Willie Smith è condannato a morte e il suo ultimo desiderio è di avere il suo pastore con sé mentre muore”, ha scritto la giudice della Corte Suprema Elena Kagan concordando con altri 4 giudici. L’Alabama non ha dimostrato che l’esclusione di tutti i membri del clero dalla camera di esecuzione è necessaria per garantire la sicurezza della prigione. Quindi lo stato non può giustiziare Smith senza la presenza del suo pastore, per facilitare quella che Smith chiama la ‘transizione tra i mondi dei vivi e dei morti’ ”, ha scritto la Kagan.

Si è trattato dell’ultimo di una serie di scontri legali riguardanti i consiglieri spirituali personali durante le esecuzioni. Nel 2019 la Corte Suprema interruppe l’esecuzione di un detenuto del Texas che sosteneva che la sua libertà religiosa sarebbe stata violata se al suo consigliere spirituale buddista non fosse stato permesso di essere con lui nella camera della morte.

Il Procuratore generale dell’Alabama Steve Marshall non ha immediatamente commentato la decisione di annullare l’esecuzione. Dopo che l’esecuzione è stata annullata, Smith è stato riportato, dalla cella adiacente alla camera della morte, nella sua cella.

Smith aveva cercato di ottenere che il suo consigliere spirituale, il Pastore Robert Wiley, fosse presente nella camera delle esecuzioni, cosa che lo stato non permette. “Smith ha dichiarato di credere che il momento del passaggio dalla vita alla morte è importante, e che avere il suo consigliere spirituale fisicamente presente è parte integrante della sua fede”, avevano scritto gli avvocati di Smith.

L’Alabama ammetteva nella camera delle esecuzioni il cappellano cristiano del carcere che pregasse col detenuto, se richiesto. Lo stato interruppe quella pratica dopo che un detenuto musulmano chiese di avere un imam presente. Il sistema carcerario, che non aveva un religioso musulmano tra il personale, decise allora che al personale non carcerario non sarebbe stata consentita la presenza nella camera della morte.

Oltre ventinove anni fa, Smith uccise una donna la cui unica colpa fu il rifiuto di effettuare sotto costrizione un prelievo di contante”, hanno sostenuto gli accusatori cercando di ottenere la sua esecuzione. Gli accusatori hanno ricordato che Smith rapì la 22-enne Sharma Ruth Johnson minacciandola con una pistola presso un Bancomat, le rubò 80 dollari e poi la portò in un cimitero dove le sparò alla nuca. La vittima era la sorella di un detective della polizia.

Se l’esecuzione di Willie Smith fosse stata portata a termine, sarebbe stata la prima da parte di uno stato nel 2021. Nessuno stato ha effettuato esecuzioni dopo l’8 luglio scorso. (Anna Maria)

3) ACCUSATO ERRONEAMENTE DI 6 OMICIDI LIBERATO DOPO 30 ANNI

 

Sono passati 30 anni prima che ci si accorgesse che Christopher Williams, un nero condannato a morte in Pennsylvania per sei omicidi, è innocente.

02214.JPG

Christopher Williams appena liberato abbraccia i suoi cari

Il 9 febbraio Christopher Williams è uscito dal carcere in Pennsylvania. La sera del giorno prima tale Theophalis ‘Bilal’ Wilson ha incontrato i familiari di Williams per consigliarli.

È stato in prigione per 30 anni. Non potete aspettarvi che sia normale”, ha detto Wilson. “Dovete essere molto amorevoli, ma allo stesso tempo molto forti con lui, perché ci sono un sacco di cose che non sa, un sacco di cose che deve imparare. Mostrategli amore, ma dategli spazio. Non tiratelo in tutte le direzioni. ... Ora è libero. Per 30 anni altre persone gli hanno detto che cosa doveva fare”.

Wilson si trovava in una posizione unica per dare consigli. Lui e Williams furono accusati di un triplice omicidio avvenuto nel 1989. Entrambi hanno passato trent’anni in prigione. Entrambi sono stati scagionati dopo che l'Ufficio del procuratore distrettuale di Filadelfia ha esaminato i documenti del caso e vi ha trovato una “tempesta perfetta” con informatori bugiardi, cattiva condotta dell’accusa e prove a discarico nascoste.

Wilson è stato rilasciato un anno fa. Ma Williams - un falegname di Germantown, etichettato come mente criminale, accusato di 6 omicidi – è rimasto in prigione per un altro caso di omicidio (era stato assolto al processo per 2 omicidi).

C’era un po’ di cinismo in me, come essere umano, che un individuo potesse essere erroneamente condannato più di una volta”, ha detto Patricia Cummings, che lavora nell’ufficio del Procuratore distrettuale di Filadelfia per verificare che le condanne siano giuste ed ha scagionato 18 accusati nell’arco di 3 anni. Ma alla fine la sua squadra ha scoperto che “il fulmine ha colpito due volte”.

Il 9 febbraio la giudice Tracy Brandeis-Roman della Corte di Appello di Filadelfia, che ha definito la situazione “sbalorditiva”, ha accettato di annullare la condanna per il sesto ed ultimo omicidio, cioè di aver sparato al 19-enne Michael Haynesworth nel 1989. Ha esteso le sue scuse ai membri della famiglia di Haynesworth per il “pugno nello stomaco” del fallimento del sistema. Il fratello di Haynesworth che ha partecipato all'udienza, tenuta via Zoom, non ha rilasciato dichiarazioni alla stampa.

Christopher Williams, che ora ha 61 anni, ha espresso profonda gratitudine agli avvocati che hanno indagato sul suo caso. “Non hanno fatto nulla di spettacolare: hanno fatto il loro lavoro”. Ma - ha aggiunto - questo ha portato ad un risultato spettacolare: “Mai nella storia del sistema giudiziario della Pennsylvania qualcuno è stato accusato di 6 omicidi, assolto per 2 e ora scagionato per 4”.

Tutti i casi contro Williams erano basati sulle accuse di un certo James White che - rischiando la pena di morte per una serie di 6 orribili omicidi – fece un accordo per denunciare i suoi complici. Gli accusatori avevano promesso a White di aiutarlo a chiedere la commutazione della pena dopo 15 anni.

Ora, gli avvocati dicono che è evidente che James White e un altro testimone, tale David Lee, hanno entrambi fornito una falsa testimonianza. Gli avvocati rilevano che i procuratori non hanno reso noto che David Lee aveva precedentemente accettato un accordo per testimoniare in 2 casi di omicidio.

“La condanna di Williams è stata costruita su un castello di carte che ha cominciato a crollare nel 2019 quando la Pennsylvania ha aperto i suoi archivi alla difesa”, ha scritto nei suoi documenti la Conviction Integrity Unit (CIU) che ha il compito di investigare nei casi in cui vi siano legittime rivendicazioni di innocenza. “Una volta che è stato permesso alla luce di brillare, la Pennsylvania è stata costretta a vedere che la struttura di base della condanna è stata costruita sul comportamento senza scrupoli di diversi cattivi attori".

Un terzo testimone, una ragazza che all’epoca aveva solo 13 anni, aveva testimoniato contro Williams. Questa testimone ricevette una sentenza leggera in cambio della sua testimonianza.

L’avvocato Victor Abreu che difende Williams da 30 anni, chiede scusa alla famiglia Haynesworth “perché dopo 31 anni ancora non abbiamo la risposta su chi ha ucciso il loro caro”.

Nel frattempo, guardando il procedimento via Zoom dalla sua casa di Olney, la sorella di Williams, la 62-enne Maxine Matthis, ha tirato un grande sospiro di sollievo perché finalmente la storia è arrivata alla fine.

Lei e i suoi figli hanno appeso uno striscione “Ben tornato a casa" e palloncini festosi sul portico anteriore della loro dimora per una modesta celebrazione in linea con i protocolli di sicurezza del COVID-19.

Christopher Williams ha 5 figli. “I suoi figli sono cresciuti e hanno avuto figli, e alcuni di loro hanno a loro volta dei figli propri”, ha detto la sorella di Christopher, che ha perso il conto di circa 18 nipoti e pronipoti, sparsi in tutto il paese.

Quando finalmente è arrivato martedì sera, Williams è stato accolto da una folla in lacrime di parenti e familiari, compresi alcuni degli uomini che sono stati portati a considerarlo come figura paterna e faro di positività in decenni di incarcerazione insieme. Williams aveva una cartella contenente 2 mandati di esecuzione, entrambi firmati nel 1999. "Se la Pennsylvania fosse uno stato come il Texas, ora non saremmo qui a fare questa conversazione".

Ha detto di aver visto molti uomini intorno a lui nel braccio della morte arrendersi, abbandonare i loro appelli o togliersi la vita. Si è concentrato sul rimanere in contatto con la sua famiglia, ricordando a se stesso che la verità tende a prevalere. "Non potevo rinunciare a me stesso, perché non potevo rinunciare a loro".

Maxine Matthis ha abbracciato suo fratello, e poi Theophalis ‘Bilal’ Wilson, che era, ha detto, “solo un bambino” quando è stato incarcerato. Piangendo, gli ha detto: “Ora siete tutti a casa. Ora sto bene”.

Christopher Williams spera di ritornare a fare il carpentiere. Vorrebbe creare un programma di apprendistato per aiutare altre persone precedentemente incarcerate ad entrare nel settore dell’edilizia.

Williams ha detto che vuole essere una voce per coloro che ha lasciato indietro. “Se tutto questo è stato fatto a me, rimane la domanda: A chi altro è stato fatto?” (Pupa)

4) ORMAI CERTA L’ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE IN VIRGINIA

 

Svolta epocale in Virginia, lo stato USA in cui si portavano a termine più esecuzioni capitali.

 

Il 22 febbraio il disegno di legge che abolisce la pena di morte in Virginia è arrivato sulla scrivania del Governatore Ralph Northam, dopo che entrambi i rami del parlamento l’hanno approvato. Il governatore Northam si è impegnato a firmarlo e ciò renderà la Virginia il 23° stato americano - e il primo degli stati del sud - ad abolire la pena capitale.

L’abolizione della pena di morte rappresenta un cambiamento storico in uno stato che ha effettuato più esecuzioni di qualsiasi altro stato USA e che occupa il secondo posto per numero di esecuzioni dalla ripresa della pena capitale negli anni '70. “Era una sorta di componente del tessuto della Virginia”, ha detto l’ex Procuratore Generale Stephen D. Rosenthal.

In una dichiarazione congiunta, il governatore Northam, il leader democratico della maggioranza al Senato Dick Saslaw e la portavoce della Camera Eileen Filler-Corn hanno definito l’abolizione della pena di morte “un importante passo avanti per garantire che il nostro sistema di giustizia penale sia giusto ed equo con tutti”. “Nel corso della lunga storia della Virginia, questo stato ha messo a morte più persone di qualsiasi altro. E, come molti altri stati, la Virginia è arrivata troppo vicino all’esecuzione di una persona innocente”, si legge nella dichiarazione. “È ora di fermare questa macchina della morte.”

Il delegato Mike Mullin ha esortato i suoi colleghi a votare per l’approvazione finale della legge abrogativa, che ha sponsorizzato. "Non c'è modo di separare la pena di morte in Virginia dal razzismo", ha detto durante il dibattito in aula. “Sono indissolubilmente legati. È un processo casuale, arbitrario e razzista.".

Il dibattito a tratti si è surriscaldato. Il leader repubblicano della minoranza della Camera Todd Gilbert ha accusato i democratici di non dimostrare “nemmeno una piccola preoccupazione” per le vittime dei crimini. Il delegato democratico Chris Hurst ha risposto alle accuse di Gilbert raccontando della collera provata quando la sua ragazza, una giornalista, è stata colpita a morte durante una diretta televisiva cinque anni fa. "Non siamo una nazione basata sulle emozioni", ha detto. "Non abbiamo bisogno di essere una società che afferma la necessità dell’occhio per occhio".

La Virginia ha effettuato 1390 esecuzioni dal 1608. Dopo il ripristino della pena capitale negli USA nel 1976, la Virginia segue il Texas, che ha portato a temine 570 esecuzioni, con 113 esecuzioni. L'ultima esecuzione in Virginia è avvenuta nel 2017 e due uomini sono attualmente nel braccio della morte. La nuova legge trasforma la condanna dei due in ergastolo senza possibilità di liberazione. Nessuno è stato condannato a morte in Virginia dopo il 2011. (Grazia)

5) IN IRAN IMPICCATO IL CADAVERE DI UNA DONNA INNOCENTE

 

Una donna innocente, che si era autoaccusata per salvare la figlia adolescente, è stata condannata a morte. La donna è morta di infarto dopo aver assistito all’impiccagione di 16 uomini, mentre era in attesa di essere uccisa a sua volta. Ciò non ha impedito che la sua “esecuzione” fosse portata a termine.

 

Il 17 febbraio a Karaj in Iran è stato impiccato il corpo esanime di una donna, la 42-enne Zahra Esma’ili, madre di due figli. La donna era stata condannata a morte per essersi presa la colpa dell’omicidio del marito, commesso in realtà dalla figlia adolescente per difendersi dalla violenza del padre.

Zahra Esma’ili è morta di infarto dopo aver assistito all’impiccagione di 16 uomini, mentre lei stessa era in attesa dell’esecuzione. Ciò non ha impedito alla cinica crudeltà del sistema giudiziario iraniano di far impiccare il suo corpo. È stata anzi la suocera, la madre della vittima, a far cadere con un calcio lo sgabello sul quale erano appoggiati i piedi del cadavere di Zahra.

Zahra, la 114-ma donna messa a morte da quando Rouhani è presidente del regime clericale in Iran, era la moglie di un alto funzionario dell’intelligence dei mullah. Il funzionario maltrattava e picchiava continuamente sua moglie, portava a casa altre donne alla presenza dei suoi familiari, aveva minacciato di uccidere la moglie e tentò di violentare sua figlia. Come conseguenza di tutta questa brutalità, la figlia lo uccise con l’aiuto del fratello, sparandogli un colpo alla testa. La madre si assunse la colpa dell’omicidio e fu condannata a morte.

Il suo caso è emblematico e deve scuotere l’opinione pubblica mondiale contro l’atteggiamento misogino e corrotto del regime iraniano. I leader e i funzionari del regime clericale devono rispondere davanti alla giustizia internazionale di 40 anni di crimini contro l’umanità.

L’avvocato di Zahra ha dichiarato che sul certificato di morte della sua cliente l’amministrazione carceraria ha scritto giustamente che la causa del decesso è stata un “attacco di cuore” e non l’“impiccagione”.

Appendere il suo corpo è solo la dimostrazione dello spregio della dignità umana in cui vengono tenuti i condannati a morte e in particolare le donne.

Desidero aggiungere a una mia riflessione personale.

Nei civilissimi e democratici Stati Uniti d’America una cosa del genere non sarebbe accaduta, e tutti inorridiscono alla sola idea, ma sappiamo bene che in America, nelle settimane che precedono le esecuzioni, i condannati sono tenuti sotto sorveglianza 24 ore su 24 per impedire loro di suicidarsi, privando così lo stato e i parenti delle vittime della soddisfazione di vederli ammazzare. Sappiamo anche di casi di persone che hanno tentato il suicidio, sono state salvate in extremis e rimesse in sesto per essere poi uccise secondo la legge. I malati di mente vengono curati perché possano rendersi conto del motivo per cui li si ammazza e poterli così giustiziare.

C’è poi davvero tanta differenza con il terribile e crudele sistema giudiziario iraniano? (Grazia)

6) ALMENO 27 ESECUZIONI IN IRAN A GENNAIO

 

In tutto l’Iran la pena di morte viene inflitta largamente, dopo condanne ingiuste, anche per reati non di sangue. Le esecuzioni vengono portate a termine in continuazione dal regime al potere, spesso in segreto. L’organizzazione Iran Human Rights Monitor, con sede all’estero, denuncia sistematicamente nel Web le violazioni dei diritti umani commesse dal governo iraniano.

 

Il 2 febbraio Iran Human Rights Monitor (1) ha reso noto che almeno 27 prigionieri sono stati messi a morte in Iran nel mese di gennaio (2). Quattro erano prigionieri politici, sei erano tossicodipendenti, sedici erano stati condannati per omicidio e uno era stato condannato per stupro.

Si ritiene che altri prigionieri siano stati giustiziati in segreto.

Le esecuzioni sono state portate a termine nelle prigioni di Ahvaz, Qom, Zahedan, Ardabil, Sanandaj, Rasht, Mashhad, Meshkinshahr, Zabol, Tabriz, Yazd, Zanjan e Qazvin.

 

Esecuzioni per accuse politicamente motivate

 

Nonostante un appello delle Nazioni Unite per fermare l’esecuzione, il 30 gennaio le autorità iraniane hanno messo a morte il prigioniero politico Javid Dehghan di 31 anni, condannato per aver ucciso due membri delle forze di sicurezza iraniane. Javid Dehghan, era stato arrestato nel 2015 e condannato a morte dal tribunale di Zahedan, la capitale della provincia di Sistan e Baluchistan, sulla base di confessioni rese sotto tortura.

Ali Matiri, un prigioniero politico della minoranza araba dell'Iran è stato giustiziato nella prigione Sheiban di Ahwaz il 28 gennaio. Era stato condannato a morte con l'accusa di "Moharebeh" (offesa contro l’Islam o lo Stato) e “corruzione sulla terra” sulla base di confessioni estratte con la tortura.

Le condanne a morte di altri due prigionieri politici baluci sono state eseguite il 3 gennaio nella prigione di Zahedan. Si è trattato del 28-enne Hassan Dehvari e del 21-enne Elias Qalandarzehi. La magistratura del Sistan e Baluchestan ha accusato i prigionieri politici baluci di “azioni armate contro la polizia e collaborazione con un gruppo dissidente armato”. Tuttavia, la Campagna Baloch, un’associazione per i diritti umani con sede negli Stati Uniti, ha affermato che Dehvari e Qalandarzehi sono stati arrestati soltanto perché membri delle loro famiglie facevano parte di gruppi dissidenti.

Altri tre prigionieri politici, Hamid Rast Bala, Kabir Saadat Jahani e Mohammad Ali Arayesh, erano stati giustiziati il 31 dicembre con l'accusa di “baghy” (violenza contro un sovrano islamico). Questi uomini erano stati originariamente arrestati nel 2015 e accusati di essere membri del gruppo militante sunnita Ansar Al Furqan. Tuttavia, queste accuse non sono mai state provate in un processo equo. Invece i tre uomini sono stati torturati per estorcere false confessioni.

 

Esecuzioni per reati non violenti

 

Due prigionieri, Farzad Mohammad Noureh e Mehdi Joshani, sono stati giustiziati nella prigione di Qom il 9 gennaio. Erano stati condannati per reati di droga.

Un altro prigioniero condannato per droga, Majid Rigi di 37 anni, è stato giustiziato il 10 gennaio, nella prigione centrale di Zahedan. Il prigioniero aveva passato 10 anni nel braccio della morte.

Shamsuddin Soleimani è stato giustiziato il 14 gennaio nella prigione di Qazvin. Era stato arrestato nel 2015. Aveva ripetutamente detto che il carico che trasportava nella sua auto non gli apparteneva e che era solo un autista. Il proprietario della droga è fuggito dall'Iran dopo l'arresto di Shamsuddin.

Anvar Alizehi è stato messo a morte nella prigione di Zahedan il 19 gennaio. Era stato in prigione per due anni dopo essere stato accusato di reati di droga.

Abdulrauf Kabdani è stato giustiziato nella prigione di Zahedan il 20 gennaio. Kabdani era un cittadino di Zabol che era stato condannato a morte per reati di droga.

All'alba di giovedì 28 gennaio, un prigioniero baluco identificato come Anwar Naroui è stato giustiziato nella prigione di Dastgerd a Isfahan. Era accusato di reati di droga

 

Esecuzioni di accusati di omicidio

 

Il 18 gennaio, Farzad Nasser Jourshari, 36 anni, è stato giustiziato nella prigione Lakan di Rasht con l'accusa di omicidio. Il prigioniero aveva trascorso gli ultimi quattro anni in isolamento. Era il padre di due ragazze di 7 e 15 anni.

All'alba del 13 gennaio, un prigioniero di 27 anni identificato come Saber Khoshkar è stato giustiziato nella prigione di Tabriz con l'accusa di omicidio.

Reza Shirzadeh è stato impiccato nella prigione di Yazd il 14 gennaio. Il prigioniero 36enne, che era stato imprigionato per cinque anni, era accusato di omicidio.

Il 13 gennaio, un prigioniero identificato come Jama Daroozehi è stato giustiziato nella prigione di Zabul. Era un tassista ed era stato arrestato nel 2017 per aver ucciso un altro tassista durante una rissa.

Un altro Baluchi di etnia, identificato come Hafez Abdulsattar Anshini, è stato giustiziato nella prigione centrale di Zahedan il 20 gennaio, dopo aver passato otto anni nel braccio della morte per omicidio. Una fonte vicina all'uomo ha detto che Anshini era innocente e che uno dei suoi conoscenti ha commesso il crimine. Ma Anshini è stato arrestato e condannato a morte dopo la fuga dell'assassino.

Due fratelli, Mehdi e Moharram Feizi, sono stati giustiziati il 13 gennaio nella prigione della provincia di Ardebil. Mehdi, 32 anni, e Moharram, 40 anni, erano stati detenuti nella prigione di Ardebil per sei anni.

Da un rapporto proveniente dall'interno dell'Iran si apprende che il regime ha giustiziato altri due prigionieri a Meshgin Shahr, nella provincia di Ardebil, l'11 gennaio. I loro nomi e i dettagli sui loro casi non sono stati resi noti.

La mattina del 20 gennaio, le condanne a morte di due prigionieri sono state eseguite nella prigione centrale di Zahedan. Younes Jamshid Zehi e Shamsuldin Baji Zehi (un cittadino afgano) avevano entrambi 33 anni. Erano stati condannati al qisas (punizione in natura) con l'accusa di omicidio.

Le autorità iraniane hanno giustiziato Mehdi Ali Hosseini, 30 anni, il 25 gennaio. Hosseini, un lottatore di Andimeshk, nel sud-ovest dell'Iran, era in prigione dal 2015. Il regime ha giustiziato Hosseini nonostante gli appelli internazionali che chiedevano di risparmiare la sua vita.

Un prigioniero identificato come Fateh Ghaderinia è stato giustiziato nella prigione centrale di Sanandaj il 18 gennaio. Il 46-enne era stato condannato per omicidio.

Il 27 gennaio, la condanna a morte di Abbas Ali Hosseini è stata eseguita nella prigione centrale di Zanjan. Ali Hosseini era stato precedentemente condannato a morte con l’accusa di omicidio.

Secondo il sito web per i diritti umani Hengaw, una donna è stata giustiziata nella prigione centrale di Sanandaj il 27 gennaio con l’accusa di omicidio. La donna non è stata identificata nel rapporto.

Il 1° gennaio, l’agenzia di stampa statale Rokna ha riferito dell’esecuzione di un ingegnere agricolo identificato come “Rostam”. Il rapporto ha detto che la condanna a morte di costui è stata eseguita il 30 dicembre nella prigione di Karaj.

 

Un’esecuzione per stupro

 

Il 23 gennaio, un prigioniero identificato come Mohammad Shakoori è stato impiccato nella prigione centrale di Qom. Era accusato di stupro ed era nel braccio della morte da più di tre anni.

 

Le esecuzioni devono essere fermate

 

Iran Human Rights Monitor rinnova il suo appello al Segretario Generale delle Nazioni Unite, all'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, al Consiglio dei Diritti Umani e a tutti i difensori dei diritti umani, così come all'Unione Europea e ai suoi stati membri, affinché condannino le esecuzioni in Iran e intraprendano azioni immediate per salvare la vita dei condannati a morte. (Pupa)

________________

(1) Vedi nel Web: https://iran-hrm.com/index.php/about-us-iran-human-rights-monitor/

(2) Non abbiamo ancora dati completi sulle esecuzioni portate a termine in Iran nel mese di febbraio ma possiamo intanto dire che sono sicuramente di più di quelle portate a termine nel mese di gennaio.

7) IN PAKISTAN NON VERRANNO PIÙ MESSI A MORTE I MALATI MENTALI GRAVI

 

Le organizzazioni per i diritti umani salutano con soddisfazione il passo compiuto dal Pakistan che ha esentato dalla pena di morte i malati mentali gravi e invitano il paese asiatico a fare ulteriori passi in avanti sul cammino della civiltà.

 

La Corte Suprema del Pakistan ha sentenziato che i prigionieri con gravi problemi di salute mentale non possono essere messi a morte.

Il verdetto è stato accolto con soddisfazione dagli attivisti per i diritti umani, che si augurano che tale decisione sia la premessa per un’ampia riforma del sistema penale del paese.

Mercoledì 10 febbraio, la Corte Suprema ha commutato in ergastolo le condanne a morte di Kanizan Bibi, di 46 anni, e di Imdad Ali di 55. A Bibi e ad Ali è stata diagnosticata la schizofrenia dopo le loro condanne.

La sentenza recita: “Se un prigioniero condannato, a causa di una malattia mentale, non è in grado di comprendere la logica e la ragione della sua punizione, allora l'esecuzione della condanna a morte non soddisfa i fini della giustizia”.

La Corte Suprema non ha concesso la grazia a tutti i condannati a morte che soffrono di problemi di salute mentale: da ora in poi una commissione medica determinerà quali prigionieri hanno problemi mentali così gravi da non comprendere la ragione della condanna a morte.

La Corte ha anche ordinato che gli accusatori e i giudici siano addestrati a valutare i problemi di salute mentale durante i processi.

Kanizan Bibi fu condannata a morte per aver ucciso all’età di 16 anni la moglie e i 5 figli di un proprietario terriero per il quale lavorava. Nel 2000 le fu diagnosticata la schizofrenia.

Imdad Ali è stato condannato per l'omicidio di uno studioso di religione nel 2001. Gli è stata diagnosticata la schizofrenia nel 2008.

Bibi e Ali saranno ora trasferiti in una struttura per malati mentali gestita dal governo.

Sarah Belal, direttore esecutivo di Justice Project Pakistan, ha dichiarato al giornale britannico Guardian: “Con questa sentenza, la Corte Suprema del Pakistan ha posto le basi per una riforma carceraria molto più ampia. È una sentenza di immenso valore non solo per come difende i diritti delle persone con disabilità psicosociali, ma anche per come vincola il Pakistan e le sue province a rispettare gli standard del giusto processo e dell’equità”.

Dal 2014, 518 persone sono state giustiziate in Pakistan. Attualmente 4.225 persone sono rinchiuse nel braccio della morte di quel paese.

Il Pakistan ha imposto una moratoria della pena di morte dal 2008 al 2014 in seguito alle ressioni dei gruppi internazionali per i diritti umani. Ma nel 2014, dopo un terribile attacco dei talebani in una scuola di Peshawar, la moratoria è stata revocata (1). (Pupa)

_______________________

(1) Vedi nn.: 210; 219, Notiziario; 220

8) NEL 1859 L’ULTIMA ESECUZIONE PUBBLICA IN CANADA

 

Le esecuzioni capitali che nel mondo attuale, con poche eccezioni, vengono portate a termine all’interno delle prigioni, fino ad un secolo fa erano spesso spettacoli aperti al pubblico.

 

Il 9 giugno 1859, John Mitchell fu impiccato in pubblico ad Hamilton in Canada.

Prima di morire Mitchell pronunciò queste parole: “Chiedo perdono a Gesù Cristo per i peccati della mia vita passata” e volse lo sguardo verso le migliaia di persone riunite per assistere allo spettacolo.

Mitchell era stato condannato a morte per aver ucciso la sua ragazza, Eliza Welsh, in uno scatto d’ira.

La forca fu costruita e dipinta di nero per l'occasione.

Ecco la cronaca dell’esecuzione pubblicata nel settimanale The Spectator:

Per la prima volta in 20 anni, oggi in questa città si è assistito allo spettacolo di un'esecuzione pubblica. John Mitchell, condannato a morte nella Contea di Wentworth per l'omicidio di Eliza Welsh, questa mattina ha subito la terribile pena, in presenza di un folto pubblico.

Alle 7 in punto un lugubre corteo di 20 persone si è recato dalla prigione al patibolo. Il condannato ha camminato con passo deciso e portamento coraggioso.

Quando Mitchell è stato collocato sulla botola del patibolo, il Rev. E. Gordon ha detto: “Riconosci la giustizia della tua condanna?”. Con un po’ di esitazione il condannato ha risposto: “Sì, e chiedo perdono a Gesù Cristo per i peccati della mia vita passata”.

Il Reverendo Gordon e Padre Cayan si sono inginocchiati e si sono raccolti in preghiera. Il boia si è fatto avanti e ha sistemato la corda attorno al collo di Mitchell. La contrazione nervosa delle labbra e il movimento dei muscoli del viso mostravano l’immensa trepidazione del moribondo. Volgendo gli occhi verso il mare di volti che lo fissavano, si è inginocchiato sulla botola fatale. Tutto era ormai pronto, e mentre i sacerdoti pregavano, lo sceriffo ha dato il segnale.

Il colpo mortale è stato sparato e la botola si è aperta alle 7 e 10. Il collo del condannato si è rotto e in pochissimi istanti tutto è finito.

15 minuti dopo che il medico della prigione ha certificato la morte del condannato il suo corpo è stato tirato giù dal patibolo e preparato per la sepoltura.”

Dopo l'esecuzione di John Mitchell l'opinione pubblica del Canada ha cambiato idea riguardo alle esecuzioni in pubblico. Comunque le esecuzioni capitali a porte chiuse sono continuate ad Hamilton fino al 1953. (Anna Maria)

9) NOTIZIARIO

 

Iraq. Continue esecuzioni di condannati per terrorismo. Il 9 febbraio sono stati giustiziati nella tristemente famosa prigione centrale di Nassiriya 5 uomini accusati di terrorismo. Tale esecuzione di gruppo è la seconda portata a termine quest’anno dopo che 3 condannati per terrorismo sono stati impiccati in quella stessa prigione a fine gennaio. I tre erano accusati di aver partecipato al duplice attacco suicida dell’ISIS che causò la morte di almeno 32 persone a Baghdad il 21 gennaio. Tra ottobre e novembre le autorità irachene hanno fatto impiccare 42 prigionieri accusati di terrorismo nella prigione di Nassiriya. L’Iraq è al quarto posto nella graduatoria dei paesi in cui si eseguono più condanne a morte, dopo la Cina, l’Iran e l’Arabia Saudita. Almeno 41.049 persone erano detenute in Iraq il 17 gennaio, 22.380 delle quali accusate di terrorismo.

 

Italia. Bloccata l’esportazione di bombe verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. In un comunicato emesso da Amnesty International il 4 febbraio leggiamo con soddisfazione: “Il Governo italiano revoca l’export di bombe verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti: una decisione che pone fine – una volta per tutte – alla possibilità che migliaia di ordigni fabbricati in Italia possano colpire strutture civili, causare vittime tra la popolazione o possano contribuire a peggiorare la già grave situazione umanitaria in Yemen. Le licenze erano state rilasciate dopo l’inizio del conflitto. Con questa decisione storica e grazie alla pressione della società civile è stato bloccato l’invio di oltre 12.700 bombe.” Ricordiamo che i governi dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti violano i diritti umani e usano largamente la pena di morte.

 

Texas. Sospese le esecuzioni di due condannati probabilmente dementi. La Corte Criminale d’Appello del Texas il 3 febbraio ha sospeso l’esecuzione di Edward Busby programmata per il 10 febbraio per consentire l’accertamento della disabilità mentale del condannato. In precedenza, il 15 gennaio, la medesima Corte aveva bloccato per lo stesso motivo l’esecuzione di Blaine Milam programmata per il 21 gennaio.

 

 

Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 28 febbraio 2021

bottom of page