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FOGLIO  DI COLLEGAMENTO  INTERNO

 

DEL COMITATO PAUL ROUGEAU

 

Numero 245  -  Gennaio 2018

Thomas Whitaker sarà ucciso in Texas giovedì 22 febbraio?

SOMMARIO:

1) A chi gioverebbe uccidere Thomas Whitaker? 

2) Chiediamo nuovamente ad Aramis Ayala il test per Tommy Zeigler!

3) Un anno fa è morto a San Quentin il nostro amico Fernando 

4) La prima esecuzione negli USA del 2018 è avvenuta in Texas 

5) In Texas due esecuzioni consecutive di due uomini molto diversi 

6) Amnesty chiede la chiusura del carcere di Guantánamo           

7) Terribili condizioni di detenzione nei bracci della morte USA 

8) In Iran esecuzioni durante le manifestazioni antigovernative 

9) È ripreso il processo capitale per l’uccisione di Kim Jong Nam

10) John C. Woods sadico boia che uccise criminali nazisti 

11) La lotta per il potere causò la morte di 40.000  streghe  

12) Si ristampa Il tritacarne: ordinatelo con un grosso sconto! 

13) Notiziario: Egitto, Florida, Iran, Pakistan

1) A CHI GIOVEREBBE UCCIDERE THOMAS WHITAKER?

 

 

Kent Whitaker ama e perdona il figlio Thomas che ha tentato di farlo uccidere e che ha fatto uccidere sua moglie e un altro suo figlio. Ora deve prepararsi ad assistere con il cuore straziato all’esecuzione di Thomas programmata per il prossimo 22 febbraio nel carcere di Huntsville in Texas.

 

I politici americani favorevoli alla pena di morte citano, tra le principali motivazioni a sostegno della loro passione per la forca, il fatto che l’esecuzione del condannato serve a dare soddisfazione ai familiari delle sue vittime. Ma in molti casi non è così, come in quello di Thomas Bart Whitaker in Texas.

Nel 2003 Thomas - a detta dell’accusa per ereditare un ingente patrimonio (che in realtà non esisteva) - portò a cena fuori i suoi genitori, Tricia e Kent, e il fratello Kevin, per consentire ad un complice di introdursi in casa loro e di sparare a tutti i familiari al rientro.

Il complice uccise Tricia e Kevin e colpì al petto Kent, che però sopravvisse alla strage. 

Mentre era in ospedale in gravissime condizioni, Kent, di forte fede cristiana, era combattuto tra il desiderio di perdonare l’assassino, di cui ignorava ancora l’identità, e il desiderio di vendicarsi, facendogli del male personalmente. 

Riferisce Kent: “Tutto ciò che potevo fare fu chiedere a Dio di aiutarmi. Quando lo feci, mi accadde la cosa più strana della mia vita. Sentii un calore forte avvolgermi. Durò solo un paio di secondi, ma quando mi lasciò, tutto il desiderio di vendetta, tutto l’odio erano scomparsi. Non riuscivo a capire perché Dio mi aveva fatto questo.” 

Poi la polizia scoprì chi era il mandante dell’omicidio e rivelò a Kent che si trattava di suo figlio. Kent decise subito di perdonarlo, perché voleva che il figlio capisse che, se il suo papà poteva amarlo nonostante il male atroce che gli aveva fatto, allora lo avrebbe perdonato anche Dio.

Thomas Whitaker fu processato e condannato a morte.

Il 22 febbraio prossimo Thomas verrà ucciso a meno che non intervengano il governatore Greg Abbott o la Commissione per le Grazie del Texas. Il padre di Thomas ha inoltrato tramite i suoi avvocati difensori, tra i quali c’è il validissimo avvocato James Rytting (che, come sappiamo, sta occupandosi anche della difesa del nostro amico Larry Swearingen), una petizione alle autorità chiedendo la grazia per il figlio.

Il 13 gennaio scorso, Kent Whitaker, che ora ha 69 anni, ha dichiarato al giornale Austin American Statesman di non volere assolutamente la morte del figlio. “Ho già visto troppe uccisioni. Non voglio vederlo uccidere davanti ai miei occhi. So che anche Tricia e Kevin non lo vorrebbero. Non riesco a immaginare l’ultima parte della mia famiglia uccisa dallo stato, specialmente perché tutte le vittime non lo vorrebbero.”

Nella petizione al Governatore e al Board, alcune domande cruciali vengono poste, tra le quali:

* La morte è ancora la risposta giusta, anche quando sottoporrà una vittima a una nuova ulteriore sofferenza da patire per sempre?

* Uccidere Thomas Whitaker è più importante che risparmiare Kent Whitaker?

Nella petizione si ricorda anche che Chris Brasher, l’amico di Thomas che commise materialmente la strage, fu condannato all’ergastolo e non a morte, perché patteggiò con l’accusa ammettendo la sua colpevolezza e accusando Thomas.

Inoltre, nei 15 anni trascorsi in carcere, Thomas è diventato una persona completamente diversa: si è diplomato, sta proseguendo negli studi, ed è benvoluto dalle guardie e dagli altri prigionieri perché pare che abbia il dono particolare di saper aiutare e calmare i detenuti malati di mente. La petizione al Governatore è stata sottoscritta anche da molti compagni di detenzione. Il prigioniero William Speer ha scritto: “[Thomas] ha lavorato proprio duramente per riabilitarsi. Ucciderlo sarebbe un

crimine, perché il sistema ha bisogno di uomini come lui nelle prigioni per mantenere tutti calmi e combattere la disperazione”.

Ovviamente l’accusa sta invece dandosi da fare perché Thomas venga ammazzato. L’accusatore John Healey ha dichiarato all’Houston Chronicle che Thomas Whitaker non è affatto un uomo redento, ma un “maestro nel manipolare la verità.”

Se l’esecuzione di Thomas avrà luogo, suo padre sarà lì, dietro a quel vetro, nella stanza della morte di Huntsville: “Mentre muore, voglio che possa guardarmi e vedere che lo amo. Voglio proprio che sappia che lo perdono e che gli voglio bene. […] Non voglio vedere questo, Dio, non voglio. Ho visto abbastanza uccisioni. Ma non posso immaginare di lasciarlo solo in quella stanza senza nessuno lì per lui”.

Non occorrono ulteriori commenti. Da parte nostra possiamo sperare e pregare che almeno per una volta il Texas si commuova e risparmi tanta ulteriore sofferenza. 

Invitiamo inoltre i lettori a dare una mano a questo povero padre disperato, firmando una petizione online promossa dall’associazione “Catholic Mobilizing Network”, che si trova a questo indirizzo:  https://catholicsmobilizing.org/action/2018-01/stop-execution-thomas-whitaker  (Grazia)

2) CHIEDIAMO NUOVAMENTE AD ARAMIS AYALA IL TEST PER TOMMY ZEIGLER !

 

Cari amici, come sapete (1), Tommy Zeigler, rinchiuso da oltre 40 anni nel braccio della morte della Florida, ha subìto l’ultima sconfitta giudiziaria e da un momento all'altro potrebbe essere fissata per lui la data di esecuzione. Conosciamo il caso Zeigler dal 2001 e siamo convinti – come il nostro amico floridiano Dale Recinella – che nei suoi riguardi si stia compiendo una gravissima ingiustizia. Su proposta di Dale chiediamo a tutti i lettori di inviare un appello in favore di Tommy all’accusatrice Aramis Ayala. La Ayala si è schierata contro la pena di morte ed ha l’autorità per intervenire in favore dei condannati. Ecco qui sotto una nuova versione dell'appello da noi proposto (che può essere molto utilmente modificato) da inviare per posta a:  The Hon. Aramis Ayala - State Attorney Ninth Judicial Circuit - 415 N. Orange Ave. -  Orlando, FL 32801  USA.  Oppure per email a:   aayala@sao9.org   o  a   aramis@aramisayala.com   È opportuno che chi ha già scritto riscriva, mandando la  la sottostante versione aggiornata dell’appello, perché in questo caso è molto importante insistere. 

Se partecipiamo tutti a questa petizione riusciamo sicuramente a smuovere qualcosa in Florida!

 

Dear Hon. Aramis Ayala,

I am following with great admiration your activity in contrast with the absurd, cruel and unfair use of the death penalty in Florida. I heartily hope that you will be able to persevere in following your fair ideas of true justice!

I am writing you once again on the case of William “Tommy” Zeigler Jr., who is on death row for a shooting that took place in his family store on December 24, 1975 at Winter Garden, Florida. Four persons were killed during the shooting, and Mr. Zeigler was shot in his abdomen and miraculously survived.

Ziegler’s case has been followed in Italy by many persons since 2001. We cannot make sense of the state’s version of the facts and the reasons for which the prosecution obtained a death sentence for Zeigler.

I would therefore be extremely grateful to you if you could authorize the touch DNA tests requested by the defense in Tommy Zeigler’s case and pursuit the truth as to what actually happened in the store that horrible night. It is too important to make absolutely sure that no innocent man is put to death!

Respectfully

[Nome, cognome, indirizzo postale e/o email]

 

(Traduzione dell’appello ad uso dei lettori meno ferrati in inglese: Cara Onorevole Aramis Ayala, sto seguendo con sincera ammirazione la Sua attività di contrasto all’utilizzo assurdo, crudele ed ingiusto della pena di morte in Florida. Spero ardentemente che Lei possa continuare a seguire le Sue rette idee di giustizia! Le scrivo ancora una volta riguardo al caso di William “Tommy”Zeigler Jr che si trova nel braccio della morte per una sparatoria avvenuta il 24 dicembre 1975 nel suo negozio a Winter Garden in Florida. Quattro persone venenero uccise nel corso della sparatoria, il sig. Zeigler fu colpito nell’addome e sopravvisse per miracolo. Il caso di Zeigler è stato seguito da molte persone in Italia a partire dal 2001. Noi non riuscimo a dare un senso alla versione dei fatti e alle ragioni con le quali l’accusa ottenne una condanna a morte per Zeigler. Le sarei pertanto estremamente grato se lei potesse autorizzare i test richiesti dalla difesa nel caso di Tommy Zeigler e cercasse di appurare la verità su ciò che avvenne nel negozio quella notte terribile. E’ troppo importante avere la certezza assoluta che nessun innocente venga messo a morte!).

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(1) Di William “Tommy” Zeigler Jr. abbimo scritto nei nn.: 83 (febbraio 2001); 88; 98; 105; 109; 111; 124; 149, Notiziario; 176; 185; 213; 230; 237, Notiziario, 238, 242. Questi numeri sono reperibili nel nostro sito: https://www.comitatopaulrougeau.org/

3) UN ANNO FA È MORTO A SAN QUENTIN IL NOSTRO AMICO FERNANDO

 

È già passato un anno dalla morte del nostro carissimo amico Fernando Eros Caro nel braccio della morte di San Quentin. Lo ricordiamo con un suo poetico scritto propostoci da Lucia Tagliaro.

 

Un anno fa, il 28 gennaio 2017, nel braccio della morte di San Quentin in California morì all’improvviso Fernando Eros Caro, amico e collaboratore per tanti anni del Comitato Paul Rougeau. Fernando, per gli amici Nendy, non faceva mai mancare un suo contributo a questo Foglio di Collegamento. 

Fernando Eros Caro ha dipinto molti quadri e ha scritto diversi libri pubblicati in Italia, l’ultimo dei quali - “Non smettete mai di sognare” pubblicato per nostra iniziativa nel 2015 - contiene la sua corrispondenza con noi (1). Oggi vogliamo ricordare Nendy con un suo racconto che la nostra socia Lucia Tagliaro, sua carissima amica, ci ha inviato allegandolo al seguente messaggio:

 

“Carissimi, 

il 28 gennaio è un anno che Fernando è diventato un "uomo libero". Il suo ricordo è ancora molto vivo in me… e voglio ricordarlo insieme a tutti voi! Mi piace ricordarlo con il seguente racconto contenuto del suo libro Saai Maso. Il racconto si intitola Wilota che in linguaggio indiano yaqui significa Colomba.

Nendy ha vissuto ancora molti anni dopo aver scritto questo racconto ma i sentimenti che aveva dentro sono stati sempre... speranza, sensibilità, coraggio e una contagiosa forza interiore. Lo ricordo in continuazione anche perché in sala ho appeso un suo quadro ed è lì… una presenza continua. 

Un grande abbraccio a tutti

Lucia 

 

WILOTA  

 

Le colombe rappresentano equilibrio, armonia, grazia, bellezza e determinazione. Portano felicità e buona salute.

Sono 26 anni che mi trovo rinchiuso in questa prigione. Ci è permesso di uscire all'aperto dal mattino sino a mezzogiorno, in un piccolo cortile con alti muri di mattoni e palizzate collegate con delle catene.  Sulla cima delle palizzate e dei muri ci sono strati su strati di filo spinato. Non c'è modo

per nessuno di superare quel muro.

L'unica cosa che sono sempre riuscito a vedere da questo cortile è il cielo col sole, le nuvole e gli uccelli che talvolta mi volano sulla testa. In alcuni giorni del mese, se ero fortunato, potevo persino vedere la luna del mattino.

Tre anni fa, in primavera, uscendo dalla mia cella per andare in cortile notai sul pavimento di cemento, vicino ad una recinzione, che c'erano dei piccoli ramoscelli e dei fili d'erba. Guardando meglio vidi, in cima ad un palo di metallo, un nido. Non era fatto molto bene, perché il palo non offriva molto supporto. L'aveva costruito una wilota grigia, una colomba del mattino, che aveva cercato di aggiungere più rametti e fili d'erba che poteva, senza riuscire però a renderlo più solido. Quando depose le uova, queste rotolarono cadendo e rompendosi sul cemento. Tutte le volte che uscivo potevo vederle, le piccole uova rotte. Dopo svariate settimane di tentativi e di uova rotte, la colomba se ne andò via. 

La primavera successiva, di nuovo, la stessa ostinata colomba era tornata per costruire il nido. Questa volta però riuscì a farlo più solido e le sue uova non caddero. Qualche settimana dopo, quando i genitori venivano a portare il cibo, si vedevano le teste di due colombe piccine. Giorno dopo giorno ho visto quelle due creaturine crescere, ricoprirsi le ali di piume e imparare a volare. Era meraviglioso poter guardare quant'erano brave mentre volavano tutt'intorno e attraverso il reticolato. Poi, un giorno, scesi in cortile e le giovani colombe se n'erano andate, volate via per costruirsi un nido tutto loro. È stato molto triste, mi ci ero abituato, ma è stato comunque bello vederle crescere davanti ai miei occhi. 

Questa è la fine della storia.”

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(1) Alcuni bei quadri di Fernando e l’ultimo suo libro sono in vendita (v. www.comitatopaulrougeau.org ). Comprateli, il ricavato, che non potrà più andare a lui, andrà a finanziare le attività del Comitato.

4) LA PRIMA ESECUZIONE NEGLI USA DEL 2018 È AVVENUTA IN TEXAS

 

Il Texas comincia l’anno uccidendo un condannato pentito e pressoché volontario per l’esecuzione.

 

Il 18 gennaio in Texas è stata somministrata l’iniezione letale all’omicida 55-enne Anthony Allen Shore (1) 

Shore uccise a Houston quattro giovani donne, tra cui una bimba di 9 anni, strangolandole con un laccio emostatico. Fu condannato a morte nel 2004 per l’uccisone della prima di esse, la 21-enne Maria del Carmen Estrada, avvenuta nel 1992.

Pentito dei suoi misfatti, al processo chiese di essere messo a morte. Poi i suoi avvocati avevano contestato la sua richiesta e avevano presentato appelli, l’ultimo dei quali è stato respinto lo scorso anno. La Commissione per le Grazie del Texas si era espressa all’unanimità contro la clemenza nei suoi riguardi.

Nella sua dichiarazione finale Shore ha chiesto perdono con voce rotta: “Nessuna parola di pentimento può cambiare ciò che ho fatto, vorrei cambiare ciò che è stato ma quel che è stato è stato”.

Anthony Allen Shore ha detto di sentire il bruciore dell’iniezione letale ed è morto alle 18 e 28’, 13 minuti dopo l’inizio di essa.

“Il regno del terrore di Anthony Allen Shore è ufficialmente finito”, ha dichiarato Andy Kahan, attivista anticrimine, a nome delle famiglie delle vittime di costui. “Questa è la ragione per la quale abbiamo la pena di morte nello stato del Texas e Anthony Shore era in cima alla lista di coloro che la meritavano. É stato un lungo e difficile viaggio durato oltre un ventennio per le famiglie delle vittime.”

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(1) Il caso di Anthony Shore si è intrecciato con quello del nostro amico Larry Swearingen. Per tale motivo Shore – che doveva morire il 18 ottobre - ha avuto tre mesi di vita in più (vedi n.  242).

5) IN TEXAS DUE ESECUZIONI CONSECUTIVE DI DUE UOMINI MOLTO DIVERSI

 

I codannati a morte sono diversi tra loro, sia come persone, sia per i crimini commessi, sia per l’atteggiamento che assumono quando sono di fronte all’orrenda punizione per i loro misfatti.

 

Il 30 gennaio scorso il Texas ha effettuato la sua seconda esecuzione del 2018 (1), mettendo a morte il 64-enne nero William Earl Rayford, per aver ucciso diciassette anni fa la sua ex fidanzata Carol Lynn Thomas Hall. Si trattò del secondo omicidio compiuto da Rayford che otto anni prima aveva ucciso, pugnalandola 16 volte, la sua ex moglie Gail. Per questo primo crimine l’uomo era stato condannato a 23 anni di reclusione, ma era uscito sulla parola dopo otto anni, giovandosi di una legge che negli anni successivi fu poi abrogata. Per il secondo omicidio Rayford fu condannato a morte. 

Gli ultimi tentativi degli avvocati difensori di evitargli l’iniezione letale, basati anche sulle note di razzismo manifestatesi nel corso del suo processo, sono valsi soltanto a ritardare l’esecuzione di 2ore.

Rayford è morto dimostrando pentimento e dolore per i crimini commessi. Legato al lettino ha dichiarato: “Sono addolorato per ciò che ho fatto. Ho chiesto a Dio di perdonarmi. Per favore cercate nel vostro cuore di perdonarmi. Dite ai miei figli che mi dispiace di essere stato così deludente. Grazie. Dio vi benedica. Sono pronto, direttore”. E’ morto nel giro di 13 minuti dall’inizio dell’esecuzione.

Per la prima volta dopo cinque anni, il Texas ha messo a morte due condannati in due giorni: dopo Rayford,  il primo febbraio è stato ‘giustiziato’ il 62-enne John David Battaglia, accusato di aver ucciso nel 2001 le sue due figliolette, di 9 e 6 anni, facendo ascoltare per telefono alla ex moglie le loro urla di terrore e il suo folle ‘augurio’ di “Buon fottuto Natale” mentre sparava alle bimbe. 

Battaglia era stato diagnosticato da tre esperti su quattro malato di mente, poiché soffriva di allucinazioni, il ché avrebbe potuto evitagli l’esecuzione. I suoi avvocati si sono invano battuti per far valere tale attenuante.

Nel 2014 John Battaglia aveva dichiarato al Dallas Morning News di considerare ancora le sue figlie “le sue migliori amichette” e di non rendersi conto di averle uccise. 

Battaglia è morto dopo 22 minuti dall’inizio dell’iniezione letale. La sua ex moglie, Mary Jean Pearle, ha assistito all’esecuzione dal posto più vicino al condannato. Poi se ne è andata dicendo: “Ne ho visto abbastanza di lui.”.

L’atteggiamento di Battaglia durante l’esecuzione è stato completamente diverso da quello di Rayford: dimostrando in modo chiaro di essere malato di mente, ha scherzato e chiacchierato. Mentre i testimoni entravano nella stanza, ha detto: “Quante persone ci sono? Oh, davvero molte!”.     

Rivolto alla sua ex moglie ha poi detto: “Bene, ciao Mary Jean, ci vediamo più tardi. Arrivederci. Procedete.” Poi ha chiuso gli occhi per un attimo e mentre già l’iniezione letale era avviata, li ha riaperti, ha guardato il cappellano e ha sorriso dicendo: “Sono ancora vivo?”. Poi ha ridacchiato e sospirato, dicendo infine: “Oh ecco, adesso lo sento [l’effetto dell’iniezione letale]”.

Battaglia è stato il 548° condannato a essere messo a morte in Texas dalla ripresa delle esecuzioni nel 1982. (Grazia)

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(1)  Il 17 gennaio era stato ucciso Anthony Shore  (v. articolo qui sopra).

6) AMNESTY CHIEDE LA CHIUSURA DEL CARCERE DI GUANTÁNAMO

 

A sedici anni dell’apertura del tristemente noto centro di detenzione situato presso la base navale statunitense di Guantánamo Bay nell'isola di Cuba, Amnesty International ha chiesto ancora una volta la chiusura della struttura e un processo equo oppure il rilascio immediato delle persone che vi sono ancora trattenute.  Riportiamo il Comunicato in proposito diffuso da Amnesty l'11 gennaio.

 

"Nel corso degli anni, Guantánamo è diventato il simbolo della tortura, dei trasferimenti illegali e delle detenzioni a tempo indeterminato senza accusa né processo, in totale violazione degli standard internazionali sulla giustizia e sui diritti umani. La sua chiusura è tanto essenziale quanto lungamente dovuta”, ha dichiarato Erika Guevara Rosas, direttrice di Amnesty International per le Americhe. 

A Guantánamo restano 41 persone, tutte detenute da oltre 10 anni. La maggior parte di loro non è mai stata processata né accusata, mentre altri stanno affrontando processi iniqui da parte delle commissioni militari che in alcuni casi potrebbero concludersi persino con una condanna a morte. 

In occasione del sedicesimo anniversario, Amnesty International mette in evidenza il caso di Toffiq al-Bihani, detenuto a Guantánamo senza accusa né processo dal 2003 e più volte sottoposto a maltrattamenti e torture. Le autorità statunitensi hanno affermato chiaramente che non intendono incriminarlo.    

“Non si comprende perché al-Bihani si trovi ancora a Guantánamo. Il suo caso spiega come il centro di detenzione rimanga un luogo di elevate violazioni dei diritti umani”, ha commentato Guevara Rosas. 

“Al-Bihani dovrebbe essere trasferito in un paese che rispetti i suoi diritti umani, così come per tutti gli altri detenuti ancora a Guantánamo dovrebbe essere trovata una soluzione pienamente in linea col diritto internazionale dei diritti umani. Questa abominevole struttura detentiva dovrebbe essere chiusa una volta per tutte”, ha proseguito Guevara Rosas. 

Mohamedou Ould Salahi, un ex detenuto di Guantánamo, ha dichiarato: “So per esperienza diretta che a Guantánamo i prigionieri vengono trattati in modo crudele e degradante. È assurdo che persone come Toffiq al-Bihami continuino a stare lì dentro. Mi associo alla richiesta di Amnesty International che sia trasferito fuori da quella prigione”

Gli attivisti e le attiviste di Amnesty International di ogni parte del mondo stanno sollecitando il dipartimento Usa alla Difesa a rilasciare al-Bihami da Guantánamo, a trovare una soluzione pienamente in linea col diritto internazionale dei diritti umani per tutte le altre persone che vi sono ancora detenute e a chiudere il centro di detenzione una volta per tutte.

7) TERRIBILI CONDIZIONI DI DETENZIONE NEI BRACCI DELLA MORTE USA

 

Ogni tanto negli USA si promuonono azioni legali contro il disumano trattamanto che viene inflitto in quasi tutti gli stati che hanno la pena capitale ai propri condannati. Pertanto, almeno fino ad ora, senza successo.

 

Cinque condannati alla pena capitale della Pennsylvania hanno citato in giudizio i dirigenti delle carceri nelle quali sono detenuti contestando la pratica dell’isolamento di coloro che vivono nel braccio della morte, definendo tale pratica contraria alla Costituzione USA, in quanto 'inumana e degradante'.

L’azione legale intentata livello federale chiede di por fine all’isolamento dei 156 uomini nel braccio della morte nelle prigioni di Graterford e Greene.

I condannati in tali carceri rimangono per 22 ore su 24 in isolamento con le luci delle celle sempre accese. Lo spazio a disposizione di ciascun detenuto corrisponde ad un posto macchina. I reclusi possono uscire dalle celle e fare esercizio fisico in piccoli spazi all’esterno delle celle per non più di 2 ore durante la settimana. Ma non possono uscire dalla propria cella nel week end a meno che non ricevano una visita. Cambiano cella ogni 3 mesi. Non possono partecipare a nessuna attività ricreativa o culturale.

L’azione legale - una class action che riguarda tutti coloro che si trovano nelle stesse condizioni -  sottolinea la brutalità e la pericolosità della pratica che mette a rischio la salute fisica e mentale dei reclusi. 

La Pennsylvania ha eseguito tre esecuzioni dal 1976: in tutti e tre i casi i condannati avevano rinunciato alla possibilità di una revisione del processo. Il braccio della morte è andato restringendosi perché poche sono state le sentenze capitali e molti condannati hanno conseguito la commutazione delle sentenze in ergastolo.

Il Governatore della Pennsylvania Tom Wolf ha annunciato una moratoria delle esecuzioni  poco dopo il suo insediamento 3 anni fa ed ha denunciato l’ingiustizia, la lunghezza e l’eccessivo costo dei processi capitali. Il Governatore ha detto che la moratoria resterà in vigore fin tanto che lo studio da lui commissionato sulla pena capitale non sarà concluso.

È difficile che il ricorso presentato dai cinque detenuti della Pennsylvania  - Anthony Reid, Ricardo Natividad, Mark Newton Spotz, Ronald Gibson, e Jermont Cox -  abbia successo.    

Purtroppo dobbiamo constatare che il terribile trattamento riservato ai condannati a morte in quello stato non differisce da quello previsto nella grande maggioranza dei 20 stati USA che conservano la pena capitale.  (Pupa)

8) IN IRAN ESECUZIONI DURANTE LE MANIFESTAZIONI ANTIGOVERNATIVE

 

Minacce esplicite di condanne a morte dei promotori delle manifestazioni antigovernative tenutesi in varie città iraniane si aggiungono al crudele trattamento delle centinaia di manifestanti arrestati.

 

In seguito alle estese sollevazioni popolari contro il sistema teocratico iraniano cominciate a fine dicembre nelle province di Hamadan e Khuzestan, il regime degli Ajatollah ha fatto eseguire dal 15 al 17 gennaio 5 condanne a morte plausibilmente a scopo intimidatorio.

Due detenuti di 30 e 33 anni sono stati impiccati il 17 gennaio nella Prigione Centrale di Karaj. Il giorno prima due altri giovani che avevano 19 e 20 anni al momento dell'arresto, sono stati messi a morte a Mashhad. Il 15 gennaio un 27-enne è stato impiccato a Babol. È stata sospesa in extremis l'esecuzione programmata per il 17 gennaio di Abolfazl Chezani Sharahi, 14-enne al momento del crimine contestatogli.

Il 17 gennaio è stata amputata una mano ad un ladro di pecore nella prigione di Mashhad.

L'opposizione al regime, per di più dall'estero, afferma che le esecuzioni hanno scopo intimidatorio nei riguardi dei giovani - poveri, disoccupati e oppressi - che si sono ribellati al regime clericale. 

Nonostante tutto sembra che il popolo iraniano voglia continuare la rivolta per esautorare il clero.

Il regime iraniano ha affermato solennemente che i promotori delle manifestazioni meritano la pena di morte. 

Almeno cinque delle centinaia di manifestanti arrestati sono morti in carcere, ufficialmente per suicidio, probabilmente assassinati.

"L'estrema segretezza e la mancanza di trasparenza su cosa sia accaduto a questi detenuti è preoccupante. Invece di affrettarsi a dichiarare che si è trattato di suicidi, le autorità iraniane dovrebbero lanciare immediatamente un'indagine indipendente, imparziale e trasparente ed eseguire autopsie indipendenti sui corpi", ha dichiarato Magdalena Mughrabi, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l'Africa del Nord. (Pupa)

9) È RIPRESO IL PROCESSO CAPITALE PER L’UCCISIONE DI KIM JONG NAM

 

Due giovani straniere residenti nella Corea del Nord furono incaricate di uccidere Kim Jong Nam, fratellastro del dittatore Nordcoreano Kim Jong, che si trovava in Malaysia, spruzzandogli in faccia del gas nervino. Le giovani portarono a termine il terribile incarico ma finirono sotto processo. Dopo una sospensione di 7 mesi tale processo è ripreso il 22 gennaio. Potrebbero essere condannate a morte.

 

Il 22 gennaio a Shah Alam in Malaysia è ripreso dopo un’interruzione di sette mesi il processo contro le due donne accusate di aver ucciso Kim Jong Nam, fratellastro del presidente nordcoreano Kim Jong Un.

Ricordiamo che l’indonesiana Siti Aisyah di 25 anni e la vietnamita Doan Thi Huong di 29 anni il 13 febbraio 2017 uccisero Kim Jong Nam irrorandolo con gas nervino nell’aeroporto di Kuala Lumpur (1).

Sembra del tutto plausibile che le due, appoggiate da quattro complici ritornati indenni in Corea del Nord, abbiano agito su commissione del presidente nordcoreano. 

Kim Jong Nam, figlio maggiore di una famiglia che ha governato la Corea del Nord dalla sua fondazione, viveva da anni all’estero essendo caduto in disgrazia. Si ritiene che egli fosse considerato una minaccia per il potere di Kim Jong Un.

All’inizio del processo le imputate si dichiararono non colpevoli, asserendo di non sapere che cosa contenesse la bomboletta di gas che era stata consegnata loro e di aver voluto recitare una scenetta per una TV.

Il 22 gennaio si è discusso sull’autenticità dei video ripresi dalle telecamere di sorveglianza dell’aeroporto che l’accusa vuole fare acquisire come prove a carico delle due donne (2). 

Poi l’accusatore Muhamad Iskandar Ahmad ha annunciato che chiamerà altri quattro testimoni a carico. Fino ad ora sono stati sentiti 29 testimoni.

Si ritiene che l’accusa finisca entro marzo. Poi il giudice deciderà se ci sarà materia per proseguire il processo. In caso contrario le due donne potrebbero essere liberate. Se il giudice deciderà contro Siti Aisyah  e Doan Thi Huong, il processo, che potrebbe finire con la condanna a morte delle suddette, durerà ancora alcuni mesi. 

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(1) V. n. 241

(2) V. ultima parte del filmato: https://youtu.be/L1Gzqk8JUqA

 

 

10) JOHN C. WOODS SADICO BOIA CHE UCCISE CRIMINALI NAZISTI

 

Molto spesso coloro che eseguono le condanne a morte manifestano note di sadismo. Ciò è accaduto anche all’americano John Clarence Woods che agì da boia alla fine della seconda guerra mondiale ed ebbe l’incarico di impiccare 10 famosi criminali di guerra nazisti oltre ad una cinquantina di militari americani che si erano resi responsabili di reati capitali nel corso della guerra.

 

John Clarence Woods di Wichita in Kansas divenne famoso come boia alla fine della seconda guerra mondiale quando impiccò 10 criminali di guerra nazisti. Molti degli impiccati sono morti non per la rottura del collo, come avviene nelle impiccagioni correttamente eseguite, ma a causa di un lento straziante strangolamento (1). È stato riferito che il Feldmaresciallo Wilheim Keitel (2) impiegò 28 minuti per morire.

Woods si vantava delle impiccagioni. Il suo viso è stato immortalato su quotidiani, riviste e rotocalchi.

Sono passati quasi 70 anni da quando Woods è morto ancora giovane e in maniera bizzarra. A lui è dedicato un libro di prossima uscita, scritto dal colonnello americano in pensione French MacLean, intitolato American Hangman.

"Non lo considero un tipo diabolico ma uno che faceva qualcosa per cui si era offerto volontario" dice MacLean di Woods. "Non credo che fosse un patologico assassino seriale. Era impazzito contro i tedeschi. Si comportava come un fanatico. Quando Woods impiccava le persone, era l’attore principale. Era il suo spettacolo".

McLean spera che ci siano ancora in Kansas persone che ricordino John Woods e possano contribuire ad una maggiore comprensione della personalità del boia dei nazisti.

Si sa che Woods nacque il 5 giugno 1911 a Wichita e frequentò il liceo di Wichita, successivamente denominato East High School, che abbandonò dopo 2 anni.

Woods si arruolò nella Marina degli Stati Uniti nel 1929 e vi rimase per pochi mesi. McLean riferisce che Woods è stato congedato con disonore a seguito di una diagnosi di ‘inferiorità psicopatica’, locuzione che riguardava criminali irredimibili con un mix di caratteristiche violente e antisociali. 

Woods è ritornato nel Kansas dopo il servizio in Marina e ha fatto diversi lavori nei settori delle costruzioni e dell’agricoltura nelle contee di Greenwood e Woodson durante la grande depressione. MacLean afferma che ha lavorato per un periodo di tempo per il Civilian Conservation Corps ma è stato radiato dopo 6 mesi. Ha lavorato anche alla Boeing producendo utensili e stampi.

Quando gli Stati Uniti entrarono nella II guerra mondiale, Woods si arruolò nell'Esercito degli Stati Uniti anche se non avrebbe potuto farlo in quanto era già stato congedato con disonore dalla Marina. Ma, come dice McLean, ciò avveniva prima dell’avvento di internet e probabilmente nessuno controllò i suoi precedenti. Woods ha forse partecipato allo sbarco in Normandia il 6 giugno 1944. 

Non molto tempo dopo, come racconta McLean, l’Esercito si mise in cerca di un boia, chiedendo se qualcuno avesse esperienza nel campo. Allora c'erano 96 militari condannati alla pena capitale - per reati quali la diserzione, l’omicidio e lo stupro commessi mentre le forze americane erano impegnate in Africa e in Europa -  la cui esecuzione era stata programmata per il 1944. Il condannato più famoso era il soldato semplice Eddie Slovik, la cui storia è diventata nel 1974 un film per la televisione, interpretato da Martin Sheen. 

Alcuni di quei soldati sono stati giustiziati dai plotoni di esecuzione, come Slovik, altri sono stati impiccati. Woods si offrì per fare il lavoro, dicendo che aveva già impiccato due uomini in Texas e due in Oklahoma (non esiste però alcuna prova che l'abbia fatto veramente).

Woods divenne una celebrità nell’ottobre del 1946 lavorando per il Tribunale Militare Internazionale a Norimberga. Gli fu assegnato il compito di giustiziare dieci dei peggiori criminali nazisti del Terzo Reich, civili e militari, rei di crimini contro l'umanità.

Woods (nella foto) si si è vantato così in una dichiarazione pubblicata su centinaia di giornali e riviste di tutto il mondo: "Ho impiccato quei 10 nazisti e sono orgoglioso di ciò. Non ero nervoso. Non ci si può permettere di essere nervosi in questo business”.

La notizia della partecipazione di John Woods alle impiccagioni è stata uno shock per la moglie Hazel. “Non mi ha mai detto che stava facendo quel tipo di lavoro" ha dichiarato la consorte nell’ottobre del 1946. “Non ha mai menzionato alcuna impiccagione. La prima volta che l’ho saputo è stato quando ho visto la sua foto sui giornali”.

Il boia di Wichita ha dichiarato al Time Magazine il 26 ottobre 1946: “Il mio modo di vedere questo lavoro è che qualcuno deve pur farlo.  Ci sono finito dentro quasi per caso anni fa negli Stati Uniti”. 

Il Time Magazine chiamò le esecuzioni di Norimberga “Notte Senza Alba”, scrivendo: “Nell'oscurità fredda e bagnata, le persone si affrettavano verso casa in silenzio, le spalle curve avvolte strettamente nei logori cappotti. I poliziotti camminavano sotto le luci deboli dei fanali, battendo i piedi. Un vento tagliente sgretolava i muri e le torri diroccate, facendo rabbrividire tutti gli abitanti di Norimberga. Questa era la notte che fu bramata da milioni di persone nelle celle della morte, in tutte le carceri e i penitenziari terribili d'Europa. Ma adesso, nel vento lacerante, vincitori e vinti provavano entrambi il dubbio sconvolgente che sempre si fa sentire quando l'uomo uccide deliberatamente nel nome della giustizia.”

In seguito si è detto che le esecuzioni erano malfatte - che Woods protraeva espressamente le morti affinché gli uomini non fossero impiccati ma piuttosto soffocati a morte, impiegando 20 minuti o più per morire. 

"Quei nazisti erano uomini malvagi”, dice MacLean." Così se ci è voluto più tempo per farli morire, forse hanno avuto il tempo per pensare a quando essi inviavano la gente nei campi di concentra-mento."

Dopo le impiccagioni di Norimberga Woods si è vantato di aver giustiziato 347 persone. In realtà, secondo McLean, egli uccise circa 90 condannati.

Woods ha continuato a servire nell'Esercito degli Stati Uniti dopo la guerra.

Il 21 luglio 1950, era sull'atollo Eniwetok nel Pacifico, un’area di sperimentazione per le armi nucleari. L'isola era popolata da scienziati tedeschi e statunitensi e ingegneri che lavoravano come parte dell'operazione Paperclip, nei settori aerospaziale, delle armi atomiche e dell’aeronautica militare.

John Clarence Woods era in piedi in una vasca d'acqua, sostituendo delle lampadine, quando una corrente elettrica improvvisamente percorse l'acqua. Woods gridò e cadde nell’acqua, morto. Aveva 39 anni.

La sua morte, come dice McLean, è stata una morte banale per un uomo che una volta è stato sulla cresta dell’onda.

Il boia dei nazisti è stato sepolto in un piccolo cimitero di Toronto, accanto a sua moglie, che morì nel 2000. (Pupa)

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(1) Come avviene oggi in Iran, vedi ad es. nn. 209 e 221.

(2) V.: http://media.gettyimages.com/photos/wilhelm-keitel-adolf-hitler-politiker-nsdap-d-fhrerhauptquartier-bei-picture-id537135169

11) LA LOTTA PER IL POTERE CAUSÒ LA MORTE DI 40.000  STREGHE

 

 

Impiccagione di streghe nel Seicento in un dipinto inglese dell’epoca

 

 

In un approfondito studio compiuto da due economisti statunitensi si sostiene la convincente tesi che la caccia alla streghe, che fece più di 40.000 vittime in Europa tra il 1550 e il 1700, fu alimentata dalla lotta per il potere tra le religioni cattolica e protestante.

 

Tra il 1550 e il 1700, circa 80.000 donne furono accusate di stregoneria e processate. Oltre la metà di esse furono messe a morte, impiccate o bruciate vive. Poi i processi per stregoneria si esaurirono.

Dal 900 al 1400 le autorità religiose si erano rifiutate di ammettere che esistessero le streghe. Ciò nonostante il fatto che nell’Europa medievale la credenza nella stregoneria fosse molto forte e diffusa, tanto che il papa Alessandro IV nel 1258 si sentì in dovere di pubblicare un canone contro la persecuzione delle streghe. 

Secondo studi recenti, l’inversione di tendenza e la caccia alle streghe che si verificarono in tutto il mondo cristiano a partire dal 1550, furono uno degli aspetti della lotta per il potere.

Gli economisti Peter Leeson e Jacob Russ della George Mason University in Virginia, sostengono in un complesso studio (1) che i processi per stregoneria conseguirono ad “una competizione senza quartiere tra le chiese cattolica e protestante per la suddivisione del mercato religioso”.   

Nello sforzo di mantenere e di conquistare seguaci, le chiese si impegnarono nella caccia alle streghe facendo vedere che proteggevano gli adepti. “Facendo leva sulle credenze popolari nella stregoneria, gli accusatori che perseguivano le streghe enfatizzavano il loro impegno nei riguardi del loro credo religioso e il potere di tale credo di proteggere la gente dalle manifestazioni terrene del male di Satana”.

La caccia alle streghe iniziò infatti pochi decenni dopo la Riforma del 1517, a seguito della rapida diffusione del Protestantesimo. Si creò in quel momento per i credenti la necessità di una scelta religiosa, e “quando i fedeli hanno una scelta religiosa a disposizione, le chiese devono battersi”. Il fenomeno raggiunse quindi il suo apice in quelle zone dove la competizione cattolico-protestante era più forte. Non per nulla in Germania, punto di partenza della Riforma, si ebbe quasi il 40% delle persecuzioni per stregoneria, e la Scozia, dove pure il Protestantesimo ebbe molto successo, si posizionò al secondo posto. A conferma di questa motivazione, nei paesi dove il cattolicesimo rimase forte e non fu minacciato dalla Riforma protestante (Spagna, Italia, Portogallo e Irlanda), si ebbe solo complessivamente il 6% dei processi per stregoneria.

Verso il 1650 i processi diminuirono, per svanire quasi completamente entro il 1700. Leeson e Russ ritengono che l’estinguersi del fenomeno sia da attribuire alla Pace di Vestfalia, che nel 1648 pose fine alla Guerra dei 30 anni e a decenni di conflitti religiosi in Europa. 

L’uso del terrore per imprimere un messaggio ben chiaro nella testa delle persone non si è esaurito però con quei drammatici processi. Come giustamente afferma Leeson, “Il fenomeno che noi documentiamo – ossia l’uso di processi pubblici per evidenziare il potere superiore […] – è molto più vasto […] e tuttora attuale. Esso si è manifestato in svariate forme in tutto il mondo a partire dal Nono secolo, arrivando fino al Ventesimo, come nel caso dei processi spettacolo nell’Unione Sovietica di Stalin”. (Grazia)

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(1)  V.: http://www.peterleeson.com/Witch_Trials.pdf

12) SI RISTAMPA IL TRITACARNE: ORDINATELO CON UN GROSSO SCONTO!

 

 

Dopo quasi  20 anni  dalla prima uscita, l'Associazione  Editoriale  Multimage  ristampa  "Il tritacarne", libro scritto da Karl Guillen, ex detenuto a rischio di pena capitale nel carcere di Florence in Arizona. 

Il libro descrive e denuncia in modo molto efficace il sistema carcerario statunitense.

Multimage offre ai soci e ai simpatizzanti del Comitato Paul Rougeau il libro con il 50% di sconto per tutto il mese di febbraio. É possibile ordinare il libro inviando un messaggio a info@multimage.org precisando il numero di copie desiderato e l'indirizzo a cui spedirlo e chiedendo lo sconto riservato al Comitato Paul Rougeau. Il libro costa 12 euro. Con lo sconto viene solo 6 euro. E la spedizione è gratuita! Per il pagamento seguite le modalità suggerite in:   http://www.multimage.org/ordinare

 

 

13) NOTIZIARIO

 

Egitto. Si rischia la pena di morte per un antidolorifico nella valigia. Laura Plummer, inglese di 33 anni, era arrivata in Egitto il 9 ottobre portando nella valigia modeste quantità di Tramadol e di Naproxen, medicinali destinati a suo marito sofferente per forti dolori alla schiena conseguenti ad un incidente d’auto. Non pensava di infrangere la legge egiziana introducendo nel paese islamico tali medicine.   La signora Plummer è stata arrestata all’aeroporto internazionale di  Hurghada sulla costa orientale del Mar Rosso per ‘traffico di droga’. Aveva messo in valigia 29 blister di Tramadol, ognuno contenente 10 compresse, e alcuni blister di Naproxen prima di partire per andare a trovare il marito egiziano, Omar Caboo.   Il Tramadol, un oppioide sintetico, è largamente prescritto nel Regno Unito (con ricetta medica non ripetibile) ma l’Egitto, come altri paesi, ha severe regole per quanto riguarda analgesici che contengono oppiacei. La sostanza non può essere importata in Egitto senza uno specifico permesso da parte del Ministero della Sanità. Il commercio di questi medicinali è considerato un traffico di droga. Quanto al Naproxen, è un antinfiammatorio senza particolati restrizioni per l’acquisto.  Laura Plummer ha firmato un testo di 39 pagine in arabo senza conoscere la lingua; credeva che dopo di ciò le avrebbero permesso di lasciare l’aeroporto di Hurghada, invece è stata immediatamente arrestata.  Laura Plummer rischiava fino a 25 anni di reclusione ed anche la pena di morte per aver portato i medicinali a suo marito ma è stata condannata ‘solo’ a tre anni di carcere. Alla fine di gennaio i giornali Sun e Guardian hanno riportato la notizia, data dall’avvocato della Plummer in contatto con l’Ambasciata britannica, che la donna avrebbe usufruito della clemenza concessa dal presidente Abdel Fatah al-Sisi in occasione della festa della polizia e dell’anniversario della rivoluzione dell’11 gennaio 2011. L’attesa spasmodica per la liberazione della signora è andata però delusa quando è stata resa nota la lista dei 477 prigionieri a cui è stata concessa la grazia. Ne sono conseguite accuse reciproche tra il Sun e l’Ambasciata ma chi è rimasta veramente scioccata dalla notizia rivelatasi infondata è stata la prigioniera, costretta a vivere con molte altre recluse in pochi metri quadrati. La madre e la sorella che sono andate a trovarla l’hanno trovata prostrata, sofferente per un’infezione all’orecchio, vestita con gli stessi abiti dell’arrivo.  Più di 11000 persone hanno firmato una petizione per il suo rilascio. Un rappresentante del Foreign Office (Ministero degli Esteri del Regno Unito) ha affermato: “Stiamo sostenendo una donna inglese e la sua famiglia seguendo la detenzione in Egitto”. 

 

Florida. Inutile appellarsi contro le condanne a morte antecedenti il 2002.  Dal 22 gennaio al  3 febbraio la Corte Suprema della Florida ha rigettato 80 appelli di condannati a morte. Gli appelli sono stati respinti 10 alla volta. Si prevede che molti altri appelli verranno rigettati. Si tratta sempre di appelli avanzati da detenuti condannati a morte prima del 24 giugno 2002 quando fu emessa la sentenza Ring v. Arizona la quale richiede che sia “una giuria, non un giudice, a trovare ogni fatto necessario per imporre una sentenza di morte”. Il fallimento di tali appelli era del tutto prevedibile data la situazione (peraltro assurda) che si è venuta a creare in Florida (v. n. 233 e nn. ivi citati). Gli appelli rigettati conseguirono alla sentenza Hurst v. Florida della Corte Suprema USA del gennaio 2016 e ad una susseguente decisione della Corte Suprema della Florida che richiede l’unanimità delle giurie nel raccomandare la pena di morte. Ma la Corte Suprema della Florida rese poi i nuovi requisiti applicabili solo ai casi divenuti definitivi dopo la sentenza Ring v. Arizona la quale fu la premessa per l’azzeramento del sistema fino allora vigente.

 

 

Iran. Impiccati tre minorenni al momento del crimine. Il 4 gennaio scorso il 19-enne iraniano Amirhossein Pourjafar è stato messo a morte. Era stato condannato nel 2016 per aver stuprato e ucciso una bimba afgana di 6 anni. Quando commise il crimine il ragazzo aveva 16 anni. Confessò subito e ricevette due condanne a morte, una per lo stupro e l’altra per l’omicidio. Le condanne furono confermate in appello nel 2017 dalla Corte Suprema. Invano i suoi familiari e il suo avvocato hanno cercato di ottenere il perdono dai familiari della vittima. Non avendolo ottenuto, il Capo del Potere Giudiziario Sadeq Ardeshir Larijani ha ordinato che la sentenza venisse eseguita. Poi, il 30 gennaio, nella città di Noshahr è stata impiccata Mahbubeh Mofidi (nella foto), una ragazza che aveva 17 anni il 17 dicembre 2013 quando uccise il marito dopo un mese dalle nozze. Lo stesso giorno Ali Kazemi è stato impiccato nella città di Bushehr. Ali fu condannato a morte per un omicidio commesso a 15 anni di età. Queste esecuzioni sono in aperta violazione del Trattato Internazionale sui Diritti Civili e Politici e della Convenzione sui Diritti del Fanciullo, che vietano entrambi la pena di morte per crimini commessi da minorenni. L’Iran ha aderito a entrambi i trattati, ma resta uno dei pochissimi paesi che mette a morte i minorenni. Il Codice Penale Islamico dell’Iran prevede soltanto che può essere risparmiata la pena di morte ai giovani al di sotto dei 18 anni se non capiscono la natura del crimine che commettono, o la proibizione di commetterlo, o se c’è incertezza sul loro sviluppo mentale in relazione all'età. 

 

Pakistan. Nel braccio della morte un appassionato di studi. Sajjad Ahmad, rinchiuso nel braccio della morte del carcere di Haripur in Pakistan, l'11 gennaio ha presentato una petizione all’Alta Corte di Peshawar chiedendo il permesso di proseguire i propri studi. Tra il 2008 e il 2015 Sajjad Ahmad ha conseguito molti titoli di studio a livello post universitario nelle più diverse discipline, comprese le Scienze Politiche e la Letteratura Inglese. Nella petizione dichiara di aver quasi sempre studiato durante i 15 anni di detenzione. Ahmad è certo di ottenere il permesso di proseguire gli studi: “In questo paese la legge afferma che è diritto di ogni persona istruirsi," ha scritto.  “Ho passato l’intera detenzione accrescendo la mia istruzione”. Sajjad Ahmad appartiene ad una famiglia agiata: due suoi fratelli sono dottori e uno è ingegnere. Lui stesso era al terzo anno di studi in medicina quando è stato implicato in un omicidio e ha dovuto interrompere gli studi. Ahmad fu giudicato colpevole e condannato a morte. Adesso i progetti di Sajjad Ahmad poggiano sull'ipotesi del ritorno in libertà dopo l'accoglimento del ricorso pendente davanti alla Corte Suprema del Pakistan. Per ora una petizione per la revisione del processo, in cui sostiene la propria innocenza, è stata rigettata.

 

 

Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 4 febbraio u. s.

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