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FOGLIO  DI COLLEGAMENTO  INTERNO

 

DEL COMITATO PAUL ROUGEAU

 

Numero  211 – Dicembre 2013 / Gennaio 2014

I nostri amici abolizionisti texani, piu Neri che Bianchi

SOMMARIO:

 

1) È Eric Holder a volere la morte del giovane Dzhokhar?                   

2) Un’altra esecuzione che viola la legalità sovranazionale                     

3) L’esecuzione di Dennis Mcguire in Ohio: 26 minuti di agonia 

4) Col pentobarbitale fatto in casa ‘tutto il mio corpo brucia’                

5) Proposte di ritornare i vecchi metodi di esecuzione                             

6) George Stinney, forse innocente, sicuramente quattordicenne

7) Agenti in California pestarono a morte un senzatetto: assolti             

8) Riprende il lentissimo cammino del caso di Darlie Routier                 

9) Contro l’uso sproporzionato dell’ergastolo negli Usa                          

10) “Tolleranza zero”: la contea di Broward fa marcia indietro             

11) Bilancio di fine 2013: dati sulla pena di morte negli Usa                    

12) Aggravanti capitali in Arkansas                                                          

13) Un grande abolizionista: Nelson Mandela                                           

14) Peggio di Nerone, il dittatore coreano                                                 

15) Il Natale a San Quentin                                                            

16) Considerazioni varie sul clima e sull’Italia                                          

17) Notiziario: Alabama, Cina, Globale, Iran, Italia, Texas, Usa            

 

 

1) È ERIC HOLDER A VOLERE LA MORTE DEL GIOVANE DZHOKHAR?

 

Eric Holder, Attorney General degli Stati Uniti, ha dichiarato di essere contrario alla pena di morte. Allora perché ha chiesto un processo capitale per Dzhokhar Tsarnaev reo della strage di Boston?

 

Per i suoi molteplici risvolti, è assai dibattuto negli Stati Uniti il caso dell’immigrato di origine cecena Dzhokhar Tsarnaev, accusato insieme al fratello maggiore del terribile attentato alla Maratona di Boston del 15 aprile 2013 (1).

Ricordiamo che Dzhokhar e Tamerlan Tsarnaev, rispettivamente di 19 e 26 anni, piazzarono due pentole a pressione, imbottite di esplosivo e di spezzoni metallici, vicino al traguardo della maratona. L’esplosione provocò la morte di 3 persone (tra cui un bimbo di 8 anni) e il ferimento di altre 260. Sedici restarono mutilate. Tamerlan fu ucciso durante l’inseguimento e lo scontro a fuoco che seguì (nel quale fu pure uccisa una guardia giurata). Dzhokhar, seriamente ferito, fu catturato quattro giorni dopo in un barcone in secco nel quale si era rifugiato. Sulle pareti del barcone Dzhokhar aveva scritto frasi che sottolineavano la sua fede islamica e rivendicavano il valore morale della strage compiuta. (2).

Il Massachusetts - lo stato noto per la vicenda di Sacco e Vanzetti - ha abolito la pena di morte nel 1984, tuttavia, trattandosi di un delitto di competenza federale, il Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti, diretto dall’Attorney General Eric H. Holder Jr., ha deciso  di contestare al giovane Dzhokhar Tsarnaev 30 capi d’accusa, dei quali 17 comportano la pena capitale, a cominciare dall’“uso di armi di distruzione di massa” (3).

Tutto ciò, nonostante lo stesso Holder si fosse in precedenza dichiarato oppositore della pena di morte. Il 30 gennaio, rendendo nota la scelta del Dipartimento, egli ha affermato: “La natura del comportamento messo in atto e il danno che ne è conseguito, costringono a prendere questa decisione.”

Dal canto suo la signora Carmen Ortiz, uno degli avvocati federali che hanno redatto la richiesta del processo capitale contro Dzhokhar Tsarnaev, ha scritto che egli: “ricevette asilo dagli Stati Uniti, ottenne la cittadinanza e godette delle libertà dei cittadini statunitensi per poi tradire la dovuta fedeltà agli Stati Uniti uccidendo e mutilando il popolo negli Stati Uniti” (4).

Data la mole delle prove a carico, è pressoché certo che  Dzhokhar Tsarnaev venga dichiarato colpevole. Vi è però  una discreta probabilità che per lui una condanna a morte per non venga mai pronunciata. O perché l’accusa preferirà condurre un patteggiamento con l’imputato, ottenendo a tavolino l’ergastolo irrevocabile invece di perseguire la pena di morte in un laborioso processo. O perché la giuria non voterà all’unanimità per la pena capitale per Dzhokhar – date le attenuanti costituite dalla sua giovane età e dall’influenza negativa esercitata su di lui dal fratello maggiore Tamerlan. In ogni caso – anche se difeso da ottimi avvocati - sembra impossibile che egli possa evitare, oltre alla pena di morte, anche l’ergastolo senza possibilità di liberazione.

Prima di chiudere l’argomento, ci domandiamo ancora una volta che cosa differenzi, da un punto di vista etico, i terroristi da coloro che vogliono ucciderli con i droni (insieme a terze persone) o con l’iniezione letale.

Rimanendo sul piano etico ci sembra che possa essere emessa a buon diritto una condanna dei ‘terroristi’ma solo se si sia rinunciato a giustificare l’omicidio come strumento di lotta o di governo, di giustizia o, addirittura, come una delle varianti della politica.

A proposito della scelta di Eric Holder, siamo d’accordo con l’opinionista Richard Cohen che scrive sul Washington Post: “E’ sbalorditivo che la decisione di Holder sia stata annunciata solo poco più di una settimana dopo che lui aveva ripetuto la sua contrarietà alla pena di morte. Come egli possa conciliare le sue personali vedute con la sua politica non lo so, e, scommetto, non lo sa nemmeno lui. Ha seguito gli ordini del suo capo? Capo che può essere solo il Presidente Obama, dal momento che questi è la sola persona alla quale deve  rendere conto. Oppure è stato riluttante a cambiare le decisioni dei suoi subordinati, a cominciare dall’accusatore federale di Boston? Essi probabilmente spingevano per la pena di morte. Se è così, egli deve riflettere sul fatto che è lui l’Attorney General e non loro. […]”.

Dal canto suo Carol Rose, esponente dell’ACLU (Unione Americana per le Libertà Civili) in Massachusetts,  ha dichiarato che la sua importante organizzazione si oppone alla pena di morte e sta progettando di appellarsi contro la decisione di Eric Holder. La Rose ha dichiarato: “Dopo il mostruoso attacco alla maratona, questa comunità ha marciato al grido di ‘Boston Strong’ (Forza Boston). Persino in un caso come questo, anzi, soprattutto in un caso come questo, occorre non permettere ai terroristi né a nessun altro di farci dimenticare i nostri valori.” (4) (Grazia)

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(1) Vedi n. 206. I due fratelli immigrarono negli USA una decina di anni fa provenendo dal Kyrgyzstan.

(2) Ad esempio: “Non mi piace uccidere persone innocenti” ma “il governo Usa sta uccidendo i nostri concittadini innocenti […] Non posso sopportate che questo male rimanga impunito.”  “Noi musulmani siamo un sol corpo, se ne colpisci uno fai male a tutti.” “Sì non mi piace uccidere innocenti, è proibito dall’Islam ma in certe occasioni [?] bisogna dire che è permesso.” “Smettetela di uccidere innocenti e ci fermeremo.”

(3) La pena di morte fu ripristinata negli USA nel 1976 e reintrodotta nella giurisdizione federale nel 1988. Da allora le esecuzioni compiute a livello federale sono state solo 3, tra cui quella di Timothy McVeigh, autore del disastroso attentato di Oklahoma City del 1995.

(4) Dai sondaggi sembra emergere che un po’ più della metà dei cittadini del Massachusetts sia contrario alla pena di morte per Dzhokhar Tsarnaev.   

 

 

2) UN’ALTRA ESECUZIONE CHE VIOLA LA LEGALITÀ SOVRANAZIONALE

 

Ignorando un trattato internazionale di cui fanno parte gli  Stati Uniti d’America, e i richiami del Governo federale, il 22 gennaio il Texas ha messo a morte il cittadino messicano Arias Tamayo.

 

Al Texas ormai non interessava nient’altro che ‘fare giustizia’ per l’omicidio del poliziotto 24-enne Guy Gaddis che fu ucciso da Arias Tamayo ammanettato, con una pistola che aveva nascosto nei pantaloni, mentre veniva portato in auto al posto di polizia, insieme ad un complice, dopo una tentata rapina.

Altroché confondersi la testa con incomprensibili questioni internazionali, che riguardavano il resto del mondo ma non gli Stati Uniti! E che - semmai riguardassero gli Stati Uniti - non riguardavano certo il Texas!

Così il messicano Arias Tamayo è stato ucciso nella camera della morte del Texas alle 21 e 32’ del 22 gennaio, sopraffatto da una dose massiccia di pentobarbitale iniettatagli 17 minuti prima. Una discussione sulla liceità della sua esecuzione, e i frenetici ricorsi dei suoi legali avevano ritardato la sua morte di 3 ore soltanto.

Tamayo è morto senza che venisse riparato un grave errore compiuto dallo stato del Texas nei suoi confronti: egli avrebbe avuto diritto all’assistenza consolare del Messico fin dal suo arresto nel 1994 in virtù del Trattato di Vienna sulle Relazioni Consolari del 1963 (1), ma lui non seppe neanche di questa possibilità.

L’errore e il dovere di ripararlo erano stati sanciti in modo inequivocabile, per lui e per altri 50 condannati a morte messicani nel 2004, con la sentenza Avena and Others Mexican Nationals, della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia (CIG).

Allora la CIG chiese agli Usa di riparare agli errori commessi ai danni dei Messicani. La richiesta non produsse e non ha prodotto risultati concreti.

Ciò neanche dopo l’inizio di un ‘gioco delle parti’ recitato dal Governo federale e dallo stato del Texas a partire dal 2005. Il Governo del Presidente George W. Bush chiese allora, inascoltato, ai singoli stati di onorare la sentenza della CIG. (2)

A parlare a nome degli Stati Uniti nel loro complesso pensò la Corte Suprema. Nel 2008, con una votazione a stretta maggioranza, il massimo organo giudiziario statunitense decise di non intervenire in favore di un primo condannato messicano che stava per essere ‘giustiziato’. La Corte si schermì affermando che il governo federale e i singoli stati non sono obbligati a rispettare la richiesta internazionale a meno che il Congresso non approvi una legge in proposito. Cosa che il Congresso fino ad ora non ha fatto come se si trattasse di una questione di nessuna importanza e urgenza. 

Dopo un ulteriore richiamo della CIG nel 2011, all’approssimarsi dell’esecuzione del secondo Messicano, il Congresso aveva sì stilato un disegno di legge (peraltro ad personas per i Messicani condannati a morte) ma poi lo ha lasciato cadere.

Riprendendo il gioco delle parti, il Segretario di Stato (Ministro degli Esteri) John Kerry nel mese di settembre scorso ha chiesto all’Attorney General (Ministro della Giustizia) del Texas Greg Abbott di sospendere l’esecuzione di Arias Tamayo.

La stessa richiesta è stata ripetuta la vigilia dell’esecuzione  di Tamayo dalla portavoce del Dipartimento di Stato (Ministero degli Esteri) USA, signora Marie Harf.

Le richieste sono state motivate dalla necessità che gli USA rispettino le regole internazionali che garantiscono l’accesso consolare agli stranieri, ‘altrimenti diventerà sempre più difficile ottenere che i diplomatici americani assistano gli Statunitensi quando questi sono detenuti all’estero’.

Il Ministro degli Esteri del Messico, i gruppi che si oppongono alla pena di morte, le organizzazioni internazionali per i diritti umani e gli stessi avvocati difensori di Arias Tamayo si sono rivolti in extremis al Governatore Rick Perry e alla Commissione per le Grazie del Texas affinché rimediassero, con un provvedimento di clemenza o con un rinvio dell’esecuzione, alla situazione che si era creata.

La Commissione per le Grazie ha risposto, con una votazione 7 a 0, respingendo le richieste di clemenza.

Il Governatore non è intervenuto ed anzi la sua portavoce Lucy Nashed ha dichiarato: “Non importa di dove siate, se commettete uno spregevole crimine come questo in Texas, siete soggetti alle leggi del nostro stato, che includono un giusto processo davanti ad una giuria e la punizione estrema.” (3)

Ricordiamo che gli enormi sforzi fatti degli avvocati difensori e dello stato del Messico, non sono riusciti ad evitare l’esecuzione di due Messicani negli anni scorsi:  Josè Medellín nel 2008 (4) e Humberto Garcia Leal nel 2011(5). 

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(1) Sulla questioni riguardanti il Trattato di Vienna v. ad es. nn. 81, 87, 88, 99, 104, 114, 117, 127,153, 158, 161, 162, 191.

(2) Anche se il medesimo una settimana dopo fece recedere gli Usa dal Protocollo aggiuntivo al Trattato di Vienna in modo da non dover più avere a che fare in futuro con le sentenze imbarazzanti della CIG. (v. n. 127)

(3) Similmente il 5 giugno 2008, in occasione dell’esecuzione di José Medellìn, il  governatore Rick Perry aveva commentato sprezzantemente l’ordine della CIG per bocca del suo portavoce Robert Black: “La Corte Internazionale non ha valore in Texas e il Texas non è legato dalle regole e dagli editti di una corte straniera. E’ facile farsi invischiare in discussioni sulla legge internazionale e sulla giustizia e sui trattati. E’ molto importante ricordare che questi individui stanno nel braccio della morte per aver ucciso nostri concittadini.” 

(4) La nostra giovane amica Elena Gaita, che si impegnò strenuamente in favore di Josè Medellín, scrisse un bellissimo articolo per il n. 162 di questo Foglio di Collegamento.

(5) V. n. 191.

 

 

3) L’ESECUZIONE DI DENNIS McGUIRE IN OHIO: 26 MINUTI DI AGONIA

 

L’esecuzione ‘malriuscita’ di Dennis McGuire in Ohio e la scarsissima disponibilità dei farmaci per uccidere da parte degli stati USA mettono ulteriormente in crisi il metodo dell’iniezione letale.

 

È vero che Dennis McGuire compì un orrendo delitto nel 1989 - lo stupro e l’uccisione di un’amica 22-enne incinta di 8 mesi – ma aveva una storia di abusi e di violenze subite nell’infanzia (tra l’altro veniva violentato da almeno quattro adulti) e soffriva dei postumi di un danno cerebrale. In ogni caso, come ha osservato suo figlio Dennis Jr., “nessuno merita di passare attraverso ciò” che lui ha subito (1).

Per l’esecuzione di Dennis McGuire, programmata per il 16 gennaio, lo stato dell’Ohio ha deciso di usare una coppia di farmaci fino ad allora mai utilizzata per uccidere: midazolam (un sedativo) e idromorfone (un antidolorifico). Tale coppia di sostanze fino ad allora era soltanto prevista in una procedura di backup, cioè una procedura di emergenza da adottare in caso sorgessero problemi col pentobarbitale, il farmaco in uso per uccidere. Il passaggio al metodo di backup è stato motivato dalla mancanza di pentobarbitale: la casa farmaceutica danese che lo produce è riuscita a bloccarne la vendita per le esecuzioni capitali (2).

La decisione in merito era stata resa di pubblico dominio a fine dicembre da Donald Morgan, Direttore della Southern Ohio Correctional Facility (Istituto di Correzione del Sud dell’Ohio), dopo una formale richiesta dell’Associated Press. La nuova procedura avrebbe dovuto essere inaugurata il mese precedente per uccidere Ronald Phillips, tuttavia costui era riuscito ad ottenere in extremis dal Governatore John Kasich uno stay per consentire al Dipartimento di Correzione e di Riabilitazione dell’Ohio di valutare la possibilità di un trapianto degli organi che Phillips aveva deciso di donare (3)

Gli avvocati di McGuire che stavano spendendo le loro ultime cartucce per ottenere un provvedimento di grazia dal potere esecutivo, hanno subito richiesto uno stay alle corti federali per poter contestare adeguatamente il nuovo metodo di esecuzione: vi erano ragioni per ritenere che le due sostanze scelte non addormentassero il condannato e che questi soffrisse a lungo una terribile sindrome da soffocamento. Tale argomentazione era suffragata dal parere di medici specialisti.

Andati a vuoto gli ultimi ricorsi, respinta all’unanimità la richiesta di grazia da parte della Commissione per le Grazie e del Governatore Kasic, alle 10 e 29’ del giorno 16 è stata iniettata a Dennis McGuire la prima delle due sostanze letali. Alle 10 e 58’ il Dipartimento di Correzione e di Riabilitazione dell’Ohio ha comunicato il decesso del condannato e si è saputo che questi era morto ‘pacificamente’. Ciò anche se l’esecuzione aveva battuto tutti i record di durata stabiliti negli ultimi anni. Nessuna delle 53 esecuzioni portate a termine dopo la reintroduzione della pena di morte era durata tanto.

Come hanno poi rivelato i testimoni dell’esecuzione, tra cui i due figli di McGuire, Amber e Dennis Jr., le cose erano invece andate ben diversamente: circa 4 minuti dopo l’inizio dell’iniezione letale il condannato ha cominciato a lottare per respirare, a rantolare, emettendo dei forti rumori che sono durati per ben 10 minuti mentre la sua bocca si apriva, il suo torace si alzava e il suo pugno destro si serrava.

Proprio come previsto e contestato dalla difesa per evitare l’esecuzione.

Allora il personale del carcere ha fatto sapere che Robert Lowe, il principale avvocato di McGuire, aveva chiesto al condannato di simulare la soffocazione durante l’iniezione letale… In conseguenza di ciò Lowe è  stato sospeso dal gruppo dei pubblici difensori (la sospensione è stata però revocata uno o due giorni dopo).

Dopo lo scalpore causato dall’esecuzione di Dennis McGuire, è stata avviata una inchiesta su quanto accaduto e le esecuzioni in Ohio sono state sospese.

In Ohio la scelta delle sostanze letali e della metodologia della loro somministrazione è totalmente demandata al Dipartimento di Correzione e di Riabilitazione.  

Il mandato dei legislatori, cui il Dipartimento deve sottostare, è quello di “usare un farmaco o una combinazione di farmaci in dosaggio sufficiente a causare la morte in modo rapido e senza sofferenze”. Da notate che soltanto lo stato dell’Ohio impone che non vi siano sofferenze per i detenuti. In tutti gli Stati Uniti occorre soltanto osservare il mandato costituzionale che vieta i trattamenti “inumani e degradanti”.

Se quanto accaduto per l’esecuzione di Dennis McGuire sta avendo una forte ripercussione in Ohio, non è escluso che abbia conseguenze in qualcuno degli altri 31 stati Usa che prevedono la pena di morte.

Ricordiamo che le numerosissime contestazioni dei vari metodi per uccidere con l’iniezione letale hanno prodotto uno stop di 7 mesi delle esecuzioni in tutti gli Stati Uniti tra il 2007 e il 2008 e sospensioni più lunghe qua e là in vari stati, a cominciare dalla California (4).

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(1) I due figli di Dennis McGuire hanno intentato una causa civile contro lo stato dell’Ohio per l’inflizione di sofferenze non dovute al loro genitore.

(2) Oltre che nei paesi europei, anche in India e in Israele le case farmaceutiche si oppongono alla fornitura di sostanze per uccidere.

(3) V. n. 210

(4) V. ad es. nn. 156, 159.

 

 

4) COL PENTOBARBITALE FATTO IN CASA ‘TUTTO IL MIO CORPO BRUCIA’

 

L’esecuzione malriuscita in Ohio è stata preceduta da un’esecuzione malriuscita in Oklahoma.

 

Michael Lee Wilson, quando aveva 19 anni, insieme a tre complici, si rese responsabile di una rapina ai danni di un collega di lavoro e dell’uccisione di costui. Si era nel 1995.

Il 9 gennaio di quest’anno è arrivato il turno di Wilson: due complici erano stati già ‘giustiziati’, l’altro complice, minorenne, aveva ricevuto l’ergastolo.

Amo il mondo,” ha detto Wilson sul lettino dell’esecuzione. “Amate le mie figlie per me. Sto per lasciarvi per sempre.” Ma, dopo 20 secondi dall’inizio dell’iniezione letale, le sue ultime parole sono state: “Sento tutto il mio corpo bruciare.”

La tremenda sensazione provata da Wilson era probabilmente dovuta alle contaminazioni del pentobarbitale ‘fatto in casa’ che gli era stato iniettato. Infatti lo stato dell’Oklahoma, impossibilitato ad ottenerne in modo legale dalle grandi case farmaceutiche, se lo era fatto preparare da una farmacia locale.

Le sofferenze patite da Michael Lee Wilson durante l’esecuzione sono diventate la base di una causa civile avviata dagli avvocati di Michael A. Taylor, che sarà il prossimo ospite della camera della morte dell’Oklahoma. L’azione legale contesta “una pratica che, in violazione della Costituzione e dei valori morali da noi condivisi, infligge sofferenze non necessarie, protratte e inumane durante la procedura di esecuzione.”

 

 

5) PROPOSTE DI RITORNARE AI VECCHI METODI DI ESECUZIONE

 

Diversi parlamentari Usa, irritati per la progressiva crisi dell’iniezione letale, hanno formulato proposte per un ritorno alla fucilazione, alla camera a gas, all’elettrocuzione o all’impiccagione.

 

Le crescenti difficoltà che incontrano gli stati Usa nel reperire i farmaci per le iniezioni letali, a causa del rifiuto della Case farmaceutiche, soprattutto europee, di fornirli per uccidere, ha prodotto ritardi nelle esecuzioni (ed anche una moratoria tra il 2007 e il 2008) ma non ha inceppato seriamente il sistema della pena capitale.

Ora però, specie dopo le esecuzioni ‘mal riuscite’ in Ohio e in Oklahoma per l’uso di farmaci e/o di metodi estemporanei, le difficoltà sono aumentate talmente da indurre i parlamentari di diversi stati a proporre un ritorno ai ‘vecchi’ metodi di esecuzione – peraltro ancora previsti dalle norme e, sia pur raramente, utilizzati in diversi stati, magari come alternativa all’iniezione letale: elettrocuzione, fucilazione, impiccagione, camera a gas. I proponenti affermano che dopo tutto i vecchi metodi, al di là della apparenze, non  causano sofferenze tali da incappare nella proibizione costituzionale delle pene ‘crudeli e inusuali’, producono meno complicazioni e possono essere anche più economici. Ad esempio in Missouri è stato proposto il passaggio alla fucilazione, o l’uso del metodo alternativo già previsto: la camera a gas (anche se una concreta camera a gas deve essere ancora costruita). In Wyoming è stato proposto l’uso della fucilazione. In Virginia si è chiesto di mettere a punto, come il metodo di riserva, l'elettrocuzione.

 

 

 

 

 

6) GEORGE STINNEY, FORSE INNOCENTE, SICURAMENTE QUATTORDICENNE

 

Fino al 2005 negli Stati Uniti i minorenni potevano essere condannati a morte. Nel secolo scorso è stato messo sulla sedia elettrica un quattordicenne, il nero George Stinney. Ce lo ricorda un processo inteso a riabilitare Stinney, che, oltre ad essere quattordicenne, poteva essere innocente.

 

Il 10 dicembre, nel corso di una manifestazione tenutasi nella contea di Claredon in South Carolina, i fautori di George Stinney, un ragazzino nero ucciso sulla sedia elettrica nel 1944,  hanno annunciato di essersi attivati per ottenere un processo postumo che – dimostrando l’innocenza di George - lo riabilitasse dall’accusa di aver commesso due omicidi. Qualora avessero trovato un giudice disposto a riaprire il caso dopo 69 anni, avrebbero rispolverato le prove ancora disponibili. Il procuratore Ernest A. "Chip" Finney III che ha partecipato alla manifestazione ha dichiarato di non poter dire a priori che la cosa non si potesse fare.

Tra le argomentazioni avanzate per indire un nuovo processo c’era il fatto che Stinney non poteva aver trascinato materialmente due ragazzine fino ad un dirupo dove le avrebbe fatte precipitare dopo averle colpite in testa con un arpione da ferrovia.

Betty Binnicker di 11 anni e Mary Emma Thames di 7 anni erano andate a raccogliere fiori nel paesino di Alcolu e qualcuno riferì di aver visto George Stinney che parlava con loro. Ciò fu sufficiente per far arrestare George e por termine ad una massiccia caccia all’uomo.

Le autorità non sentirono mai la famiglia dell’accusato, altrimenti la sorella di George avrebbe probabilmente dichiarato di essere rimasta con lui tutto il tempo, anche quando le ragazzine chiesero semplicemente a George dove potevano trovare fiori. 

La famiglia Stinney non vide più George dopo l’arresto. Suo padre dovette fuggire in un altro stato. Il quattordicenne morì, su una sedia elettrica troppo grande per lui, 84 giorni dopo le sue asserite vittime. Il suo avvocato d’ufficio era un esattore fiscale con mire politiche. Il suo processo (compresa la selezione della giuria) era durato un sol giorno. La difesa non chiamò testimoni e non si appellò contro la sentenza. Il clima in cui si svolse il processo era surriscaldato dall’indignazione popolare, anche perché le vittime erano bianche e l’accusato era nero.

Il Governatore Olin Johnston non volle commutare la sentenza capitale e George divenne il più giovane ‘giustiziato’ del Novecento negli Usa (1).

Il processo richiesto per riabilitare George Stinney è stato fissato per il 21 gennaio nel nuovo centro giudiziario della Contea di Sumter. Ma alla fine sia il giudice, sia l’accusa, sia la difesa hanno finito col concordare che, almeno secondo gli standard attuali, non fu fatta giustizia 69 anni fa quando Stinney fu messo sulla sedia elettrica seduto sopra una bibbia perché era troppo piccolo.

Tuttavia ricostruire esattamente quel che avvenne nel marzo del 1944 appare impossibile: ora la gente che assistette al processo originario è morta e la maggior parte delle prove, incluse le trascrizioni del processo, sono andate perdute.

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(1) Ricordiamo che la pena di morte per i minorenni è stata dichiarata incostituzionale negli Usa il 1° marzo 2005. Nel 1999 fu ucciso in  Oklahoma Sean Sellers, sedicenne all’epoca del crimine.

 

 

7) AGENTI IN CALIFORNIA PESTARONO A MORTE UN SENZATETTO: ASSOLTI

 

Negli Stati Uniti d’America molto spesso la legge non protegge i cittadini dagli abusi del potere, specie quando a farne le spese sono gli appartenenti a fasce sociali più deboli e svantaggiate.

 

Il 7 gennaio scorso, concludendo la sua arringa, Il pubblico accusatore Tony Rackauckas, ha fatto udire le ultime parole di Kelly Thomas, che chiedeva aiuto: “Papà aiutami”, “Dio aiutami”, “Aiutatemi, aiutatemi, aiutatemi”.

Nella Contea di Orange in California si stava per concludere il processo contro Manuel Ramos e Jay Cicinelli, due dei tre poliziotti che nell’estate del 2011 pestarono il 37enne Kelly Thomas, un senzatetto affetto da schizofrenia.

“Non so voi”, ha detto Rackauckas ai giurati, “ma io non ricordo di aver mai sentito suppliche come queste. Urla come queste. Non ho mai sentito nessuno supplicare così di risparmiargli la vita. Mai”.

Il pubblico ministero ha affermato che il video mostrava un pestaggio del tutto ingiustificato che finiva con Thomas raggomitolato al suolo immerso in una pozza di sangue. Secondo la difesa, invece, lo stesso video mostrava il vagabondo lottare con forza contro le guardie. La difesa ha anche sostenuto che Thomas non morì per le percosse ma perché il suo cuore, compromesso dall’uso di droghe, non resse... Rackauckas ribatté  che il poliziotto Ramos era un violento che voleva fare del male a Thomas e che l’altro poliziotto, Cicirelli, passò poi ogni limite colpendo il senzatetto con una pistola taser.

Nella registrazione audio si sente Ramos che, mentre indossa dei guanti di lattice, dice a Thomas: “Vedi questi pugni? Stanno preparandosi per fotterti”. Nel video si vede Thomas che si alza e si allontana da Ramos. Entro pochi secondi, Ramos e un altro poliziotto iniziano a colpirlo con i loro manganelli. Si vede poi Cicinelli che arriva sulla scena mentre gli altri due agenti stanno lottando con Thomas sul terreno. A quel punto Cicinelli usa più volte la pistola taser su Thomas per paralizzarlo, infine lo colpisce duramente al viso con la stessa pistola. “Devo avergli appena ridotto la faccia in poltiglia”, si sente dire da Cicinelli dopo la lotta.

Cicinelli era arrivato al processo accusato di omicidio preterintenzionale e di abuso nell’uso della forza, mentre Ramos era accusato di omicidio di secondo grado e di omicidio preterintenzionale.

L’avvocato difensore dei poliziotti, John Barnett, ha sostenuto che le minacce di Ramos significavano semplicemente: “Se non obbedirai ai miei ordini, userò tutta la forza necessaria per farti obbedire.” Barnett ha concluso dicendo che non si era trattato di un eccesso di forza e che nessuno ha ucciso Kelly Thomas.

I medici legali della contea di Orange hanno però dichiarato  che dall’autopsia risultava che Thomas non era morto per il suo cuore ingrossato, ma per la mancanza di ossigeno provocata dalla compressione esercitata sul suo torace e per le lesioni subite durante la lotta con i poliziotti.

Il 14 gennaio scorso, nella successiva finale sessione del processo, la giuria ha rilasciato il verdetto: NON COLPEVOLI.

Visto l’esito del processo per i due che erano stati giudicati, l’accusa ha rinunciato a perseguire il terzo poliziotto implicato nel pestaggio del povero Thomas. (Grazia)

 

 

8) RIPRENDE IL LENTISSIMO CAMMINO DEL CASO DI DARLIE ROUTIER

 

Si muove dopo una lunga stasi il caso di una donna accusata di aver ucciso due figlioletti in Texas

 

Quello di Darlie Lynn Routier è tra i più noti e dibattuti casi capitali del Texas.

La Routier è in prigione dal 1996 accusata di aver ucciso due dei suoi tre figlioletti, Damon di 5 anni e Devon di 6.

La notte del 6 giugno 1996, lei, Devon e Damon dormivano al pian terreno nello loro villetta di Rowlett. Al piano di sopra dormivano suo marito Darin e il neonato Drake.

Secondo Darlie, verso le 2 e 30’ un intruso uccise i due bambini e ferì seriamente lei con numerose coltellate.

La polizia non credette al suo racconto; lei fu arrestata, processata e condannata a morte per l’omicidio di Damon. Si era al 1° febbraio del 1997.

Da allora la medesima, suo marito e i suoi sostenitori stanno cercando di capovolgere il caso arrivato da diversi anni a livello federale presso la competente Corte distrettuale, quella del Distretto Occidentale del Texas.

A differenza dei difensori che la Routier ebbe al processo, gli avvocati attuali sono molto qualificati. L’avvocato principale è il nostro amico Richard (Dick) Burr (1).

Nel ricorso di 58 pagine, redatto nel 2008 per la Corte federale distrettuale dall’avvocato Richard Smith, pendente dal 2008, si sollevano molte questioni contestando la teoria accusatoria, l’uso delle prove da parte della polizia e la scadente difesa legale ricevuta dalla Routier nel corso del processo originario.

La petizione è giacente da allora mentre diversi test del DNA devono essere ancora effettuati a livello statale. Alcuni test sono stati fatti e la difesa sostiene che i risultati sono a favore della condannata. Ma devono essere ancora effettuati test importanti, ad esempio su un’impronta digitale insanguinata trovata nella casa del delitto, su una calza insanguinata trovata lontana dalla casa e sulla camicia da notte indossata dalla Routier.

In dicembre la Corte federale distrettuale ha minacciato di dismettere la petizione di Darlie Routier perché nulla era ancora stato fatto riguardo ai test del DNA richiesti dalla sua difesa.

A fine gennaio il giudice Fred Biery di detta corte ha permesso che il caso rimanga aperto a condizione che le parti si diano da fare: “Le parti sono avvisate, comunque, che questa corte non continuerà a tenere aperto il caso indefinitamente senza che vi siano indicazioni che le parti stanno seriamente lavorando a livello statale in modo che un ulteriore ritardo in questo caso sia ragionevolmente necessario”. Il giudice ha ordinato che, a partire dal 30 giugno prossimo, gli si facciano ogni 180 giorni dei rapporti sull’avanzamento dei test del DNA.

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(1) Richard Burr di Houston si batté disperatamente, ottenendo successi parziali, per la salvezza di Gary Graham, utilizzando anche nostri finanziamenti. Gli altri avvocati vengono da varie città del Texas e anche da Washington D. C.

 

 

9) CONTRO L’USO SPROPORZIONATO DELL’ERGASTOLO NEGLI USA

 

Aumentano le richieste di rivedere le condanne all’ergastolo inflitte negli Usa per modesti reati.

 

Ci siamo già occupati delle leggi “mandatarie” (1) che impongono ai giudici, nella giurisdizione federale e in quelle di nove stati Usa, di infliggere l’ergastolo senza possibilità di liberazione a chi commette reati di modesta entità. Abbiamo visto che tale pena viene inflitta in molti casi a chi commette piccoli reati per la prima volta e in altri casi a coloro che ricadono nel loro ‘vizietto’ per la terza volta (in base alla legge “Three strikes and you are out”, Tre colpi e sei fuori gioco) (2).

Con una certa sorpresa, leggendo un lungo articolo (3) scritto da Robert Blecker, professore di Diritto Penale alla New York Law School, ci siamo accorti che, anche un tipo ultraconservatore, dogmatico assertore della legge del taglione (“occhio per occhio…”) come è lui (4), condanna l’uso  dell’ergastolo senza possibilità di liberazione per reati che non comportano la violenza sulle persone.

Scrive fra l’altro il prof. Blecker: “Che la punizione sia adeguata al crimine” – citiamo questa frase da secoli come nostro atto di fede basilare, compendio della nostra dedizione al concetto di giustizia. Ma crediamo davvero in ciò che diciamo? Il nostro sistema giudiziario si prende gioco del principio stesso di punizione giusta e proporzionata.

“In che modo? Trattando esattamente allo stesso modo, una volta dietro le sbarre, migliaia di imputati nonviolenti e di sadici pluriomicidi. Avremmo dovuto già da molto tempo fare distinzioni intelligenti e morali riguardo al modo in cui trattare i detenuti nelle carceri americane.

“Dico questo in qualità non di mero osservatore casuale o di accademico in pantofole. Negli ultimi 25 anni ho trascorso migliaia di ore all’interno delle prigioni di massima sicurezza e dei bracci della morte in sette stati. Ho così potuto constatare una perversione fondamentale del sistema giudiziario criminale americano: assassini condannati giocano a softball o a ping-pong. Stupratori malvagi che violentarono e assassinarono dei bambini guardano le telenovelas in tv a colori.    

“Carcere dopo carcere, dalle guardie al direttore, passando dai secondini fino all’ultimo livello di sorveglianti, sono unanimi nel dichiarare: “Ciò che ha fatto un uomo fuori di qui non mi riguarda”. Che cosa li riguarda? “Come si comporta un prigioniero una volta in carcere”. In tal modo le guardie riservano le peggiori condizioni di detenzione – la segregazione punitiva – non ai criminali che hanno commesso i peggiori reati fuori, ma a quei prigionieri che si comportano male dentro.”

Rifacendosi ad un noto studio dell’ACLU uscito a novembre, da noi già citato,  Blecker   nota che il 79 % dei condannati all’ergastolo irrevo­cabile hanno commesso reati non violenti, come reati di droga di modesta entità, o reati di lievissima entità come il taccheggio in un supermercato o il furto del gasolio aspirato dal serbatoio di un camion.

Robert Blecker ritiene che alcuni di questi condannati siano persone malate, non malvagie, che necessiterebbero di cure, non di trascorrere tutta la loro vita in carcere. Altri, che magari hanno commesso piccoli reati per le gravi difficoltà economiche in cui versava la loro famiglia, continuano a mantenere relazioni con i loro cari e cercano di essere mariti o padri pur dall’interno del carcere. Ma per altri ancora si prosciuga ogni legame affettivo; costoro sopravvivono  abbandonati dalla società e dalla famiglia che non si interessa più di loro.

Il professor Blecker si dice perfettamente d’accordo con l’ACLU nel chiedere al Congresso e ai Parlamenti degli stati di revocare le leggi assurde che legano le mani dei giudici. Nel frattempo, per rimediare ai danni già fatti, l’Attorney General, il Presidente Obama e i governatori degli stati dovrebbero esaminare ciascuna condanna all’ergastolo, caso per caso, e commutare le sentenze sproporzionate.

Sarà forse una battaglia lunga e difficile, ma speriamo che molte voci si uniscano a quelle dell’ACLU, di Blecker e di altre personalità che hanno denunciato l’attuale situazione. Speriamo che l’opinione pubblica americana si sensibilizzi presto su questo gravissimo problema fino ad ottenere che le cose cambino davvero.

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(1) Ricordiamo che una pena si dice ‘mandataria’ quando il giudice deve infliggerla obbligatoriamente a chi è colpevole di un determinato reato. Negli Usa la pena di morte non è stata mai mandataria dopo la sua reintroduzione (1976) mentre l’ergastolo senza possibilità di liberazione non è più mandatario per i minorenni all’epoca del reato dal 25 giugno 2012 (v. n. 198).

(2) Vedi: http://www.nydailynews.com/opinion/justice-article-1.1531357

(3) Vedi, nel n. 210, “Condannati ad una morte lenta…”.  

(4) Scrive Blecker: “Dedichiamoci allora alla giustizia. Rivediamo subito i casi dei peggiori tra i peggiori che abbiamo condannato a morte o all’ergastolo senza possibilità di uscita sulla parola. Acceleriamo le esecuzioni: cominciando con l’uccidere i peggiori. E puniamo davvero quei malvagi assassini a cui è stata risparmiata la pena di morte – niente softball, né tv a colori, niente tavolette di cioccolata, niente partite. Usiamo quella che io definisco ‘segregazione punitiva permanente’ ”.

 

 

10) “TOLLERANZA ZERO”: LA CONTEA DI BROWARD FA MARCIA INDIETRO

 

La politica della “tolleranza zero” ha fatto molte giovani vittime senza conseguire i risultati previsti.

 

Da anni negli Stati Uniti si pratica la politica della “tolleranza zero” nei confronti dei minorenni che commettono piccoli reati a scuola e nei luoghi pubblici, come lo scrivere sui muri con bombolette spray.

Tale politica, propagandata come una brillante ed efficace invenzione, ha causato gravi danni a coloro che fatalmente vi incappano (1).

In Florida nell’ultimo ventennio la “tolleranza zero” ha prodotto una quantità di espulsioni, di sospensioni e di arresti in ambito scolastico. Ciò naturalmente soprattutto ai danni degli strati sociali più svantaggiati (2).

Questa politica, adottata fin dagli anni Novanta, è stata applicata con maggior rigore dopo le sparatorie nelle scuole, come quella terribile avvenuta nel 1999 al Liceo Columbine in Colorado. Sono via via aumentati i poliziotti presenti nelle scuole per sorvegliare gli studenti e per intervenire con la massima durezza in caso di infrazioni.

Dopo che perfino i giudici si sono lamentati di essere costretti a infliggere pene non trascurabili per lievi mancanze, ora, per fortuna, ci si sta ripensando. Ciò accade in particolare nella contea di Broward in Florida, che detiene il record nello stato per numero di studenti arrestati a scuola (più di 1.000 arresti nel 2011).

A Broward il cambiamento è stato particolarmente rapido e accentuato: dal 2011 al 2012 gli arresti nelle scuole sono diminuiti del 41% mentre le sospensioni, che avevano riguardato 87 mila dei 260 mila studenti, si sono ridotte dei due terzi.

Adesso, invece di sanzionare ed allontanare dalla scuola i ragazzi problematici, alcuni distretti scolastici come quello di Broward stanno mettendo in atto una politica di tutt’altro tenore: si è deciso di trattenere il più possibile nella scuola, e pertanto togliere dalla strada, proprio gli elementi più a rischio di devianza, offrendo loro assistenza psicologica e altri sussidi, allo scopo di migliorare il loro comportamento.

Robert W. Runcie, sovrintendente del distretto scolastico di Broward, ha dichiarato: “Non dovremmo essere impegnati a reagire duramente alle piccole infrazioni, con la sospensione o l’espulsione degli studenti. Non accettiamo di avere centinaia di studenti arrestati, con la fedina penale sporca che li danneggerà per tutta la vita, influendo sulla loro possibilità di trovare un lavoro, di svolgere il servizio militare o di ottenere sostegni finanziari.”

Secondo il nuovo regolamento della contea di Broward, gli studenti sorpresi a commettere piccoli reati nonviolenti non vengono più arrestati, ma devono frequentare delle sedute da uno psicologo e svolgere qualche lavoro socialmente utile. Altri distretti in tutta la nazione stanno cerando di cambiare rotta per aiutare i giovani più in difficoltà anziché tagliare loro ogni opportunità fin dai primi anni di vita (3). (Grazia)

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(1) Vedi ad es., nel numero 132, “Il giudice Roberts, la ragazzina e la patatina fritta”.

(2) Secondo i dati federali, negli Usa il 70 per cento degli studenti che vengono arrestati o processati sono neri o ispanici.

(3) Ciò avviene anche a Los Angeles, Baltimora, Chicago, Denver…

11) BILANCIO DI FINE 2013: DATI SULLA PENA DI MORTE NEGLI USA

 

I dati del 2013 confermano il lento inesorabile declino della pena di morte negli Stati Uniti

 

Con l’abolizione della pena di morte in Maryland, nel 2013 sono diventati 18 su 50 gli stati USA che non hanno più la pena capitale. Sono così 6 gli stati che hanno compiuto tale passo di civiltà negli ultimi 6 anni: il Connecticut ha abolito la pena di morte nel 2012, l’Illinois l’ha abolita nel 2011, seguendo New York, New Jersey e New Mexico).

Come si può vedere dalla tabella seguente, continua il lento cammino verso l’abolizione in tutti gli Stati Uniti, con piccole oscillazioni di anno in anno.

Il numero delle esecuzioni portate a termine nel 2013 è stato di 39 (1), il numero minimo dopo il 1995 (se si esclude il 2008, anno su cui si prolungò la moratoria, cominciata nel 2007, conseguita ai ricorsi sull’iniezione letale) pari al 40% del massimo che si ebbe nel 1999 (98).

15 stati hanno compiuto almeno una esecuzione nell’anno ma il 72% delle esecuzioni si sono concentrate in soli 3 stati: Texas (16), Florida (7), Oklahoma (6).

La prima esecuzione del 2013 si è realizzata in Virginia con la sedia elettrica, tutte le altre esecuzioni sono stata fatte con l’iniezione letale (nell’anno precedente non si era utilizzato nessuno dei 4 metodi, ancora nei codici, alternativi all’iniezione letale).

Nel 2013 il favore del pubblico per la pena di morte si è ulteriormente un po’ eroso attestandosi al 60%, il minimo da 40 anni a questa parte (2).

E’ significativo che il 57% dei cittadini del Massachusetts (stato che non ha più la pena di morte) sia contrario alla pena capitale federale per Dzhokhar Tsarnaev, uno degli attentatori della Maratona di Boston (v. articolo qui sopra).

Come sempre, le condanne e le esecuzioni sono state molto più elevate nelle minoranze razziali. Il 40% dei condannati nel 2013 sono Bianchi, il 39% sono Neri, il 19% sono Ispanici, mentre ad esempio la popolazione nera costituisce solo il 12% del totale di quella degli Stati Uniti.

In Texas, lo stato che più utilizza la pena di morte (cui spetta il 41% delle esecuzioni verificatesi nel 2013), ha praticamente mantenuto i dati dei due anni precedenti in cui si era raggiunto un minimo storico:

(1) A fine 2013 erano 1359 le esecuzioni portate a temine dopo la reintroduzione della pena capitale nel 1976

(2) Come risulta dal sondaggio in merito fatto annualmente dalla Gallup.

 

 

12) AGGRAVANTI CAPITALI IN  ARKANSAS

 

Negli Stati Uniti la pena di morte può essere richiesta per un omicida solo in presenza di  determinate aggravanti, le quali, pur essendo in parte simili, variano da stato a stato (1).

In Arkansas la pena di morte può essere richiesta solo in presenza di almeno una delle seguenti 10 aggravanti, vale a dire se l’omicidio fu commesso:

  • In prigione mentre l’autore era detenuto per un delitto di felony (2).

  • Dopo che l’autore aveva compiuto un’evasione.

  • Da un soggetto che era stato condannato in precedenza per un delitto di felony violenta

  • Causando il rischio di colpire altre persone durante l’omicidio, oppure uccidendo più di una persona.

  • Per evitare l’arresto o per portare a termine un’evasione.

  • Per un utile finanziario.

  • Per ostacolare una legittima funzione governativa.

  • In maniera particolarmente crudele o depravata.

  • Con uno strumento esplosivo collocato in segreto.

  • Ai danni di una vittima affetta da qualche disabilità che le impediva di fuggire.

Dal canto suo la difesa in un processo capitale può presentare fattori attenuanti che possano indurre la giuria a non imporre la pena di morte, tuttavia le categorie di questi fattori non sono elencate analiticamente.

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(1) Abbiamo già elencato, in forma assai semplificata, le aggravanti previste in Ohio (n. 200) e in Pennsylvania (n. 203). Ora facciamo la stessa cosa per l’ Arkansas.  

(2) Si dicono di felony, i più gravi crimini come la rapina a mano armata e l’incendio doloso.

 

 

13) UN GRANDE ABOLIZIONISTA: NELSON MANDELA

 

Nelson Mandela, vincitore della segregazione razziale in Sudafrica, fu un  convinto ed attivo abolizionista della pena capitale. Lo ha ricordato anche George Ryan, ex Governatore dell’Illinois

 

Nelson Rolihlahla Mandela, il leggendario leader nero che, con una lotta durata buona parte della sua vita, ha contribuito fortemente all’abolizione dell’apartheid in Sudafrica, è morto dopo una lunga agonia il 5 dicembre scorso a 95 anni di età. Le cerimonie e le dimostrazioni di ammirazione e di affetto per l’ex Presidente del Sudafrica si sono prolungati per molti giorni fino al 15 dicembre, quando è stato seppellito nella sua terra, a Qunu.

Dopo la vittoria sull’apartheid, Nelson Mandela divenne Presidente nel 1994. Il primo atto compiuto dalla Corte Costituzionale del Sudafrica, da lui creata, fu l’abolizione della pena di morte con una decisione presa all’unanimità.

Il 7 giugno del 1995 il giudice Arthur Chaskalson, che presiedeva la Corte, affermò: “Tutti, anche il più abominevole degli esseri umani, hanno diritto alla vita, pertanto la pena di morte è incostituzionale […] Alla retribuzione e al diritto alla vita e alla dignità, diritto previsto dalla nostra Costituzione, non si può dare lo stesso peso […].”

Sotto l’apartheid la pena di morte era stata applicata molto più spesso ai Neri che ai Bianchi. Lo stesso Mandela l’aveva rischiata nel processo del 1963, da lui subìto per incitamento alla ribellione.

Il 15 dicembre, in una delle sue prime apparizioni in pubblico dopo la scarcerazione (1), l’ex governatore dell’Illinois George Ryan ha parlato dei sui contatti con Nelson Mandela nei primi anni 2000, mentre si stava formando in lui l’idea di commutare tutte le sentenze capitali del suo Stato.    

Mandela lo incoraggiò decisamente a fare quel passo senza precedenti. Un passo compiuto nel 2003 (2) che, attraverso una serie di conseguenze, ha portato all’abolizione della pena di morte in Illinois nel 2011.

“Il Presidente Mandela trascende i confini del Sudafrica,” ha dichiarato Ryan. “Il mondo è stato benedetto per sempre dal lavoro e dagli atti di Nelson Mandela.”

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(1) V. nn. 125; 138; 142; 160, Notiziario.

(2) V. n. 103. Furono liberati da George Ryan 4 condannati a morte, agli altri 167 Ryan  commutò della sentenza.

14) PEGGIO DI NERONE, IL DITTATORE COREANO (*)

 

Dopo la sua amante, il giovane Presidente della Corea del Nord ha fatto uccidere anche suo zio, Vice Presidente, che lo aveva assistito nell’ascesa al potere e, a quanto pare, numerosi parenti.

 

Kim Jong-un, sadico dittatorello della Corea del Nord – paese poverissimo, ma esasperatamente militarizzato e dotato di alcune armi nucleari - andato al potere due anni fa, ha inasprito a dismisura la pratica della pena di morte, usandola per infliggere terrore al popolo, ma anche per regolamenti di conti personali. Ricordiamo che nell’agosto scorso fece mettere a morte la sua ex amante Hyon Song-wol, cantante di musica leg­gera, insieme ad altri 11 componenti di due orchestrine (1).

L’opinione pubblica mondiale non aveva fatto in tempo a metabolizzare tali terribili notizie quando, il 12 dicembre, l’agenzia ufficiale nord coreana ha fatto sapere che il Presidente Kim Jong-un ha fatto ammazzare anche suo zio Jang Song-Thaek di 67 anni - numero due del regime (2) - che lo aveva assistito nell’ascesa al potere.

Jang Song-Thaek era stato esautorato dalla carica di Vice presidente solo tre giorni prima. Era accusato di aver commesso “atti criminali” e di aver guidato una “fazione controrivoluzionaria”.

Il 26 gennaio l’agenzia sudcoreana Yonhap ha diffuso la notizia – non confermata ma neanche smentita fino al momento di chiudere questo numero - che TUTTI  i diretti consanguinei dello zio ancora in vita sono stati messi a morte (3).

In dicembre sarebbero stati uccisi la sorella più anziana dello zio, Jang Kum-song, il di lei marito (Ambasciatore a Cuba), il nipote (Ambasciatore in Malaysia) (4) e i due figli di costui. Anche figli e nipoti minorenni dei suddetti sarebbero stati uccisi. La moglie dello zio sarebbe in coma dopo un’operazione al cervello.

Alcuni dei consanguinei, per aver opposto resistenza al momento dell’arresto, sarebbero stati freddati davanti alle loro case.

I parenti non consanguinei dello zio, come la moglie dell’ex ambasciatore in Malaysia, non sarebbero stati uccisi ma esiliati con le loro famiglie in remoti villaggi.

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(*) A destra nella foto Kim Jong-un, a sinistra suo zio Jang Song-Thaek

(1) Vedi n. 210.

(2) Marito della sorella della madre.

(3) L’unica figlia di Jang Song-thaek, Jang Kum-song, si uccise nel 2006.

(4) È noto che i  due diplomatici sono stati richiamati in  patria in dicembre.

 

 

15) IL NATALE A SAN QUENTIN

 

Fernando Caro, nostro corrispondente dal braccio della morte della California, ci dimostra che gli esseri umani riescono a cogliere sprazzi di felicità in ogni situazione, anche nel braccio della morte.

                                                                                                                     

Cari amici, è iniziato l’anno nuovo. Nessuno riesce a immaginare cosa accadrà dei condannati a morte in California. Se ci sono cause legali sul problema dell’iniezione letale, la procedura viene proseguita e ritardata.

Il periodo natalizio è stato calmo e gradevole per me. Ho goduto del Natale e del Capodanno, non soltanto per il loro significato, ma anche perché ci hanno servito a cena pasti più abbondanti del solito! Mi sentivo proprio sazio dopo. J

Il nostro piano è stato decorato con vari ornamenti natalizi. Le guardie ci hanno permesso di appenderli lungo le pareti e nelle nostre celle. Tutte le decorazioni erano fatte dai detenuti utilizzando carta colorata. Un piccolo albero di Natale, un caminetto con tanto di fuoco acceso, calze, una scena della Natività, fiocchi di neve, pupazzi di neve, Babbo Natale, cordoni di lucine, lunghi festoni variopinti. Vi stupireste della creatività, della fantasia e dell’entusiasmo dei condannati a morte. Non esattamente l’immagine dell’assassino, del mostro con cui i condannati a morte vengono descritti. Invece, soltanto esseri umani che condividono la stessa compassione di ogni altro uomo nel godere delle feste natalizie.

Ci sono oltre 700 condannati a morte a San Quentin. L’unità in cui mi trovo io è particolare perché è la più vecchia, è il braccio della morte originario, che comprende solo 68 celle. Gli altri condannati sono chiusi in un altro edificio. Il lato in cui mi trovo io in questa unità ha 34 celle, per cui noi 34 abbiamo rallegrato l’atmosfera natalizia con queste decorazioni! E’ certo che le condizioni in questa unità non sono dure come in altri bracci della morte in altri stati. Tuttavia, non perdiamo di vista il fatto che, quando viene il giorno della nostra esecuzione, le stesse guardie non esitano a fare il loro lavoro.

Nella mia cella, nel mese di dicembre, ho attaccato sul muro anche molti biglietti augurali. Sono i pensieri positivi ricevuti da molti amici che mi hanno inviato i loro più calorosi auguri e la loro amicizia! Quando ho staccato questi biglietti, a gennaio, è stato come se tutti i miei amici fossero tornati a casa loro dopo una festa. Mi sono reso conto di quanto quei biglietti sembravano tenermi compagnia nella mia cella! Non ero più solo! Fui tentato di riappenderli, ma nella vita bisogna andare avanti. Inoltre, ci sarà sempre la prossima festività natalizia e potrò di nuovo invitare i miei amici alla festa. In effetti, non so se a loro piacerebbe essere appesi al muro! J Dai, continuate a sorridere!

Con amore 

Fernando dal braccio della morte di San Quentin il 6 gennaio 2014

 

 

16) CONSIDERAZIONI VARIE SUL CLIMA E SULL’ITALIA

 

A fine gennaio è arrivata una seconda missiva di Fernando Eros Caro, che pubblichiamo molto volentieri. È diretta a Grazia, che abita a Torino, ma abbraccia tutti noi del Comitato Paul Rougeau

 

Grazie per la lettera, e per le due bellissime fotografie con i paesaggi innevati. Sembri avere una passione davvero grandissima per la neve! J

Sfortunatamente io sono cresciuto in una regione desertica e l’unica neve era sulla cima delle montagne, in lontananza. E anche lì nevicava solo d’inverno. L’oceano Pacifico era persino più lontano e io potevo nuotare solo nei canali d’irrigazione. Era un mondo completamente diverso rispetto all’Italia settentrionale!

Lo spaccio del carcere sta ancora vendendo i dolci natalizi perché hanno delle rimanenze da dicembre. Ovviamente ne ho comprati ancora. Anche a me piacciono molto i dolci! In realtà, sono cresciuto mangiando dolci fatti con lo zucchero, non con il fruttosio o con lo sciroppo di glucosio […]

Ho avuto molte notizie dai miei amici italiani sulla frustrazione delle persone in Italia. L’economia è già abbastanza mal ridotta di suo, ma la corruzione e la criminalità sono davvero troppo da sopportare! Ho sentito che dovete avere conoscenze e raccomandazioni per ottenere un lavoro decente. Mi vengono in mente gli episodi di “Montalbano”, nei quali la mafia decide a chi affidare gli appalti edilizi. E i politici non fanno nulla per cambiare le cose!!!

Negli Stati Uniti, i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, e il nostro governo si indebita sempre più quando cerca di aiutare i poveri. Non c’è proprio più denaro! Questo pianeta sembra pronto a una nuova guerra! Detesterei se ciò accadesse, ma le persone possono essere pestate solo fino a un certo punto prima che si ribellino e urlino “Basta!”.

In California noi condannati non sappiamo ancora cosa accadrà alla pena di morte. Dobbiamo aspettare fino a giugno del 2016, quando ci sarà la prossima votazione per abolirla!

Ciò di cui mi accorgo davvero, è che il nostro clima è cambiato! Ci sono tempeste invernali violentissime nell’est e in California c’è estrema siccità! La California è uno stato agricolo e la produzione sta risentendo di questo clima arido. Sembra che il mondo non riesca a liberarsi dalle preoccupazioni!

Siamo gli unici a poter risolvere i nostri problemi. Dobbiamo farlo! Non possiamo fare fagotto e trasferirci su un altro pianeta. Invece la paura e l’avidità ci mantengono in una spirale che ci trascina sempre più giù. E’ triste!

Grazie ancora di tutto

Fernando                                               

dal braccio della morte di San Quentin il 28  gennaio 2014

 

 

17) NOTIZIARIO

 

Alabama. Martin Luther King era contro la violenza della pena di morte. Si è tornato a parlare del Reverendo Martin Luther King Jr. il 15 gennaio in occasione dell’85-esimo anniversario della sua nascita. Molte sono state le lodi per il grande testimone della nonviolenza assassinato nel 1968 (anche da parte di politici che, se non lo avessero già ammazzato, si schiererebbero contro di lui). A noi interessa ricordare che King si espresse e si batté contro quella particolare violenza che è la pena di morte. Giovanissimo si attivò per evitare l’esecuzione di Jeremiah Reeves, un 16-enne nero, che lui riteneva innocente, accusato di aver abusato di una donna bianca. King scrisse in una sua opera diversi anni dopo: “ Negli anni in cui Reeves rimase in prigione in Alabama, molti uomini bianchi furono accusati di violenza carnale, però ad accusarli erano ragazze nere. Essi venivano raramente arrestati e, se arrestati, erano presto rilasciati nelle fasi preliminari dei processi; neanche uno andò al processo”. Reeves, condannato a morte da una giuria tutta composta di bianchi, fu ‘giustiziato’ il 28 marzo 1958. Parlando della pena di morte Martin Luther King disse: “Restituire violenza per violenza moltiplica la violenza riempiendo di una spessa tenebra una notte già priva di stelle.” Come non ricordare che Martin Luther King Jr., il giorno della ricezione del Premio Nobel per la Pace, disse al mondo: “L’uomo deve gradualmente ricavare da ogni conflitto umano un metodo che rigetti la vendetta, l’aggressione e la restituzione delle offese.”

 

Alabama. Non la giustizia ma la politica giuoca il ruolo predominante nei casi capitali. L’Alabama è uno dei soli 3 stati che conferiscono ai giudici il potere di rovesciare le decisioni delle giurie nei casi capitali. [Le giurie nei casi capitali scelgono tra ergastolo e pena di morte]. Il risultato è che i giudici, che hanno mire politiche, usano regolarmente tale potere per inasprire le sentenze. Lo rileva il 4 dicembre Andrew Cohen, analista legale, giornalista del The Atlantic e membro del Brennan Center for Justice.

 

Cina. Un drone, con potenziale nucleare, operativo a velocità ipersonica. Il 14 gennaio si è saputo che il giorno 9 è stato collaudato con successo in Cina un grande drone in grado di portare armi nucleari ad una velocità di 12 mila kilometri all’ora, pari a 10volte le velocità del suono. Sembrava che non si potesse concepire un’arma così potente e pericolosa al di fuori degli Stati Uniti, i quali sono stati superati e colti di sorpresa. Il Pentagono ha battezzato il nuovo velivolo cinese con la sigla WU-14.

 

Globale. Secondo i cittadini del mondo chi minaccia la pace? Gli Usa. Da un sondaggio Gallup fatto a fine anno su 68 mila persone in 65 paesi, risulta che gli Stati Uniti sono visti come il paese che costituisce il maggior pericolo per la pace nel mondo. Seguono il Pakistan e la Cina.

 

Iran.  Il sopravvissuto all’impiccagione lenta è stato dimesso dall’ospedale.  Il 5 dicembre si è saputo che Alireza M., il 37-enne condannato a morte per reati di droga in Iran miracolosamente sopravvissuto il 9 ottobre a 12 minuti di impiccagione lenta, è stato dimesso dall’ospedale. Sono state pertanto smentite le voci che lo davano in fin di vita (v. n. 209). Riportato nella prigione di Bojnourd, non dovrebbe più essere messo a morte. Almeno secondo le ultime dichiarazioni delle autorità. Qualche timore tuttavia rimane data la tradizionale scarsa coerenza delle dichiarazioni delle autorità iraniane con i fatti da loro compiuti.

 

Italia. Amnesty chiede di abrogare il reato di immigrazione irregolare. Da un comunicato del 21 gennaio apprendiamo che Amnesty International, in occasione della ripresa del dibattito al Senato sulla riforma del Codice penale, ha chiesto all’Italia di annullare il reato di immigrazione irregolare. Sin dal 2009, quando fu approvato il cosiddetto ‘pacchetto sicurezza’, Amnesty “ha ritenuto che il reato di ‘ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello stato’ fosse incompatibile con gli obblighi internazionali dell’Italia in materia di diritti umani. Una ricerca condotta da Amnesty International, i cui risultati sono stati pubblicati nel dicembre 2012, ha dimostrato che la criminalizzazione dell’immigrazione irregolare crea ostacoli all’accesso alla giustizia da parte dei migranti irregolari, anche in caso di violazioni dei diritti umani, e li rende più vulnerabili allo sfruttamento lavorativo.” Amnesty sostiene che l’ ‘ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello stato’, dovrebbe essere considerato solo un illecito amministrativo.

 

Italia/India. I due marò sarebbero degli eroi? Abbiamo presto cessato di interessarci della vicenda di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone avendo maturato la certezza che i due fucilieri della Mariana Militare italiana non sarebbero stati mai e poi mai condannati alla pena capitale per aver ucciso due pescatori al largo delle coste indiane mentre erano imbarcati in servizio antipirateria sulla petroliera Enrica Lexie. Vi ritorniamo brevemente per rilevare che il nostro Presidente della Repubblica e il nostro Sottosegretario agli Esteri Staffan de Mistura spesso parlano dei due sparatori come fossero degli eroi. Quali eroi? Preferiamo dare tutta la nostra umana solidarietà ai familiari dei due pescatori uccisi. Inoltre, essendo ormai certi che non verranno condannati a morte, ci permettiamo di giudicare retorica ed esagerata la dichiarazione del nostro on. Fabrizio Cicchitto, Presidente della Commissione Esteri della Camera, il quale, dopo aver visitato i marò in India, il 27 gennaio ha dichiarato:“La pena di morte sarebbe un attacco all'Italia.”

Texas. Imminente un’importante udienza per Hank Skinner. Un’importante udienza sui risultati di nuovi esami del DNA, presentate sia dalla difesa che dall’accusa di Henry “Hank” Skinner, si terrà a Pampa nel Texas all’inizio di febbraio. Verranno presentate anche delle testimonianze. Gli avvocati di Skinner sostengono che le nuove prove confermano l’innocenza del condannato e la colpevolezza di un’altra persona. L’accusa afferma il contrario. Gli esami del DNA chiesti dalla difesa sono stati autorizzati il 20 giugno scorso (Vedi nn. 198, 194 e nn. ivi citati). Il giudice distrettuale Steven R. Emmert prenderà una decisione solo dopo aver esaminato eventuali memorie scritte presentate dalle parti. Negli ultimi tempi le condizioni di salute di Skinner, incarcerato da 20 anni, sono divenute precarie.

Usa. Gli Americani pensano che la guerra in Afghanistan non sia valsa la pena. Un sondaggio fatto il 12 e 13 dicembre per ABC News e Washington Post rivela che il 66% dei cittadini degli Sati Uniti ritiene che i 12 anni di guerra ‘antiterrorismo’ in Afghanistan non siano valsi la pena, tenendo conto del prezzo pagato in termini di vite umane e di dollari. La percentuale sale al 78% tra coloro che si identificano come ‘liberali’e scende al 54% tra coloro che si definiscono ‘repubblicani’. ABC News osserva che i risultati sono molto simili a quelli ottenuti per la guerra in Iraq, terminata per gli Americani nel 2011. Ricordiamo che la guerra in Afganistan, che ancora dura, fu scatenata da George W. Bush in risposta agli attacchi dell’11 settembre 2001, mentre la guerra in Iraq fu scatenata dallo stesso Bush per far fuori Saddam Hussein e… portare la democrazia in quel paese.

 

Usa. Il “grande governo” sentito come un pericolo dagli Statunitensi. Da un sondaggio Gallup fatto negli Usa tra il 5 e l’8 dicembre risulta che per il 72% degli Statunitensi il maggior pericolo per loro deriva dal proprio Governo. Meno pericolosi sono considerati i grandi affari e il troppo lavoro. Il 72% costituisce una percentuale record raggiunta dopo 50 anni in cui si fa il medesimo sondaggio. Sembra che ad alzare tale percentuale (durante il Governo Bush era del 52%) abbiano contribuito anche le rivelazioni di Edward Snowden sullo spionaggio in Internet. La percentuale varia con l’appartenenza politica: è molto più alta per i Repubblicani che per i Democratici. V. http://www.gallup.com/poll/166535/record-high-say-big-government-greatest-threat.aspx

 

Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 31 gennaio 2014

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