FOGLIO DI COLLEGAMENTO INTERNO
DEL COMITATO PAUL ROUGEAU
Numero 279 - Gennaio 2021
E ora speriamo in Joe Biden
SOMMARIO:
1) USA: tumultuoso passaggio del potere da Donald Trump a Joe Biden
2) 35 parlamentari abolizionisti hanno scritto una lettera a Joe Biden
3) Un’iniezione letale: l’ultimo abuso subìto da Lisa Montgomery
4) Ucciso Corey Johnson nella giurisdizione federale USA
5) Ucciso Dustin Higgs nella giurisdizione federale USA
6) Analisi del DNA a favore di Payne condannato a morte in Tennessee
7) Nero condannato a morte in Mississippi scagionato dopo 26 anni
8) La Virginia verso l’abolizione della pena di morte
9) La pena di morte in Iran nel 2020
10) Tre condannati messi a morte in Iran all’inizio dell’anno
11) Claudio Giusti (5 settembre 1951 – 23 gennaio 2021)
12) Notiziario: Carolina del Sud, Egitto, Kazakhstan
1) USA: TUMULTUOSO PASSAGGIO DEL POTERE DA DONALD TRUMP A JOE BIDEN
Dopo la sconfitta di Donald Trump nelle elezioni del 3 novembre, i suoi sostenitori, sobillati dallo stesso Trump, il 6 gennaio hanno scatenato una rivolta nel Campidoglio degli Stati Uniti. La rivolta non ha impedito la nomina del successore di Trump, Joe Biden, ed ha causato la morte di 4 persone.
Giovedì 6 gennaio una folla di sostenitori di Donald Trump ha dato vita ad una rivolta nel Campidoglio degli Stati Uniti a Washington DC invadendo le aule e scontrandosi con la polizia armata. Quattro persone sono morte nei disordini che hanno scosso la capitale, tra di esse una donna colpita con un colpo d’arma da fuoco mentre la folla cercava di sfondare una porta blindata dietro la quale era asserragliata la polizia.
Poliziotti fronteggiano gli assalitori con le pistole spianate
La rivolta, tra le peggiori violazioni della sicurezza nella storia americana, è scoppiata dopo che Trump aveva esortato una folla di manifestanti a marciare sul Campidoglio per annullare la sua sconfitta elettorale di novembre.
L’inaudita violenza ha fermato il conteggio dei voti del collegio elettorale per affermare la vittoria di Joe Biden, con Mike Pence, il vicepresidente, e i membri del Congresso evacuati in luoghi sconosciuti per la loro sicurezza.
Il Congresso ha poi ripreso la sua attività poco prima delle 4 del mattino di giovedì, certificando la vittoria di Joe Biden su Donald Trump nelle elezioni presidenziali di novembre.
Biden, il presidente eletto, lo stesso pomeriggio ha condannato la rivolta: "Questo non è dissenso", ha detto. "È disordine, è caos, confina con la sedizione e deve finire immediatamente".
La cupola del Campidoglio è conosciuta in tutto il mondo come un simbolo politico e le aule della Camera dei Rappresentanti e del Senato sono venerate quasi come fossero sacre. Ma la carneficina di mercoledì ha inferto l'ultimo e forse più feroce colpo alla reputazione dell'America come modello di democrazia liberale.
Migliaia di rivoltosi si sono riuniti sui gradini del Campidoglio brandendo cartelli con scritte quali: “Facciamo l’America di nuovo grande”, "Libertà o morte: non calpestateci". Alcuni hanno rotto le barriere e hanno attraversato le linee della polizia per entrare nell'edificio, cantando "USA! USA!", rompendo finestre, vagando per sale e corridoi e occupando impunemente gli uffici.
Un uomo è salito sulla pedana del Senato e ha urlato: "Trump ha vinto le elezioni!". I manifestanti hanno preso d'assalto gli uffici dello speaker della Camera, Nancy Pelosi, rovesciando tavoli e strappando foto dalle pareti. Una fotografia mostra uno di loro seduto al posto della Pelosi con un piede sulla scrivania.
La polizia di Washington ha reso noto che bombe a tubo sono state trovate fuori dagli uffici del Comitato Nazionale Democratico e del Comitato Nazionale Repubblicano. La polizia ha inoltre trovato una borsa termica contenente una pistola e una molotov.
Sono state arrestate 52 persone.
Dopo aver acceso il fuoco, Trump ha fatto un tardivo appello alla calma, ma ha ripetuto la bugia che le elezioni sono state truccate. "Conosco il vostro dolore, so che siete feriti", ha detto. "Un’elezione ci è stata rubata ma ora dovete andare a casa. Dobbiamo trovare pace. Dobbiamo rispettare la legge e l'ordine, dobbiamo rispettare la nostra grande gente nella legge e nell'ordine. Non voglio che nessuno si faccia male. Vi amo".
Le ripetute affermazioni di Trump sui brogli elettorali hanno indotto Twitter e Facebook ad assumere iniziative per il rispetto delle regole: hanno bloccato account di Trump e rimosso diversi post del presidente che mettevano in dubbio i risultati delle elezioni.
Biden ha assunto un atteggiamento antitetico a quello di Trump, dichiarando: "A quest'ora, la nostra democrazia è sotto un assalto senza precedenti, diverso da qualsiasi cosa che abbiamo visto nei tempi moderni... Le scene di caos al Campidoglio non rappresentano la vera America, non rappresentano quello che siamo. Ciò che stiamo vedendo è un piccolo numero di estremisti dedicati all'illegalità".
Ha aggiunto: "Chiedo al presidente Trump di andare ora in televisione per adempiere al suo giuramento e difendere la costituzione chiedendo la fine di questo assedio. Non è una protesta. È insurrezione".
Sono stati chiamati rinforzi. Il sindaco di Washington DC, Muriel Bowser, ha attivato la guardia nazionale e ha emesso un coprifuoco in tutta la città dalle 18 di mercoledì alle 6 di giovedì. Ralph Northam, il governatore della vicina Virginia, ha annunciato che avrebbe inviato membri della guardia nazionale della Virginia e 200 poliziotti statali.
Solo alla sera i funzionari hanno dichiarato il Campidoglio "sicuro". La certificazione dei voti del collegio elettorale è ripresa più tardi mercoledì sera.
"Oggi è stato compiuto un vergognoso assalto alla nostra democrazia", ha detto la speaker della Camera, Nancy Pelosi. "È stato compiuto al più alto livello di governo. Tuttavia, non può dissuaderci dalla nostra responsabilità di convalidare l'elezione di Joe Biden".
Il leader della minoranza al Senato, Chuck Schumer, ha chiesto che i "teppisti" e i "terroristi domestici" che hanno preso d'assalto il Campidoglio siano perseguiti nella misura massima prevista dalla legge. "Questo tumulto è stato in buona parte causato dal presidente Trump, dalle sue parole e dalle sue bugie”.
Il caos di mercoledì ha provocato allarme e contrarietà in tutto il mondo. Jens Stoltenberg, il segretario generale della Nato, ha twittato: "Scene scioccanti a Washington DC. Il risultato di queste elezioni democratiche deve essere rispettato.” Anche Boris Johnson, primo ministro britannico ha definito vergognoso l’assalto al Campidoglio. (Pupa)
2) 35 PARLAMENTARI ABOLIZIONISTI HANNO SCRITTO UNA LETTERA A JOE BIDEN
Il nuovo presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha ricevuto una lettera firmata da 35 membri del Congresso che gli chiedono di commutare le 49 condanne a morte pendenti in ambito federale.
Il 22 gennaio, due giorni dopo essere entrato in carica, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha ricevuto una lettera firmata da 35 membri del Congresso che chiedono la commutazione di tutte le condanne a morte inflitte nella giurisdizione federale.
L’iniziativa è stata presa dalle democratiche Ayanna Pressley del Massachusetts e Cori Bush del Missouri.
Nella lettera i 35 parlamentari chiedono a Biden di “intraprendere un’azione veloce e decisiva” e affermano che “la commutazione delle sentenze dei condannati a morte e l’assicurazione che ogni condannato sia sottoposto ad una nuova fase processuale di inflizione della pena senza l’opzione della condanna a morte è un primo passo di importanza cruciale per correggere una grave ingiustizia.”
“Ci proponiamo di lavorare con la sua amministrazione per intraprendere giuste iniziative che possano migliorare il nostro sistema penale. Esercitando il suo potere di clemenza lei può svuotare il braccio della morte. Data la storia dell’amministrazione federale si tratterà di un’azione senza precedenti – ma necessaria – per rimuovere le ingiustizie del sistema e ripristinare la reputazione morale dell’America.”
Joe Biden ha più volte dichiarato di voler por fine alla pena di morte in ambito federale ed è quindi prevedibile che la richiesta dei 35 parlamentari sarà accolta.
Ci sono attualmente 49 detenuti nel braccio della morte federale, dei quali 21 sono bianchi, 20 sono neri, 20 sono latino americani e 1 è asiatico. Se il presidente Biden accetterà l’invito dei parlamentari le sentenze capitali di costoro saranno commutate in ergastolo.
Lisa Montgomery uccisa il 13 gennaio 2021
3) UN’INIEZIONE LETALE: L’ULTIMO ABUSO SUBÌTO DA LISA MONTGOMERY (1)
La frenetica attività dei difensori è riuscita soltanto a porre in forse l’esecuzione della malata mentale Lisa Montgomery che è stata messa a morte con sole sette ore di ritardo sul momento fissato.
Lunedì 11 gennaio u.s. la condannata a morte 52-enne Lisa Montgomery è stata trasportata in catene dal Texas al carcere federale di Terre Haute nell’Indiana.
Dal 2008 la Montgomery era rinchiusa in una prigione federale in Texas per detenute con necessità speciali, dove aveva ricevuto cure psichiatriche. Dal 16 ottobre, quando fissarono la data della sua esecuzione, fu sottoposta a sorveglianza continua in una cella singola, per impedirle di suicidarsi.
Ricordiamo che nel 2004 Lisa Montgomery - che aveva falsamente detto in giro di essere incinta - aveva finto di voler acquistare un cane dalla 23-enne Bobbie Jo Stinnett. Ma dopo essere arrivata a casa della signora Stinnett, che era all’ottavo mese di gravidanza, Lisa Montgomery l’aveva strangolata con una corda, aveva usato un coltello da cucina per tagliarle l’addome e aveva estratto il feto di sesso femminile, poi aveva affermato che la bambina era sua. La neonata è sopravvissuta, è stata chiamata Victoria e ha compiuto 16 anni il mese scorso.
All’avvicinarsi della data dell’esecuzione le battaglie legali erano diventate frenetiche.
Gli avvocati difensori avevano sostenuto che la Montgomery non poteva essere messa a morte, citando malattie mentali, disturbi neurologici e traumi complessi. Un giudice federale dell’Indiana aveva ordinato una sospensione dell’esecuzione la sera dell’11 gennaio, in modo che si potesse tenere un’udienza per determinare il suo stato mentale. Ma un panel della Settima Corte d'Appello Federale ha annullato la sospensione il giorno dopo, affermando che la richiesta della difesa di Lisa Montgomery avrebbe dovuto essere presentata prima. I giudici hanno anche citato un precedente della Corte Suprema la quale affermò che le sospensioni dell’ultimo minuto delle esecuzioni “dovrebbero essere l'eccezione estrema, non la norma”.
Tuttavia, due ordini delle corti hanno continuato a tenere in vita Lisa Montgomery dopo l'orario di esecuzione programmato: le 18:00’ del 12 gennaio. Infine la Corte Suprema, verso le ore 20, ha aperto la strada all'esecuzione, come ha fatto con i precedenti 10 detenuti messi a morte dall’amministrazione Trump, e ha annullato entrambe le sospensioni.
Così Lisa è stata legata al lettino, poi un membro del personale carcerario femminile le ha rimosso delicatamente la maschera facciale e le ha chiesto se volesse pronunciare qualche ultima parola. "No", ha risposto Lisa. La Montgomery è stata dichiarata morta all’1:31’ del 13 gennaio.
La famiglia e gli amici della sua vittima hanno detto che l’omicidio commesso dalla Montgomery è stato così orribile che lei meritava di essere messa a morte indipendentemente dalla sua salute mentale, ed effettivamente il crimine di Lisa fu davvero atroce, ma chi era questa donna, definita dall’accusa “un mostro”? Lisa subì abusi sessuali e torture per mano del patrigno e della madre che gli avvocati di Montgomery e sua sorella, pure violentata nell’infanzia, hanno paragonato alle scene di un film horror.
“Distrutta prima che lei nascesse, la vita di Lisa Montgomery è stata piena di torture, terrore, fallimento e tradimento”, hanno scritto gli avvocati per dire che Lisa era nata cerebralmente danneggiata a causa dell’alcolismo di sua madre. Lisa era stata maltrattata dal suo patrigno, che aveva costruito una baracca vicino alla roulotte in cui vivevano, in cui lui e i suoi amici la violentarono da quando era una bambina e dove sua madre la vendeva per sesso.
Diane Mattingly, sorella maggiore di Lisa, ha detto ai giornalisti in un briefing che anche lei fu ripetutamente violentata, a volte insieme a Lisa nella stessa stanza, fino a quando le autorità non la tolsero alla famiglia per darla in affidamento. “Tante persone l’hanno delusa”, ha detto la Mattingly. “Sì, anche io ho iniziato allo stesso modo, ma poi sono finita in un posto dove sono stata amata e curata e ho potuto maturare autostima. Avevo una buona base. Lisa no, e si è spezzato qualcosa dentro di lei. Ha letteralmente rotto con il mondo.”
In un post su Facebook del 12 novembre scorso, suor Helen Prejean – famosa abolizionista - aveva scritto: “Dobbiamo fermare l’esecuzione di Lisa Montgomery. Lisa era psicotica, incapace di agire razionalmente, quando ha commesso un crimine terribile. Aveva un disperato bisogno di cure psichiatriche e invece è stata condannata a morte”. Ha aggiunto che Lisa Montgomery non ha mai ricevuto aiuto e “persa nel suo inferno speciale, ha commesso i suoi orribili crimini. Lisa Montgomery aveva un disperato bisogno di farmaci antipsicotici e di terapia intensiva; adesso, invece, deve affrontare un ago fatale il 12 gennaio, solo otto giorni prima che Biden diventi presidente”.
Frank P. Cervone, direttore esecutivo del Support Center for Child Advocates, un’organizzazione con sede a Filadelfia che aiuta i minori vittime di abusi, ha rilasciato una lunga dichiarazione sul caso di Lisa, di cui riportiamo alcuni stralci: “Troppi bambini in America sono vittime ogni anno, con il loro corpo e il loro spirito devastati dalla violenza sessuale e dalla tratta. Lisa Montgomery era una bambina del genere. Come accade a vittime di traumi infantili estremi, il dolore e la sofferenza della Montgomery alla fine sono sfociati in un atto violento. Circa il 75% dei detenuti nel braccio della morte federale ha subito gravi traumi infantili. La Montgomery non ha mai conosciuto amore, sicurezza o protezione. Sua madre ha bevuto molto durante la gravidanza lasciando Lisa con danni permanenti al cervello. Il patrigno della Montgomery ha iniziato a violentarla quando era bambina, e dopo che lui e sua madre hanno divorziato, le cose sono peggiorate. La madre ha venduto Lisa Montgomery a uomini adulti, permettendo che fosse violentata ripetutamente e violentemente.
La madre non solo ha permesso che i suoi figli divenissero vittime sessuali, ma ha abusato di loro fisicamente, verbalmente ed emotivamente. Ha picchiato Lisa e sua sorella e le ha costrette a fare docce fredde come punizione. I bambini che hanno subito un trauma possono mostrare una notevole capacità di recupero, conducendo vite relativamente normali nonostante le cicatrici fisiche e mentali che portano. Tuttavia, affinché la guarigione avvenga, i bambini hanno bisogno di sicurezza, assistenza sanitaria mentale e fisica e opportunità per sviluppare abilità per far fronte alla loro storia traumatica e allo stress della vita quotidiana. La Montgomery non ha mai ricevuto questo tipo di aiuto. La sorella maggiore della Montgomery è stata allontanata da casa dai servizi sociali e, sebbene abbia dovuto lottare, è stata in grado di raggiungere l’età adulta come una persona normale.
Nessun adulto è intervenuto per aiutare Lisa e sua la mente si è sconnessa dalla realtà per proteggerla da ciò che il suo corpo stava subendo. La sua malattia mentale e i danni cerebrali alla fine l’hanno portata a commettere un tragico crimine. Troppo spesso alle giurie non vengono fatte presenti le devastanti esperienze subite dagli imputati. Invece le violenze subite devono essere considerate per concedere la grazia e per fermare un’esecuzione.”
Dopo l’esecuzione, la signora Kelley Henry, avvocato di Lisa, ha rilasciato una dichiarazione, che qui riportiamo in parte:
“La vile sete di sangue di un’amministrazione fallita era in piena mostra quella sera. Tutti coloro che hanno cooperato all’esecuzione di Lisa Montgomery dovrebbero provare vergogna. Il governo non si è fermato davanti a nulla nella sua frenesia di uccidere questa donna danneggiata e delirante. Insistendo per un’esecuzione durante una pandemia, questa amministrazione ha anche dimostrato il suo spudorato disprezzo per la vita delle persone innocenti che si radunano in occasione delle esecuzioni. La richiesta di clemenza per Lisa presentata al presidente Trump era stata sostenuta da migliaia di organizzazioni e individui. Ma il presidente non ha fatto nulla.
Lisa era molto più del tragico crimine che ha commesso, un crimine per il quale ha provato un profondo rimorso prima di perdere ogni contatto con la realtà nei giorni prima della sua esecuzione. Lisa era anche molto di più degli orrori che le venivano inflitti, delle violenze e degli abusi sessuali che subiva per mano di coloro che avrebbero dovuto amarla, nutrirla e proteggerla. Spesso rimaneva intrappolata nella prigione della sua mente, perdendo il contatto con la realtà per lunghi periodi di tempo. Ma quando non era presa dalla psicosi, era una persona gentile e premurosa che ero onorata di conoscere e difendere.
Il governo degli Stati Uniti si aggiunge alla lunga lista di persone e istituzioni che hanno fallito con Lisa. Dovremmo considerare l’esecuzione di Lisa Montgomery per quello che è: l’esercizio vizioso, illegale e non necessario del potere. Non possiamo lasciare che ciò accada di nuovo.”
Lisa Montgomery è stata la terza donna messa a morte dal governo federale dal 1900. L’ultima prima di lei era stata Ethel Rosenberg, che fu giustiziata nel giugno 1953 insieme al marito per aver tentato di fornire segreti militari all’Unione Sovietica. Le esecuzioni delle donne rappresentano meno del 4% delle quasi 16.000 esecuzioni portate a termine negli Stati Uniti dal 1600.
Il 13 gennaio la Commissione Europea ha dichiarato di “deplorare profondamente” l’esecuzione di Lisa Montgomery. L’Unione Europea aveva chiesto clemenza, sottolineando che gli standard minimi dovrebbero essere rispettati per le persone con disturbi mentali. La Commissione Europea ha chiesto anche che venissero revocate le esecuzioni a livello federale pendenti durante gli ultimi giorni dell’amministrazione Trump. (Grazia)
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(1) Vedi nn. 276, 277, 278.
Corey Johnson ucciso il 14 gennaio 2021
4) UCCISO COREY JOHNSON NELLA GIURISDIZIONE FEDERALE USA
Nonostante l’impegno dei sui difensori, Corey Johnson condannato a morte nella giurisdizione federale degli Stati Uniti è stato ucciso il 14 gennaio, come programmato.
L’8 gennaio i difensori di Corey Johnson avevano chiesto di sospendere l’esecuzione del loro assistito programmata nella giurisdizione federale per il 14 gennaio perché potessero essere prese in considerazione le prove della sua disabilità mentale, cosa che non era stata fatta nel corso del processo tenutosi nel 1993 in cui fu condannato a morte dopo essere stato riconosciuto colpevole di 7 insensati omicidi compiuti nel 1992 in Virginia nel mondo della droga.
Nella petizione erano state esposte le prove della sua disabilità mentale: Corey Johnson aveva ripetuto 5 anni nella scuola elementare e aveva imparato a scrivere solo a 13 anni. I sui legali avevano fatto presente che il suo ritardo psichico era stato esacerbato dagli abusi, dai traumi, dalla mancanza di stabilità emotiva nel corso dell’infanzia.
Nel 2002 la Corte Suprema degli Stati Uniti con la famosa sentenza Atkins v. Virginia stabilì l’incostituzionalità dell’inflizione della pena di morte ai disabili mentali. In tale sentenza sono previsti i criteri per determinare se gli accusati sono disabili mentali, criteri che gli avvocati e gli esperti della difesa di Johnson hanno sostenuto ricorrere nel caso del loro assistito.
Dal momento che in precedenza la difesa del condannato non aveva mai affrontato la questione della disabilità mentale, nella petizione si chiedeva un’udienza per presentare le prove di tale disabilità. Tale udienza non è stata concessa.
Il 12 gennaio un giudice federale aveva disposto la sospensione dell’esecuzione dei due condannati a morte a livello federale ancora in vita, Corey Johnson e Dustin Higgs, perché affetti da COVID-19. Ma la sospensione è stata annullata dalla Corte Suprema il 14 gennaio, giorno dell’esecuzione di Corey Johnson.
Nella dichiarazione finale Johnson ha chiesto perdono per i suoi crimini e ha detto alle famiglie delle sue vittime di sperare che esse possano trovare la pace. Ha inoltre ringraziato il personale della prigione, il cappellano del carcere, il suo pastore e i suoi difensori legali.
“Vorrei dire che sono addolorato ma non so come dirlo. Spero che troviate pace,” è scritto nella dichiarazione resa nota dai suoi avvocati. “Ai miei famigliari dico di averli sempre amati e che il loro amore mi ha reso sincero. Nella vita di strada cercavo delle scorciatoie, avevo dei buoni esempi ma non li seguivo. Ero cieco e stupido. Ora non sono più lo stesso uomo di allora.”
Dustin Higgs ucciso il 16 gennaio 2021
5) UCCISO DUSTIN HIGGS NELLA GIURISDIZIONE FEDERALE USA
Il 16 gennaio è stato giustiziato il tredicesimo ed ultimo condannato a morte sotto la presidenza di Donald Trump. Si è trattato di Dustin J. Higgs che prese parte ad un triplice omicidio nel 1996.
Dustin Higgs è stato dichiarato morto all’1:23’ del 16 gennaio nel carcere federale di Terre Haute.
La sera prima la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva dato via libera alla sua esecuzione con 6 voti contro 3. La giudice Sonia Sotomayor, dopo aver votato contro l’esecuzione, ha accusato la Corte di eludere ripetutamente “le regole del giusto processo, spesso per richiesta del governo” permettendo all’amministrazione Trump di andare avanti “con un vertiginoso e precipitoso ritmo di esecuzioni”.
Il caso di Higgs cominciò a gennaio del 1996 quando lui ed altri due uomini viaggiavano in auto da Laurel in Maryland verso Washington. I tre diedero un passaggio a tre donne - Tamika Black, Mishann Chinn e Tanji Jackson – e, dopo aver comprato dei liquori, andarono a casa di Higgs e si misero a bere e ad ascoltare musica. La mattina presto del giorno seguente Dustin Higgs e Tanji Jackson cominciarono a litigare. La Jackson prese un coltello. Uno degli uomini, Willis Haynes, interruppe la disputa.
Ancora arrabbiata Tanji Jackson lasciò l’appartamento insieme alle altre due donne e sembrò che si annotasse la targa dell’auto di Higgs. Dustin Higgs tirò fuori da un cassetto un’arma da fuoco e i tre uomini si incontrarono fuori con le donne. Le donne entrarono nell’auto pensando che sarebbero state riportate a casa ma Higgs guidò l’auto in un’area sperduta, denominata Patuxent Research Refuge, di proprietà federale.
L’accusa sostenne che Higgs disse alle donne di uscire dal veicolo, passò la pistola ad Haynes e ordinò a costui di ucciderle perché una di loro aveva rifiutato le sue offerte sessuali.
“Mi fa piacere dire che sono innocente,” ha dichiarato Higgs poco prima che iniziasse l’iniezione letale, “io non ho ordinato gli omicidi.”
Oltre 1.500.000 persone avevano firmato una petizione in cui si chiedeva di risparmiare la vita di Dustin Higgs. Invano.
Willis Haynes, per il quale la giuria mancò di accordarsi per l’inflizione della pena di morte, fu condannato all’ergastolo.
Higgs ricevette la condanna a morte, una pena che i suoi avvocati hanno definito “arbitraria e ingiusta” in confronto a quella che ha ricevuto l’uomo che sparò alle donne.
Sia Dustin Higgs che Corey Johnson sono risultati positivi al test del COVID-19 a dicembre, quando un’epidemia scoppiò nel braccio della morte federale. Di conseguenza un giudice federale aveva sospeso le loro esecuzioni fino a marzo argomentando che i condannati rischiavano di provare una sensazione di soffocamento. Tuttavia la sospensione è stata annullata il 14 gennaio rimuovendo l’ultimo ostacolo alla loro esecuzione.
6) ANALISI DEL DNA A FAVORE DI PAYNE CONDANNATO A MORTE IN TENNESSEE
La recente scoperta del DNA di uno sconosciuto su un coltello, arma del delitto, oltre a quello di Pervis Payne, condannato morte per omicidio in Tennessee nel 1988, potrebbe salvare la vita a Payne.
Pervis Payne fu condannato a morte nel 1988 per aver ucciso a coltellate nel 1987 la 28-enne Millington Charisse Christopher e sua figlia Lacie di 2 anni. Il figlio della Christopher, Nicholas, di 3 anni, sopravvisse pur avendo ricevuto parecchie coltellate. (1)
Martedì 19 gennaio l’avvocatessa Kelley Henry, che difende Payne, ha riferito in tribunale che il DNA di uno sconosciuto è stato recentemente scoperto sul manico del coltello che fu usato per uccidere Millington Charisse Christopher.
Il team legale di Payne ha detto che la scoperta solleva dubbi su chi ha realmente compiuto i crimini del 1987 per i quali Payne è stato condannato.
La presenza del DNA di un uomo sconosciuto tra le prove della scena del crimine potrebbe influenzare le prossime decisioni forensi.
L’avvocatessa Henry ha affermato di aver ricevuto il rapporto da un laboratorio indipendente solo nella tarda serata del 18 gennaio. Ha detto che oltre al DNA maschile di uno sconosciuto sul manico, è stato trovato il DNA di Payne su un punto diverso del coltello. Ha detto che questo è coerente con la testimonianza di Payne di aver toccato il coltello dopo il crimine.
L’accusatore Steve Jones ha detto di non aver avuto la possibilità di discutere con un esperto il rapporto completo (che occupa più di 100 pagine), ma che le prove non scagionano Payne: "Certamente non scagionano Payne dalla colpevolezza né gli evitano la punizione".
La giudice Paula Skahan ha detto di aver letto il rapporto e di essere d'accordo: "Niente scagiona Pervis Payne. Niente". Ha fatto presente altresì che stava respingendo la petizione.
Fuori dall'aula, l’avvocatessa Henry ha detto ai giornalisti di essere rimasta confusa dalla dichiarazione della giudice poiché la difesa stava chiedendo il test del DNA, non un nuovo processo, e che la giudice aveva già concesso la richiesta del test.
Kelley Henry ha aggiunto che la difesa userà il rapporto sul DNA per preparare una richiesta di clemenza al governatore Bill Lee. Ha anche detto che la difesa esaminerà altre soluzioni legali.
Il giornale Commercial Appeal ha scritto di non aver avuto la possibilità di esaminare il rapporto sul DNA, e al momento non è chiaro quale impatto potrebbe avere sul caso di pena di morte, che ha attirato l'attenzione di gruppi come la NAACP e la Chiesa di Dio in Cristo.
La giudice Skahan a settembre aveva consentito che la prova del DNA venisse testata per la prima volta nel caso di Payne, dicendo nella sua sentenza che, mentre era probabile che lo Stato avrebbe ancora perseguito Payne indipendentemente da qualsiasi prova a discarico del DNA, se il DNA di una terza parte fosse stato rilevato su più oggetti della scena del crimine, “sarebbe apparso più probabile che Payne non avesse commesso quei reati".
Tra gli oggetti ora testati vi sono il coltello arma del delitto, un tampone, tende macchiate di sangue, un paio di occhiali e un peluche macchiato di sangue.
Le prove sono state testate dal Forensic Analytical Crime Laboratory, un laboratorio privato in California che conduce test sia per l'accusa che per la difesa.
Alcuni degli oggetti più importanti della scena del crimine del 1987 sono stati persi o distrutti. Tra questi vi sono frammenti di unghie di Charisse Christopher che dimostravano la presenza di due tipi di sangue sotto le unghie, tamponi vaginali da un kit da stupro e i vestiti delle vittime.
Gli avvocati di Payne hanno detto che anche gli oggetti mancanti, in particolare i frammenti di unghie, avrebbero potuto dimostrare l'innocenza di Payne.
L'ufficio del procuratore distrettuale della contea di Shelby si era opposto alla richiesta dei test del DNA, sostenendo che le prove per condannare Payne sono sovrabbondanti: un poliziotto lo vide lasciare la scena del crimine inzuppato di sangue, e Payne ha ammesso di essere stato lì. Il suo berretto da baseball è stato trovato intorno al braccio della vittima di 2 anni, e le sue impronte digitali sono state trovate su una lattina di birra nell'appartamento.
I commentatori osservano che la sentenza è stata fortemente influenzata da pregiudizi razziali e dalla difficoltà dell’imputato a difendersi avendo un quoziente intellettivo molto basso.
Pervis Payne, che ha ribadito la sua innocenza per 33 anni, dichiarò al processo di aver scoperto la macabra scena del crimine dopo aver sentito invocazioni di aiuto attraverso la porta aperta dell'appartamento.
Ha detto di essersi chinato per cercare di prestare aiuto, sporcandosi di sangue i vestiti, e di aver estratto il coltello ancora conficcato nella gola della Christopher. Ha detto che quando arrivò un poliziotto bianco preso dal panico scappò, temendo di essere considerato il principale sospetto in quanto nero.
La data dell'esecuzione di Payne era stata fissata per il 3 dicembre u. s., ma il governatore del Tennessee Bill Lee ha concesso un rinvio dell’esecuzione fino al 9 aprile 2021 a causa della pandemia di COVID-19.
Il rinvio permette anche al Tennessee Black Caucus of State Legislators, un’associazione che difende i neri, di far approvare una legge che permetta a un imputato già condannato a morte in via definitiva di avanzare una richiesta di clemenza basata della disabilità intellettuale. Gli avvocati di Payne fino ad ora non hanno potuto presentare tale richiesta per ragioni procedurali. (Pupa)
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(1) Sul caso di Pervis Payne vedi n. 276 e n. 277, Notiziario.
7) NERO CONDANNATO A MORTE IN MISSISSIPPI SCAGIONATO DOPO 26 ANNI
Eddie Lee Howard è stato scagionato ufficialmente venerdì 8 gennaio 2021, dopo 26 anni di battaglie legali per far riconoscere la sua innocenza.
Eddie Lee Howard fu condannato a morte nel 1994 dopo essere stato dichiarato colpevole della violenza carnale e dell’accoltellamento mortale di Georgia Kemp, una donna bianca di 84 anni, avvenuti a Columbus in Mississippi, con la principale prova a carico costituita dai segni dei morsi trovati sul corpo della vittima.
Una diversa valutazione dei segni lasciati dai morsi e le autorevoli testimonianze che confermano il suo alibi, nonché i risultati dei test del DNA sui materiali organici trovati sulla scena del crimine, tra cui il sangue trovato sull’arma del delitto, provano l’innocenza di Howard.
Eddie Howard è stato liberato dal braccio della morte del Mississippi all’inizio di Dicembre 2020 prima dell’emissione della sentenza assolutoria.
Il 31 agosto scorso, la Corte Suprema del Mississippi aveva annullato la condanna a morte di Howard, riconoscendo che l’unica prova contro di lui era costituita dalla perizia sui morsi. Come ha osservato la Corte, “un colpevole non può essere identificato in modo attendibile per mezzo di una perizia sui morsi”, tuttavia la perizia sui morsi è stata “la prova più importante presentata dall’accusa durante il processo di Howard”.
Eddie Lee Howard
Dal momento in cui è entrato in carica, l’accusatore distrettuale Scott Colom ha esaminato con molta attenzione al caso di Eddie Howard, ha studiato la sentenza della Corte Suprema del Mississippi, ha esaminato accuratamente le prove ed ha deciso di non ricorrere contro la sentenza assolutoria.
“Voglio esprimere la mia gratitudine alle tante persone che hanno responsabilmente contribuito a trasformare il mio sogno di libertà in realtà”, ha dichiarato Eddie Lee Howard. “Vi ringrazio dal profondo del cuore, perché senza il vostro duro lavoro in mio favore, sarei ancora rinchiuso in quel terribile posto chiamato Dipartimento di Correzione del Mississippi, nel braccio della morte, in attesa di essere giustiziato.”
Prove forensi inaffidabili
“La Corte Suprema del Mississippi ha preso una posizione forte nel rifiutare i risultati della ‘scienza spazzatura’ come prova per mettere a morte un uomo”, ha dichiarato Chris Fabricant, avvocato del Mississippi Innocence Project, che difende Eddie Howard. “Siamo grati del fatto che la Corte abbia identificato tale guasto nel caso del signor Howard, stabilendo che la scienza spazzatura non ha posto nel nostro sistema giudiziario”.
Il caso di Eddie Lee Howard è un chiaro esempio di come prove forensi inaffidabili possano portare a una condanna ingiusta. Ad oggi, Eddie Howard è uno dei quattro abitanti del Mississippi la cui accusa di omicidio è stata ribaltata mentre erano rinchiusi nel braccio della morte a causa di screditate ascientifiche prove forensi.
Questi casi non sono affatto isolati. Il caso Howard segna la 28° liberazione negli Stati Uniti d’America conseguita al riconoscimento della fallacità della perizia sui morsi. Il Mississippi Innocence Project sta attualmente lavorando su due ulteriori condanne a morte conseguite in gran parte dall’uso di perizie sui morsi.
“Howard è stato condannato a morte sulla base di indagini forensi infondate, senza alcuna prova fisica o testimoni del crimine”, ha detto Vanessa Potkin, un altro degli avvocati del Mississippi Innocence Project. “Come Howard, altri 21 uomini e donne nel braccio della morte in tutto il Paese hanno avuto comprovata la loro innocenza attraverso il test del DNA, incluso il nero Kennedy Brewer. Brewer ha trascorso 15 anni nel braccio della morte del Mississippi dopo essere stato condannato in base alle prove sui morsi. Sappiamo che ci sono persone innocenti attualmente nel braccio della morte, che chiedono assistenza dopo la condanna. La pena di morte è la forma di punizione più estrema e irreversibile. Il caso del signor Howard chiarisce ottimamente il motivo per cui non possiamo permetterci di utilizzare la pena di morte quando l’errore umano è ancora così frequente nel sistema di giustizia penale”.
I difetti del sistema penale
L’ingiusta condanna di Eddie Lee Howard consegue ad una serie di errori tragicamente comuni, tra cui un’indagine fallita della polizia e i pregiudizi razziali.
All’inizio del caso, la polizia della Contea di Lowndes non aveva sospetti credibili e arrestò Howard senza alcun documentato, ragionevole sospetto.
Dei 375 esoneri in seguito alle analisi DNA riscontrati negli Stati Uniti dal 1989 ad oggi, 225 riguardano neri. Decenni di analisi dei dati stabiliscono che la razza della vittima influisce pesantemente sulla probabilità che l’imputato sia accusato di omicidio capitale e riceva la pena di morte.
Come riportato lo scorso anno dal Death Penalty Information Center (1) i dati sugli omicidi e sulle esecuzioni tra il 1976 e il 2014 indicano che i condannati per l’omicidio di persone bianche hanno una probabilità 4 volte maggiore di essere messi a morte rispetto ai condannati che hanno ucciso neri. Il fatto che il Eddie Howard sia stato ingiustamente accusato e condannato a morte per l’omicidio di una donna bianca mette in luce le profonde disparità razziali nell’amministrazione della giustizia e nell’uso della pena di morte negli Stati Uniti.
Oggi Howard è libero, 26 anni dopo essere stato rinchiuso ingiustamente per la prima volta nel braccio della morte nella Parchman Farm, un’azienda agricola in cui lavoravano gli schiavi trasformata in prigione, una delle strutture più pericolose e brutali degli Stati Uniti.
“Questa è una vittoria agrodolce”, ha dichiarato l’avvocato Tucker Carrington del Mississippi Innocence Project. “Siamo felici del fatto che Howard abbia finalmente la libertà e una parvenza di giustizia, ma ha perso quasi tre decenni della sua vita rischiando l’esecuzione a causa di un sistema giuridico fallimentare. Il suo caso ci ricorda che c’è ancora molto lavoro da fare per aiutare altri che come Howard hanno perso preziosi anni della loro vita in seguito a condanne ingiuste”. (Anna Maria)
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8) LA VIRGINIA VERSO L’ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE
Si prevede che il movimento per l’abolizione della pena di morte in Virginia – in atto da due anni –avrà a breve una positiva conclusione anche per merito del nuovo governatore Ralph Northam.
Il 18 gennaio il disegno di legge che abolisce la pena di morte ha superato il suo primo ostacolo nello stato USA della Virginia. La Commissione Giustizia del Senato lo ha approvato con 10 voti a favore e 4 contrari. I voti a favore sono stati espressi da 9 Democratici e 1 Repubblicano. I sostenitori del disegno di legge - tra i quali il Governatore Ralph Northam (nella foto) e la sua amministrazione e molte personalità religiose - hanno argomentato che la pena di morte è stata usata in modo sproporzionato contro gli imputati neri, e hanno notato che la sentenza capitale è stata più volte pronunciata in casi in cui gli imputati sono stati successivamente prosciolti.
Ralph Northam è il primo governatore della Virginia ad opporsi alla pena di morte.
“Storicamente l'uso della pena capitale è stato iniquo”, ha dichiarato Rita Davis, capo dell’ufficio legale del Governatore Northam, citando dati che dimostrano che i pubblici ministeri sono più propensi a chiedere la pena di morte nei casi in cui l’imputato è Nero e la vittima è Bianca.
“Se segui questa strada, almeno disponi che le forze dell'ordine non siano là fuori da sole", ha dichiarato l’ex Senatore Bill Carrico, un poliziotto in pensione, chiedendo che la pena di morte rimanga almeno per le persone accusate dell’omicidio di agenti di polizia.
Tuttavia, i familiari degli agenti uccisi non sono unanimi nella loro opposizione alla proposta di legge. Rachel Sutphin, la figlia di uno sceriffo della contea di Montgomery che fu ucciso da William Morva, ha definito la pena di morte “una misura inefficace e obsoleta che non porta alcun conforto ai membri della famiglia”. (Morva è stato messo a morte il 16 luglio del 2017, nell’ultima esecuzione portata a termine in Virginia).
Il disegno di legge ha ancora bisogno dell'approvazione della Commissione Finanze del Senato per poi arrivare alla Camera per il voto definitivo, ma il voto del 18 gennaio indica che il disegno di legge ha un sostegno significativamente maggiore rispetto allo scorso anno, quando non fu approvato dal Parlamento.
Attualmente ci sono 2 uomini nel braccio della morte in Virginia. Le loro esecuzioni non sono state programmate. (Anna Maria)
9) LA PENA DI MORTE IN IRAN NEL 2020
L’Iran continua ad essere uno dei paesi che usa di più la pena capitale. Nel 2020 il regime clericale ha emesso ed eseguito sentenze di morte per crimini politici, per reati di droga, reati sessuali, moharebeh (fare la guerra a Dio) (1), per rapina a mano armata e per consumo di alcol. Ecco i dati forniti da Iran Human Rights Monitor:
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Almeno 255 persone sono state messe a morte in Iran nel corso dell’anno.
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54 esecuzioni sono state annunciate da fonti ufficiali.
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Almeno 198 esecuzioni sono conseguite ad accuse di omicidio.
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Almeno 26 persone state giustiziate dopo essere state accusate di reati di droga.
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Una persona è stata impiccata in pubblico.
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Sono stati messi a morte almeno 6 minorenni al momento del crimine.
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Almeno 8 donne sono state impiccate.
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Tra coloro che sono stati messi a morte vi erano almeno 12 prigionieri politici
I precedenti dati sono incompleti perché le condizioni altamente repressive non permettono agli attivisti dei diritti umani di accedere alle informazioni. Dal momento che in Iran molte esecuzioni vengono portate a termine in segreto, i dati reali devono essere considerati più alti di quelli qui riportati.
Per terrorizzare la società, prevenire lo scoppio di proteste e proteggere il regime l’Iran ha avuto bisogno di emettere ed eseguire condanne a morte con continuità durante tutto l’anno. A questo scopo ha emesso pene capitali contro i manifestanti.
Inoltre, con l’esecuzione delle condanne a morte per reati come il consumo di alcol o la rapina, le autorità iraniane hanno inteso terrorizzare e intimidire la società civile.
Le condanne a morte sono state inflitte con una diffusa violazione delle regole del giusto processo. Per queste ragioni, il regime iraniano è stato censurato da organizzazioni e istituzioni internazionali per i diritti umani.
Iran Human Rights Monitor esorta il Segretario Generale delle Nazioni Unite, l'Alto Commissario per i Diritti Umani, il Consiglio per Diritti Umani delle Nazioni Unite, i Relatori Speciali delle Nazioni Unite e tutte le organizzazioni internazionali che difendono i diritti umani a intraprendere azioni urgenti per fermare la tortura e le esecuzioni in Iran. Il dossier sulle violazioni flagranti e sistematiche dei diritti umani in Iran deve essere sottoposto al Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Ancora una volta Iran Human Rights Monitor chiede la formazione di una delegazione internazionale d'inchiesta che visiti le prigioni e i prigionieri iraniani.
Esecuzione di prigionieri politici
Le esecuzioni di manifestanti e prigionieri politici nel 2020 sono chiari esempi dell'uso repressivo della pena di morte da parte del regime iraniano.
Secondo le informazioni pubblicate dai media statali e dagli attivisti per i diritti umani, in Iran nei mesi scorsi sono stati emesse sentenze di morte per le persone arrestate durante le proteste di dicembre 2017, gennaio 2018, agosto 2018 e novembre 2019.
Tre manifestanti arrestati durante le proteste del novembre 2019 a Teheran sono stati condannati a morte, così come 5 manifestanti arrestati a Isfahan durante le proteste del dicembre 2017-gennaio 2018.
Il lottatore 27-enne e campione nazionale, Navid Afkari è stato arrestato a Shiraz dopo le proteste dell'agosto 2018. È stato impiccato il 12 settembre 2020. (Vedi n. 275)
A precederlo è stato Mostafa Salehi, un manifestante arrestato a Isfahan durante le proteste del dicembre 2017-gennaio 2018, che è stato giustiziato il 5 agosto 2020. (Vedi n. 275)
Il prigioniero politico Mostafa Salimi era tra le decine di detenuti che sono evasi dalla prigione di Saqqez il 27 marzo 2020. È stato nuovamente arrestato e giustiziato due settimane dopo, l'11 aprile (Vedi n. 270, Notiziario)
Due prigionieri politici curdi, Diako Rasoulzadeh e Saber Sheikh Abdollah, condannati a morte sulla base di confessioni estorte loro sotto tortura, sono stati impiccati nella prigione centrale di Urmia il 14 luglio 2020.
Il prigioniero politico curdo Hedayat Abdollahpour è stato giustiziato dal plotone d'esecuzione in un campo base militare a Oshnavieh l'11 maggio 2020.
Un prigioniero politico baluchi, Abdol-Basset Dahani, è stato giustiziato nella prigione centrale di Zahedan il 23 aprile 2020. Prima di essere giustiziato, aveva dichiarato di essere stato costretto sotto torture feroci a fare false confessioni.
Il regime ha anche messo a morte Ruhollah Zam il 12 dicembre 2020, per intensificare l'atmosfera di terrore e repressione e prevenire lo scoppio di proteste. (Vedi N. 278).
Ravina Shamdasani
Esecuzione di delinquenti minorenni
Il regime clericale ha continuato a eseguire le condanne a morte in Iran nei confronti di criminali minorenni, in violazione dei suoi obblighi internazionali. Almeno 6 vittime della pena di morte nel 2020 erano minorenni al momento di commettere il crimine. Si tratta di: Majid Esmailzadeh, Shayan Saeedpour, Arsalan Yassini, Mo'ayyed Savari, Amir Mohammadpour e Mohammad Hassan Rezaii.
Mohammad Hassan Rezaiee è stato messo a morte in Iran il 31 dicembre u.s. dopo essere stato accusato di un crimine che avrebbe commesso a 16 anni di età. Ravina Shamdasani, portavoce dell’OHCHR, (Ufficio per Diritti Umani dell’ONU) il 1° gennaio ha affermato che nel 2020 sono stati messi a morte in Iran almeno quattro minorenni all’epoca del reato loro contestato e ha esortato l’Iran a porre fine a tale “pratica spaventosa”. Nella dichiarazione si sottolinea che Michelle Bachelet, Alto Commissario per i Diritti Umani dell’ONU, ha espresso la sua delusione per il fatto che l’esecuzione sia stata portata a termine nonostante gli interventi dell’OHCHR presso il Governo dell’Iran. Ravina Shamdasani ha aggiunto che la confessione di Mohammad Rezaiee è stata ottenuta con la tortura.
Majid Esmailzadeh è stato impiccato nella prigione centrale di Ardabil il 18 aprile 2020 dopo essere stato torturato per ottenere la sua confessione. Majid aveva 16 anni al momento di commettere il presunto omicidio. A causa della povertà della sua famiglia, non ha potuto avere un'assistenza legale adeguata. L'avvocato d’ufficio non ha mai risposto alle chiamate della sua famiglia.
Shayan Saeedpour è stato impiccato il 21 aprile 2020, per un crimine che aveva commesso quando era minorenne. Era tra i detenuti che fuggirono dalla prigione di Saqqez il 27 marzo 2020, dopo lo scoppio di una rivolta in carcere durante le proteste per le condizioni della prigione durante la pandemia di Coronavirus. Era stato arrestato una settimana dopo l’evasione, il 3 aprile 2020.
Inoltre, Danial Zeinol Abedini, un condannato a morte minorenne, è stato picchiato a morte dalle guardie carcerarie nella prigione centrale di Mahabad. Il suo corpo è stato restituito alla famiglia il 2 aprile 2020.
Esecuzioni di donne
Almeno 8 donne sono state giustiziate in Iran nel 2020. Il regime iraniano è il primo boia di donne al mondo.
Le leggi del regime iraniano non discriminano. Pertanto, chiunque commetta un omicidio è condannato a morte indipendentemente dalle sue motivazioni. Molte delle donne condannate a morte per omicidio in Iran sono vittime di violenza e sono state condannate a morte dopo processi grossolanamente ingiusti.
Esecuzioni per crimini minori
Almeno 13 persone sono state giustiziate nel 2020 per accuse legate a droga, stupro, rapina a mano armata e a consumo di alcol.
Nel luglio 2020, giustiziando un uomo per aver bevuto alcolici, il regime iraniano ha mostrato che usa la pena di morte a scopo repressivo: Morteza Jamali, 55 anni e due figli, è stato impiccato nella prigione centrale di Mashhad l'8 luglio 2020.
Shahrouz Kazemi Noureddinvand, 28 anni, è stato giustiziato a Isfahan il 30 settembre 2020 dopo essere stato condannato a morte per rapina a mano armata in una gioielleria. Il giovane aveva compiuto la rapina a causa della sua povertà e non aveva ferito nessuno durante il suo tentativo. (Pupa)
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(1) La condanna per moharebeh, che viene inflitta per lo più agli oppositori del regime, può dar luogo a quattro tipi di punizione: pena di morte, amputazione incrociata degli arti, crocifissione e/o esilio, sebbene si ricorra soprattutto alla pena di morte.
10) TRE CONDANNATI MESSI A MORTE IN IRAN ALL’INIZIO DELL’ANNO
Reza Shirzadeh giustiziato a Yazd il 14 gennaio
Iran Human Rights ha reso noto che la mattina del 14 gennaio un prigioniero è stato messo a morte nella prigione centrale di Yazd. Il prigioniero si chiamava Reza Shirzadeh e aveva di 36 anni, reo di omicidio era stato condannato alla qisas (punizione ‘occhio per occhio’).
Secondo una fonte informata: "Reza Shirzadeh è stato arrestato 5 anni fa e condannato a morte. È stato trasferito in isolamento in preparazione della sua esecuzione a mezzogiorno del 12 gennaio ed è stato giustiziato il 14 gennaio".
L’esecuzione di Reza non è stata riportata dai media o dai funzionari iraniani.
Secondo il rapporto annuale di Iran Human Rights, almeno 225 delle 280 persone giustiziate nel 2019 sono state accusate di “omicidio premeditato”. Poiché in Iran non ci sono distinzioni tra omicidio colposo, omicidio volontario e omicidio involontario, coloro che sono accusati di “omicidio premeditato” ricevono la pena di morte indipendentemente dall’intento e dalle circostanze.
Un prigioniero Baluch giustiziato a Zahedan il 14 gennaio
Un prigioniero è stato giustiziato nella prigione centrale di Zahedan la mattina di giovedì 14 gennaio. Si tratta di Jama Zahrozehi di nazionalità Baluch che è stato messo a morte per “accuse legate alla droga”.
I Baluch vivono tra in una zona divisa tra l’Iran, l’Afghanistan e il Pakistan.
Secondo l’agenzia Campagna degli attivisti baluci che per prima ha riportato la notizia dell’esecuzione, Jama era di Zabol e della tribù Dehmardeh. Oltre alla condanna per reati di droga, sembra che abbia avuto altre condanne.
L’esecuzione del prigioniero Baluch non è stata riportata dai media nazionali o dai funzionari iraniani.
C’è stata un forte diminuzione delle condanne a morte per reati di droga dopo l’introduzione di un nuovo articolo nella Legge Anti Droga circa tre anni fa. Comunque secondo il Rapporto annuale di Iran Human Rights sulla pena di morte in Iran del 2019, almeno 30 persone condannate per droga sono state messe a morte nel 2019.
Shamseddin Soleimani giustiziato a Qazvin il 15 gennaio
Secondo Iran Human Rights, un prigioniero è stato giustiziato nella prigione centrale di Qazvin la mattina del 15 gennaio. Si tratta di Shamseddin Soleimani, originario di Shabestar, capoluogo dell’Azarbaijan.
Una fonte bene informata ha riferito a Iran Human Rights: “Shamseddin Soleimani era stato arrestato nel 2016 con l'accusa di trasportare 85 chilogrammi di droga industriale. Shamseddin ha ripetutamente dichiarato che la droga non era sua ma apparteneva ad una persona che era scappata dopo il suo arresto. Ha dichiarato in tribunale di essere solo l'autista”.
L’esecuzione di Shamseddin Soleimani non è stata riportata dai media nazionali né dai funzionari iraniani. (Pupa)
11) CLAUDIO GIUSTI (5 settembre 1951 – 23 gennaio 2021)
a cura di Alessia Bruni
In questa pandemia abbiamo perso Claudio Giusti, di Forlì, che per tutta la vita è stato studioso e militante per i diritti umani e contro la pena di morte.
Laureato in scienze politiche con una tesi sul dissenso in Unione Sovietica, aveva una formazione da ricercatore e storico che metteva al servizio dei diritti umani.
In una sua autobiografia scriveva: “Claudio Giusti ha avuto il privilegio e l’onore di partecipare al congresso di fondazione della Sezione Italiana di Amnesty International, nel 1975, ed è stato uno dei fondatori, nel 2002, della World Coalition Against The Death Penalty. Ha scritto una quantità di articoli e ha tenuto innumerevoli conferenze e seminari sui diritti umani e la pena di morte (ma anche su fumetti e cartoni animati)”.
Claudio Giusti al World Congress Against the Death Penalty, Oslo 2016
In Amnesty per anni, contribuì alla nascita di numerosi gruppi locali di attivisti, anche ricoprendo il ruolo di responsabile a livello regionale dell'addestramento dei gruppi. Era convinto che per difendere i diritti umani fosse necessaria una buona organizzazione, una forte preparazione e un confronto con il movimento a livello internazionale. Generosissimo, si è sempre speso per intervenire ovunque ci fosse bisogno di supporto.
All’attivismo aggiungeva la riflessione teorica. Il suo saggio “Cosa sono veramente i diritti umani” (Il Pensiero Mazziniano 3/1998) era stato apprezzato da Norberto Bobbio. Il testo in cui la pena di morte era considerata una violazione del principio di uguaglianza era stato apprezzato da Roger Hood.
Claudio si riteneva tra le pochissime persone in Italia esperte di pena di morte, e questo era per lui motivo di sconforto poiché era convinto che l’Italia, per la sua tradizione abolizionista, avrebbe potuto svolgere un ruolo importante nel panorama internazionale. Ha sempre cercato di formare abolizionisti, sia prestandosi come oratore sia scrivendo un manuale su come parlare in pubblico di pena di morte.
Claudio si era specializzato sulla pena di morte statunitense, perché su di essa esiste una mole imponente di informazioni, che invece scarseggiano in paesi che ne fanno largo uso come la Cina o l’Iran.
Negli anni ha partecipato ai World Congress Against the Death Penalty a Strasburgo, Parigi, Ginevra, Madrid, Oslo in cui incontrava i sui amici di penna internazionali tra cui Roger Hood, Bill Pelke, entrambi recentemente scomparsi.
È possibile consultare gli scritti di e su Claudio Giusti qui: http://www.osservatoriosullalegalita.org/special/penam.htm http://www.facebook.com/claudio.giusti.545 http://www.astrangefruit.org/
Claudio Giusti (sotto la finestra, vicino ad Alessia Bruni) a Roma nel 2002 in occasione della fondazione della World Coalition Against The Death Penalty
12) NOTIZIARIO
Carolina del Sud. Ripristinato l’uso della sedia elettrica? La mancanza di farmaci da usare per le iniezioni letali ha indotto il Senatore della Carolina del Sud Greg Hembree (nella foto) a proporre una legge che preveda l’uso della sedia elettrica nei casi in cui non siano disponibili farmaci letali. “Non si tratta di una legge pro o contro la pena di morte”, ha dichiarato Greg Hembree. “La pena di morte è prevista dalla legge nel nostro stato e noi dobbiamo osservare la legge. Discutere pro o contro la pena di morte è un altro paio di maniche.” La Carolina del Sud ha messo a morte un condannato per l’ultima volta il 6 maggio 2011 quando è stata somministrata un’iniezione letale a Jeffrey Motts.
Egitto. Esecuzioni a raffica. Il presidente dell’Egitto Abd al-Fattah al-Sisi (nella foto), che detiene in maniera dittatoriale il potere conquistato con un colpo di stato il 3 luglio 2013, ha fatto impiccare 152 persone nel 2020, 49 delle quali nell’arco di 10 giorni. Nel 2019 in Egitto vi furono 32 esecuzioni. In precedenza, sotto la presidenza di Hosni Mubarak, le esecuzioni portate a temine in un anno si potevano contare sulle dita di una mano. Su Abd al-Fattah al-Sisi, vedi ad es. nn. 252, 276.
Kazakhstan. Abolita la pena di morte. Il 2 gennaio u. s. nel sito del presidente Kassym-Jomart Tokayev (nella foto) è stata pubblicata la notizia dell’abolizione della pena di morte in Kazakhstan. Nel paese vigeva una moratoria delle esecuzioni dal 2003 ma le corti hanno continuato ad emettere sentenze capitali. Ora l’adozione da parte del Kazakhstan del Secondo Protocollo Opzionale alla Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici ha richiesto l’abolizione della pena di morte. Se non fosse stata abolita la pena di morte sarebbe stato probabilmente giustiziato tale Ruslan Kulek-bayev che nel 2016 nella città di Almaty uccise 8 poliziotti e 2 civili.
Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 31 gennaio 2021